venerdì, settembre 30, 2005

Musicalia / Kaiser Chiefs Dresden Dolls BabyShambles

Lo stato della musica in questi giorni di inizio autunno non è affatto male. Premesso che per comprare un disco che ci renda pienamente soddisfatti – anche delle 20 euro spese, checcazzo! – è necessario puntare sui Rolling Stones (o al limite ripiegare su Paul McCartney), non tutto ciò che sta uscendo – o è appena venuto alla luce – è da buttare. Partiamo con i Kaiser Chiefs. Inglesi, inglesissimi nonostante quella pronuncia ruvida ben espressa anche nel monicker. Impossibile ignorarli, se non altro perché la loro Everyday I love you less and less l’abbiamo sentita tutti almeno da fine agosto. Che dire dell’intero disco, Employment? Non delude le aspettative e, come anticipato dal sopraccitato singolo, si dimostra essere un gioiellino per persone disturbate. Un ibrido elettro-glamour che tanto fa il verso al sound fighetto che ci giunge da oltremanica ma che allo stesso tempo riesce in qualche modo a distinguersi dalla massa di gruppi tutti uguali, tutti a cercare di fare il rock’n’roll abbeverandosi dalla fontana New Wave. Insomma, il suono di tutti quei gruppi che altro non fanno oltre a scimmiottare gli Strokes, nonostante farebbero decisamente meglio a guardare ancora più indietro, primi Ottanta diciamo. Ma tornando ai nostri KC: bel disco. Peccato per aver utilizzato subito il pezzo forte per tentare la scalata dell’heavy rotation sui canali musicali – scalata peraltro abbastanza riuscita. Se vi sentite un po’ frou frou, vi piacciono i chitarroni ma anche l’elettronica minimale – presente in minime quantità, ma atta ad impreziosire il lavoro – e l’attitudine vagamente punk-trasandata questo disco ha sicuramente degli spunti interessanti. Non dureranno molto in televisione. Nel mio stereo però sono fissi da almeno cinque giorni filati. Il che, di per sé, è ottimo segno.

La seconda segnalazione è decisamente la più bizzarra. Un duo del quale mai avevo sentito parlare, nonostante il debutto in terra americana sia datato 2003, che è esploso anch’esso – come per i Kaiser Chiefs – sul calar dell’estate. Novelli White Stripes, un lui-lei dall’aria decisamente bizzarra, si distinguono dal tandem Meg-Jack per il fatto che questa volta alla batteria c’è il lui – Brian Viglione – e al piano anziché alla sei corde, lei – Amanda Palmer (non si conoscono eventuali relazioni di parentela con i celebri Carl e Robert, già di loro spaventati). Questi due loschi figuri, probabilmente usciti da un teatro di periferia di Boston nel quale si sperimenta l’avanguardia e il Brechtian Punk Cabaret, come amano definire la loro arte sul sito ufficiale, uniti prendono il nome di Dresden Dolls. Segnatevelo se già non li conoscete grazie al modesto passaggio video del formidabile singolo Coin-Operated Boy. Il disco di debutto, che prende il nome dalla band, è un viaggio allucinato con l’accompagnamento dei soli pianoforte e batteria. Schizoidi, ora dolci ora pazzi. Geniali. Un disco non facile, meglio dirlo subito. Già le prime due canzoni mettono in chiaro una cosa: è come se si facessero di eroina e subito dopo di coca – sì, insomma, gli speedball – per eliminare con una sostanza l’effetto dell’altra; la partenza di Good Day è lenta, poetica; quasi un Nick Cave al femminile. Girl Anachronism è furiosa, pazza. Spigolosa, quadrata. Semplicemente irresistibile. Una delle migliori uscite dell’anno, pur senza presentare 12 capolavori su 12 tracce, sia chiaro.

Per concludere, una comunicazione: da queste parti l’attesa si fa decisamente febbrile per i BabyShambles di mr Pete Dohert. Colui il quale ha sinora fama più per la droga che per la musica. Colui il quale – dicono, ma chi ci crede? – è il motivo della dipendenza di quella grande donna di Kate Moss. Ritornando ad un discorso squisitamente musicale, il singolo Fuck Forever non mi basta più. Voglio dell’altro, e lo voglio subito, perché non posso passare i pomeriggi interi sul divano, telecomando in mano, a passare da un canale musicale all’altro in attesa del passaggio del video, massicciamente in heavy rotation. Detto questo, la sopraccitata canzone è fantastica. Anni che non si sentiva un suono così candidamente british, chitarre leggere e sezione ritmica sgangherata, con l’aggiunta della voce di Doherty sofferta perché svogliata, non perché volontariamente recitata. Li adoro e attendo il disco, uno di quelli secondo me in grado di fare il botto. Commercialmente e musicalmente. Doppietta che riesce solo a pochi.

Premiolino a Dago

Dagospia, caro Dagospia. Che bel sito, che grande anticipatore di vita politica, di vita mondana. Di chi si scopa chi, di chi si è rifatto cosa, di quale alleato insedia il tal Presidente. Ma andiamoci piano, ché chi si loda s’imbroda, e anche se la lode in questa sede non la sto facendo a me stesso ma ad una terza persona, non vorrei troppo calcare la mano e infangare la pregevole figura di Roberto D’Agostino. Il quale ha ricevuto a Milano, Terrazza Martini, il Premiolino in Terrazza, premio giornalistico che consiste tra le altre cose – quali altre? Beh, l’autorevolezza e l’onore di esserci – un bell’assegno da cinquemila euro. Motivazione la seguente (copio e incollo direttamente da Dagospia):

A Roberto D’Agostino che con Internet e Dagospia ha creato una fonte di riferimento anche per i giornalisti, capace di anticipare eventi nel mondo della politica, dell’economia, dell’editoria, con raro e sferzante disincanto.

Insomma, già in passato ho difeso questa enorme risorsa per internet e per l’informazione tutta in Italia, ora è giusto citare anche un meritatissimo riconoscimento. Auguri ancora, Dago.

giovedì, settembre 29, 2005

I dardi: 4 meno

Come può Sandro Bondi aspirare ad un posto nella tomba di Arcore se gli unici versi che gli vengono in mente da dedicare al Cav. sono quelle banalità pubblicate stamane su Vanity Fair? Forse deve aver preso in parola la frase della figlia Barbara un paio di settimane fa sul Magazine del Corriere: “Ci tiene tanto? Gli cedo volentieri il mio di posto!”. Italiano: 4 meno.

Embrioni congelati: fino a che punto è giusto?

