Ho ricevuto la tua mail, grazie
Caro Francesco,
ho letto l'articolo di Vittorio Zucconi [La Repubblica 24.01.2007] che mi hai cortesemente inviato via mail. Conosco lo Zucconi analista da diverso tempo, essendo anche il direttore di una radio, Capital, che è sicuramente una tra le mie preferite, e quindi conosco il suo modus operandi nel fare le analisi. E, sinceramente, la lettura da te segnalatami non ha smosso quella che è la mia opinione sull'inviato negli Usa del quotidiano fondato da Scalfari. Il nostro Zucconi avrebbe dovuto fornire ai lettori di Repubblica un'analisi circa il contenuto del discorso sullo Stato dell'Unione tenuto la scorsa sera dal Presidente George W. Bush, ma a mio avviso ha preso dalla cartella degli articoli in bozza che ha nel computer quello che, giornalisticamente, si può definire il “coccodrillo”, ovvero un articolo già scritto da tempo e adatto per (quasi) ogni buona occasione, soprattutto il lutto – in questo caso da intendersi come morte politica, ma il concetto è quello.
Sì, qualche parola sul discorso l'ha fatta. Ma per il resto nulla di nuovo sotto il sole, il solito coro composto da frasi che dovrebbero rendere l'idea di come negli Stati Uniti Bush non sia più nessuno, di come sia il responsabile di tutti i guai – più esterni che interni – americani, di come sia un – cito - “presidente inesistente”, che al Parlamento porta solamente proposte “Doa, dead on arrival, arrivate già morta all'ospedale”.
Che le cose stiano (anche così) è inutile negarlo: in politica estera la missione in Iraq si è rivelata un fallimento, ma credo per motivi diversi da quelli che usa lo Zucconi. Perché è stata sì una missione condotta con molte contrarietà, sia a livello politico che civile, ma allo stesso tempo è stata salutata da più parti anche come una cosa giusta e necessaria; molti di coloro i quali ora insultano Bush, o anche semplicemente non ne condividono più l'agenda, un tempo stavano dalla sua parte. Segno che la missione non è stata sbagliata in quanto tale, bensì errato è stato il modo di condurla, soprattutto nell'ultima parte, quella per cui la guerra “ufficiale” doveva già essere terminata e si trattava di gestire il tutto, di ricostruire democraticamente uno Stato seppur fragile e in una zona tutti sappiamo come, quale è l'Iraq. Zucconi invece conduce una battaglia di livello ideologico, ovvero lui è sempre stato – per ideologia, per antipatia nei confronti dei Repubblicani, per altri motivi che non sono dati a sapersi – contrario alla guerra, e basa la sua analisi – quindi: informa il lettore – come se la cosa fosse sempre stata così. Come se in America tutti inizialmente fossero schierati come adesso. Parla della popolarità del Presidente che va a rotoli e del Congresso a lui sfavorevole, facendo un paragone storico con Nixon – e, aggiungerei io, Clinton -; dice che l'indice di gradimento è al 28%, ma evita accuratamente di specificare che la “temperatura” del popolo è fortemente variabile, e la sua variazione è dovuta, non solo ma anche, alla strumentalizzazioni di certe analisi, ai mass media che giocano la loro parte, alle articolesse come quella in questione di Vittorio Zucconi. Non credi, caro Francesco, che sarebbe stato più onesto dire che la popolarità potrebbe anche cambiare se solo la missione in Iraq venisse condotta – come pare Bush voglia fare, e spero vivamente che ci riesca, nonostante il primo no arrivato dal Senato – con maggiore serietà rispetto al passato? Bush non è un santo, e mi pare che le sue colpe le abbia ammesse anche circa una settimana fa (“sugli errori in Iraq mi assumo tutte le responsabilità”) e che ora si appresti ad inviare più soldati per far fronte alle emergenze. O forse Zucconi pensa che sarebbe stato più onesto ritirarsi e lasciare tutto allo sfascio e ad una probabilissima guerra civile? O, peggio ancora, seguire alla lettera l'ormai celebre rapporto Baker, che prevedeva il coinvolgimento di Iran e Siria nella ricostruzione dell'Iraq?Dico, Iran e Siria: mi viene da ridere.
Il buon Zucconi poi sembra quasi prendere in giro la volontà di far fronte alla minaccia del surriscaldamento della terra da parte del Presidente Usa, tanto da intitolare – ammesso che il titolo sia opera sua - il suo commento “Il tardivo ecologista”. E per portare avanti la sua tesi tira fuori ancora la mancata adesione al Trattato di Kyoto. Bene, Zucconi pensa che quello sia stato un grave errore, e probabilmente non ha tutti i torti. Però avrebbe potuto analizzare anche quali sono state, in concreto, le proposte di Bush per far fronte all'emergenza. Avrebbe, ad esempio, potuto fare cenno al “20-10 plan”, ovvero al progetto di riduzione dei consumi di benzina del 20% in 10 anni, in modo tale da liberarsi anche dalla dipendenza dal petrolio mediorientale e sudamericano, dei “cari” Ahmadinejad e Chavez, tutte brave persone. E, magari, avrebbe potuto aggiungere che per portare avanti questa iniziativa Bush sta sviluppando metodi di innovamento degli standard tecnologici dei mezzi e incrementando lo sviluppo di energie alternative quali il bioetanolo, ricavato da materie animali e vegetali, che secondo alcune stime entro il 2030 potrebbe sostituire il 40% del consumo di benzina e che rispetto a quest'ultima ha il 20% in meno di emissioni di anidride carbonica. Chiaramente se Zucconi avesse detto anche queste cose, io non starei qui a rispondere alla tua cortese e-mail bensì, al limite, mi sarei limitato a sottoscriverla e a rendertene partecipe.
Per concludere, il nostro editorialista ci fornisce anche uno scoop in piena regola: secondo le sue fonti Dick Cheney, il secondo uomo più cattivo del mondo (indovinare il primo?), nonché “l'anima peggiore della Casa Bianca”, sognerebbe “l'attacco all'Iran e alla Siria per distrarre lo sguardo dall'Iraq”. Primo, la cosa mi sembra fantapolitica e non tanto per l'idea in sé, bensì perché con la situazione politica americana espressa anche nell'articolo in questione, le probabilità che Bush invada anche l'Iran mi sembrano in verità pochine. Secondo, e più sottile, mi pare una subdola difesa dell'Iran, una nazione il cui capo è un folle antisionista, che sta portando avanti progetti nucleari e che impedisce il lecito controllo di tali progetti da parte degli ispettori dell'Aiea e che non manca mai di minacciare la cancellazione di Israele dalle carte geografiche (quale miglior metafora per dire “dalla faccia della Terra”?) e che stringe tutto l'occidente nella morsa del caro petrolio – e qui mi fermo. Un Presidente, Ahmadinejad, del quale – vorrei fare lo scoop ma non sono bravo come Zucconi - pare che anche il suo Parlamento inizi ad averne le scatole piene, o almeno così oggi ho letto su un piccolo quotidiano d'opinione.
In conclusione, caro Francesco, ecco quello che penso dell'articolo di Zucconi, nonostante sia concorde con te almeno su una cosa: la sua prosa è scorrevole e, a tratti, divertente. Sicuramente meglio della mia, qua e là sgrammaticata e spesso e volentieri piena di parentetiche e di subordinate, oltre ovviamente ad un sacco di errori di carattere geopolitico che sicuramente tu non mancherai – giustamente, eh – di farmi notare. D'altronde non ho lo scopo di Zucconi, ovvero quello di dover spiegare – a modo suo – un avvenimento a migliaia di persone.
Un caro saluto,
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