domenica, aprile 02, 2006

Giusto smettere con il downloading illegale

Partiamo da un dato di fatto: sono un ex scaricatore di files musicali con il peer to peer, quindi senza versare una sola lira. Ho scaricato di tutto, ma solo nell'ambito musicale. Sono almeno 4 anni che non lo faccio più, e sono sicuro della durata temporale perché l'ultimo software che ho usato è stato Audiogalaxy, e dal momento che l'hanno chiuso non ho più scaricato un solo file musicale in modo illecito. Per i motivi più vari: la maggior parte della roba che scaricavo poi nemmeno avevo il tempo di sentirla (tant'è che nemmeno so dove sono finiti i cd zeppi di mp3 che avevo, li avrò con ogni probabilità regalati in giro) e la questione era diventata una sorta di “bulimia musicale”; ho iniziato a selezionare in modo massiccio i miei ascolti; ho riscoperto il piacere di andare nel negozio di dischi (più piccolo è, meglio è) e altro ancora. E poi, certo, perché non è giusto appropriarsi del lavoro altrui senza contribuire economicamente verso chi il lavoro l'ha fatto. Nessuno di noi si sognerebbe mai di chiamare un idraulico per una perdita e poi, riparato il danno, cacciarlo via senza pagare, e non solo perché lui ci spaccherebbe una chiave inglese in testa, non è vero? Chi tra di voi si ammazza di lavoro – magari non solamente nine to five, ma qualcosina in più – sarebbe contento di dover passare otto ore sul posto di lavoro, senza però prendere lo stipendio, o prendendone meno di quanto vi spetta perché qualcuno ha comunque deciso di avvalersi della vostra esperienza senza però riconoscervi il giusto valore economico? Permettetemi il beneficio del dubbio. E scaricare musica – o film, o libri – in modo illegale equivale esattamente a quanto sopra: qualcuno ha messo in campo il suo ingegno per produrre qualcosa che però non viene pagata, nonostante venga ampiamente usufruita. E nelle persone ciò non è considerato nemmeno un dramma, perché ormai il file sharing illegale è diventato qualcosa di socialmente accettato; reato sì, ma che non comporta particolari sensi di colpa perché, in fondo, lo fanno tutti. Io ho deciso di smettere, e sono contento. Ho riscoperto il valore delle cose, l'importanza che hanno per me nel piacermi (o anche nel farmi schifo) e l'importanza che hanno verso chi le ha create il quale, si presume, con la vendita delle proprie opere ci deve campare. Il fatto di essere (anche) musicista ha influito, certo, sarei disonesto a dire il contrario: già non si “batte chiodo” con la musica, figuriamoci se poi qualcuno si appropria di roba mia senza farmi vedere un euro. E nella mia scelta, credetemi, ci sono stati dei vantaggi. Ad esempio ho scoperto che si può continuare a scaricare musica in modo legale; quindi non si rinuncia alla comodità di stare seduti davanti al pc e nel frattempo – minimo sforzo, massimo risultato – di poter ottenere ed avere per sempre quel fantastico pezzo ascoltato l'altro giorno in radio*, ma lo si fa pagando il giusto compenso che l'autore deve vedersi attribuito. C'è un ulteriore vantaggio, da non sottovalutare. Per le opere che vogliamo avere a tutti i costi è chiaro che nulla andrà a sostituire il disco comprato nel negozio, il libretto, il profumo di compact disc appena stampato (e non ridete: ha un suo odore), o anche l'attesa di vederselo recapitare per posta magari dagli Stati Uniti o dal Giappone perché in Europa ancora non è uscito; ma se ci sono dischi che ci piacerebbe avere ma che anche in fin dei conti siamo insicuri di acquistare, perché c'è il rischio che si riveli una bufala - e Dio sa quanto costa comprarsi un disco al giorno d'oggi - possiamo in modo perfettamente legale – e ad un prezzo irrisorio: 99 centesimi di euro a brano – comprarlo su uno dei tanti “negozi virtuali” e ascoltarlo all'infinito. Anzi, dirò di più: con i soldi che spendiamo in negozio per acquistare un disco di cui magari poi le canzoni belle sono 3 su 10, su iTunes music store ci facciamo una compilation da 20 pezzi che selezioniamo in base ai nostri gusti: canzoni che sicuramente ci piaceranno. E poi, nei negozi mica ci trovo una compilation che mi racchiuda Erik Truffaz, i Rage, Kevin Mahogany e i New Order in un unico cd; io qualche giorno fa invece l'ho assembalta acquistando i vari brani su internet.

*visto che Ordine Generale è in fin dei conti un blog, giusto allora che ogni tanto la smetta di trascurare la parte di 'diario' che ogni blog ha, e quindi vi dico: ieri sera, preso da un irrefrenabile voglia di Jam e di new wave ho acquistato “Decent days and nights” dei Futureheads perché tempo fa l'ascoltai da qualche parte e me ne innamorai. Purtroppo ci ho messo un paio di mesi a ricordarmi il titolo della canzone.


2 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Il file sharing ed il p2p hanno comunque avuto il merito di convincere a vendere la musica a piu' basso costo ed è appunto grazie al p2p che sono nati iTunes ed altri megastore virtuali. Certamente il lavoro altrui va pagato ci mancherebbe. Però mentre quando paghi l'idraulico che viene ad aggiustarti il rubinetto i soldi vanno tutti a chi materialmente ha fatto il lavoro, nel campo musicale e artistico ci sono tutta una serie di personaggi che paghi e la cui utilità e' molto dubbia. Vendere un Cd a 18 euro è un furto così come è un furto l'Iva sui prodotti come musica, film o arte in generale. Il p2p ha dato vita hai negozi virtuali, questi hanno eliminato molti passaggi e abbassato i costi ed alla fine lo scarico illegale di musica e film e' diminuito notevolmente. Resta poi il fatto che quando un album lo ami davvero niente puo' sostituire l'acquisto del Cd originale, nemmeno la musica scaricata legalmente. Saluti

6:43 PM  
Blogger ordinegenerale ha detto...

I passaggi della "catena musicale" che porta dalla registrazione alla vendita, se si vuole un buon prodotto, devono esserci. Tutti. Poi c'è il problema del caro-cd, che non è determinato da "personaggi che si pagano e la cui utilità è molto dubbia", ma è un altro discorso che va oltre il rispetto dell'artista e quindi il comprare un brano e non rubarlo.

Saluti

8:59 PM  

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