sabato, marzo 10, 2007

Mutande, mutande.

“Questo essere inqualificabile, il viscido e infido insetto – foca che naviga a mezzo metro da terra. È brutta, laida, umidiccia, maleodorante, percorsa nei due sensi da deiezioni. Fa schifo. Non ha una forma definita, è un buco slabbrato, un vuoto, un’assenza. Se la donna non l’avesse sarebbe perfetta. Purtroppo (quasi sempre) ce l’ha. […] E pensare che loro credono di essere sedute sul loro tesoro”. Massimo Fini, “Ridotti in mutande”, Il Foglio, 26.08.2006 pag. I (ma una trattazione più ampia e completa la si può trovare in: Massimo Fini, “Di[zion]ario Erotico – manuale contro la donna a favore della femmina”, 2000, Marsilio, 224 pagg., € 13,43)

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Doppie vite. Di giorno fanno le operaie, le centraliniste, le bariste, alcune addirittura le studentesse alla seconda laurea. Poi alla sera, quando tutti il mondo si rilassa, loro accendono la web cam e intrattengono orde di maschietti arrapati con spettacolini di striptease o autoerotismo coadiuvato da oggettistica varia e avariata. Sono quelle che Specchio nella sua inchiesta [n. 555, pagg.48-52] chiama le “doppio-lavoriste”. La notizia, in verità, non giunge nuova: basta perdersi, ma nemmeno troppo, in giro per la rete e di siti dove, previa iscrizione e acquisto di crediti, si può assistere a spettacoli di vario genere c’è abbondanza. Non c’è da stupirsi – di cosa ormai ci si stupisce in questo mondo? – perché con i computer ora una sana e bella scopata, magari extraconiugale (ma le ragazze intervistate nel servizio assicurano che il consorte o il fidanzato sa, anzi, spesso è l’artefice del successo) è tutta ridotta ad una questione di pixel, di carte di credito e di pulizia di monitor. La cosa fantastica, che l’inchiesta sottolinea a dovere, è che certi arrivano addirittura a chiedere alle ragazze la biancheria intima da loro stesse appena indossata, estrema perversione maschile all’apparenza tanto facile da assecondare quanto ardua da comprendere. Siccome ogni promessa è un debito, ma comunque tra i due mondi c’è un fitto groviglio di cavi, doppini telefonici e router di connessione, la biancheria viene sì spedita ma spesso, si legge, “si tratta di robaccia sintetica da bancarella comprata in stock e che poi la massaia, esperta in economia domestica, aromatizza artificialmente chiudendo tutto per qualche settimana in un sacchetto di nylon assieme a un paio di filetti di sgombro”.

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