Il centrosinistra è riuscito a mettere le mani anche su Messina, città siciliana fino all’altro ieri in mano al centrodestra. E così il candidato per l’Unione Francantonio Genovese ha vinto il ballottaggio con il 54,56% delle preferenze contro il 45,44% del candidato sindaco per la Casa delle Libertà Luigi Ragno. Risultato decisamente sorprendente, che poco ha impiegato a riaccendere gli animi della combriccola disunita di Prodi, soprattutto in virtù del fatto che per decidere il nuovo sindaco si è dovuti ricorrere al ballottaggio dopo che il primo turno vedeva la Casa delle Libertà con Ragno in lieve vantaggio (+ 0,2%) rispetto a Genovese. Ma questi sono i numeri, servono per chi è appassionato di matematica e cerca nelle cifre la consolazione di una sconfitta incredibile. Il vero dato di fatto è che il centrodestra ha preso un’altra batosta, inutile ed impossibile negarlo, e il trend positivo del centrosinistra continua. Nonostante questa volta la storia, se permettete, sia leggermente diversa. Almeno tre fattori sono stati decisivi in questo testa a testa. Il primo, il più determinante, è il fattore doppio turno. È cosa risaputa che l’elettorato moderato difficilmente scende in piazza per andare a votare elezioni che non siano politiche. A Messina – come, ricordo, a Milano per la presidenza alla provincia – l’ha fatto una prima volta ed ha di fatto portato in vantaggio Ragno. La percentuale minima di voti in più ha richiesto il ballottaggio e questa volta l’elettore di centrodestra si è ben visto dall’andare a votare ed ha preferito una domenica di shopping natalizio. Risultato: affluenza in calo del 20% e il candidato dell’Unione in vantaggio di quasi il 10%. Il secondo fattore determinante per questa sconfitta è Raffaele Lombardo, ex ribelle uddicino; a Catania – per citare una città siciliana miracolosamente rimasta in mano alla Casa delle Libertà – i voti del suo movimento vennero conteggiati a favore del centrodestra mentre questa volta ha preferito correre da solo, e il risultato si è visto. Terzo e ultimo fattore che ha giocato a sfavore del Cav. e del suo schieramento potrebbe – con il condizionale d’obbligo – essere il famigerato ponte sullo stretto di Messina. Vittorio Feltri stamane su Libero più che considerarlo un’ipotesi lo ha dato per certo. Potrebbe essere azzardato, ma se davvero gli abitanti di Messina abbiano voluto in qualche modo punire il centrodestra – e Silvio Berlusconi in particolare – per questa sua ostinazione nel realizzare un progetto sinceramente inutile (guai a paragonarlo alla Tav in quanto ad utilità), comprendendo come i 6 milioni di euro – minimi – destinati alla sua realizzazione servirebbero di più a rimettere a posto infrastrutture già esistenti ma a pezzi in Sicilia? Ripeto, è solo un’ipotesi, anche se non da scartare in modo aprioristico. Sta di fatto che queste sono elezioni amministrative. Sindaci, presidenti di Provincia, presidenti di Regione non hanno mai stuzzicato più di tanto l’interesse dell’elettore di centrodestra. Ad aprile, quando ci sarà da decidere chi mandare a Roma, tutti coloro che finora sono stati a casa o hanno trovato di meglio da fare che recarsi alle urne, difficilmente ripeteranno l’opera. L’interesse per chi siede a Roma è decisamente più forte rispetto a quello messo in campo nei confronti di chi deve sedere in comune o in regione. Certamente la Casa delle Libertà deve innanzitutto smetterla di punzecchiarsi al suo interno e iniziare a parlare chiaramente all’Italia (quindi evitare le scaramucce suggerite dall’immagine dell’attacco “a tre punte” o le piccole divisioni interne su chi candidare contro Veltroni a sindaco di Roma), per riuscire a conquistare parte dell’elettorato che ha indubbiamente perso. Guardando al ridicolo offerto dall’Unione di Prodi – che fa orecchie da mercante su tutto: dall’appello di Pannella per la marcia natalizia in favore dell’amnistia alla Tav “ideata” da Prodi stesso e Bruxelles – non dovrebbe nemmeno essere troppo difficile questa riconquista.
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