Due Revox a bobine: il primo registra e invia il segnale al secondo, che si limita a riprodurlo. Il secondo poi rimanda il tutto al primo, dentro il quale il segnale viene ‘addizionato’ di nuova materia proveniente dalla chitarra Robert Fripp. Un ciclo loop, molto artigianale e molto ante-litteram (e molto cervellotico, certo), quello ideato da Brian Eno per creare ambienti musicali dalla materia grezza fornita da Fripp, il quale poi è chiamato anche a riempirli, tali ambienti. Un lavoro molto concettuale, e allo stesso tempo quasi una sorta di improvvisazione, se è vero che la sintonia tra i due musicisti doveva essere massima. Questa l’idea di base di No Pussyfooting, il disco del 1973 che segna la collaborazione tra i due musicisti – Eno reduce dall’esperienza con i Roxy Music, Fripp in pausa dai suoi King Crimson – e segna soprattutto la nascita di un certo tipo di musica, elettronica e derivata dall’uso creativo – al pari di uno strumento musicale – dei nastri magnetici. Il risultato è un delay decadente, non infinito; non vi è una scansione temporale ‘classica’, ma l’unica idea di tempo è derivata dalla comparsa/scomparsa di nuovi tessuti, di nuovi strati che si sostituiscono a quelli vecchi.
Il disco viene riproposto oggi in una nuova confezione e con l’aggiunta di bonus tracks, che altro non sono se non alcune versioni rallentate o suonate al contrario dei due brani che comparivano originariamente sull’album: “The Heavenly Music Corporation” (che inizialmente doveva essere anche il nome del progetto) e “Swastika Girl” (frutto dell’ispirazione dettata da un’immagine nazi-porno trafugata da Eno dallo studio di George Martin e affissa dai due sopra la consolle di registrazione).
Etichette: Brian Eno, musica, Robert Fripp
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