domenica, marzo 12, 2006

Promessa. Appena arriva la bella stagione – dove per bella, intendo proprio bella: estate piena – lo faccio. Invito un po’ di gente a casa. Li faccio accomodare in giardino, sotto il portico. Mi attrezzo per bene con le bevande: Martini – bianco, rosso, extra dry – Campari, Gin (Bombay Shappire, o al massimo del Gordon’s, l’importante che sia London Dry), Rhum – bianco, scuro – succhi di frutta vari ed assortiti – per chi non ama il secco – Schweppes, tonica e lemon, qualche birra pregiata e tanto, tantissimo ghiaccio. Ampia scelta per tutti i gusti. Preparo da mangiare, o magari faccio preparare che è meglio. Tartine, tanto salato e pochissimo dolce. Poi metto su un paio di dischi, buoni. Chessò qualcosa di Erik Truffaz (magari questo) per cominciare e un po’ di jazz anni 50 per finire – o magari anche il disco semi-lounge dei The 3rd and the Mortal, Memoirs. Si parla, si discute. In piedi, seduti, non ha importanza. Si ride, si scherza. Si passa una piacevole serata, che dite? E meglio ancora se di domenica sera, e magari il pomeriggio si è andati a prendere il sole, in modo tale che la camicia di lino, la sera, rinfreschi con il gin tonic la pelle bruciacchiata. E faccio uno di quei Cocktail Party, o come diavolo si chiamano, totalmente snob. E chi se ne frega.

[Immagine in alto: Faith Ringgold, Cocktail Party, 1964, olio su tela, collezione privata. Settimo della serie The American People]

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