Mi chiedono di scrivere qualcosa circa la questione dei redditi dei cittadini italiani, relativi all'anno 2005, che ormai si stanno diffondendo a macchia d'olio sul web. Il che è molto semplice: quei dati non andavano pubblicati in rete, punto e basta. La legge non so esattamente cosa preveda, ma pare che i dati fossero già in qualche modo pubblici e che chiunque – previa richiesta, e quindi assunzione di responsabilità – potesse prenderne visione; pubblicarli on-line ha voluto dire due cose: l'ultimo atto sbagliato di un viceministro (Visco) sbagliato, e la caccia al pettegolezzo, alla curiosità, alla morbosità di sapere quanto guadagna non tanto il vip – il reddito di questi è già abbastanza sbandierato normalmente – ma il vicino di casa. Dunque, su Visco è inutile pronunciarsi, per quanto mi riguarda mi basta quanto ha dichiarato il vicedirettore de La Stampa Massimo Gramellini a Matrix l'altra sera: si votasse oggi, dopo questa ennesima cazzata, il Partito Democratico arriverebbe al 10%, e a me sta più che bene così, altroché. Sulla diffusione, invece, il discorso è più complicato e dò ragione a chi dice che il rimedio è peggiore del peccato originale: una volta pubblicati, i dati, era meglio lasciarli anziché toglierli, perché l'effetto che si crea ora è questo: gente che ha i dati e li vende; gente che ha qualche dato e pensa di averli tutti, con evidente discriminazione; gente che fa girare i dati sulle reti peer to peer manco fosse l'ultimo disco di Vasco Rossi o di Madonna, con il Codacons che annuncia sanzioni contro chi scarica, pubblica o diffonde. Gente, e mi riferisco al quotidiano Libero, che ha già promesso una serie di numeri speciali, di libri allegati, finanche di dvd con tutti i dati – ma saranno davvero tutti? - dati in pasto al lettore. E, si badi bene, non per il presunto dovere di cronaca, ma perché c'è dietro l'affare: la morbosità spinge la gente all'acquisto del materiale per cui il sentimento è scatenato. Chi mi ha chiesto di scrivere qualcosa su questo argomento mi ha chiesto anche di Libero, e qui mi voglio togliere il sassolino dalla scarpa. Voglio bene a Feltri, anni fa fu lui a insegnarmi a leggere – e un po' anche a scrivere – ma questa cosa mi fa a) vomitare b) incazzare. Vomitare perché è un'operazione spregevole. Incazzare perché non era proprio Libero a lamentarsi giustamente del “grande fratello fiscale” messo in piedi da Visco? E tutto questo dare in pasto i dati, nel modo più facile possibile e senza sapere chi li legge e l'uso che ne viene fatto, non fa parte di un grande fratello fiscale? Certo, adesso c'è da inzupparci il biscotto. Nemmeno vedere l'imbonitore preferito dagli italiani che si sottovalutano, Beppe Grillo, assalito dai suoi fans che hanno scoperto il suo reddito annuale di più di 4 milioni di euro, con lui che si incazza perché non voleva che i dati fossero pubblicati – ma vuole trasparenza, giusto? E non era il web l'unico posto dove si faceva informazione corretta? - riesce a strapparmi mezzo sorriso.
Etichette: politica, redditi, Vincenzo Visco
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