l'Unione è come un'emulsione
[emulsiòne]: mescolanza di due liquidi non solubili tra loro (De Mauro Paravia)
In una recente puntata di Matrix, il talk show di approfondimento condotto da Enrico Mentana, si è visto come ancora a sinistra manchi un effettivo accordo tra i partiti dell’Unione, con conseguente caos riguardo al programma politico che questo centro-sinistra proporrà nel caso di una sua vittoria alle prossime elezioni politiche. La puntata in verità non aveva questa questione come argomento principale, bensì la visione del video della barbara esecuzione dell’Italiano Frabrizio Quattrocchi in Iraq. Lo spunto per questa riflessione mi è però arrivato da una domanda che Gianfranco Fini, vicepremier e Ministro degli Esteri, ha rivolto ad Umberto Ranieri, dei Democratici di Sinistra. Il quesito era chiarissimo: nel caso il centro-sinistra vincesse le elezioni, per quanto riguarda la politica estera si assisterà ad un ritiro delle truppe “alla Zapatero” – come vorrebbero Comunisti Italiani, Rifondazione e Verdi – oppure ad un graduale e ragionato rientro del contingente italiano, come sarebbe più consono, visto la situazione delicata? Neanche a dirlo il rappresentate Ds è andato nel pallone. Niente di più facile, visto che nemmeno i partiti all’interno dell’Unione sanno di preciso cosa succederà. Perché è chiaro quanto Fausto Bertinotti (con tutta la sinistra radicale più i Verdi) va dicendo – e chiedendo, e promettendo – da tempo, ovvero l’immediato ritiro del contingente italiano in missione di Pace – sebbene i leader della sinistra continuino a dire, falsamente, “in guerra” –; come altrettanto chiaro è quello che invece la sinistra moderata e riformista afferma di fare se andrà al governo, ovvero un ritiro ragionato e graduale, concordato con il governo iracheno e con gli alleati, che è poi lo stesso piano che l’attuale Governo, così come tutte le nazioni impegnato in Iraq, dichiara da tempo di voler attuare. Dunque la questione quale è? Il ritiro immediato o quello pensato e magari dilatato in qualche mese – e non in qualche settimana o peggio in qualche ora? È giusto che l’elettorato conosca questo, ed ancor più giusto che lo stesso centrosinistra si metta d’accordo, se pensa di poter governare qualora vincesse le elezioni. Ma non solo riguardo la politica estera c’è nebbia nell’Unione. Anche in politica interna le discussioni e i diversi punti di vista non mancano. Chiara espressione di come all’interno di quella coalizione convivano anime con provenienza e background politico e culturale che più vario non si può. Come pensare che Mastella vada d’accordo con la sinistra radicale di Rifondazione o dei Comunisti Italiani, o peggio ancora con il nuovo soggetto Socialista-Radicale della Rosa nel Pugno (sempre che vengano annessi al centrosinistra)? Scusate la virata verso lidi proverbiali, ma qui siamo proprio in presenza del diavolo e dell’acqua santa – senza dire quale sia meglio dell’altro. Tutto questo porta ad un’unica conclusione, ovvero la somiglianza dell’Unione con l’emulsione: una mescolanza di sostanze – partiti – che nulla c’entrano e nulla fanno per unirsi – avete presente l’acqua con l’olio? – ma hanno come unico comune denominatore un profondo odio verso Silvio Berlusconi. Il che, per governare, mi sembra decisamente pochino. Forse qualcuno è meglio che spieghi loro che anziché gli asti servono gli accordi e i programmi, che invece tardano ad arrivare in modo quasi imbarazzante. A tutto questo si aggiunga anche il fatto – mica poco determinante – che il leader dell’Unione, Romano Prodi, è senza partito. Il che non sarebbe un problema con un sistema elettorale di tipo maggioritario. Ma mai si è visto un candidato premier in un sistema di voto come l’attuale proporzionale, che si presenti alle elezioni senza un proprio partito. Cosa può quindi succedere? Difficile che i Ds e
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