Di embrioni se ne è parlato molto. Ma mai troppo. Nei giorni caldi prima del referendum sulla Fecondazione Assistita dello scorso giugno il dibattito imperava ovunque: televisione, carta stampata, persino improvvisati forum mattutini al bar durante il caffé. Ma permetteteci, o lettori di santa pazienza, di tornarci su ancora una volta. Una delle questioni più scottanti riguardava il congelamento degli embrioni – crioconservazione, per essere precisi e adottare il giusto lessico –; poi il referendum è fallito grazie alla vittoria del fronte dell’astensione, la legge 40 è rimasta com’era e gli embrioni in Italia non si possono surgelare. Giusto? Sbagliato? Per capire meglio buttiamo un occhio al di là della Manica: Regno Unito, patria protagonista nelle discussioni sui possibili scenari futuri in materia di fecondazione assistita. Bene, lì in applicazione della legge britannica riguardante il tema, approvata nel 1980 durante il primo mandato del governo Thatcher, la conservazione degli embrioni è permessa. Per cinque anni, dopodichè gli embrioni non potranno più essere utilizzati, quindi per procedere con l’impianto si dovranno “produrre” – brividi a causa del termine – embrioni nuovi. Succede quindi che Natalie Evans, signora di 34 anni, ex fidanzata di tale Howard Johnson, embrioni avuti con quel partner congelati nel 2001 (scadenza dunque agli sgoccioli: 2006) abbia in corso un procedimento giuridico perché l’ex fidanzato – il sopraccitato Johnson – non dà il via libera all’impianto degli embrioni in quanto la loro relazione è da tempo giunta al termine. In questo modo la Evans non può procedere poiché mancherebbe il consenso di uno dei due genitori “in potenza”, cosa non permessa dalla legge inglese, che prevede invece l’obbligo del pieno consenso da parte di entrambi i genitori. Con ogni probabilità la disputa legale non verrà riconosciuta e la Evans non potrà procedere nel suo tentativo di mettere al mondo dei figli, non solo contro la volontà del loro padre naturale, ma soprattutto in mancanza di questo padre naturale. E i precedenti decisamente non giocano a favore della signora: sempre nel regno unito una certa Lorraine Hedley perse la causa contro il suo ex compagno per gli stessi motivi per i quali la Evans ha ora intrapreso l’azione legale (fonte: Il Foglio 29.09.2005).
Tralasciando le questioni legali, fermiamoci un attimo su quelle cosiddette etiche. Fino a che punto è giusto dunque conservare degli embrioni – delle vite umane – se poi i risultati sono questi? Perché mettere al mondo un figlio quando il desiderio della coppia non è appagato al 100%, quando un genitore – a causa della fine dell’amore con la sua compagna – non è più disposto a fare un figlio? E che fine faranno quegli embrioni, una volta scaduto il termine per il congelamento? Lo scarico di un lavandino ci sembra la risposta più ovvia, oltre che più schifosa. Per questo, a mente fredda e di fronte a queste storia, tutti i sostenitori del “sì” in Italia dovrebbero fermarsi un attimo a riflettere. E pensare a quanti embrioni congelati si sarebbero avuti anche in Italia se la legge fosse modificata. Quante vite umane in attesa di un procedimento legale che vede coinvolti un padre che non ama più una madre, e una madre che per un egoista desiderio di maternità sarebbe disposta a mettere al mondo un figlio senza padre. O che semplicemente avrebbero visto nel loro futuro un’inutilità con il conseguente smaltimento nel bidone dei rifiuti cosiddetti “umidi”.
C’è da aggiungere un’altra considerazione: in Gran Bretagna la legge che regolamenta la fecondazione assistita è sotto i riflettori: essendo del 1980 è considerata – legittimamente – vecchia e si sta dunque pensando di rivederne alcune parti. Ovviamente l’obbligo del consenso da parte di entrambi i genitori per proseguire nell’impianto degli embrioni congelati è uno dei punti in discussione. Verso quale orrenda liberalizzazione della pratica – nata giustamente per far fronte ai problemi di fertilità che affliggono sempre più persone, ma evoluta nel modo per sfornare figli, sempre e comunque - il mondo sta volgendo?

[PS: a scanso equivoci è sempre meglio precisare. Questo non è un blog bacchettone, un blog che condanna i preservativi, che la contraccezione è uno schifo, che la legge 194 andrebbe rimessa in discussione. Assolutamente. Solamente davanti a certi temi, davanti a certe esperienze, non si può chiudere un occhio – o come spesso accade, anche l’altro – in nome di un “liberalismo” del quale tutti si riempiono la bocca, neanche fosse un lasciapassare per poter parlare di certi argomenti. C’è del gran liberalismo anche da queste parti, ma non puntate subito il dito all’urlo di “bacchettone” se si cerca di analizzare la triste realtà che ci circonda per quello che realmente è. Nel caso specifico uno schifo. Saluti – e scuse per lo scarso aggiornamento del blog negli ultimi giorni.]

giovedì, settembre 22, 2005

i dardi: le primare dell'Udc

AN: il nostro candidato è Berlusconi. Lega: il nostro candidato è Berlusconi. Nuovo PSI: se non facciamo il salto della quaglia, il nostro candidato è Berlusconi. Udc: facciamo le primarie per decidere il candidato alle politiche del 2006 per il centro-destra; anche l’Udc avrà il suo candidato. Io: Udc, le primarie le fa già l’Unione, forse se vi sbrigate fate anche in tempo ad aggregarvi.

Le regole di casa mia

Lo so, sono discorsi pesanti che già molti di voi avranno sentito – meglio: letto – una miriade di volte. Ma finché in giro ci saranno persone stupide ed ignoranti, bisognerà continuare nelle ripetizioni. Allora, questo blog è ospitato da una bellissima piattaforma. Ecco, immaginiamo che la piattaforma in questione rappresenti un condominio, e il blog un appartamento all’interno del condominio. Ecco, il blog visto dunque come una casa, casa mia, dell’autore del blog. Di chi sta scrivendo queste benedette righe, insomma. E in casa mia faccio quello che voglio, compreso – sempre volendo – scrivere quello che voglio sui miei muri: nessuno deve permettersi di dire nulla. Ecco, nessuno può entrare in casa mia e dire che sono una “razza di idiota”, perché ciò è ritenuto comportamento offensivo. E non sta bene, soprattutto se il padrone di casa è una persona vanitosa come me. Quindi, caro ragazzino tanto sprovvisto di palline da non firmarti nemmeno – bensì accedere come un anonymous qualunque- che stamane alle 7 e 20 – dico: non hai nulla di meglio da fare a quell’ora? – hai lasciato un commento lesivo della mia rispettabilissima immagine a questo post, sei pregato di non fare più il cattivo bambino. Questa è la mia casa, e da oggi chiunque tu sia – inteso come nome e cognome, e non solo come la sequenza di numeri dell’indirizzo IP – sei pregato di girare alla larga, se non hai intenzione di imparare le buone maniere. Certo, è la prima volta che capita e quindi mi limito a questo, una bella ramanzina; qui chiunque abbia un comportamento corretto è il benvenuto – leggasi: chiunque non risulti offensivo nei miei o negli altrui confronti, sia che la pensi o non la pensi come me – ma, come sta scritto anche sul fondo della barra di destra, le persone facili all’insulto non sono gradite. Le regole di casa mia sono queste, sullo zerbino c’è la scritta Welcome, ma sulla porta nel retro c’è stampato un bel fanculo!. E se l’andazzo dovesse essere questo, non ci metto ne uno ne due a moderare i commenti, ma di arrivare a fare anche il "revisore" non ne ho proprio voglia. Siamo in un paese libero? Allora che tutti si assumano le responsabilità delle loro azioni, perché libero non vuol dire “anche di insultare”.

PS: inutile dire che il commento è stato immediatamente cancellato, in quanto non contestuale al contenuto del post.

Ancora in difesa di Dagospia

L’ho già fatto ieri e, dopo le scoperte di oggi, replico. Voglio difendere Dagospia. Mi pagano? Certo che no. Allora il motivo: voglio bene a quel sito perché rappresenta un uso intelligente della rete – e di questo con le persone stupide si potrebbe discutere fino alla morte, ma mi fermo qui. Allora, lo difendo. Perché è inaccettabile che debba pagare 76 mila euro a Ela Weber – ve la ricordate, almeno per qualche trasmissione televisiva? – per delle presunte foto a luci rosse. Il fatto: Dago trova su Playmen delle foto inequivocabilmente lesbo e nota una somiglianza - del modello “due goccie d’acqua” stando a quanto dichiarato da D’Agostino stesso - tra una delle due protagoniste e la Weber appunto. Pubblica il materiale su Dagospia, ma quasi immediatamente scopre di aver pubblicato una falsità. Allora, da personaggio rispettabile quale è, ritira subito il materiale dai server e pubblica delle scuse. Manco a dirlo il processo è già partito e la Weber ottiene 76 mila euro di risarcimento perché dopo quelle foto non frequenta più la vita mondana ed è inoltre impossibilitata nell’esecuzione delle semplici faccende domestiche (?). Verdetto altamente risibile, non trovate? Ma c’è di più, quelle foto a quanto pare gli avrebbero distrutto la carriera televisiva, perché il suo pubblico non è – era? – un pubblico di quel tipo (quale tipo, Ela? Sporcaccione?). Insomma, come diceva un noto e scomparso trio di comici: a me mé pare ‘na stronzata. Ma oggi, sempre tramite Dagospia, si scopre che qualche foto non proprio casta la Weber l’ha fatta: per un calendario. Gli scatti sono riportati fedelmente in una galleria fotografica sul sito di Panorama. Perché per quei culi e quelle tette la Weber non ha fatto causa? Forse perché una bella somma di denaro l’aveva già guadagnato dalla vendita dei calendari e non aveva il bisogno immediato di liquidità?

mercoledì, settembre 21, 2005

Immaginando di scrivere una lettera al Premier...

