Scaricare non è reato. Comunque, non si fa.
Scaricare non è reato, come invece dice la pubblicità prima dei film. Non è come rubare la borsetta ad una signora, o come fare una macchina. Volendo, non è nemmeno come restituire un portafoglio trovato per terra dopo aver però provveduto a prendersi la ricompensa senza che fosse il legittimo proprietario a darla – “se no lo fanno i carabinieri, che ti credi?”. Scaricare musica, o film, o intere serie televisive da Internet non è nulla di tutto questo, anche per il semplice fatto che il meccanismo psicologico del sentirsi in colpa, a differenza del furto vero e proprio, non esiste – ammesso e non concesso che durante un furto canonico questo si manifesti nel ladruncolo di turno.
Epperò non si fa. Scaricare per il semplice gusto di farlo, per una brama incontrollata di voler ascoltare – o vedere – più di quello che le 24 ore giornaliere ci concedono di fare, o anche solo semplicemente perché “vaffanculo, con quello che costano i ciddì”, è profondamente sbagliato. E se la Cassazione dice che senza scopo di lucro si può fare, rimane comunque un errore – perché la Cassazione disse anche che con i jeans indossati da lei non era stupro, però mi pare che nessuno ritenga giusto la violenza sessuale, con o senza jeans, o sbaglio?
E non mi riferisco a chi scarica musica per necessità, come i giornalisti musicali, gente che per lavoro parla di musica ma che si vede recapitare dalle case discografiche dischi promozionali con brani tagliati a 30 secondi “perché altrimenti c'è il rischio che vengano messe in rete”, e allora uno o recensisce un disco senza sentirlo – come succede su un quotidiano italiano e sull'annesso magazine – oppure, se gli rimane un po' di passione e di dignità – non necessariamente in quest'ordine – lo scarica. E non mi riferisco nemmeno a chi scarica, ignorando le previews di Amazon, per farsi un'idea del disco e poi andare nel negozio – o su iTunes – a fare l'acquisto vero e proprio. No, mi riferisco a chi scarica perché non rispetta l'artista, perché sia il concetto di “rispetto” che di “artista” gli risultano sconosciuti. A chi copia il disco, “tanto è uguale”, ma si dichiara fan irriducibile dell'artista neo-piratato. A chi, per dire, compra l'iPod e non i dischi, convinto che quelli glieli regali mamma Internet. A chi non pensa che senza soldi non si faranno più dischi e già le case discografiche – comunque, le possino... - investono poco sui giovani, figuriamoci con ancora meno denari che girano. Anche a chi non si cura della copertina ma bestemmia perché il file mp3 è danneggiato, o il cd-r di infima qualità comprato al supermercato dopo un paio di anni non viene più letto da lettore alcuno. A chi, infine, magari fa l'idraulico e s'incazzerebbe se una sua prestazione professionale non venisse pagata dal cliente. A tutti questi personaggi – e ce ne sono, e ne conosco – mi rivolgo. Poi, al limite, anche alla Cassazione, che dovrebbe pur dare il buon esempio anziché fornire un precedente per il quale un ex ministro, reo confesso di scaricare e per nulla pentito, semmai incitante, arriva addirittura a parlare di “sentenza rivoluzionaria”.
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