domenica, dicembre 03, 2006

l'incredibile manifestazione per il centrodestra del futuro

Anche la destra sa mobilitare il suo popolo e scendere in piazza. Senza l'aiuto di sindacati e altre associazioni di categoria, ieri si sono mobilitati due milioni di persone – cifra degli organizzatori, notoriamente esagerata anche se il milione è stato oggettivamente superato e nessuno può dire il contrario. E mobilitare così tanta gente non abituata a scendere in piazza è segno quanto meno di due fatti: il primo che Prodi e il suo governo sono riusciti ad esasperare chiunque, compreso il popolo moderato che considera il manifestare la più inutile tra le perdite di tempo; secondo, che questo centrodestra, con questo leader e con i due comprimari Fini e Bossi, è ancora capace di farsi volere bene, nonostante tutto – e nonostante Palermo.

Grandissimo successo dunque per la manifestazione di ieri a Roma, in Piazza San Giovanni e nei tre cordoni di persone che hanno attraversato la Capitale. Manifestazione festosa, goliardica, con slogan, striscioni e bandiere ma senza violenza, senza cattivo gusto, senza molotov, senza tricolori bruciati, senza vetrine frantumate e senza vessilli – militari, israeliani, americani – dati alle fiamme. Manifestazione di gente che per la prima volta scendeva in piazza e magari aveva superato i settant'anni. Manifestazione di politici e di cittadini comuni, di elettori di centrodestra e di elettori di altri partiti, schifati dallo scandaloso operato di Prodi e della sua brigata – tendenzialmente rossa. Manifestazione di stanchezza per la situazione politica attuale, di piena coscienza del fatto che la ricetta cattocomunista, tendenza massimalista, non funziona, non va bene. Manifestazione per dire, anche, che se la Finanziaria “scontenta tutti” - Prodi dixit – non vuol dire “che è buona”: semplicemente fa schifo.

A questo abbiamo assistito ieri, a livello di piazza e di movimentazione. E a tre grandi discorsi per quanto riguarda ciò che è successo sul palco. Silvio Berlusconi ha fato il suo ritorno dopo il malore di Montecatini e si è subito dimostrato in forma splendente. Si presenta sul palco quasi a sorpresa cantando l'Inno – fatelo notare all'Unità: non è stato fischiato ma cantato, e da tutti – e poi inizia il suo discorso: attacco al governo, attacco alla Finanziaria, dice subito che non è spallata, che il governo forse non cade, ma che la manifestazione è una grande cosa e l'Unione non può far finta che nulla sia successo. Si accanisce contro le stupide accuse mosse da Deaglio circa i presunti brogli e chiede – alla piazza e al governo – che le schede siano ricontate - “e tutte, non solo le bianche e le nulle” - perché non si sa mai, potrebbero esserci sorprese. Non fa accenni diretti al rivale che manifesta in contemporanea – ma con quattro gatti – a Palermo, ma circa la ladership dice chiaramente che “va conquistata con la testa” e che “è il popolo che sceglie il suo leader, non il contrario”. E a giudicare dal suo popolo, quello di San Giovanni, il leader è ancora lui, il leone Silvio. Che è riuscito a cambiare, tra le tante cose, anche il rapporto dell'elettorato con l'uomo politico: scene di delirio, elettori che non sono più semplici elettori ma fans scatenati, pronti a gridare “Silvio, Silvio”, “chi non salta comunista è!” e a commuoversi quando il Cav. fa ingresso sul palco e inizia il discorso. E poi, vedere migliaia e migliaia di persone sotto i simboli di altri partiti – An, Lega e minori – che però si riconoscono, unanimi, come parte del “popolo di Silvio”, è il primo vero elemento comune che può portare al famigerato partito unico del centrodestra, quello che se mai dovesse farsi da ieri ha già il nome di battaglia, ripetuto a più riprese, di “Partito della Libertà”.

