sabato, marzo 15, 2008

consigli di lettura

Va di moda, sui blog “in”, dare dei consigli che suonino il più possibile elitari: ad esempio, lo sconosciuto libro dello sconosciuto autore (che poi, si scopre, è amico del blogger). O lo sconosciuto lungometraggio appena uscito in divudì dello sconosciuto autore (che, essendo cugino dello sconosciuto autore dello sconosciuto libro, è in qualche modo amico del blogger). E così via. Certo, anche qui spesso sono stati dati dei consigli – e, anche in questo preciso istante, potrei indicarvi di ascoltare Norah Jones come sto facendo io, mentre bevo un caffè come sto facendo io, e poi magari uscire e bere un paio di Negroni come farò io, ché tanto sia che io lo stia facendo sia che voi lo facciate, è faccenda nebulosa: nessuna delle parti può verificare l'altra, ma fa figo consigliare e credere che i consigli vengano poi seguiti - e fa figo anche seguirli, talvolta.

Non è questo il caso, perché l'oggetto del mio consiglio non è un cortometraggio, né Norah Jones (però, nel caso...), né un caffè. È un libro, e il suo autore non è sconosciuto: Michele Brambilla, Sempre meglio che lavorare – il mestiere del giornalista (Piemme, 218 pagg, 14,50 euri). Un pamphlet carino, utile, divertente e di immediata lettura. Perché Brambilla – una vita al Corriere, poi direttore de La Provincia, vicedirettore di Libero e medesimo incarico attualmente a Il Giornale – è uno che la sa lunga, perché tanta ne ha vissuta e tanti ne ha conosciuti. E poi, essendo un gran cronista di razza, scrive in modo semplice, lineare ma non per questo privo di freschezza – insomma, il contrario di quanto modestamente sto facendo io con questo consiglio-pippone. Me lo sono bevuto questo pomeriggio, non tutto d'un fiato ma senza interromperlo con una nottata o due in mezzo, perché è così che bisogna fare con le cose migliori. Lo trovate qui – e cliccateci sopra pure a cuor leggero perché, a differenza dei blog “in”, il link non è di quelli collegati ad un'agenzia pubblicitaria per cui io ad ogni vostro click percepisco un compenso – vogliamo mica elemosinare gli spicci, vero?

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