Come ti giustifico l'omicidio
In seguito alla barbara uccisione della povera Hina, “rea” di vestirsi con i jeans e di comportarsi come una normalissima donna occidentale – e quindi fumando sigarette, bevendosi qualche birra e magari facendosi anche un piercing all'ombelico – la comunità Pakistana, in particolar modo quella numerosa di Brescia, sembrò condannare l'episodio. Certo, in modo tiepido, concedendo delle attenuanti al padre perché una donna musulmana non dovrebbe comportarsi in quel modo e anzi dovrebbe rispettare la cultura, ma in fondo ammettendo che l'uccisione è stato un grave errore. Questo però dinnanzi alle telecamere dei telegiornali nazionali e davanti ai taccuini degli inviati dei maggiori quotidiani. Quando ad intervistare la comunità Pakistana è una piccola televisione del bresciano, Brescia Punto TV, con quindi molta meno visibilità e cassa di risonanza, la questione cambia, e non poco. Perché inizia ad emergere il vero pensiero della comunità, e dunque la non condanna ma anzi la comprensione per quel gesto. Libero stamane riprende (pag.9) le interviste andate in onda venerdì sera e quanto si può leggere è disarmante. Sia adulti che ragazzi assecondano il barbaro omicidio: “figlia morta, papà va bene” afferma un Pakistano di circa 40 anni, mentre una ragazza all'uscita dalla preghiera del venerdì dice che “non era come una normale musulmana, non lo era più. Si vestiva in un altro modo, poi faceva altre cose”, come se tutto questo bastasse a giustificare quell'omicidio. E purtroppo sembra essere così. Quello che per noi, per la nostra cultura e la nostra legge è orribile, evidentemente per la comunità Pakistana – che applica la sua di legge e non quella dello stato in cui si trova – è comprensibilissimo e anzi ordinario. Quando va meglio, e l'omicidio viene flebilmente condannato, al massimo si prefigura il ritorno forzato nella terra d'origine: “Se la figlia non si sente [di ritornare a vivere secondo i costumi musulmani, ndr] la si porta in Pakistan”. Ma, per quanto comunque orribili e indicanti condizioni di schiavismo, sono opinioni sporadiche, perché a dominare è il pensiero che “[l'omicidio] non è contro religione, ha fatto bene per me”. Questo è lo scenario che ci troviamo davanti, quando ci si allontana dai grandi mezzi di comunicazione, usati per stemperare in qualche modo accuse e sospetti. Questo l'Italia non sa e, purtroppo, mai verrà a sapere dal tg delle 20 o da qualche grande giornale, perché non si rilasciano dichiarazioni di questo tipo in pasto a milioni di italiani. E tantomeno leggeremo un atto di accusa dentro qualche inserzione a pagamento.
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