L’immagine dell’Italia all’estero, si sa, è macchiata dalla mafia. Uno stereotipo duro a morire, con il quale ormai siamo abituati a convivere e che cerchiamo – evidentemente invano – di abbattere ogni qual volta varchiamo il confine. Quando però lo stereotipo è alimentato proprio a casa nostra, cioè a casa di chi lo vorrebbe combattere, ci prende un po’ di sconforto e ci si domanda quali fini ci siano dietro questa voglia di apparire a tutti i costi come veniamo dipinti dagli altri. Succede che il
Times di oggi, nella pagina dei commenti, ospiti un
contributo di Daisy Goodwin circa la
rimozione, da parte di Facebook, dei profili di chi pubblica foto mentre allatta; una pratica vietata dal sito poiché andrebbe contro la politica anti-nudo esplicitamente dichiarata nel contratto stipulato al momento dell’iscrizione. Un fatto ombroso, che ha già scatenato qualche polemica anche perché non sempre si riesce a ritenere cosa violi le leggi del sito di social networking più famoso al mondo: una donna che allatta dovrebbe passare, a patto che non si vedano pienamente il capezzolo e l’aureola. Ma non è questo il punto, almeno non adesso. La Goodwin, tra un paragone e l’altro, fa notare che per Facebook la foto di un seno che allatta è moralmente sbagliata, al contrario del creare un gruppo inneggiante a Toto Riina. Per affermare ciò, all’interno dell’articolo sono dedicate 446 battute su 6.449; o, se preferite 76 parole su 1.119; o ancora, per i più pignoli, 1 paragrafo su 15 (se il conteggio parole di Microsoft Office Word per Mac non mi inganna). Insomma, l’intento della
column non era quello di dimostrare – una volta tanto! – che in Italia siamo mafiosi perché creiamo gruppi su Toto Riina, bensì un doppiopesismo di Facebook nel giudicare cosa sia poco morale e quindi vada censurato (una donna che allatta) e cosa invece possa tranquillamente passare indenne dalle maglie degli amministratori (un gruppo di coglioni pro Totò Riina). Il sito di
Repubblica, quotidiano italiano cui dovrebbero dar fastidio i pregiudizi che all’estero hanno nei nostri confronti, tanto più se riguardanti l’ormai celebre «mafiosità» dell’Italia, ci fa invece una delle tante
aperture in home page in questa fredda domenica invernale: seconda notizia per importanza con tanto di foto (questo alle 19.00, in seguito si spera scenderà in graduatoria), subito dopo la guerra in corso tra Israele e Hamas. Titolo: «Facebook non chiude i gruppi pro Totò Riina». Sottotitolo: «Pochi giorni dopo la rimozione della foto delle donne che allattano, il social network rifiuta di bloccare gli utenti che inneggiano alla mafia: “sarebbe censura”». Riferimento all’articolo del
Times: «“E invece perché nessuna censura nei confronti di chi inneggia su Facebook al capomafia Totò Riina?”, ribatte un autorevole commentatore del quotidiano inglese Times». E così
Repubblica amplifica una questione tutta italiana solo perché l'ha letta in un paio di righe di articolo sulla stampa estera. Articolo che, per il resto, parlava di tutt'altro.
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