lunedì, giugno 26, 2006

ecco il mio referendum

Il referendum a questo giro capita in un momento incasinato. Insonnia, cose da mettere a posto, lava, stendi e i piatti, le posate. Certo, c'è la pupa che una mano me la dà anche ma, insomma, sto inguaiato. Dunque mi sono ritrovato ad andare a votare oggi, seconda giornata per il referendum sulla riforma costituzionale. Il codice d'onore direbbe che bisogna sempre giocare la carta della sincerità, allora sarò sincero: ci sono sì i panni da ritirare, ma c'era anche poca voglia di votare. E non per il caldo, l'afa, il weekend, il desiderio di mettere le palle in ammollo in qualche (affollata) piscina; niente di tutto ciò, bensì poca voglia di votare per la votazione in sé. Per chi mi segue da tempo non c'è alcun bisogno delle presentazioni, ma per quelli che si sono appena sintonizzati su Ordine Generale magari un ripassino fa bene. Ho sempre votato a destra, mai sognato di dare il mio voto ad un governo di centrosinistra o, peggio ancora, di sinistra-sinistra, quindi logica vorrebbe che il mio 'sì' a questa “devolution + altro” fosse convinto e con il sorriso in faccia. E invece no, cazzo, stavo pieno di dubbi. Non è che non mi convince il federalismo, anzi, solamente che se federalismo doveva essere, che federalismo sia, e non un pastrocchio che funge semplicemente da compromesso; ecco, a questo federalismo non faccio l'occhiolino, e tanto meno lui a me cerca di fare il sorriso da cerbiatto. Poi c'è il cosiddetto premierato forte, e su qui siamo d'accordo, lo voglio, fortissimamente lo voglio. Però il voto è unico. Dico: non sarebbe stato meglio – ammesso che fosse possibile – farne almeno due di quesiti referendari, uno sulla devolution e l'altro sul premierato forte? Perché uno che è d'accordo al 50% deve sorbirsi anche la parte a lui non gradita? A tutta questa mia poca voglia, aggiungete un pizzico di odio – parolona senz'altro errata, ma altro non mi viene – nei confronti del popolo leghista. Nulla di enorme, per carità. La Lega – l'ho sempre detto – si fa portatrice di buoni propositi, semmai è contestabile il modo col quale li esprime, questi suoi buoni propositi. E poi si fa sempre gli affaracci suoi, mai che fa gioco di coalizione; per dire, è una che vota Bossi ogni qual volta può – sia la Presidenza della Repubblica o quella di Camera o Senato – e mai che segue le indicazioni della coalizione, salvo poi piagnucolare quando gli altri non danno retta a lei. Ecco, questo gioco non mi piace, e contribuiva anch'esso ai miei dubbi sul questo referendum. Poi mi sono trovato alle 13.30 – finito di mangiare, fumata la sigaretta – a recarmi al seggio. Tra i pochi metri che separano casa mia dal luogo di voto, pensavo ai bellissimi de sinistra, e mi chiedevo – tra me e me -: loro fanno tanto i paladini della costituzione, però nel 2001 hanno creato un pastrocchio di riforma mica da ridere; non mi piace poi l'idea che solo loro si sentano in diritto di poterla riformare, dall'alto dei loro superbi nasi di discendenti dei padri costituenti. E poi prendono pure per il culo: come fanno a dire che si può dialogare su una riforma solo a vittoria del 'no'? Nemmeno a me questa riforma piace – l'ho detto sopra – e spero dunque che si possa cambiare, ma se ciò dovesse avvenire, sarà solo dopo la vittoria del 'sì', Perché se vincessero i 'no' qualsiasi tentativo di riforma verrebbe precluso, con buona pace dei riformisti di casa nostra. Ore 13.35: ho fatto la croce sul 'sì', sono uscito dal seggio ed ho acceso una sigaretta.


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