Caro Premier, da queste parti lei – nonostante tutto – è decisamente ammirato. Per questo ora mi permetto di rimproverarle una cosa che decisamente non le si addice. Lei continua a ripetere, giustamente, che di “certi” – sappiamo tutti chi – alleati ne ha le tasche piene. Lo fa nei modi più svariati: attacchi diretti, attacchi indiretti, dichiarazioni pesanti, dichiarazioni leggere, metafore mediche – come quella ‘metastasi’ utilizzata nel suo discorso ieri – e non mediche. Ne ha tutte le ragioni. Prima le ho detto che da queste parti lei è ammirato; bene, con la stessa innocenza le dirò di più: sempre da queste parti “certi” stessi alleati sono parecchio indigesti, tanto per usare un eufemismo. Quello che sto per dirle però potrebbe essere indigesto a lei. Lo ha già fatto Vittorio Feltri stamane sul suo quotidiano, Libero, e so che quel direttore non le sta molto simpatico (forse in passato sì, ma ora non sembrerebbe molto). So anche però che quel direttore ogni tanto lo ascolta, se non altro perché amplifica con la sua penna il sentimento di molti elettori del suo partito o comunque del suo schieramento. Bene, mi unisco al coro di Feltri: a quando i fatti, oltre alle parole? Non è la prima volta che esce contro quei “certi” alleati. Ora è però il momento di passare ai fatti: tiri fuori il suo spirito combattivo. Siamo sicuri che lo smalto non l’ha perso e, se vuole, è in grado di ritornare il Cavalier Silvio Berlusconi che era cinque anni fa. Colui al quale gli italiani hanno posto la loro fiducia. Li cacci quegli alleati, vedrà come funzionerà bene la Casa delle Libertà. Glielo dice una persona che dà il suo voto per quell’area (ma, non me ne voglia, finora non per il suo partito. Nel 2006 si vedrà). Le auguro buon lavoro, ricambiando così tutte le volte che lei lo ha augurato agli Italiani. Cordialmente – ma non suo, per quello ce ne vuole tanto, di spirito combattivo,

Solidarietà a Dagospia

Inutile presentarvi Dagopsia, essendo uno dei – siti? blog? magazine on-line? – più clickati in internet dagli italiani. Bene, il sito di Roberto d’Agostino ha visto concludersi una sentenza che lo vedeva protagonista. In che modo? Nel peggiore, con una sentenza dal verdetto incredibile. Di tutti i capi d’accusa per il quale Dago era imputato, il più ridicolo. Mi fermo qui, perché io 76 mila euro da regalare non li ho…

i dardi: l'elenco dei candidati

Prodi è sesto nell’elenco dei candidati alle primarie sulla scheda elettorale. La notizia è stata data dall’Unità, quindi vuol dire che la cosa ha un suo peso. Beh, che guardate a fare lo schermo, con quell’aria da “e dove sta la battuta”. La cosa di per sé non fa ridere?

martedì, settembre 20, 2005

Lezione in strada per gli ex alunni della scuola di via Quaranta

Quello che sta succedendo in questi giorni a Milano, in via Quaranta è allucinante, per non dire di peggio. Gli alunni della (ex) scuola islamica sono infatti costretti a fare lezione per la strada, dopo che lo stabile che ospitava la scuola è stato chiuso per motivi strutturali. Ufficialmente. Ma il vero motivo della chiusura è dovuto all'abusivismo della scuola, oltre che agli insegnamenti dicono non troppo “leggeri” che venivano impartiti agli alunni. Sta di fatto che i genitori dei piccoli studenti e gli insegnanti non ci stanno: rivogliono la loro scuola. Il Provveditorato agli Studi di Milano ha fatto di tutto per trovare altre opzioni, per venire incontro al diritto di imparare la lingua Araba e il Corano, ma nessuno degli islamici è voluto scendere a compromessi, nessuno di loro ha voluto mandare i propri figli in una scuola italiana, dove si insegnano entrambe le lingue – Arabo e Italiano – ed entrambe le culture. Con il rispetto dell’ora di religione, dove gli studenti musulmani avrebbero svolto la cosiddetta “ora alternativa” imparando le Sure del loro testo sacro, il Corano. “I nostri figli conoscono già la vostra cultura, camminano già nelle vostre strade”. Questa è una delle tante argomentazioni usate dai genitori per protestare e continuare nella farsa dell’insegnamento-protesta per le vie di Milano. Ma in alcuni casi le dichiarazioni sono state ben peggiori: “Se ci aiutate scoprirete che gli egiziani sanno essere riconoscenti, ma anche il contrario”, con quel “anche il contrario” che altro non fa oltre ad alimentare i sospetti di attività non troppo lecite intorno alla scuola. Sta di fatto che la stragrande maggioranza – un’esigua minoranza di genitori dopo la chiusura della scuola ha iscritto i figli ad un normale istituto italiano – dei padri e delle madri degli studenti islamici non ne vuole sapere di mandare il figlio in una scuola italiana. Fa nulla se la scuola dove i loro piccoli sono stati finora indottrinati sia abusiva e nemmeno riconosciuta dal consolato egiziano, e che i maestri che vi insegnavano non erano maestri veri, bensì improvvisati. Così come a loro non importa molto di mettere i figli per terra in mezzo alla strada, in barba alle comuni regole del buon senso civico. Senso civico, quello italiano, col quale evidentemente non vogliono avere a che fare. Fanno le loro regole, si inventano le loro scuole e non importa se ciò in Italia non è possibile. Quando e come finirà lo scontro? Ipotizzabile che, ancora una volta, il tutto si risolva in una bolla di sapone, col Provveditorato di Milano che concede un luogo strutturalmente a norma, continuando a chiudere un occhio, come per svariati anni è stato fatto. E a nulla saranno serviti gli appelli di Islamici moderati – perché ci sono, persone e appelli – o di personaggi di Cultura come il vicedirettore del Corriere della Sera, Magdi Allam. Una persona che con i suoi articoli e i suoi appelli aveva da tempo annunciato la questione della scuola di via Quaranta.

The Rolling Stones - A bigger Bang

Nessuno può permettersi di giocare a “fare i Rolling Stones”. Nessuno tranne gli Stones stessi, ovviamente. E con questa premessa la recensione potrebbe anche finire qui. A Bigger Bang è infatti il classico disco dei Rolling Stones. Classico come ne facevano negli anni settanta, con la grinta rock’n’roll e colate a profusione di blues. E la notizia non è assolutamente cattiva, perché significa che la coppia Jagger-Richards, una delle più “maledette” della musica, ha ripreso a funzionare alla grande dopo qualche passo falso – ma attenzione: è un eufemismo non troppo congeniale, perché parlare di passo falso quando ci sono di mezzo gli Stones è sempre fuoriluogo. Rough Justice è la partenza al fulmicotone, l’elemento che vi farà comprendere il perché vengono definiti (e si definiscono) “la più grande band del mondo”, mentre Streets of Love (il primo singolo estratto dal disco) e Biggest Mistake dimostrano che anche i duri hanno un cuore. Infine c’è spazio anche per la strombazzata (alla vigilia dell’uscita) Sweet NeoCon, dal testo tagliente e decisamente contrario all’amministrazione Bush – ma perché impregnare la musica con queste cose? Non chiamateli nonni, perché in pensione proprio non ci vogliono andare. Il disco dell’autunno?

lunedì, settembre 19, 2005

Smanetti su Google Earth e ci trovi le rovine romane

Vai su Google Earth e cerchi casa tua, prassi normale per chiunque si sia cimentato almeno una volta col terribile – in senso buono – software messo a disposizione da Google. Poi ti prende la curiosità di vedere se i territori intorno alla tua dimora corrispondono alla realtà. È una curiosità un po’ perversa, va detto, perché ovvio che essendo fotografie satellitari non ci trovi il Colosseo di fianco a casa tua, se vivi in Valle d’Aosta. Ma tant’è che è così: deve scattare la verifica. Un tale, di nome Luca Mori, in questo modo ha scoperto ciò che per anni e anni – si parla di età Romana – è stato sommerso sotto le pianure che circondano la sua abitazione a Sorbolo (provincia di Parma). Ha scoperto che vi era la traccia del meandro di un corso d’acqua e di alcune strade. Ha svolto un’opera importantissima per l’archeologia semplicemente verificando ciò che c’era nelle campagne intorno a dove vive, e probabilmente ha dato il via ad una moda – benevola e positiva, chiaro – che ora appassionerà migliaia di internauti. Ben vengano le persone curiose. Ovvio che una domanda sorge però spontanea: ma con tutte le fotografie satellitari, le telecamere e le telecamerine che ventiquattro ore al giorno, tutti i giorni, ci osservano a mo’ di Big Brother, proprio uno smanettone di Google Earth doveva fare la scoperta? Ma che li paghiamo a fare i ricercatori?

domenica, settembre 18, 2005

Che fine ha fatto l'Indipendente?

