sabato, marzo 17, 2007

[per chi era su Marte] I quattro giorni dell'informazione italiana

Quattro giorni fantastici per l’informazione italiana. Quattro giorni in cui la dimostrazione del livello della stampa in Italia non poteva che essere migliore. Quattro giorni in cui è successo letteralmente di tutto. In principio fu Il Giornale, il quotidiano che spesso pare pagar la colpa di essere edito dal fratello di Silvio Berlusconi, che fece il nome di Silvio Sircana quale vittima di vallettopoli. La sua colpa? La vicenda era fumosa e l’unica cosa che traspariva pare fossero alcune foto di lui scattate mentre osservava un transessuale dal ciglio della strada e successivamente custodite in una sorta di archivio segreto e bollente curato dagli imputati. Si gridò allo scandalo, e anche questo blog si permise di dire la sua: il Giornale, scrissi, l’ha fatta fuori dal vaso. D’altronde la condanna dal mondo politico fu pressoché unanime e proveniente tanto da sinistra che da destra: insomma, Maurizio Belpietro avrebbe fatto il nome solo per andare contro la parte politica avversa rispetto a quella che spesso sostiene. Gli osservatori, i giornalisti, i protagonisti del mondo dell’informazione si sono invece divisi in due: chi con e chi contro il direttore del Giornale. C’è stato chi, come Gad Lerner, ha definito “vomitevole” la prima pagina del Giornale del 15 marzo, chi come Ferrara ha scritto che nell’indecenza sarebbe meglio non entrare e pubblicare quindi solo ciò che merita di essere pubblicato, secondo il celebre motto del New York Times. C’è stato addirittura chi, come il direttore di Europa, si è messo ad impartire lezioni di giornalismo sparando a zero e insultando il primo giorno, quasi ritrattando il secondo e chiudendo il capitolo al terzo. Ad onor del vero, non è mancato neppure chi ha giustificato il comportamento di Belpietro: la notizia andava comunque data, dal momento che il nome del portavoce dell’Unione compariva negli atti e siccome è stato pubblicato il nome di chiunque, tacere quello di un politico solo perché tale è segno quanto meno di ipocrisia; Belpietro ovviamente si difendeva come poteva, e insospettabili come Fabrizio Rondolino e Marco Travaglio – nemico politico ma incline all’uso della forca – dimostrarono anch’essi la loro solidarietà al direttore del Giornale. Nel frattempo la baruffa sembrava essere però sul punto di finire: Max Scarfone, il fotografo che nelle intercettazioni telefoniche vantava di avere lo scatto di Sircana con il trans, intervistato dalla televisione ritratta tutto e dice che non è vero niente; anzi, arriva addirittura a scusarsi con Sircana qualora gli avesse recato danni. Sircana, consigliato di dimettersi addirittura dalla Velina Rossa vicino a D’Alema, nel frattempo è ritornato al lavoro ed è stato nominato portavoce unico dell’Unione, come da undicesimo punto del dodecalogo prodiano del dopo crisi.

Dunque, il mondo politico condanna giustamente la gogna mediatica, ma nel frattempo dimentica di avere nel cassetto da svariato tempo una legge che impedirebbe la pubblicazione delle intercettazioni, che in quanto parte di un processo non dovrebbero comparire sulla prima pagina del Corriere della Sera ma anzi dovrebbero essere segrete. Il mondo dell’informazione, come si diceva prima, è diviso tra “pro notizia” e “pro persona”, e il Garante della Privacy cosa fa? Per tagliare la testa al toro vieta ai quotidiani, pena multa e galera, di pubblicare intercettazioni e foto riguardanti i processi. Bene, sembra la classica conclusione all’italiana: l’informazione può sputtanare chiunque e i garanti si muovono solo quando c’è di mezzo la politica. Che poi, figuriamoci, è obbligo essere garantisti in questi casi ed evitare le gogne, e soprattutto quando sono infamanti come quella su Sircana. Anche se lo sono solo per un paio di giorni? Dopo le smentite di Sircana, dopo le smentite del fotografo, dopo le prese di posizione e le accuse, il Giornale e Libero annunciano di essere in possesso della foto incriminata, e sulla prima pagina mettono uno spazio bianco, scusandosi con i lettori per il loro – forzato – mancato dovere d’informazione.

Eccoli, i quattro giorni infernali della stampa italiana.

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