Il secondo a prendere la parola è stato il leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini. Che ha fatto il discorso più bello e più politico della giornata, questo è da dire. La piazza l'ha accolto con un calore pari a quello riservato a Silvio Berlusconi, e Fini ha capito subito quale era l'umore della folla e si è lanciato in un'ottima relazione – snocciolando dati, ricordando i caduti in Iraq, ribadendo il no alla droga libera. Se è emersa una cosa importante dalla manifestazione di ieri è che Fini non ha intenzione di discutere la leadership di Silvio Berlusconi – chiamato dall'ex ministro degli Esteri come “il Presidente del Consiglio” e non si capisce se è stata gaffe o doveroso tributo – ma è intenzionato a raccoglierla – e il Cav. e il popolo a dargliela – qualora il leone Silvio dovesse farsi da parte, presumibilmente dopo aver lasciato in eredità il partito unico. La folla lo tributa, le bandiere di Alleanza Nazionale sventolano a più non posso, e Gianfranco Fini ha dato, per l'ennesima volta, dimostrazione di essere un politico di gran levatura, amato dall'elettore della Casa delle Libertà ma anche da qualcuno extra, e volenteroso di portare Alleanza Nazionale oltre Fiuggi, indipendentemente dal fatto che alcuni nella sua base politica non siano molto d'accordo. Il grande leader si riconosce anche da questo.

Il discorso di Umberto Bossi è stato breve ma significativo. Non tanto per le cose affermate – le stesse di Berlusconi e Fini ma con l'irriverenza tipica del Senatur, più l'invito rivolto a Napolitano per nuove elezioni – quanto per l'averlo visto capace nuovamente di salire su un palco e di affrontare un'incredibile folla, nonostante la voce scarsa e rauca e l'essere a Roma. Ma Bossi è anch'egli un vecchio leone, con la folla è politicamente cresciuto e sa farsi volere bene, anche da chi magari non l'ha proprio in simpatia. E allora ecco che riesce a strappare un caloroso applauso per “ quelle grandi terre che sono la Lombardia e il Veneto” e soprattutto per quell'affermazione finale, rivolta “al caro Silvio”, che è dimostrazione di stima, di fedeltà e che mette a tacere le recenti voci che volevano la Lega il pieno flirt con il centrosinistra: “Silvio, tegn dur!”.

Finale con i leader sul palco a cantare “Azzurra libertà” e a sventolare le bandiere. Ed ecco che in un improbabile primo esperimento visivo di Partito Unico si vedono Benedetto Della Vedova (Riformatori Liberali) e Luca Romagnoli (Fiamma Tricolore) che stanno vicini e sorridono: perché ieri è andata così, l'euforia sovrastava tutto, anche le differenze di vedute. Anche per questo Gianfranco Fini e Alessandra Mussolini si sono stretti la mano – e il vecchio militante aennino romano ha avuto un tuffo al cuore, c'è da scommetterlo – e la scena seppur non enfatizzata è stata bella, e potrebbe annunciare il tanto atteso ritorno alla base di Alessandra Mussolini, una persona vivace, polemica, pasionaria, ma anche realmente distante anni luce dagli estremismi dei suoi compagni di coalizione e che, scordammoce 'o passato, potrebbe tranquillamente convivere in modo sereno nell'An del futuro, visto poi che Storace sta facendo di tutto per andarsene – e, detto fuori dai denti, in pochi ne sentirebbero la mancanza.

