Il Papa, durante l’incontro con la Curia per gli auguri di Natale, ha
criticato il “pensiero gender”, in altre parole quelle tendenze per cui non ci si riconosce nel proprio corpo di determinato sesso – uomo o donna – tanto da volersene liberare mediante operazioni chirurgiche o altri tipi di cura. Per la Chiesa, ha ribadito il Papa, questo tipo di pensiero è “pericoloso e autodistruttivo” essendo Dio che “decide chi è uomo e chi è donna” – e credo che nessuno possa ritenere opinabile questo pensiero da un punto di vista cattolico. E anche uscendo da quel punto di vista, è evidente che si nasce sessuati. Comunque, quanto affermato da Benedetto XVI è cosa ben diversa dal criticare l’omosessualità la quale, come dice la parola stessa, indica invece una inclinazione erotica – certo in un’accezione ampia del termine, comprendente anche la sfera intellettuale o affettiva – verso soggetti dello stesso sesso.
Qualcuno però sembra non capire, e si scaglia contro le parole del pontefice al grido di “la Chiesa se ne faccia una ragione dell’esistenza della gente frocia”, dove il “frocio” è evidentemente da intendersi come persona omosessuale e non come trans-gender e dove il dover “farsene una ragione” da parte della Chiesa sottintende più che un giudizio di quest’ultima una discriminazione. Una differenza, seppur sottile, tra l’omosessualità e un andare oltre il “genere” [
gender] sessuale, invece c’è: un omosessuale uomo, per esempio, prova attrazione per un altro uomo, ma si riconosce come persona di sesso maschile seppur a volte presentando alcune movenze e caratteristiche comportamentali tipiche di una donna. Al contrario, un uomo che non si riconosce nel suo essere maschio e desidera “trasformarsi” – parzialmente o totalmente – in femmina, spesso poi è attratto da persone di sesso maschile giacché si sente – e, sessualmente, magari è – donna e non più uomo; più che di omosessualità classica, si potrebbe parlare un po’ bislaccamente di omosessualità “transitiva”, o qualcosa del genere (sono uomo attratto da un uomo perché mi sento donna). Per questo la critica di cui sopra, anche solo per una questione di identità e di tipi sessuali, mi pare non tanto errata quanto proprio inutile: si è voluto colpire un bersaglio che non esisteva. O, meglio, che non esisteva in quello specifico caso, perché forse chi ha mosso l’accusa ha fatto un po’ di confusione con le recenti vicende di cronaca. Per esempio, può aver confuso l’uscita del Papa con quanto successo a proposito della petizione proposta dalla Francia all’Onu per la depenalizzazione dell’omosessualità. In quel caso il Vaticano si è opposto, precisando chiaramente che la parte non condivisa del documento non era quella riguardante la ferma condanna delle discriminazioni contro gli omosessuali (definita in una
nota della Santa Sede una “giusta condanna”), bensì tutto il contorno che parlava di “orientamento sessuale” e di “identità di genere” (cui appunto ha fatto in seguito riferimento Benedetto XVI), dentro il quale la Chiesa ha intravisto – secondo il suo legittimo punto di vista – la possibilità di introdurre questioni come l’allargamento dell’unione matrimoniale anche alle coppie omosessuali o la possibilità per quest’ultime di adottare dei bambini, oltre che – come appena dimostrato – un’evidente differenza tra una questione omosessuale e una di genere sessuale. La Chiesa, in sintesi, ha probabilmente visto minata l’istituzione della famiglia tradizionale, fondata sull’unione di un uomo con una donna; si è espressa coerentemente con il suo pensiero e con il ruolo religioso che ricopre. La discriminazione nei confronti degli omosessuali non c’entra nulla – perché non esiste – ma evidentemente funziona sempre come pretesto per attaccare.
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