mercoledì, luglio 20, 2005

Nella mente delle persone il terrorismo ha colpito. E noi dobbiamo continuare a lottare

Stamattina mi è capitato di dover prendere la metropolitana di Milano. Solitamente durante l’anno la prendo tutti i giorni ma, essendo estate e quindi le lezioni finite, era da almeno un mesetto che non ci salivo. E comunque non avevo ancora messo piede in una carrozza dopo il 7/7 londinese. Certo, mi ricordo in seguito agli attentati alle Torri Gemelle di New York ed a Madrid: la tensione era palpabile e quasi si tirava un sospiro di sollievo appena si risaliva in superficie – nella zona di Milano dove la metropolitana è per una tratta all’aperto – consci (o semplicemente illusi) che il terrorismo all’aria aperta non avrebbe attecchito. Alle 8 mi trovo alla stazione di Cologno Nord e la tratta che devo percorrere per racemi in Università a dare un esame è la seguente: Cologno Nord – Centrale sulla linea verde e poi Centrale – Lodi T.I.B.B. su quella gialla. Zone critiche da attraversare – sempre che una zona può essere considerata più “critica” o comunque più pericolosa di un’altra – sono quindi tutte le stazioni comprese tra Piazzale Loreto e il mio punto d’arrivo: praticamente passo per tutto il centro storico, Duomo e Centrale compresi. Arrivo, faccio il biglietto, compro La Stampa e salgo sulla carrozza. Le facce della gente sembrano normali, però c’è da dire che a quell’ora i vagoni sono affollati ed è quindi più difficile riuscire a creare quelle “complicità” fatte di sguardi e tipiche di chi sta viaggiando e non vede l’ora di arrivare a destinazione. Ma subito dopo essere partiti, alla prima stazione succede il primo episodio che mi fa capire che non è più come un mese fa: alla stazione di Cologno Centro, tra la fermata e la partenza, si sentono delle urla, urla di donna. Con la velocità di un lampo tutta la gente di tutte le carrozze si riversa sulla banchina, niente panico s’intende, ma la preoccupazione è grande. Nulla sarebbe accaduto senza l’attentato di Londra, con le sue immagini di dolore straziante ancora impresse nelle nostre menti. È capitato tante volte di sentire urla – spesso di qualche senzatetto ubriaco o comunque di gente squilibrata – ma mai avevo visto una reazione così. La signora delle urla, per onor del vero, cercava di attirare su di sé l’attenzione: il piede le era rimasto incastrato tra la fine della banchina e il treno, in quella sorta di piccolo gap che si viene a creare, ed ha avuto quindi paura di dover perdere l’arto se il conducente fosse ripartito subito. Nella situazione di “finta emergenza” che si è venuta a creare – falso allarme no, perché comunque un allarme vero e proprio non c’è stato – cosa ho visto? Due, sottolineo due, carabinieri. Certo, Cologno Monzese è alla periferia di Milano, è una cittadina, assolutamente un improbabile bersaglio di azioni terroristiche. Ma oramai dovremmo abituarci a tutto, e i controlli in cosa consistono, in due carabinieri? Passiamo avanti. Il viaggio d’andata procede poi tranquillamente, nessun episodio strano, anche se oramai la paura ci aveva assalito e così mi scopro – e scopro anche coloro che siedono sul mio stesso vagone – in preda ad una sorta di scansione continua: si adocchiano borse, zaini, valige. Ogni qualvolta sale una persona nuova è un’occhiata unica. Insomma, non proprio i sintomi di chi non teme il terrore. Il viaggio di ritorno lo faccio più sereno: l’orario non è di punta, i vagoni sono pressoché vuoti. Certo, quando a Stazione Centrale – luogo perfetto per una strage, occorre essere cinici ma realisti – devo cambiare linea un po’ di paura mi assale: “sono nel posto tra i più quotati da far saltare in aria” è il pensiero che mi assale. Cambio treno, mi siedo e mi tranquillizzo. Nessun personaggio “strano” – sempre che un venditore di fish and chips possa essere “strano” – mi immergo nella lettura del giornale. Sono a Lambrate e il treno si sta avviando verso la fermata di Udine quando si sente in lontananza partire un fischio, che nel giro di tre secondi diventa assordante. E succede quello che è successo all’andata: tutta la carrozza si alza in piedi, con la differenza che essendo in galleria non ci si può nemmeno riversare sulla banchina. Questa volta siamo in pochi, una signora seduta di fianco a me mi guarda e con gli occhi cerca un sorriso che le faccia dimenticare lo spavento. Una coppia seduta di fronte invece sobbalza e la ragazza per qualche secondo ripete “che spavento!”. Insomma non proprio la normalità. Ma tutto questo racconto a cosa serve? Ovviamente non ho scritto tutte queste righe per sfizio personale. Serve perché riflettendo sull’accaduto a mente fredda, ho subito pensato: come, si continua a dire che il terrore non sta vincendo e la paura non ci contagia, ed oggi ho assistito ad un paio di episodi che, sinceramente, mi sembravano il contrario. Al minimo rumore – come il fischio di una frenata un po’ spinta – si scatta tutti sull’attenti. Si aspetta da un momento all’altro di sentire l’esplosione. Quello che prima era solo un suono fastidioso – e se ne sentivano parecchi, soprattutto d’estate con i finestrini dei vagoni abbassati - ora diventa il campanello d’allarme. Prima non ci si faceva caso, anzi si imprecava per il fastidio alle orecchie, ora ci batte il cuore. È questo il terrorismo che non avrebbe affatto colpito la gente? Non mi sembra. Se le persone su una carrozza hanno paura di saltare in aria, evidentemente il terrore ha fatto il suo dovere. E a tutto questo cosa aggiungiamo? Misure protettive che consistono in due carabinieri. Non molto confortante mi sembra. Certo, se poi vogliamo sottolineare il fatto che i londinesi dopo l’esplosione sono rimasti calmi e non hanno avuto attacchi di panico, è un altro discorso. Nonostante tutto – e lungi da me creare inutili allarmismi, non ne sarei nemmeno capace – la gente ha paura. Questo è il risultato del terrore, non ci sono dubbi. Questo è quello che bisogna continuare a combattere, perché la gente non può aver paura di salire sui mezzi pubblici (e tante volte non può nemmeno evitare di prenderli, cercando di ovviare al problema). Le persone vanno protette, con tutti i mezzi possibili. E non dire che la paura non esiste e che il terrorismo non vincerà proprio per questo. La paura c’è, eccome. Basta prendere una metropolitana in una grande città per sentirla. È palpabile.

