Un disco alla settimana - 4

Quando Diamanda Galàs, parlandomi di The Sporting Life, me lo descrisse come “voice, bass, drums, organ and no fuckin' guitars!” rimasi a bocca aperta. Non lo conoscevo questo disco del 1994 inciso assieme all'ex Led Zeppelin John Paul Jones. Ma la curiosità, è praticamente inutile ribadirlo, salì come una botta: dovevo averlo e tempo qualche giorno lo acquistai. Ascoltato tutto di un fiato, mi venne la tentazione di mandare una e-mail alla signora Galàs: nella traccia numero dieci, Last Man Down, una chitarra – latitante per il resto del disco – in effetti si sente. Come, “no fuckin' guitars!” e poi, sotto sotto, in fondo in fondo, eccola lì, la fuckin' guitar che suona? Non mi sentivo tradito, assolutamente. Ebbi l'ennesima prova del genio di Diamanda, genio provocatore e ribelle. Ma genio adorabile. L'e-mail, come avrete capito, non gliel'ho mai spedita. Avrei sprecato il mio tempo e mai le avrei parlato di quella chitarra. Semmai l'avessi spedita, mi sarei lanciato in lodi sulla bellezza del disco intero, sul contrasto interessante uomo-donna che emerge chiaro fin da subito, guardando i due nomi coinvolti nel progetto. Lodi sulla grandiosità della cover di The Dark End of The Street, o sul blues maledetto di Baby's Insane. O le avrei chiesto di raccontare – ancora una volta – la storia della voce al telefono che si sente in Tony. La ruvidità di Devil's Rodeo e il sarcasmo di Do You Take This Man (“Now it will take ten long years to forget / Tht's 12 months of the year / four weeks of the month / and seven days a week / [...] / I don't have that much time to forget!”) sono inoltre a dir poco esemplari. Le canzoni, praticamente tutte, possiedono una struttura standard, cosa che rende The Sporting Life accessibile anche a chi per la prima volta si vuole avvicinare a questa artista, sebbene il campo rimanga complesso. La voce di Diamanda non è esattamente dolce. Anzi è ruvida, spigolosa, stridula. Ma anche tanto sconvolgente e intrigante.

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