venerdì, giugno 23, 2006

quel manifesto perennemente in crisi

Al manifesto a volte fanno un po' tenerezza, per quel loro modo di vivere così consapevolmente utopistico e nonostante tutto caparbio da trentacinque anni. Loro, che sono una cooperativa dove tutti contano lo stesso, dove il direttore percepisce lo stesso stipendio della segretaria – e per giunta se ne vanta – e dove, insomma, nessuno è più stronzo dell'altro (nella misura in cui un direttore di giornale può essere stronzo nei confronti della sua redazione, e che a sua volta subisce la stronzaggine dell'editore) e regna la pace e l'armonia, e probabilmente si mangia tutti insieme, si beve il caffé tutti insieme, e tutti insieme si chiacchiera allegramente, una sorta di Asilo Mariuccia per persone grandi e a modo. Epperò ci sono i problemi economici, da sempre. E anche questa volta le voci che girano – e che sono state messe in circolo da loro stessi – non sono delle più rassicuranti. Dalla redazione addirittura sono arrivati ad affermare che “il giornale potrebbe morire in un caldo pomeriggio d'estate”, quindi la situazione è realmente grave. E nessuno si augura la morte di un giornale, per quanto strambo e lontano dalle proprie idee, perché quando una testata muore è un brutto segno per tutto il paese. Epperò se anche loro facessero qualcosa per migliorare questa situazione non sarebbe del tutto malaccio. Voglio dire, se hanno un lettorato militante che però li abbandona una volta sì e l'altra no – cioè quando a governare c'è la sinistra – e che contesta alcune scelte di governo; se il lettore non lo trova come punto di riferimento per un movimento critico e di pensiero; se il lettore non vuole sottoscrivere gli abbonamenti; insomma, per tutta questa roba, un po' di colpa è anche loro, non solo dei fidi nelle banche o di Tronchetti Provera che li sfratta dalla sede storica di via Tomacelli a Roma. Potrebbero rivedere i piani, sia editoriali che amministrativi, anziché aprire sottoscrizioni su sottoscrizioni, ché il lettore se non fa un abbonamento, figuriamoci se gli manda i soldi. E poi, la cosa più vergognosa di tutte, bisogna dirlo, è qui sulla punta della lingua da quando mi sono messo alla tastiera, è la storia del numero settimanale a 5 euro. Esatto, il quotidiano che costa più di tutti in Italia – 1,10 euro – per un giorno alla settimana pare uscirà a 5 euro. E va bene tutto, noi siamo qui a farne una critica, magari anche simpatica, ma tanto il manifesto mai ci sogneremo di comprarlo, nemmeno per incartare il pesce; ma il lettore, mica si può prenderlo per il culo così.


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