Avanti di questo passo, si puniranno le intercettazioni per coprire tutto lo schifo restante
In questi giorni si fa un gran parlare di intercettazioni. Tralasciando i casi più ridicoli e allo stesso tempo deplorevoli della vicenda, ovvero la sorta di “investigazione” parallela che si intrufolava nei telefoni degli italiani più o meno illustri, ci si è chiesti cosa farne delle intercettazioni trovate e, per risposta, il governo – salvo poi ritrattare con alcuni esponenti – ha varato un perfetto decreto bipartisan che è tanto utile quanto deve essere subito messo in pratica: fare di quelle carte un bel falò. Poi sono venute fuori le sanzioni per chi dà il via alla fuga di notizie e per chi le amplifica (giornalisti) tramite i suoi megafoni. Tutta roba giusta e che da queste parti si invocava da tempo, addirittura da quando le intercettazioni stesse hanno sputtanato mezzo – ma solo mezzo, eh – mondo del calcio e regalato uno scudetto a chi, ancora e soprattutto oggi, non se lo merita, e non facciamo come quelli di Roma che se ne preoccupano solo ora perché anche il Palazzo potrebbe tremare. Comunque, ripeto: bene, bravi, bis. Poi capita che tra una notizia e l'altra si venga a sapere che quel tizio veneto, sospettato di essere Unabomber, sarebbe sotto indagine perché rinvenute nel di lui pc foto pedopornografiche. Al di là dello schifo della questione, sia che venisse verificata sia che non, il fatto sui cui mi interrogo è un altro: ci preoccupiamo – giustamente – delle intercettazioni e poi siamo capaci, con metodi simili ovvero la fuga di notizie altamente riservate, di correre il rischio di rovinare la vita di una persona per ora solo sospettata. Di due cose orrende, ma sempre di sospetti si tratta. E se nulla fosse confermato, chi chiederà scusa a questa persona? È davvero troppo difficile compiere le indagini senza eseguire un processo – massmediatico – prima?
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