Per quanto riguarda Pierferdinando Casini e la sua volontà di manifestare separatamente, di palesare il distacco, di prendere le distanze a tutti i costi, c'è poco da dire. Quello che si è visto ieri a Palermo è stato un raduno per Casiniani e per nostalgici della Balena Bianca, ovvero ciò che nessuno vorrebbe come alternativa al governo Prodi, e la piazza romana di ieri è lì a dimostrarlo: sarebbe pronta a spazzare via con violenza qualsiasi nostalgia di scudo crociato, e questo Casini dovrebbe ormai averlo capito. Non si capisce dunque quale sia il gioco che vuole fare, tanto più che la sua base politica ed elettorale avrebbe di gran lunga preferito essere presente a Roma, anche solo per non mancare ad uno spettacolo così imponente e a quello che con ogni probabilità passerà come la posa della prima pietra del Partito per le Libertà. Andando avanti così, il leader Udc capirà da sé di aver sbagliato a volersi staccare a tutti i costi dalla Casa delle Libertà. Perché così facendo non solo perde consensi (gli ultimi sondaggi danno i centristi al 4,5%), ma si dimostra anche di poca coerenza: staccarsi da una manifestazione, dicendo che non è quello il modo di fare opposizione, per manifestare in solitario a Palermo è stata una di quelle cose che l'elettore non capisce ma che si ricorderà per molto tempo.

Come ogni manifestazione che si rispetti, anche quella di ieri si è portata dietro qualche polemica. In primo luogo per il numero di persone: due milioni, dicono gli organizzatori. E vedendo le immagini dall'alto, non si fatica nemmeno molto a crederci. Che la mobilitazione sia stata decisamente al di là di ogni aspettativa è sotto gli occhi di tutti. Così come è sotto gli occhi di tutti che la sinistra, sparando stamane le sue cifrette, dimostra di essere in cattiva fede. Certo, forse due milioni proprio no, ma il milione è stato abbondantemente superato. Con una compostezza generale da far invidia a chiunque.

Non solo il balletto delle cifre occupa la pagina delle polemiche. Qualcuno da sinistra ha preferito ignorare l'enorme folla, l'enorme educazione, il clima di festa incredibile che aleggiava ieri sopra Roma, per concentrarsi su improbabili saluti romani e atteggiamenti razzisti. Ovviamente si tratta di un falso di cronaca incredibile, dal momento che poi l'unico atteggiamento fascista si è avuto quando due ragazzi di An, persa la strada del corteo, sono stati presi a pugni da un paio di imbecilli di sinistra. Detto questo, stupisce da che pulpito arriva la predica. Ovvero dal pulpito che in piazza brucia bandiere tricolori, bandiere americane, bandiere israeliane, che brucia fantocci di soldati italiani, che insulta i caduti in Iraq, la loro memoria e i loro parenti e che ora chiede ai leader di centrodestra di scusarsi per gli slogan contro le famiglie omosessuali. Capito? I Giovani di Rifondazione Comunista, gente che i terroristi li chiama resistenti, pretendono scuse per cose che hanno visto solo loro e che, se ci sono state, sono talmente marginali ed esterne al clima della manifestazione che anche scomodare il loro “sono solo 4 imbecilli” sarebbe un errore di valutazione. Cosa volete, è stato un tale successo contro ogni loro aspettativa che sono stati colti alla sprovvista ed hanno iniziato a blaterare. Il fatto vero è che loro una piazza così nemmeno se la sognano.

In conclusione una nota importante: quello che tutti abbiamo visto ieri è un patrimonio importante. Tutte quelle persone non si mobilitano senza scopo. È un importante segnale, che va però curato, non trascurato. Perché se l'umore della piazza è un ottimo segnale per tastare il gradimento di un governo, è anche vero che la piazza cambia vento molto velocemente. Basta un nulla e – zac! - due milioni di persone diventano duecento mila. Non si vorrebbe assistere a questo, per cui il centrodestra ora ricompattato deve decidere in fretta cosa farne dell'Udc – e Casini, va da sé, decidere in fretta se suicidarsi con il ritorno della balena bianca – e proporre un programma alternativo, dire cosa farà. Fare opposizione oltre alla piazza, cosa importantissima ma non l'unica. È il momento giusto, e le piccate reazioni dei politici di centrosinistra lo dimostrano: farneticano, balbettano, sparano dichiarazioni assurde, preferiscono strumentalizzare l'uso del casco sulle motociclette. In poche parole: sono spaventati dalla reazione della piazza. Sfruttiamo l'onda.

Tutte le foto: Corriere.it


0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page