sabato, aprile 29, 2006

Mi perdoni l'operaio Bertinotti...

Ha vinto Bertinotti. Non commento mica, ché tutto quello che c'era da dire l'ho abbondantemente espresso in passato. Solo due cosucce da stronzetto da appuntare, mi ritorneranno utili per il futuro – e no, non mi riferisco al Carlo “Aurelio” Ciampi. La prima è che il nuovo Presidente della Camera ha già preso le sue belle (?) abitudini: impersona l'eroe del discorso “a braccio” fracassando – dopo due giorni – le palle di tutti (tele-radio ascoltatori e colleghi onorevoli) con un pistolotto impresso sui bigliettini, segno che era pronto da un po' e dunque niente braccio (o forse sì: l'unica volta che ci ha provato se n'è uscito con Carlo Aurelio, ma sono stronzo e ho detto che i miei appunti non si vogliono riferire a quello). La seconda cosuccia che ho notato sono state le parole con le quali ha salutato la sua vittoria; nello specifico: “Grazie. Dedico l'elezione alla Presidenza della Camera agli operai e alle operaie”. In questo debutto c'è molto del Bertinotti ultima maniera: c'è il piede in due scarpe – o meglio entrambi i piedi, l'uno in una scarpa, l'altro in una ciabatta -, c'è il tenersi buono la sinistra che l'ha votato e il paracularsi i suoi sostenitori politici, che già tremano e si schifano all'idea che il loro “capo” possa aver accettato un alto ruolo istituzionale, lui così (ex?) “duro e puro”, con buona pace della signora Lella che lo dipinge come un bonaccione – e il busto di Mao in casa? (e non voglio mica parlare della commemorazione dei morti a Nassiriya: ora gli tocca per dovere istituzionale, ma quanto gli piacerebbe poter rutt - ...ops – dire la sua). E poi, parliamoci chiaro, proprio questi ultimi, gli “operai e le operaie”, della Presidenza della Camera non gliene frega un cazzo di niente. E mi scusi l'operaio Bertinotti se mi permetto l'uso di tale registro, infimo e da fabbrica, e per di più adottandolo in un contesto dove si fa il suo nome.


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