venerdì, dicembre 12, 2008

Lettera aperta a Claudio Trotta: spostate gli eventi fuori dalle città

Gentilissimo Claudio Trotta,
lei è organizzatore di concerti da tempo immemore. Ha portato in Italia, e porta tuttora, alcuni tra i migliori artisti della scena internazionale, oltre ovviamente a organizzare i tour delle più importanti realtà di casa nostra. Non c’entra il singolo gusto specifico di ognuno di noi: a chi ama la musica non overground – perché a parlare di underground si entra in quel fangoso cono d’ombra chiamato snobismo – non importa certo degli artisti di cui lei è promoter, ma è innegabile che anche tra questa tipologia di fan della musica è riconosciuto il ruolo importante che lei svolge, insieme ad alcuni suoi colleghi concorrenti, nel non lasciare la nostra Italia povera nelle manifestazioni musicali di un certo livello.

È increscioso quanto sta succedendo per via del concerto tenuto da Bruce Springsteen lo scorso anno a S. Siro, giusto per citare il caso più famoso e balzato ora alle cronache. È increscioso che succeda questo per via di un manipolo di persone acide, represse e totalmente incuranti della vita artistica di una città, a maggior ragione di una città come Milano che non può permettersi di dormire. È ancora più increscioso perché è un acidume tipico di chi è abituato sempre e solo a brontolare, più per partito preso che per una specifica presa di posizione o convinzione personale; insomma, quel tipo di persona teorizzato qualche anno fa da Samuele Bersani in quella sua canzone dal titolo di “lo scrutatore non votante”, personaggio piatto e incline alla cattiveria e al menefreghismo, quello che “pulisce casa ma non ospita”, “ha comperato la stampante ma non scrive mai una lettera” e “conosce i nomi delle piante che taglia con la sega elettrica”: l’amorfo, in sintesi. Il limite dell’increscioso lo si raggiunge infine se si pensa che i concerti di un certo livello – quelli per cui i soliti brontoloni, appunto, brontolano – sono non più di quattro o cinque all’anno, avvengono in luoghi che già ospitano manifestazioni sportive che richiamano una enorme quantità di gente (nella fattispecie lo stadio di S. Siro o l’Arena Civica) e si eseguono a condizioni tecniche imbarazzanti (leggi: impatto audio inesistente). Certo, il rispetto di tutte le richieste e di tutte le opinioni è fondamentale; e infatti voi organizzatori nell’ambito di certi eventi operate con le mani legate da una serie di divieti e obblighi che a scorrerli viene da sorridere, per usare un eufemismo. Ma dal momento che a conti fatti le autorizzazioni ci sono tutte e tutto è in regola, perché siete organizzatori seri e scrupolosi e conoscete fin troppo bene come vanno certe cose, non è più il caso di parlare del rispetto del parere di una minoranza bensì di una minoranza che rompe le palle, ingiustamente, ad una maggioranza. Detto questo, non posso che solidarizzare con lei e con quanti, in un futuro o per cose successe in passato, correranno il rischio di trovarsi nella sua stessa situazione.

Accetti però un consiglio spassionato, da non addetto ai lavori ma da semplice fan della musica – over e underground. Smettetela di organizzare concerti in queste location, se il risultato da pagare è quello di una sanzione penale (ma anche una amministrativa sarebbe assurda, a un certo punto). Spostate i grandi eventi negli spazi aperti al di fuori della cerchia del centro cittadino. Certo, S. Siro stracolmo è un evento a prescindere dalla musica; è una chiesa e il concerto diventa una messa cantata, non c’è dubbio. Ma la storia ci insegna che anche eventi organizzati fuori da questi luoghi ‘sacri’ possiedono l’aura mistica che si cerca nel grande stadio: penso ai festival estivi, come se ne fanno oggi giorno o come se ne facevano anni fa, magari nei parchi, o nei piazzali isolati, o nelle vicinanze degli aeroporti (come si usa in Europa) o nelle sperdute cittadine delle campagne, che per un paio di giorni sembrano ben liete di ospitare tra loro una ciurmaglia variopinta di artisti e di ammiratori al seguito. Per rimanere in Italia, concerti come quello degli U2 a Reggio Emilia, o l’ormai celebre Vasco a Imola di qualche anno fa (per non parlare dei Monsters of Rock degli anni scorsi) sono sicuramente passati alla storia come eventi musicali di enorme portata, e nessuno di questi è stato fatto allo stadio Meazza. Al contrario, altri celebri eventi come il famigerato Bruce Springsteen dell’anno scorso, o sempre Vasco, o Zucchero (e prossiamente i Depeche Mode per i quali farei personalmente follie, tranne quella di ascoltarli ad un volume da sala d’aspetto), tutti a S. Siro, hanno portato con sé sì l’entusiasmo per l’evento, ma anche una dose di critiche per la bassezza squisitamente tecnica che non possono rimanere inascoltate (a differenza di quelle del comitato di quartiere). Con lo spostamento in altri spazi, lontano da chi sonnecchia e costringe una delle capitali mondiali a fare lo stesso, ne guadagneremo tutti: voi organizzatori che eviterete così di rodervi il fegato e noi spettatori che non saremo costretti ad assistere con il cono acustico a concerti dove il volume è talmente basso da essere una parte collaterale, anziché primaria, dell’evento il cui prezzo del biglietto – che, contentissimi, paghiamo sempre – non è certo dei più bassi. Si dice “vado a vedere i Rolling Stones”, ma si guarda anche - e soprattutto! - con le orecchie oltre che con gli occhi.

Con tutta la mia stima.

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