lunedì, ottobre 03, 2005

Sesso - Alcool - Droga? Colpa del cinema

Se nessuno scoperchia la pentola, la cosa rimane lì dove sta. Tutti sanno che esiste, tutti sanno che è problematica. Talvolta persino dannosa. Ma nessuno ne parla, nessuno se ne interessa. Poi succede che scoppia un caso – piccolo in Italia col belloccio Calissano ed enorme in tutto il mondo con la bellissima Kate Moss. E allora pronti-via, tutti a scandalizzarsi. Tutti a puntare il dito. Tutti a rescindere i contratti – ché le bambine di 13 anni che acquistano un maglioncino da H&M non possono mica avere come modello una con le narici in fiamme, diamine! Fa nulla se poi le stesse tredicenni il maglioncino svedese lo indossano al sabato sera, ma solo per uscire di casa innanzi ai bravi genitori, ignari che sotto il loro ultimo regalo, frutto dello shopping del sabato pomeriggio, la loro figlioletta graziosissima indossa – o meglio: non indossa – uno spolverino, con tutte le giovani grazie al vento, e (quasi) più nulla all’immaginazione. Il mondo va così. Tutti sanno che ci si droga. Tutti sapevano che Kate Moss faceva largo, larghissimo, uso di sostanze stupefacenti. Che da quando stava con quello, Doherty, il ragazzaccio – il cantante ribelle che ha scritto quella Fuck Forever tanto splendente da poter risollevare le sorti della popular music britannica – si faceva come prima e più di prima. Ma nessuno a dire niente, fino a quando la nostra Grazia viene beccata (e chi ci crede alla casualità, giornalisti impiccioni e/o tossici d’ultimo stadio, benché geniali!) e data in pasto ai consumatori di tabloid con una prima pagina sul Mirror. E giù le paternali. E il dito puntato sulla modella viene automaticamente esteso al mondo dello spettacolo, includendo qualsiasi sua variante.
Le rockstars? Belle, dannate. Certo però che gran drogati – e se no come lo reggono il palco due ore tutte le sere per 40 giorni di fila all’anno? Gli scrittori? Peggio ancora, per macinare tutte quelle pagine, hai voglia a stare sveglio la notte! E il caffé non basta più, e la Red Bull è una bevanda (oggettivamente, e a ragione, ché non se ne può più di parlare con uno che ha l’alito che sa di sciroppo di fragola avariato) da sfigati cronici. E allora giù con qualche robetta non troppo lecita: eccitanti, cocaina. Chi più ne ha più ne metta. E i film? Il caro vecchio cinema, lui almeno si salva? Macchè! Lui è il peggio. Educa i ragazzi allo sballo. Sesso, non si vede un preservativo neanche a pagarlo. Alcool, scorre a fiumi in tutte le pellicole di successo. Sigarette poi non parliamone, il protagonista se non fuma un pacchetto di Marlboro (rigorosamente rosse) a film è decisamente out. E poi la droga, sembra quasi che renda belli, piacenti; che la vita scorra più veloce e in modo decisamente migliore.
E su quest’ultimo aspetto è bene soffermarsi. Perché dall’Australia, una terra dove evidentemente si annoiano a morte, arriva uno studio, condotto dall’Università di Sidney e pubblicato sull’autorevole Journal of the Royal society of Medicine nel quale vengono analizzati i film di maggior successo – soprattutto tra un pubblico giovane – degli ultimi anni. Con risultati strepitosi, che neanche andare al cinema fosse peggio di un bordello parigino degli anni 20. Risulta quindi che i film inducono i ragazzi ad assumere stupefacenti, perché presenta la droga sotto un aspetto decisamente fascinoso. E fa nulla se Trainspotting, negli ultimi anni di gran lunga il film di maggior successo – e di più grande presa sui giovani – riguardante le droghe, non presenta assolutamente un mondo tutto rose e fiori, dove l’eroina ti fa vincere le grandi sfide della vita e ti rende bello e immor(t)ale. Bensì offre al pubblico un quadretto per nulla rassicurante, dove l’eroina e l’alcool diventano la causa della morte di un neonato, del fallimento delle amicizie, degli amori, della vita famigliare. A nessuno di questi grandi esperti della terra dei canguri è venuto in mente che il film avrebbe potuto anche sensibilizzare, anziché indurre al consumo? O forse questi luminari della sociologia erano troppo impegnati a scrivere che Pretty Woman – quello sì! – educava. La scena in cui la bellissima e dolcissima Julia Roberts chiede al fighissimo e bollitissimo Richard Gere – futuro Ambrogio nella pubblicità di una nota marca di cioccolatini che producono carie e colesterolo per via dei grassi animali inclusi nell’impasto – quale preservativo vuole utilizzare durante il rapporto: fragola, limone, tuttifrutti. Insomma, più che una fellatio un gran lecca-lecca. Per poi dire che, le dispiaceva, di quelli super-resistenti “non passa nemmeno un bacillo” ne era rimasto solo uno – ma vuoi mettere il membro alla vaniglia, eh? O preferivano una muta di tessuto ovviamente non traspirante (ché il sudore porta batteri) da far indossare agli attori per dire di stare attenti, di non scherzare troppo con il sesso perché si rischia grosso – e duro? Eppure non mi sembra che quel film – visto da almeno tre generazioni di giovani – abbia trasformato le ragazze in impronunciabilità – seppur di lusso – e i ragazzi in gran frequentatori di suddette impronunciabilità.
Suvvia, basta con queste baggianate. I film, la televisione, la musica. Ma tiriamo fuori altri – e ben più veritieri - fattori che portano i ragazzi a comportarsi in determinati modi. Non è per una modella beccata con 5 strisce (fatte fuori in 40 minuti) che una teenager inizierà ad “incipriarsi” il naso (proprio come Uma Thurman in Pulp Fiction, film immaginiamo essere incluso nell’elenco degli incriminati). Le cause vanno trovate altrove, magari iniziando proprio dai genitori, gli stessi che puntano il dito e si scandalizzano guardando il servizio su Calissano al telegiornale e poi non hanno nemmeno il coraggio di aiutare il loro collega di lavoro che troppe volte va in bagno durante la giornata e troppe volte da questo luogo torna con la goccia di sangue sotto la narice – ma in fondo ancora al Tg1 non l’hanno fatto vedere per cui, chi si scandalizza?, e poi lei no, mia figlia queste cose mai! Smettiamola con queste sceneggiate da “era così un bravo ragazzo” o con questi studi “scientifici” da Medioevo. La realtà è un’altra, anche perché – provare a chiedere per credere – molti dei personaggi che fanno uso di cocaina – usiamo come paragone questa perché sta in questo momento sulla bocca di tutti, oltre che nel naso di molti – come semplice motivo di having fun lo fanno perché diverte loro. Lo fanno magari al fine settimana perché hanno voglia di sballare, di mollare per qualche ora i problemi della vita. Comportamento inaccettabile, senza ombra di dubbio. Fa male alla salute di chi lo fa e alla psiche di chi gli sta in torno. Ma l’azione non parte certo dall’aver visto in televisione Christiane F, Wir Kinder vom Bahnhof Zoo.

