sabato, ottobre 29, 2005
Se sei un giornalista che lavora al Corriere della Sera, solitamente ti senti in diritto di guardare gli altri colleghi dall’alto verso il basso. È facile, scrivi sul più grande e autorevole quotidiano nazionale, implicitamente ti senti più grande e più autorevole di qualsiasi altro tuo collega che, povero, scrive per giornaletti infimi. Se, oltre a scrivere sul Corsera, sei anche un penna storica italiana – e non, dunque, l’ultimo degli arrivati – la situazione gioca indubbiamente ancor di più a tuo favore: sei praticamente intoccabile. Però – c’è sempre un però – questo tuo status ha un piccolo difettuccio: tanto più sei famoso, autorevole e ben esposto, quanto più sarà grande il numero dei tuoi detrattori e di coloro i quali si divertono a farti le pulci. Lo so, capisco, è un piccolo problemino, nulla di che; in fondo, abbi pazienza, scrivi sul Corriere, che ti frega di chi si diverte a sputtanarti? Ma se oltre a scrivere su quel quotidiano, oltre ad essere una penna storica di quel quotidiano, oltre ad avere una schiera ben nutrita di detrattori, offri sempre materiale inedito per questi, chiamiamoli così, nemici, non sei nemmeno troppo furbo. E, mi dispiace caro mio, le scalette rubate dai palchi e ricopiate pari pari (senza pensare che spesso gli artisti scrivono i nomi delle canzoni abbreviati sulla setlist) sui tuoi articoli ce le ricordiamo tutti. Così come le tue perle di grande critica musicale, spesso sintomo di non ascolto dell’opera in questione anziché dell’adempimento del tuo lavoro di recensione. Non ci stupisce dunque che un amore di Donna – e la maiuscola non mi è affatto scappata – come Guia Soncini, ti abbia sbugiardato in seconda pagina sul Foglio di oggi sabato 29 ottobre, caro il mio critico musicale storico che scrive sul Corriere della Sera. Perché fingere di essere stati alla pre-listen del nuovo album di Madonna, addirittura accreditarsi come l’unico dall’Italia, scrivere un articolo sulla conferenza stampa di lady Ciccone semplicemente copiando i dispacci Ansa scritti da chi c’era veramente stato a Londra – e, per giunta, non era il solo – e iniziare il pezzo con un bel “dal nostro inviato a Londra” non è degno di un redattore del Corsera. Mi piacerebbe non fosse così, mi solleverebbe sapere che è un’invenzione, una satira, al limite pura una calunnia, ma il passato canta – toh, strano giochetto di parole – e soprattutto non posso non credere alla Soncini, per quanto paracula sia la sua rubrica del sabato mattina sul Foglio.
3 Commenti:
Eheheh, Mario Luzzato Fegiz non si smentisce mai :-)
Indimenticabili gli Iron Maiden che, al loro concerto, suonarono The Number e Fear Of :-)
Come hai fatto a capire che si tratta proprio di MLF? :D
ciao!
Intuito :-)
Chissà se MLF era a vedere i Dream Theater stasera...
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