Sul sito l’hanno scritto. Insieme all’elogio dell’indipendenza e della “tradizione del giornalismo”, ma non è questo che ci interessa. Quella frase, “disponibile in tutte le edicole d’Italia”, è ingannevole. Perché col piffero che un quotidiano politico – così come Il Foglio o Il Riformista – si trova in tutte le edicole d’Italia. Ne ho avuto la prova quest’estate: per due settimane non ho potuto leggere il quotidiano di Ferrara perché in Puglia, precisamente nel Salento, dove alloggiavo per le vacanze, il quotidiano non risultava essere in distribuzione (in compenso mi sono rifatto col Tempo di Bechis che, vergogna delle vergogne, nelle edicole di Milano ed hinterland non è distribuito). Sta di fatto che la prima copia del Foglio in territorio utile l’ho trovata in un autogrill di Bologna. Ma stavo parlando dell'Indipendente - s'era capito? - e voglio continuare a farlo. Come dicevo, la frase in questione è ingannevole: da un bel po’ di tempo a questa parte il giornale nelle edicole sembra essere sparito. Lombardia, Emilia Romagna, Umbria, Puglia le regioni che mi sono girato quest’estate – e che rappresentano precisamente il Nord, il Centro e il Sud d’Italia – e del quotidiano diretto da Malgieri nemmeno l’ombra. E sapete dove lo stampano? Tra gli altri anche nel paese prima di quello in cui vivo. Detto terra terra, in linea d’aria tra il mio tetto e la Litosud di Pessano (MI) – ove il quotidiano sarebbe stampato - ci sono 2 km. Netti. Precisi. E nelle edicole non c’è. Scrivi in redazione, scrivi al direttore: fanno a gara a non risponderti. Certo, esiste la versione elettronica: dalle 15 del pomeriggio in poi si può leggere il giornale in formato pdf dal sito. A parte il fatto che fa schifo leggere un quotidiano da un pc, perché spesso e volentieri l’edizione del venerdì e, soprattutto, del sabato non sono in linea (o vengono messe in linea il lunedì)? È questo il modo con cui si trattano i lettori? Bocchino di AN apre il portafoglio per fare l’editore di un giornale on-line o di altro? Qualcuno mi illumini. Sta di fatto che disponibile in tutte le edicole d’Italia è una frase offensiva nei confronti dei lettori dell’Indipendente. Lettori i quali, con ogni probabilità, non sono poi così in sintonia con la linea del giornale e rimpiangono in massa la mitica direzione di Giordano Bruno Guerri. Magari mancano i soldi in cassa, ma a questo punto sarebbe corretto dirlo ai lettori. I quali, se avessero l’opportunità dell’acquisto trovando il giornale in edicola, sarebbero gli unici in grado di salvarne le sorti. Qualcuno che mi illumini?

Comunicazione di Servizio

Dicono dalla regia che il blog nella nuova veste autunnale non funzioni correttamente con Internet Explorer. Ora, saranno anche gran cazzacci di chi ancora si ostina ad usare IE, ma dallo studio con Mozilla Firefox lo vediamo che è una meraviglia. Se il problema sussiste, ovvio, ritorneremo al vecchio abito. Però a questo mi ci ero affezionato, quindi rinnovo l’invito: se usate Internet Explorer e non visualizzate i links e tutto il resto nella fascia a destra, scrivetelo nei commenti. E poi, fatevi il favore di passare a Firefox. Buona Domenica.

E' facile fare la figa in uno studio di registrazione con la banconota già infilata nel naso

È facile fare la figa nello studio di registrazione del proprio fidanzato. Questo, un trombato di lusso da una delle band più promettenti di tuta la nuova ondata british, i Libertines. Ebbero successo, ma Pete Doherty – il cantante e fidanzato di Kate Moss – con la droga proprio non voleva farla finita. Anzi, novello Sid Vicious – ché Kurt Cobain da queste parti è sempre stato considerato un coglioncello – considerava i mix di cocaina ed eroina (se non siete dei tossici, il nome solitamente usato è speedball) come veicolo fondamentale e necessario per aprirsi le porte della grande stanza delle Rockstars. Risultato: i Libertines finiscono (più o meno) nell’anonimato, e Doherty dà vita agli Babyshambles, appena usciti con il singolo – titolo: fuck forever – e in dirittura d’arrivo con l’album intero, produttore Mick Jones ex Clash. Dicevamo: facile fare la figa nello studio di registrazione del fidanzato, appunto il tossico Doherty, e tirare cinque, dico cinque, piste di cocaina in quaranta minuti esatti, comodamente seduta sul divanetto di pelle che, come da regola, non si nega a nessuna rockstar in erba (e non è un gioco di parole). Facile presentarsi in studio, dove i musicisti lavorano, dove si trova droga, perché è purtroppo ancora vero il luogo comune del rocker bello maledetto ma soprattutto tremendamente drogato, e spipazzarsi la cocaina. Così come se ti trovi in Inghilterra, sei una modella tra le più quotate al mondo e – se la cosa già di per sé non bastasse – sei anche la fidanzata di Pete Doherty (nonostante tutto chiacchieratissimo oltremanica) è facile finire sulle pagine del Daily Mirror in posa sgamata, con la banconota nel naso e lo sguardo felice. Per questo è facile fare prima la figa, battere il record di tirate di cocaina precedentemente detenuto da Robbie Williams – ex tossico di lusso, a quanto pare convertitosi alla vita sana – e poi incazzarsi con i giornalisti quando, giustamente, chiedono un parere sulle foto. Ma non solo, mandare una lettera di scuse alla H&M, fiutando l’inganno della recessione del contratto e quindi del “niente più ciccia, baby”, dicendo che d’ora in avanti la tua vita sarà più sana. E presumibilmente farlo anche con Chanel, Rimmel, Dior e tutte le altre griffe più esclusive del mondo che ti usano come testimonial pubblicitario. Far finta di rinunciare ai “piaceri della vita”, prendersi ancora un sacco di soldi e continuare, imperterrita, a tirare di naso. Ma non in uno studio di registrazione, per Dio. Fai la figa da un’altra parte. Lì vai solo a far visita al tuo fidanzato maledetto; se proprio quell’ambiente così poetico e cult nella storia della musica ti ispira, chiuditi nello sgabuzzino e fatti scopare di santa ragione: anche questo è un classico per la ragazza famosa e il suo ganzo musicista maledetto. Ma il naso infarinalo da un’altra parte. Perché poi si è capaci tutti di fare la figa davanti alla stampa e alle case di moda. Soprattutto se ti chiami Kate Moss.

Questo blog cambia il pelo, ma non il vizio

Cambio di stile per il blog. La versione estiva cede il posto a quella autunnale. Per adeguarsi alle stagioni. [ovviamente se questo modello vi fa schifo, i commenti sono lì in basso appositamente per farmelo sapere – non ci si mette molto a tornare al vecchio abito]. Saluti, Ordine Generale

sabato, settembre 17, 2005

i dardi: Beppe Grillo all'asta?

Ho letto un paio di cosette che ha scritto Beppe Grillo sul suo blog, e le ritengo un’enorme fonte di ilarità. Posso metterle all’asta su Ebay senza essere denunciato per mancato rispetto di copyright?

