lunedì, aprile 27, 2009

E tu, a che gusto lo usi il dentifricio?

Se ai bambini è concesso quello alla fragola, quello dei Pokemon o dei Gormiti, quello che fa diventare un piacere lavarsi i denti – per loro, che con questi tipi di piacere non vogliono aver nulla a che fare – è giusto che anche gli adulti abbiano il loro dentifricio. Con il loro gusto, per il loro piacere. Della qual cosa ci informa Andrea Benedetti, nella sua rubrica settimanale Lumpen sul Foglio dei Fogli dellartiano [Il Foglio, 27.04.2009 – p. 2], anche se stranamente non si riesce a trovare alcuna informazione, foto, commento in giro per la rete. In ogni caso, il dentifricio in questione si chiama Vulvex, un nome un programma. Progettato per i maschietti ma adatto anche alle più esigenti tra le signorine là fuori, è disponibile sul mercato in tre gusti: «after piss», «those days» e «sex fluid» - non c’è bisogno di tradurre ma per i meno dotati, linguisticamente parlando, basti dire che il gusto generale è quello della vagina, disponibile in tre varianti a seconda dei momenti. Prodotto dall’azienda norvegese Turguit, non è però riuscito a trovare sbocco nei normali canali di vendita, poiché la maggioranza dei supermercati europei (dove le persone, di solito, comprano il dentifricio) ha ritenuto l’articolo fuori target rispetto a quella che è la sua clientela abituale. Lo distribuisce, al momento, la catena danese di sexy shop Sex4Fun, ma anche questo rimane un mistero non essendoci traccia in rete. Rimane l’idea, vera o falsa che sia. Geniale, interessante. Burlona, anche. Ma se si scopre che in «quei giorni» è rintracciabile un qualcosa che favorisce la guerra alla carie, che blocca il formarsi di tartaro e placca e che rende – perché no? – l’alito più fresco, come la mettiamo? Non si può mica mantenere una perfetta igiene orale solo per una manciata di giorni al mese.

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lunedì, dicembre 03, 2007

tradimenti.

Mi viene in mente quella storiella che ogni tanto viene fuori, in quelle occasioni particolarmente ilari dove ci si raccontano cose già dette mille volte e che nonostante tutto riescono sempre a far ridere. E la storiella è la seguente, pari pari. Il mio caro amico lavora in un’azienda nella quale le finestre sono realizzate con i cosiddetti vetri “a specchio”, ovvero quei vetri in cui tu da dentro puoi guardare fuori ma non viceversa – se sei fuori, al limite, puoi giusto controllare lo stato della pettinatura suscitando grasse risate in quelli che stanno dentro che ti vedono come si vede un coglione allo specchio. Dicevo, enormi finestre con vetri a specchio. E quelle del suo ufficio danno su un parcheggio, di quelli tipici delle aree aziendali, pieni per metà di giorno con le macchine di chi lavora nelle vicinanze e grande via vai notturno di gente che arriva, scopa e se ne va. Contestualizzato? Andiamo avanti, perché qui arriva il nocciolo della storia. Capita che questo amico venga interrotto dalle urla di un suo collega che, quasi tutti i giorni, portando la faccia a schiacciarsi contro la finestra richiama l’attenzione di tutti verso un furgoncino, rosso, parcheggiato nel posteggio sottostante. Arriva il furgoncino, si ferma. Tempo due minuti arriva una macchina, una grossa berlina tedesca, scende una donna sulla quarantina e scatta velocemente sul furgoncino, le cui tendine si abbassano. E il furgoncino prende così a “molleggiarsi” a ritmi regolari, quelli tipici del su e giù. I colleghi – giura il mio caro amico – più volte hanno aperto la finestra accennando cori d’incitamento, e pare che la coppia una volta li abbia voluti anche ripagare di questo loro affetto mostrando velatamente una loro performance orale dal retro del furgone – ma qui, si potrebbe sconfinare nella leggenda metropolitana. Il tutto, ovviamente, in pausa pranzo.

illustrazione: René Magritte, "Gli Amanti" - 1928

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