sabato, novembre 04, 2006

Un altro sabato di delirio per l'Unione

Non si sa se ridere o se piangere. Verrebbe da ridere, se non fosse che c'è pur sempre di mezzo il nostro Paese, e non solo inteso come l'immagine che ne diamo all'estero ma più ancora come amore per l'Italia e conseguente tristezza e desolazione nel vederla così e governata da gente che farebbe meglio darsi all'ippica, talvolta chiudersi in qualche centro di igiene mentale, magari andare a lavorare per la prima volta nella vita, di sicuro non stare al governo.

Succede che oggi a Roma era convocata la manifestazione dei lavoratori precari, e fin qui la cosa può sembrare un deja-vù, tante sono state le volte che la scena si è ripetuta. Il fatto curioso è però che all'interno della folla protestante (150 mila la stima delle presenze) erano presenti cariche governative e rappresentanti di partiti politici non extraparlamentari, bensì di primo piano nella politica dell'Unione, come Franco Giordano, segretario di quella cricca di scellerati – com'è dolce muoversi negli eufemismi – che prende il nome di Rifondazione Comunista. In poche parole, il governo che s'incazza con il governo. Il segretario di partito che protesta contro il governo all'interno del quale il suo predecessore fa nientepopodimeno che il Presidente della Camera dei Deputati. Siamo al delirio totale, alla pura presa per il culo del popolo italiano, perché se un governo va in piazza con dei capi e dei sottosegretari a protestare contro sé stesso, non esiste altra spiegazione se non che la politica è allo sfascio.

In compenso la scenetta non è finita qui, perché ovviamente non potevano mancare i soliti 30-40 coglioncelli, quelli della protesta “dura e pura”, i cosiddetti disobbedienti – alla legge e alla saponetta – dei centri sociali. I lazzaroni. Che si sono espressi nell'unica forma di comunicazione che conoscono a menadito e che hanno ereditato direttamente dai loro padri politici, quelli della contestazione di trent'anni fa, gente che ora sta tutta dentro il Palazzo. Il linguaggio della violenza. Del casino a tutti i costi. Del daje allo sbiro che funziona sempre, specie in un corteo di sinistra, con giovani di sinistra che anziché utilizzare il sabato pomeriggio per farsi una sana e vigorosa scopata – tra l'altro pare ne abbiano bisogno, visto il grado di frustrazione – preferiscono fare casino. Contro il governo che hanno appoggiato, tanto per aumentare il già esorbitante grado di comicità. E con il volto coperto, perché potrebbero sempre essere visti da ma' e da pa'.

In tutto questo, ça va sans dire, non poteva mancare lui. La vera ciliegina sulla torta. Romano Prodi, il quale dinnanzi alla protesta, allo scontro fisico, ai fischi al ministro del lavoro Damiano, esce dichiarando che i manifestanti “non ce l'hanno con l'Unione”. A furia di dover metterla sul piano dell'antiberlusconismo, questi credono che al governo ci sia ancora la Casa delle Libertà, e le dichiarazioni di questo pseudo-premier non sono altro che la conseguenza dell'aizzare la folla contro la legge Biagi, contro la Bossi-Fini. Nelle scuole si protesta ancora con la Moratti, fate voi. Anziché rimediare, se tanto fa loro schifo tutto ciò, aizzano i coglioni contro il passato governo. Questo è il grado della politica governativa italiana di questo periodo. Con buona pace dei riformisti utopisti.


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