mercoledì, dicembre 17, 2008

la brutta storiaccia della Ru486

Vediamo di riordinare i pensieri e fare per un attimo i seri, almeno a una settimana dal Natale. Dunque, c’è questa storia della pillola abortiva Ru486 che si vorrebbe introdurre anche in Italia e contro la cui introduzione Il Foglio ha già pubblicato un appello che vi consiglio di sottoscrivere. Di cosa si tratta? Di una pillola di mifepristone, uno steroide sintetico che inibisce lo sviluppo dell’embrione nell’utero. Di fatto, lo uccide. La sua azione, poi, è quasi sempre accompagnata dalla somministrazione di misoprostol, una prostaglandina che, causando contrazioni, facilità l’espulsione dell’embrione dal corpo della donna. L’azione combinata delle due, meglio conosciuta come “aborto chimico”, dovrebbe rappresentare una ‘svolta’ – se così possiamo chiamarla – per le donne: non prevedendo il ricovero in ospedale per un intervento chirurgico ma la sola somministrazione di pillole, ridisegnerebbe l’aborto come un metodo all’apparenza più sbrigativo di fare le cose, senza eccessivi traumi o ripercussioni psicologiche. Come se l’interruzione di gravidanza fosse una normalissima e banale operazione di routine, in barba alle leggi vigenti in Italia che prevedono invece l’opera di informazione sulle cause e sulle conseguenze che un’azione del genere può generare e lasciare. Non ci sono svolta né progresso, invece. Per prima cosa, di pillola Ru486 si muore: allo stato attuale sono ufficializzati cinque decessi tra Stati Uniti e Canada, due in Gran Bretagna e uno in Svezia, tanto che in America per pararsi la faccia – come si dice – la casa farmaceutica che produce quella che è già stata ribattezzata “kill pill” ha inserito nel bugiardino – che tanto, di solito, non legge nessuno – anche il termine “morte” tra gli effetti indesiderati. Seconda cosa, la Ru486 corre il rischio di banalizzare ulteriormente il dramma dell’aborto, equiparandolo ad un metodo contraccettivo e contribuendo ad accettare con eccessiva faciloneria un avvenimento mai ‘leggero’ e per il quale ci sono di mezzo sempre pesanti ripercussioni psicologiche. Scendendo a livello legislativo, in Italia allo stato attuale non sarebbe possibile permettere l’aborto tramite la pillola, e non solo perché l’Agenzia del Farmaco non ha ancora dato il suo parere positivo all’introduzione della Ru486. Come è ben noto, in Italia l’aborto è legale, ed è regolato dalla legge n. 194 del 22 maggio 1978. La quale prevede che l’intervento sia svolto all’interno di strutture accreditate (Art. 5) e che la sua attuazione non comporti rischi per la donna (Art. 15); e se già un farmaco causante decessi trasgredisce platealmente quest’ultima regola, è ugualmente evidente che la Ru486, somministrata in una struttura ospedaliera ma operante nelle ore (se non nei giorni) successivi e al di fuori di un ospedale, non si concilia nemmeno un po’ con la legge che in Italia disciplina l’aborto. Quanto poi sulla semplicità che il mandar giù un paio di pilloline dovrebbe portare con sé, basta solo aggiungere che c’è chi l’ha definita “l’esperienza più orribile della mia vita” o chi si è risvegliata con la febbre a 40 in una pozza di sangue dopo essere svenuta.
Dette queste piccole e semplici cose, che non sono frutto dell’ideologia e che chiunque può verificare leggendo il testo della legge 194 o facendo una ricerca sulla Ru486, è evidente che opporsi alla sua introduzione in Italia è il minimo che si possa fare. Non è una crociata contro l’aborto legale, perché nessuno vuole che si ritorni a quello clandestino, bensì l’esatto opposto: l’idea da sconfiggere è quella che vuole la Ru486 come un progresso e una facilitazione per la donna, quando invece rappresenta solamente un regresso anche rispetto alla legge 194, lasciando la donna in solitudine tra le mura domestiche a contorcersi magari sul pavimento in preda a dolori addominali, emorragie, vomito e febbre (tutti effetti collaterali riconosciuti), con un piccolo essere che dopo essere stato espulso viene magari smaltito nella tazza del cesso. Un progresso, nevvero?

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1 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Ma i commenti che tanto citi e decanti all'articolo del Times che hai linkato li hai capiti/tradotti correttamente?
La spaventosa pozza di sangue è normale mi pare, essendo che vai ad espellere un embrione.
Dovremmo aspettarci che dalla vagina al posto di sangue e residui organici ci esca un pupattolo ben vestito(e allora che schifo il parto, che schifo il ciclo di una donna e qualsiasi altra cosa non sia "pulita"), non da gettare nel water per carità, che negli ospedali questo mica succede eh! Mica vengono gettati con tutti gli altri rifiuti ospedalieri se non peggio, per carità! E anche la ragazza che scrive " esperienza più brutta della vita" lo fa riferendosi all'aborto come pratica generale, non alla pillola.

12:06 PM  

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