Ennesima tirata d'orecchie ai neo-centristi dell'Udc

Che ridere, davvero. Di quelle risate grasse e fragorose, ma nel contempo anche un tantino commosse: dove andremo a finire? L’Udc ha messo in crisi il governo, prima si è scagliata contro Berlusconi, ora lo stesso giochetto lo sta riservando a Fini e ad Alleanza Nazionale, “rea” di difendere il bipolarismo. Hanno voluto il ritorno del proporzionale, Berlusconi l’ha furbescamente concesso. Ora si sentono con le spalle al muro – nessuno vuole il proporzionale anche se non lo dice, e in più il centrosinistra ha in questo modo posto il veto nei loro confronti riguardo ogni possibile futura alleanza – e attaccano con il loro tormentone, ancora una volta la candidatura a premier contro Prodi di qualcuno che, ovviamente, non sia Silvio Berlusconi. Bruno Tabacci, uno dei più insopportabili tra i neo-centristi ha dichiarato quanto segue in un intervista a Libero oggi 17.09.2005 a pg.4:

Domanda: allora perché l’Udc non fa un nome capace di far vincere la Casa delle Liberta?
Tabacci: deve essere Berlusconi, l’inventore del centrodestra, ad assumere un’iniziativa in questo senso. Deve utilizzare la sua leadership per creare condizioni diverse sulla premiership. Per individuare un candidato in grado di vincere.
Epperò, che paraculi questi neo-chierichetti – nel caso vi chiedeste il motivo delle risate grasse e fragorose, ma anche un tantino commosse. Berlusconi non lo vogliono, dicono che con lui si perde. Però sanno che nessuno è in grado – per capacità, carisma e quant’altro – di sostituire l’attuale premier (tanto meno il tandem dei poveracci Casini & Follini), allora mettono le mani avanti: Silvio non lo vogliamo, però che trovi qualcuno che perda al posto suo, in modo tale che le colpe possano sempre ricadere su di lui. Via, ai ragazzi dell’Udc ha per caso dato alla testa il fumo delle candele? Va bene che si stanno dilettando con il giochetto che meglio conoscono (e che spessissimo hanno praticato), ovvero il mettere il bastone tra le ruote degli alleati politici. Però devono tenere in considerazione che il loro elettorato – sarà la millesima volta che lo ripeto! – è piccolo, piccolo; tant’è che a momenti se la sono fatta sotto all’idea dello sbarramento al 4%. Non presero quella percentuale alle scorse politiche e regionali, vero, ma il risultato era di poco superiore, quindi chi garantisce loro di arrivare a quella soglia, pena il rimanere fuori dai giochi? Tuttavia, pur con questi numeri, pensano di rappresentare la maggioranza, parlano, sparlano, disturbano l’operato e la tranquillità. Forse pensano di avere l’esclusiva dell’odio per gli “amici” politici. E credono dunque di essere i benvenuti in una Casa che a loro sembra, non dico non piacere ma fargli schifo proprio. Credono, pensano di esserne convinti. Sicuro che sia così? Provate un po’ a chiedere semplicemente agli elettori di centrodestra.

Blog spamming, sweetheart

All’inizio era la casella di posta elettronica. La aprivi e ti ritrovavi 20 messaggi in fase di Download. Subito pensavi “Dio, sono diventato importante! Quante e-mail mi arrivano al giorno?”. Poi, subito dopo, la triste realtà: eri sì diventato importante, ma per presunte e sedicenti aziende chirurgo-farmaceutiche che, evidentemente proprio a causa della tua improvvisa importanza, erano venute a conoscenza delle dimensioni – e della prestazioni – del tuo, chiamiamolo “coso”, ché è un blog fine questo. Ed infatti di quelle famose 20 e-mail, 18 erano proposte di allungamento del pene, con risultati fino al 20-20%, oppure offerte per l’acquisto di uno stock di Viagra, talmente grosso da poter lasciare qualche pillola blu in ricordo ai nipoti – per dovere di cronaca c’è da aggiungere che raramente, ma proprio raramente, risultavi essere l’unico tra dieci miliardi di persone concorrenti al premio (a loro insaputa) per la vincita di una green card statunitense. Dopo un po’ di indagine – e soprattutto dopo aver imparato ad impostare i filtri sulla casella di posta – hai scoperto di che si trattava: spam. Messaggi pubblicitari inviati ad indirizzi di posta elettronica presi da forum, mailing list alle quali si era iscritti oppure semplicemente generati casualmente da un generatore elettronico di indirizzi. Il fenomeno è stato devastante, i provider internet si sono presto attrezzati con strumenti, filtri e qualsiasi diavoleria da server, mentre le leggi si sono subito inventate nuovi codici, al fine di poter sconfiggere il fastidioso fenomeno. E in parte ci si è riusciti – in parte, perché tutto lo spam che non vedete non è che non esiste, è stato filtrato ed eliminato prima che vuoi lo visualizzate. Ma ora la nuova frontiera sembra essere il blog spamming. Ignoro se qualcuno – più o meno autorevole – ne abbia già parlato. Ciò che è capitato a me è abbastanza curioso: pubblico un post di settemila - dico: settemila - battute alle 12:08. Settemila battute da leggere portano via dai sei ai dieci minuti. Passano un paio di minuti, faccio un refresh del browser e cosa mi trovo? Un commento al post delle settemila battute. “’azz!” penso tra me e me: mi commentano in pochi, e qui c’è qualcuno che si è sparato quel pistolotto in tre-quattro minuti. Curiosissimo guardo, e tra i commenti ci ritrovo quanto segue:

Hey, you have a great blog here! I'm definitely going to bookmark you!
I have a
HERBALIFE site. It pretty much covers HERBALIFE related stuff.
Come and check it out if you get time :-)

Ancora più curiosamente clicco sul link, e scopro che trattasi di sito che vende prodotti a base d’erba – almeno credo, perchè è scritto tutto rigorosamente in tedesco stretto – e quindi un paio di domande giungono spontanee (elenco per non tediarvi con le virgolette):

  • Perché lasciare un commento in inglese su un blog scritto rigorosamente in italiano? Se leggi i post in questa lingua lascia i commenti in questa lingua. O forse il post nessuno l’ha letto perché nessuna persona umana, bensì un generatore, ha lasciato quel commento?
  • Perché linkcare un sito Herbalife su un blog come questo? Quale è l’interesse?
  • Ma soprattutto: che cazzo ti bookmarki il mio blog, cretino?

Trattasi si blog spamming, bellezza.

Per ovviare a questo problema la piattaforma che mi ospita ha messo a disposizione un bel sistema: al momento di lasciare commenti verrà visualizzata – sottoforma di disegno, come vedete nell’immagine in basso – una parola, da riportare nell’apposito campo. È un sistema semplice, usato spesso anche in fase di iscrizione on-line a qualche servizio, che impedisce il proliferare dello spamming anche sui blog.

venerdì, settembre 16, 2005

L'imbarazzo delle primare dell'Unione

Il circo delle primarie dell’Unione non mostra cenni di resa, ma anzi continua imperterrito a offrire un grande spettacolo. Dopo aver provato a candidare preti, pretini, e pretuccoli sempre dell’area estrema di Rifondazione, ora i no global sono passati all’attacco con quello che si candida già ad essere come la vera ciliegina sulla torta di questa enorme farsa: il candidato senza volto. Un personaggio, uomo o donna non è dato a sapersi, che nasconde le proprie generalità sotto un passamontagna color arcobaleno (strano…). Tutta questa messa in scena perché non è importante il volto, bensì ciò che viene rappresentato. E un personaggio dal volto coperto rappresenta tutti i “senza diritti” all’interno della società. Dai bambini agli anziani, dagli omossessuali ai precari. Nessuno escluso. Ma che bella pensata. Ma il nostro bell’incappucciato ha anche offerto sprazzi del suo articolatissimo programma in un intervista su La Stampa: i punti cardine sono i disincentivi alla competizione, con in compenso gli incentivi al diritto dell’ozio (!). Poi un salario minimo garantito di almeno mille euro. E fin qui nulla di male, pur essendo pura utopia. Il fatto è che per il neo-candidato alle primarie del centrosinistra il salario minimo deve essere garantito “non necessariamente in cambio di prestazione d’opera”. Insomma, si prendono due milioni delle vecchie lire anche nel qual caso non si abbia voglia di lavorare ma solo di ricorrere al sacrosanto “diritto all’ozio”. Pazzesco, così come pazzesca risulta essere un’altra interessante –e, purtroppo, non inedita – proposta inserita nel “programma”: l’occupazione delle case sfitte. E si, perché se un ricco capitalista sporco di merda ha un capannone vuoto, in attesa di diventare qualcosa, è giusto che delle bravissime persone come loro, che si avvalgono della facoltà di oziare liberamente percependo mille euro di salario minimo, abbiano un tetto sotto il quale organizzare le sassaiole e stonarsi di canne che al confronto la coppia più glamour – e quindi merdosamente capitalista – dell’anno, ovvero Kate Moss e Pete Doherty – risulta essere un duo di angioletti. Capitolo Berlusconi: poteva mancare il Cav. nel mirino del no global passamontagnato? Certo che no, e allora la proposta per il futuro “disoccupato di lusso” è quella di un “contratto di collaborazione a progetto per Berlusconi, in un campo coltivato a marijuana e con tutti i diritti minimi garantiti”. Ora, parliamo seriamente; fino a questo momento il post ha avuto un tono volutamente sarcastico, e magari un tantino esagerato e sboccato – ma i virgolettati sono tratti da La Stampa, non sono mia invenzione. Davvero quelli dell’Unione sono ancora convinti della bonarietà di queste primarie? Ne va di mezzo anche la serietà di chi le ha organizzate pensando di fare un bene per la coalizione, e non credendo di doversi trovare in un mare magnum di idiozie. Con gente che pensa che bastano solamente le firme per potersi candidare ad una competizione elettorale di quel livello. Inizialmente furono ideate per il plebiscito totale di Prodi, poi gradualmente si sono trasformate nel campo di battaglia per il duello Prodi-Bertinotti. Ora sono diventate il tendone di un circo che nemmeno la famiglia Orfei. Non so se mi spiego.