5 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

La paura c'è. Anch'io, a Milano, ho avuto la stessa sensazione. Non prendevo da un po' la metropolitana, e generalmente non la prendo spesso. Però due giorni fa la tensione era palpabile. Non mi si dica che la gente continua a prendere la mettropolitana perché non ha paura. Ce l'ha, ma non può fare altrimenti.

Saluti

10:01 PM  
Blogger ordinegenerale ha detto...

Esatto. La gente ha paura ma nonostante ciò non può fare a meno di prendere i mezzi. D'altronde sarebbe impensabile per una grande metropoli come milano che tutti si muovessero con mezzi propri. Sarebbe la paralisi. Dunque proprio per questo bisogna garantire ai cittadini la massima sicurezza. Che, sinceramente, non ho visto...

Saluti

12:06 PM  
Anonymous Anonimo ha detto...

Bel post!
Posso citarlo su RadioAlzoZero.net nella trasmissione di oggi?
Grazie, ciao,
Valerio
www.steppenwolf.it
redazione@radioalzozero.net

2:56 PM  
Blogger ordinegenerale ha detto...

Certo Steppenwolf che puoi citarmi, ci mancherebbe.

ovviamente vieni immediatamente linkato al blog ;)

saluti

6:08 PM  
Anonymous Anonimo ha detto...

grazie, se vuoi rimando la replica in onda ogni giorno alle 22 e poi il giorno successivo alle 10. tra un po' verrà creato anche un archivio. Oh, io cerco aiuti e proselitismo. Se puoi aiutarmi, come autore, co-autore, conduttore ecc fammi sapere. Anche suggerimenti e critiche...
a presto,
Valerio

8:25 PM  

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