martedì, novembre 28, 2006

Il ritorno dei vikinghi

Marcello Sorgi su La Stampa scrive che in Inghilterra tutti impazziscono per il seme vichingo, a causa del calo di donazioni di sperma autoctono, anche se ci si preoccupa per una non meglio specificata “nuova invasione vichinga”. Ecco cosa scrivevo nel giugno dell'anno scorso su un blog di cui mi sono nel frattempo dimenticato il nome – così, giusto per rimembrare.

Congratulazioni, è un vichingo!”. O ancora: “meglio preparare una culla robusta”. Questi sono due slogan pubblicitari indubbiamente accattivanti, e il fatto che siano di proprietà di una banca del seme scandinavo – il seme, non solo la banca – non è un caso. Questa pare essere la nuova frontiera della fecondazione assistita negli Stati Uniti [ma la adattiamo per il Regno Unito, non dovrebbe cambiare molto], ma stiamo tranquilli: se il quesito sulla fecondazione eterologa vedrà quorum e maggioranza di ‘sì’, potremmo presto vedere dei piccoli vichinghi (al 50%) aggirarsi per la nostra Italia. La Scandinavian Cryobank (www.scandinaviancryobank.com il sito internet, fatevi un giretto. Carte di credito accettate: tutte) promette infatti un seme nordico in tutto e per tutto: piccoli Conan potranno così nascere, sempre sperando che non si incazzino una volta scoperto che il loro vero padre non è colui il quale sono abituati a chiamare ‘papà’: se muovono le mani quelli, stiamo freschi tutti. Come risultato per ora si ha un “forte successo tra mamme single alla ricerca di un’inseminazione su misura” (fonte: Il Giornale 06-06-2005, pag.7). Rassicuranti – si fa per dire, ovvio – poi le parole del responsabile della società danese a New York, tale Claus Rodgaard, il quale dichiara in un’intervista al magazine statunitense Newsday che “non è poi molto diverso dall’innamorarsi. Ci sono migliaia di donatori nel mondo, e scegliere quello giusto è un po’ simile alla selezione naturale”. Concetto delirante: ora non si mette più in dubbio la necessità di far nascere un figlio al 50% dei genitori. No, troppo semplice per i tempi moderni che corrono. Ora si dichiara che ci si può innamorare anche di non si sa bene chi o che cosa. Perché è questo che traspare dall’affermazione di cui sopra: scegliere un donatore come un compagno o compagna nella vita, sottintendendo l’amore. Solamente che accade via internet, al massimo un giro di chat e poi via, dammi il numero della tua Visa che ti spedisco lo sperma e addebito il costo. Arrivederci e grazie. Fortunatamente non tutti la fanno così facile. Il direttore di bioetica della Columbia University, ad esempio, ha dichiarato sempre a Newsday quanto segue: “ma cosa accade se il bambino non diventa un piccolo vichingo? – non è infatti certo che la cosa accada: se il bimbo prendesse le caratteristiche della madre? – si rischia di vedere il bambino come un prodotto, è una realtà preoccupante, psicologicamente pesante anche per il piccolo”. Beh, signor direttore della celebre University americana, il fatto è molto semplice: non interessano più tanto le condizioni psicologiche del pargolo, importa di più la voglia sfrenata di maternità della coppia o del singolo. Per quanto riguarda invece la possibilità – al 50% - che il bimbo non sia esattamente nordico le dirò che qui in Italia – ma certamente anche lì da voi, in America – vige un decreto legislativo (il 185/99) che permette il diritto di recesso entro 7gg, qualora le caratteristiche del prodotto non siano quelle promesse. Il cosiddetto “soddisfatti o rimborsati”. Lo applicheranno?

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