Chiedo venia per il ritardo - cosa è successo nell'ultima settimana?

Non si fa, me ne rendo conto. Non si può fare una settimana di pubblicazione matta e disperatissima, incrementare notevolmente gli accessi al blog e poi – puff! – sparire per quasi un’altra e intera settimana. È da ragazzetti, quelli col blogghettino dei GdV. Quelli di “ieri sera sono uscito con Caia, ma sono tornato a casa a spipparmi pensando a Sempronia” o ancora “tvb, Bcc, Cnn, Cgl Cisl e Uil”. Non vi siete fati quest’idea, vero? Ok, sto tergiversando, sto perdendo tempo pur di evitare l’imbarazzo di cercare una scusa per non aver scritto nulla negli ultimi 5 giorni. Per non nascondermi dietro il banale e ipocrita “non ho avuto tempo di farlo”, conscio del fatto che dall’altra parte – dove l’intelligenza non manca affatto – ci sarà sempre qualcuno pronto a rinfacciarmi che “coglione!, non si scrivono quattro post al giorno, di lunghezza media di 1500 battute, per poi sparire per una settimana! Ma non ce l’hai una luridissima cartella per le bozze?”. Certo che ce l’ho, e questa settimana era – è – deserta. Insomma, sì, per quanto banale e schifosa e ipocrita e puerile possa essere la scusa del “non ho avuto tempo”, è anche tremendamente vera. E ora che fare? Degli argomenti caldi è stato detto di tutto, inutile ripetere ciò che per la rete trovate in tutte le forme, in tutte le salse e di tutte le ideologie, dedicando post “singoli” a ciascuna questione. Allora, post calderone: un concentrato di tutto, in un unico pezzo. Ci posso provare? I miei due gentilissimi – e, speriamo, pazientissimi – lettori mi concedono l’opportunità sorvolando sulla presunzione di riuscirci? Ok, grazie mille. Da dove cominciare? Politica o Pacs (che poi, caro il mio Prodino, tu li hai messi sempre sul tavolo della politica). Massì, parliamo subito male dei due schieramenti, ai presunti matrimoni per presunte famiglie di non si capisce più bene cosa ma l’importante è strumentalizzare, torneremo dopo.

Allora, cosa è successo nel palazzo? Un ritorno al proporzionale, mi pare di aver sentito da qualche parte. E – sempre mi pare ché se non ho avuto tempo non ho avuto tempo, chiaro? – come ovvio che fosse sono stati i neo-centristi dell’Udc a chiederlo a gran voce. Bene, volevano due cose: la prima era discontinuità nella Casa delle Libertà per quanto riguarda il candidato premier da presentare nel 2006, mentre la seconda era appunto questa benedetta legge elettorale. Berlusconi come ben si sa, non concederà mai nemmeno lontanamente di avanzare come ipotesi quella di un’altra persona da far scontrare con Prodi al posto suo. E quindi cosa rimaneva se non la legge elettorale? E sempre Berlusconi – ed è da queste cose che si riconoscono i leader, o Casini e il suo socio imparentato col maghetto Harry Potter (che un egregissimo giornalista descrive anche come “boccuccia a culo di gallina”, giusto per la cronaca) pensavano di essere migliori del Cav.? – ha pensato che sarebbe stata un’ottima occasione per mettere l’Udc, l’alleato più infedele e guastatore all’interno della Cdl, con le spalle al muro. Il Cav, come del resto AN, non vuole più di tanto cambiare la legge elettorale, pur pensando che sarebbe una buona mossa per cercare di ottenere la vittoria nel 2006. Ma a questo punto la proposta di cambiamento gli è venuta favorevole: che sia Casini a presentare questo “cambio di regole” ha pensato da New York, e in qualche modo ha dato il via libera. Bene, si è scatenato il putiferio: perché la sinistra, come ovvio per chi basa la politica sulla regola del “bastian contrario”, ha gridato allo scandalo: “non si cambia la legge elettorale alla vigilia di elezioni, è una truffa atta solo a rubare voti e a favorire il Polo”. E in più deve aver anche pensato: “hai capito questo Casini? Prima fa gli occhi dolci al nostro schieramento – alla festa dell’Udeur, con certe dichiarazioni d’amore per Rutelli e di odio per il Cav. – e poi si crea una bella legge tutta per sè e la sua coalizione, facendo uno sgambetto al centrosinistra. Col cavolo che ti prendiamo se vieni ad elemosinare un posto quando il vostro Polo sarà sommerso”. In questo modo il Cav. ha blindato l’Udc: avete proposto il proporzionale, come volevate voi in cambio della salvaguardia della coalizione, e cosa avete ottenuto? Nulla, nessuno lo vuole e in più vi siete inimicati il centrosinistra. Senza di me non andate da nessuna parte, quindi zitti e mosca, si fa come dico io. E come dice lui? Nessuno vuole il proporzionale, anche all’interno del centrodestra. Fini ha posto come condizione prima del voto della legge elettorale, di terminare gli altri progetti in corso d’opera, tra cui priorità per la Devolution, attirandosi in questo modo le simpatie leghiste. Poi ne possiamo parlare, ha detto in tono comunque non molto convinto il vicepremier. Ma dopo che il centrosinistra ha minacciato – stupidamente, come del resto è loro costume – addirittura di boicottare le sedute in parlamento durante la proposta della legge elettorale, e dopo che anche alcuni politici del centrodestra hanno dichiarato di non votare per nessun motivo la nuova proposta, c’è da scommettere che verrà rimessa nel cassetto. Con buona pace del bipolarismo e del maggioritario “all’amatriciana”, e di quei rompicoglioni dell’Udc – il termine non si addice alla finezza del blog, convengo, ma quando ci vuole ci vuole!

Pacs, i cosiddetti patti civili di solidarietà. In cosa consistono? Prima di tutto in un progetto nobile, assolutamente: perché io che ho convissuto per anni con una persona – del mio o di diverso sesso –, l’ho accudita nel momento del bisogno, sono stato al suo capezzale fino a che la morte me l’ha portata via, non ho diritto all’eredità? Perché non posso passare a questa persona il mio contratto d’affitto? Perché non posso godere della sua pensione in caso di decesso, come una qualunque moglie (o un qualunque marito) “tradizionale” che ha vissuto per anni al fianco del proprio (o della propria) consorte? A questo servono i Pacs, a garantire i diritti civili minimi essenziali anche a quelle coppie che non sono unite dal matrimonio. Questo è l’intento nobile. Non la pagliacciata proposta da Prodi, urlata in punta di slogan dopo che l’arcigay ha dichiarato che, dimostrandosi il leader dell’Unione non molto interessato alla loro questione, forse non avrebbero votato per il centrosinistra con la convinzione di qualche mese fa. Allora ecco la promessa di una deriva alla Zapatero, con il matrimonio tra persone dello stesso sesso – piccolo sottoinsieme dell’enorme insieme delle coppie di fatto – con il valore della famiglia distrutto. Con due uomini o due donne che possono far crescere un bambino, che sono sposate tanto quanto i neo-sposini che innanzi all’altare si sono appena giurati fedeltà “finché morte non li separi”. Questo ha promesso Prodi dal suo tir giallo- canarino. Questo ha urlato, ha strumentalizzato in cambio di voti. E questo è quello che nessuno – un po’ di presunzione mi porta a dire: nemmeno le coppie omosessuali – vorrebbe. Detto questo ripeto che i Pacs sono una cosa utile da fare: servono a tutelare le coppie – etero o omo se c’è l’amore è la stessa cosa – non legate da “vincoli burocratici” (se mi passate l’espressione), servono a garantire i diritti umani e civili delle coppie “tradizionali”. Ma vanno fatti in fretta, per impedire che un tortellone bolognese li rilanci “a modo tutto suo”, ovvero strumentalizzandoli e allargando la questione a fattori (figli, adozione di figli, valore della famiglia) che sinceramente al dì fuori del contesto della coppia tradizionale non andrebbero assolutamente collocati. Ce lo fatta con il riassunto, sebbene di oltre settemila battute? Buon Weekend.

