Di Pietro il villano
C’è da capirlo, il poveretto. Non è nemmeno che lo fa apposta ad essere così: è tutta colpa del suo background culturale. Quando pensa una cosa, Tonino Di Pietro, non è che proprio la pensi davvero - mancandogli la facoltà - piuttosto, gli viene – diciamo – e poi gli scappa di bocca. E così «stile mafioso», «magnaccia», «i propri picciotti in Parlamento» non sono pura farina del suo sacco. Sono il frutto della sovraesposizione a quegli ambienti, mescolata ai pensieri del suo amichetto, quello che fa le fotocopie nelle procure, il quale li scrive sui blog e lì Tonino li legge e, da buon villano tutto campi, sole e mietitrebbia, li ripete, a vanvera, pensando di fare bella figura, di ricevere applausi in quantità maggiore rispetto ai rutti – ben più consoni delle pernacchie, visto il personaggio. Giusto un manipolo di gonzi, che era circa il 4% alle ultime elezioni e ora – dicono i sondaggi e questo sì che è un po’ preoccupante – potrebbe valere addirittura l’8-10%, lo segue in piazza, lo incita, lo tributa. Anche oggi, intorno alle 18, assisteremo all’ennesima manifestazione realmente democratica, ovvero fascio-manettara un pizzico di troppo – ma il mondo va avanti, e noi con lui: passata la risata, rientrato il compatimento, c’è altro cui pensare. Perché un villano, al massimo, può essere deriso ma oltre non si va e ci sono cose che, grazie a Dio, fanno anche più ridere.
Etichette: Antonio Di Pietro
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