domenica, marzo 16, 2008

disonestà.

A Villa Serena, la clinica ligure gestita da suore dove avvenivano gli aborti clandestini nei quali era coinvolto, secondo le indagini, il ginecologo suicida Ermanno Rossi, pare che le cartelle cliniche delle pazienti venissero falsate per arrivare a dimostrare un presunto – e mai avvenuto – aborto spontaneo con conseguente necessità di raschiamento, al posto del quale si praticava invece un vero e proprio aborto clandestino eseguito in una clinica privata (e non in una struttura pubblica), in anonimato, con l'allungo di 500 euro (dicono, euro più euro meno). Se fosse vero – e dalle indagini sembrerebbe -, solo una persona intellettualmente disonesta non vedrebbe una violazione alla legge 194 motivata da una deformazione del concetto di aborto nella cultura moderna, deformazione rafforzata dallo sciocco assunto secondo il quale le donne ricorrono alla clandestinità (compresa quella di “lusso”, come nel caso di Genova), per via della trafila burocratica e della poca disponibilità di posti in osservanza della legge. Ma vedrebbe, in tutto questo, lo zampino di Giuliano Ferrara, argomentandolo con concetti mai espressi dall'ideatore della moratoria contro l'aborto. [*]

[*] «Ma mi chiedo se la forsennata campagna ormai da tempo in atto contro la 194, una campagna che colpevolizza le donne che decidono di interrompere la gravidanza fino a dipingerle come responsabili di un assassinio non possa ottenere alla fine anche questo paradossale risultato. Non di far diminuire gli aborti, ma di far fuggire le donne dai consultori e di mandarle alla ricerca del medico amico o compiacente». Miriam Mafai, La Repubblica, 14.03.2008 – pag. 37

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