domenica, settembre 11, 2005

God bless America

Oggi è l’11 settembre. Quattro anni fa successe quello che tutti sappiamo e abbiamo già scritto, tante volte da non dover ripetere proprio nulla. Già, oggi è il giorno del ricordo, ma soprattutto della retorica, delle belle frasi – giustissime, per carità – del “Siamo tutti Americani”. Che gli altri facciano come vogliono, io non ho la benché minima intenzione di ripetere cose già scritte e riscritte, usate ed abusate: preferisco farlo gli altri 364 giorni dell’anno. Perché oggi è un giorno di dolore, un dolore che va rispettato oltre che tributato con colonne di piombo sui giornali. È il giorno di dolore di un Paese in particolare e dell’intero mondo occidentale in generale. Questo lo sappiamo quasi tutti: quasi, perché stamane c’era ancora gente in coda per la cosiddetta marcia della pace Perugia-Assisi. E qualcuno poi mi spieghi perché oltre alle bandiere arcobaleno, già di per loro simbolo dell’inutilità e della strumentalizzazione, ne campeggiavano altre – e non poche per la verità – rosse con la falce e il martello. E poi perché “certi” politici anche oggi, anche a quattro anni di distanza hanno voluto precisare il loro tormentone-bugia: via dall’Iraq, la guerra alimenta il terrorismo, i legami terrore-guerra non possono essere ignorati. Basta con queste stronzate, tutti i giorni. Ma in modo particolare oggi, cretini. Marciate inutilmente se ne siete convinti ma, per Dio, fatelo in silenzio e senza tirare fuori le vostre lagne in un giorno da rispettare. Da domani ne possiamo riparlare, ma oggi è l’11 settembre. God bless America.

venerdì, settembre 09, 2005

i dardi: Scalfarotto

“Scalfarotto” è il termine che mia madre usa per indicare le persone sciatte ed insipide.

giovedì, settembre 08, 2005

La giornalista da Mentana

È dalle piccole cose che si riesce ad interpretare perfettamente il pensiero di una persona. Una smorfia (anche piccolissima), un labbro arricciato, la fronte che si contrae, il sopracciglio che si alza, un lieve sorriso o l’occhio che strabuzza. Tutti segni inequivocabili, che spesso vediamo nei nostri interlocutori o a nostra volta utilizziamo nelle manifestazioni del nostro pensiero che ci sfuggono dal controllo. Ora, immaginate di essere in uno studio televisivo, ospiti di una trasmissione. Mettiamo che quella trasmissione sia, chessò – per fare un esempio tanto in voga in questi giorni - , Matrix di Enrico Mentana. E poniamo – si fanno supposizioni, eh! – che il tema della giornata sia il terrorismo di matrice islamica e l’espulsione – sacrosanta, perché certe sue affermazioni erano inequivocabili – di un Imam dall’Italia, in base alle norme del decreto Pisanu entrato in vigore dopo gli attentati londinesi del luglio scorso. Ecco, dopo che avete immaginato tutto questo fate un altro piccolissimo sforzo; immaginate che davanti a voi ci sia una giornalista rossa – di capelli, di credo – che si professa neo studiosa di Islam solo perché in qualche modo ha in culo Bush e gli Americani; una che ha mollato la conduzione di uno dei telegiornali di punta in Italia per andare sul fronte, con la sua bella tesserina dell’Ordine e il suo bravo taccuino, per poi scrivere libri. Per l’amor di Dio, la cosa di per sé va bene, non c’è niente di male a fare ciò in cui si crede, e se il suo credo è inviare missive anti-americane da Baghdad, beh, è solamente una dei tanti. Ma ritorniamo al nostro studio televisivo; ora, immaginate che il conduttore – bersagliato nel giorno dopo il debutto, ma pur sempre grande giornalista e persona di enorme intuito nonché intelligenza – abbia preparato insieme ai suoi collaboratori un gran bel servizio: entrare nelle moschee di Milano, Bologna e Roma e chiedere ai vari Imam – colleghi dell’espulso di Torino – di condannare (o meno) il terrorismo Islamico, con i suoi kamikaze e i suoi morti innocenti. Immaginate che in tutti e tre i casi si fa una generale – e all’acqua di rose – condanna con tantissimi, troppi, distinguo. Poi pensate che uno dei tre Imam – se non errano i miei pensieri e il mio taccuino, era quello di Bologna – dica che Al Qaeda ha ragione, che l’America è uno schifo. E che la Palestina, con i suoi kamikaze nelle discoteche di Israele, combatte una guerra di liberazione. Ecco, fermiamoci qui un attimo. Perché in regia nella trasmissione del conduttore un po’ bastonato dalla critica – persino da me – ma pur sempre intelligentissimo, ci sta un regista che è sicuramente degno del conduttore. Uno che stacca dalle immagini dell’Imam di Bologna lasciando però l’audio, e volge le telecamere prima ad un politico della Lega – che, a onor del vero, è impassibile fuori ma immaginiamo incazzatissimo dentro – e poi, proprio sull’argomento Palestina e guerra di liberazione, inquadra la nostra giornalista ex di un telegiornale e ora inviata di lusso dal fronte, dove scrive libri su libri. Proprio nel momento in cui si giustificano i kamikaze palestinesi perché combattono una guerra di Liberazione – purtroppo il regista non è stato così scaltro nella parte “l’America fa schifo, Al Qaeda ha ragione” – lei fa un sorriso. Non ci si può sbagliare, è il sorriso di chi è compiaciuto. Se siete donne, è il sorriso del vostro ragazzo nel mentre e subito dopo un lavoretto orale con i fiocchi (viceversa se siete uomini il sorriso della vostra donna nel più forte degli orgasmi). Insomma, quel misto di riconoscenza e soddisfazione che rendono l’espressione quasi inebetita. Ragazzi, state ancora immaginando? Perché tutto ciò è successo veramente. Ieri sera, da Mentana, la protagonista è Lilli Gruber. Una che dopo quel sorriso per quelle dichiarazioni, è andata avanti prima spacciandosi per super esperta di Islam (quando in studio c’era Massimo Introvigne, vero studioso di Islam), giusto per argomentare contro le dichiarazioni di Gibelli (Lega Nord), e poi con affermazioni a dir poco imbarazzanti come “alcuni studi dimostrano come il terrorismo sia al 95% legato all’occupazione di territori da parte di popolazioni straniere” – strano, non sapevo che proprio Ground Zero fosse colonia islamica millenni fa – “Nei kamikaze la religione non centra” – se intendiamo quelli giapponesi del Conflitto Mondiale siamo d’accordo, ma in una trasmissione che parla di Islam si intendono cose ben precise che esulano dal coinvolgere il popolo nipponico - o ancora “La guerra non è stata fatta per democratizzare l’Iraq ma per la presunta presenza di armi di massa e per i legami di Saddam con Al Qaeda”. Come se democratizzare un paese – per usare un’espressione Gruberiana – fosse un crimine o una cosa ingiusta, così come ingiusto sarebbe sospettare – perché “sospettiamo che in Iraq ci siano armi…” e non “In Iraq ci sono armi…” – o conoscere legami di un dittatore con un nucleo terroristico. Scusate lo sfogo, ma stamane avevo promesso questo post un po’ incarognito. Quasi come la nostra giornalista dal fronte ieri sera, ogni qualvolta Gibelli o Introvigne – il quale da vero studioso ne sa sicuramente più di lei – aprivano bocca.

Ultim'ora - Dagospia svela: Guzzanti come un Michael Moore all'italiana (che tristezza...)

Sabina Guzzanti, un Michael Moore all’italiana? A quanto pare è quello che succederà domani alla Mostra del cinema di Venezia. La notizia è fresca e il primo a parlarne è, come sovente accade, Roberto d’Agostino su Dagospia. Sicuramente sarà una di quelle “bombe” destinate a far parlare per molto tempo. Riporto dal sito:

Il programma di domani della mostra del cinema scodella: “Ore 14,30 – PalaGalileo - Evento Anac – Proiezione a sorpresa”. Bene, siamo lieti di svelare l’arcano post-prandiale. Il grande schermo veneziano sarà occupato dal grande scherno di Sabina Guzzanti, autrice e protagonista di “Viva Zapatero””, film prodotto dalla Lucky Red di Andrea Occhipinti, che sarà nelle sale della penisola a partire da venerdì.