4 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Gran bel post, complimenti! Davvero un bel post! 'Sti australiani hanno toppato alla grande, mi chiedo cos'abbiano fumato... ;D
Pete Doherty viene osannato come una star, una rockstar come non se ne vedono da tempo, ma... in realtà fa cagare (i Libertines sono una merdina)! Drogarsi come un pollo Amadori non significa diventare di colpo un mito del rock... non basta strafarsi di acido per diventare un Jim Morrison, un Jimi Hendrix o un John Lennon... basta a malapena per far bagnare le ragazzine in prima fila ai concerti, ma non si entra nella Storia...

P.S. Mi pare che Jovanotti (che non è sicuramente fra i miei preferiti musicalmente) una volta abbia detto una bellissima frase del tipo: "Tutto l'alcol e la droga del mondo non sono un grammo della mia adrenalina"...

9:22 PM  
Blogger ordinegenerale ha detto...

Guarda, condivido appieno ciò che hai scritto. Solo che nel post non si discuteva tanto di quello, quanto di come a volte vogliano trovare un capro espiatorio inutile - in questo caso la tv, il cinema, lo show biz - per problemi decisamente seri.

Riguardo a Doherty: ho già espresso la mia ammirazione musicale per il personaggio in questione. Di quelli come non si vedevano da tempo, indipendentemente dall'eroina che gli scorre nelle vene e dal paragonarsi a Morrison - cosa che per altro non mi sembra faccia nemmeno. I Libertines non piacciono neppure a me, ma Fuck Forever dei BabyShambles è un gran, gran, gran bel pezzo!

Saluti e grazie per i complimenti :)

12:11 AM  
Anonymous Anonimo ha detto...

Non sono stato io a mettere quel commento: te lo posso assicurare. Credimi, non ti sto mentendo. Qualcuno si è divertito usando il mio nome.

Dimostrazione? Puoi notare facilmente che io mi firmo sempre col nome e cognome: basta usare google...

1:24 PM  
Anonymous Anonimo ha detto...

E poi la pensiamo allo stesso modo!!!!

1:26 PM  

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