mercoledì, marzo 07, 2007

Quando nelle librerie si fumava

I salutisti sono contenti. Anzi, in questo modo hanno un’arma in più per poter manifestare la – secondo loro – superiorità morale nei confronti di chi invece ancora si azzarda a recarsi dai tabaccai e a uscirne con un pacchetto di Marlboro in tasca, pronto a sentirsi dire, da lì ad un’oretta, che ha la bocca tale e quale ad un posacenere. Tutti gli altri, i fumatori e, beninteso, i tolleranti, invece sopportano pochissimo le leggi contro il fumo. E non solo perché hanno tolto il piacere della sigarette ovunque venisse la voglia, senza dover per forza andare sul marciapiede e correre il rischio di incappare nei classici rompicoglioni che attaccano bottone con chiunque, ma anche perché – e soprattutto – hanno tolto la poesia. Prendete ad esempio le librerie. Ecco, quelli sono luoghi dove la cortina di fumo dovrebbe essere sempre presente e annebbiante; dove il puzzo di tabacco ristagnante dovrebbe diventare aroma, ed essere sopportato da tutti e confondersi così bene con l’odore della carta che, invecchiando, ingiallisce e inacidisce, sprigionando quell’odorino acre che tanto sa di antica biblioteca. E invece no, nelle librerie non si fuma più: d’altronde i posacenere enormi e minacciosi all’ingresso sono lì come un monito: prova a entrare con la sigaretta, che la multa è assicurata.
Annie François ne “Il mondo in fumo”, ricordando i tempi che furono, scrive che “ovviamente, si fumava nelle librerie, in cui nessuno assumeva una falsa aria dispiaciuta e diceva: «lei mi capisce, con tutti questi libri»” e “i librai fumavano più di tutti”. Chiaro, il librario era anche intellettuale, e in quanto tale, avvezzo a qualunque vizio, tabacco compreso. Per chi come la François rimpiange i bei tempi, a Milano esiste ancora una libreria dove il proprietario, con grande goduria sua e nostra, se ne frega dei divieti e considera i suoi locali, i suoi libri, come il suo spazio e se entri devi stare alle sue di regole, non a quelle di uno stato che se solo potesse ti obbligherebbe ad estenuanti giornate di bilancia pubblica. È una piccola libreria, la ricordo per quando fu l’unica in tutta Milano dove trovai una copia di un manuale di biblioteconomia di Alfredo Serrai. Si trova nelle vicinanze dell’Università Cattolica, proprio tenendo l’entrata principale di largo Gemelli sulla destra e percorrendo via Santa Valeria per un centinaio di metri. Non passate la parola.

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