Perché è sbagliato liberalizzare il buco
Da un paio di giorni è riemersa una proposta che puntualmente viene fatta, quasi abbia una scadenza da rispettare, e che sempre puntualmente viene rispedita al mittente: legalizzare il buco, ovvero permettere ai tossicodipendenti da eroina e da altre droghe pesanti di farsi utilizzando strutture pubbliche appositamente messe a disposizione. In questo modo i fautori della proposta pensano di ottenere un calo delle morti per overdose, in quanto la somministrazione sarebbe in qualche modo controllata e dunque l'uso non sarebbe spropositato. Nobili, come premesse. Peccato che chi tira fuori l'argomento – e nell'ultima versione si segnalano prima il rifondarolo Ferrero e poi, sul tema più generale della liberalizzazione delle droghe pesanti, l'oncologo Umberto Veronesi – dimentica di aggiungere altri piccoli particolari. Ad esempio, quanto sarebbe giusto che lo Stato fornisse la droga ai drogati? Qui non si tratta certo di becero antiproibizionismo. Non si parla di liberalizzare qualche cannetta. Non si parla nemmeno del fatto che ognuno dovrebbe farsi gli affari propri e dunque se uno ha un certo qual vizietto in casa sua, al limite può anche decidere di tenerselo. No, qui si tratta di prendere i tossicodipendenti, persone che vivono un profondo disagio sociale prima nei confronti di loro stessi e poi anche nei confronti delle persone che stanno loro intorno, e fornirgli un incentivo in più per non smettere. Detto in questa maniera può sembrare un discorso retrogrado, finanche un po' bigotto, ma niente di tutto ciò. Analizziamo il caso: ormai il numero dei tossicodipendenti da eroina non è più quello di 20-25 anni fa; il mondo cambia e con esso anche le droghe: cocaina e pasticche sintetiche sono quelle che colpiscono di più non tanto in termini di morti quanto nel compromettere spesso in modo irreparabile l'apparato psico-fisico consumatore. E con questo logicamente anche il numero di morti di eroina si è tremendamente abbassato. Detto ciò è facile giungere alla conclusione che il ragazzino difficilmente inizia a drogarsi infilandosi un ago in vena bensì lo fa assumendo le sostanze per altre vie – respiratorie o orali, più raramente per assorbimento cutaneo – e perdendo dunque anche la concezione del “drogarsi”, perché il gesto tipico dell'assunzione di droga viene meno. Il consumatore di eroina nel 2006 è spesso una persona sopra i 30-35 anni che si buca da più di dieci anni, magari smettendo e riprendendo di tanto in tanto, il quale è riuscito fortunatamente a scampare alle overdose e vive la sua vita in modo orribile, con una dipendenza che più passa il tempo e più non riesce a tenere sotto controllo. Fornire a personaggi di questo tipo strutture che permettano il “buco libero” andrebbe ad aggravare la loro situazione anziché migliorarla. Certo, si drogherebbero in condizioni igieniche ottimali, senza scambiarsi siringhe infette e senza correre il rischio di iniettarsi roba tagliata con il veleno per topi. Ma continuerebbero immancabilmente a drogarsi, a maggior ragione dal momento che non dovrebbero neppure andare alla disperata ricerca di soldi per comprarsi la dose, visto che questa gli verrebbe garantita dalla sanità statale. Insomma, peggio della disintossicazione controllata a base di metadone. Se lo Stato se la sente veramente di intervenire una volta per tutte a livello medico e sanitario per cercare di risolvere la piaga della tossicodipendenza, piaga che – ribadisco – colpisce un gruppo di persone con un target – se così lo possiamo chiamare – ben definito, che lo faccia impegnandosi con proposte serie. Centri di cura che permettono un completo recupero fisico e – ancor più difficile da raggiungere – psicologico possono essere un buon esempio, ma sicuramente non l'unico. Le strade che si possono percorrere sono innumerevoli e l'unica veramente dissestata e conducente in brutti luoghi è quella della liberalizzazione del buco. Si fa l'esempio della Svizzera, dove il progetto è partito all'inizio degli anni '90 e che fino ad oggi ha portato alla diminuzione di morti per overdose del 20%: constatato che in quindici anni come risultato non è tra i più strabilianti, che dire di quei tossicodipendenti che avrebbero nel frattempo potuto smettere e che invece, con lo Stato che offriva, hanno continuato a farsi? Insomma, la proposta di Ferrero risulta essere un po' più che bislacca. Speriamo che non la seguano, anche perché l'interessato ha subito precisato di parlare a titolo personale e non del governo.
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