Esiste un'Italia che non vuole tornare al Paleolitico / 7
In commento a questo post si dichiara quanto segue “Beh, anche per la diga del Vajont ci furono oppositori (inascoltati)…sappiamo tutti come è finita.” Il commento è stato – volutamente – un paio di giorni senza ricevere risposta. Il tempo di proseguire con l’inchiesta, et voilà, ecco servito il piatto.
[…] Il caso della Val di Susa non sarebbe così preoccupante se non fosse l'ultimo segnale di una cultura antimodernizzatrice che sembra essere divenuta l'ideologia dominante del Paese. Negli anni Sessanta, quando vennero terminati i lavori per l'Autostrada del sole e fu rinnovata la rete telefonica nazionale, l'Italia era più dinamica della Francia. Aveva una grande industria chimica, costruiva dighe colossali in America e in Asia, deteneva una posizione di tutto rispetto nel settore ferroviario e aeronautico, era una potenza nucleare emergente. Conosciamo gli scandali e le tragedie, dal Vajont al Petrolchimico di Porto Marghera e alla diossina di Seveso, che hanno offuscato l'immagine di alcuni grandi comparti dell'economia nazionale. Ma in altri paesi (penso all'America del grande incidente nucleare di Three Mile Island e altri) scandali e tragedie ebbero l'effetto di rafforzare i controlli e le misure di sicurezza. Da noi vennero usati dal massimalismo ambientalista per suscitare un'atmosfera di sospetto e diffidenza verso qualsiasi progetto industriale e tecnologico di grande respiro. Dopo avere buttato via (per un incidente avvenuto altrove) la sua esperienza nucleare, l'Italia conservatrice non vuole le centrali elettriche, le opere di sbarramento della Laguna di Venezia, i raddoppi autostradali, i depositi per le scorie nucleari, le ferrovie urbane, i trafori, il ponte sullo Stretto di Messina, l'alta velocità e persino i mulini a vento per l'energia eolica. […] Molti italiani, per la verità, si rendono conto che il Paese ha un urgente bisogno di opere pubbliche […] ma nessuno sembra disposto a tollerare che le opere si facciano nella sua provincia e nella sua regione. E non appena una comunità comincia a protestare, ecco apparire i rinforzi: i Verdi, i no global, qualche parroco, qualche sindacalista, qualche politico, tutti disposti a barattare il futuro del Paese contro un po' di consenso popolare. Sergio Romano, Panorama 1.12.2005 (versione integrale dell’articolo qui)
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2 Commenti:
Un assaggio dal versante francese:
dal sito: http://www.notav.it/modules.php?name=News&file=article&sid=912
"...inviato dal sindaco Henry Ratel a controllare lo scavo: «Per adesso ci abbiamo rimesso l'acqua. Siamo stati indennizzati, d'accordo, ma le falde non rispondono più. E abbiamo passato mesi d'inferno per il rumore e la polvere»..."
Auguri!
Il motivo perché l'America ha reagito in un modo, e l'Italia in un altro, va cercato in due differenti culture.
Quella americana, dove se sbagli, paghi e tanto (vedi Enron); e quella italiana, dove alle Grandi Opere si associa sempre il Grande Magnare di politici e imprenditori a tutti i livelli, e le grandi furbate.
Ecco perché in Italia non si può fare: perché abbiamo una classe dirigente, politica, imprenditoriale, che non ha nessun senso civico, se non fare più soldi possibili per se e per la propria cricca (e il caso Bpi sta lì a indicare che accadono avvenimenti, e gli italiani non imparano).
Ecco perché dalla Val di Susa usciranno i solito ignoti arricchitti, per fare un'opera per la quale si impiegherà il triplo del tempo e il decuplo del denaro (nostro, mio, tuo..), fatta male e già obsoleta quando sarà, chissà quando, finita.
Siamo in Italia, e la storia recente ci insegna che qui da noi, di pubblico, di condiviso dalla maggior parte degli italiani, c'è chi se lo ritrova nel solito posto.
La colpa non è degli ambientalisti; no, la colpa è dei politici, corrotti e inaffidabili.
Saluti.
Dangax
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