Uno tsunami alla Michael Moore travolgerà quindi il cine-chiacchiericcio per far emergere la palude della censura mediatica. Tutto ha origine dalla spettacolo che la Guzzantina produsse per Rai3 nella stagione autunnale del 2003. “Raiot” fu soppresso all’istante, dopo la prima puntata, con una coda di furibonde polemiche e denunce Mediaset – Lucia Annunziata era all’epoca il presidente di garanzia di viale Mazzini.

“Viva Zapatero” vuole essere il “Fahrenheit 9/11” di un paese che tappa la bocca, spenge la telecamera, chiama gli avvocati. Da quanto tempo Beppe Grillo non si affaccia da nessun teleschermo? Lavorando in satira la novità consiste solo nell'osare di più, sbeffeggiando le mutandine sporche del Potere, magari tentando di rendere impotenti i potenti. Solo l'insulto, la scurrilità, l'invettiva, a volte, riescono a replicare almeno in parte al quotidiano oltraggio all'intelligenza che la politica, le star televisive con la personalità di un bicchiere di carta, i comportamenti senili dell’inciucio pollastrone, impongono.

Nel film-pamphlet di Sabina non c’è solo il bieco governo Berlusconi ma sulla graticola viene gettata anche la sinistra pavida e/o affaristica. C’è un mea culpa di un dirigente diessino: quando eravamo al potere, governi Prodi/D’Alema, in cinque anni non siamo riusciti a fare una fottuta legge sul conflitto di interessi. Anche il direttore di Repubblica Ezio Mauro deve ammettere: Non abbiamo valutato la gravità della censura di un programma di satira.

A sandwich, tra gli sketch di “Raiot” e gli spettacoli teatrali (come quello all’Auditorium di Roma), il comico inglese che sbertuccia il centrismo di Blair ((Rory Brenmer) e quello francese che spiegazza Chirac (Bruno Gaccio), Neri Marcorè che bistratta Maurizio Gasparri e Beppe Grillo che spara le sue bordate, spuntano le interviste a Kit Cat, Claudio Petruccioli, Lucia Annunziata, Dario Fo, Daniele Luttazzi, Furio Colombo, Santoro. Particolarmente accorata la dichiarazione di Enzo Biagi: “Io sono stato licenziato dal signor Saccà con una raccomandata con ricevuta di ritorno”.

Dopo la visione di “Viva Zapatero”, ammettiamolo, non poteva mancare il “dibattito”. Sabina Guzzanti schiererà domani pomeriggio un tridente arroventato formato da Marcolino Travaglio, Michele Santoro, Dario Fo. Più la giornalista del “Nouvel Observateur” Michelle Padovani. (fonte: Dagospia)

Presentati il MacTorola e il nuovo i-Pod

L’attesa era spasmodica ma ora possiamo dire che il mistero è stato finalmente svelato. Steve Jobbs ha infatti presentato due nuovi prodotti di casa Apple nella grande famiglia di i-Pod. Il primo è frutto della collaborazione con Motorola, leader nella telefonia mobile, è consiste in ROKR (pronuncia: rocker), un telefono con l’i-Pod incorporato. Questo nuovo cellulare infatti presenta al suo interno un lettore mp3 di casa Apple con le stesse caratteristiche dell’i-Pod Shuffle (il più piccino della serie), quindi appena un centinaio di canzoni memorizzabili, con la musica che si interrompe quando arriva una telefonata e riparte alla chiusura di questa. Ma l’aspetto che potrà presentare la vera rivoluzione è sicuramente l’accordo stretto con Cingular, uno dei principali server provider americani, che fornirà infatti l’integrazione con l’ormai celebre i-Tunes e la possibilità dunque di scaricare musica dal web – in modo legale e a pagamento – direttamente sul telefonino. Siete in montagna ed avete voglia di sentire quella canzone? Fate la vostra richiesta, pagate – presumibilmente si tratterà di uno scalo del credito dalla carta prepagata del telefono – ed ascoltate la vostra musica. Ora quindi non avete solo la vostra discografia nel taschino della giacca, ma un vero e proprio negozio di dischi a portata di mano, ovunque siate, ogni qualvolta lo vogliate.
L’altro prodotto presentato da Jobbs è un nuovo modello di i-Pod: Nano. Nome azzeccatissimo che richiama alla mente le dimensioni: capacità massima identica a quella dell’i-Pod Mini (vero e proprio fenomeno di vendite), quindi fino a 4 GB, ma con una dimensione in volume ridotta del 62% rispetto a quest’ultimo, e con in più lo schermo a colori per visualizzare le foto (quindi un’integrazione di piccole dimensioni tra l’i-Pod Mini e l’i-Pod Photo). Insomma, il futuro della musica digitale da passeggio passerà certamente ancora dalle parti della Mela, che è riuscita in questi ultimi anni non solo a creare il miglior player per qualità, ma anche ad inventarsi dal nulla uno status symbol vero e proprio oggetto del desiderio. La rivoluzione non è ancora finita.

Matrix si riprende / E' scontro Chicco-Feltri

Ieri sera è andata in onda la seconda puntata di Matrix, la trasmissione d’approfondimento condotta da Enrico Mentana che, collocata in seconda serata, dovrebbe – ma giusto dovrebbe – infastidire l’istituzione Porta a Porta di Bruno Vespa – che, ricordiamocelo, per la sua importanza, è considerata alla stregua del Parlamento: Molte decisioni o dichiarazioni importanti sono state infatti prese in quello studio televisivo. La prima puntata di Matrix, inutile nasconderlo, non mi è piaciuta per nulla, e su questo stesso blog ho stilato una sorta di “lista critica” delle cose che non andavano – praticamente tutte: solo il culo della Palombelli si è salvato – con una conclusione: mi dispiace(va). Perché ammiro Mentana. Prima di tutto è un grande professionista, e gli anni di informazione televisiva alle spalle (prima al Tg1, poi fondatore e direttore per quindici anni del Tg5) lo dimostrano pienamente. Poi è indipendente e, ultimo ma non ultimo, è un grande provocatore. Ma la sua trasmissione nella puntata numero zero aveva fallito. Bene, il “numero uno” di ieri sera – dedicato all’Islam e al fondamentalismo che ne deriva e che sfocia nel terrorismo - invece ha segnato la ripresa, che nessuno sinceramente sperava in così poco tempo. Il programma ancora non ha ingranato a pieno regime, ci mancherebbe, e la sua “giovane età” giustifica pienamente tutto questo. Gli ospiti in studio però danno vita ad un bel dibattito – sul quale, credetemi, ritornerò sopra, perché le dichiarazioni imbarazzanti della sig.ra Lilli Gruber non possono essere snobbate – e Mentana, miracolo!, li ha fatti parlare, spesso senza neppure interromperli. E, forse per la particolare tematica di ieri sera, persino le interviste con la Iena Alessandro Sortino non hanno pesato, ma anzi sono decisamente servite per infiltrarsi in luoghi come le moschee dove, ovvio, la televisione e i giornalisti più in generale non sono ben visti. Dunque qualcosa si sta muovendo, oggi si sapranno i dati d’ascolto che però, come ovvio, senza una controprogrammazione seria sulle altre reti – in particolare sulla Rai – danno un’indicazione fino ad un certo punto. La vera battaglia inizierà il 12, quando l’appuntamento con Vespa – originariamente previsto per il 20 ma anticipato per non lasciare troppo tempo di rodaggio a Matrix – tornerà sulla prima rete ed allora sarà sì scontro per l’approfondimento di seconda serata. Ad onor del vero ci sarebbe da fare un’altra tirata d’orecchie a Chicco Mentana, e anche bella forte e dolorosa. Perché ieri mattina – ricordiamolo, la mattina dopo il “grande debutto” – il nostro ha piagnucolato da Platinette su Radio Deejay. Probabilmente le critiche lette sulla maggior parte della carta stampata non devono averlo messo di buon umore, ed in particolare la frecciata di Vittorio Feltri che, su Libero, gli ha dedicato addirittura copertina ed editoriale d’apertura. A ragione. Il nostro Chicco-mitraglia l’altra sera, soprattutto nella prima parte della trasmissione, non ha mancato di sottolineare – più o meno esplicitamente – come Berlusconi sia cattivo, come non è bello essere “cacciati..ehm..pardon licenziati” dal telegiornale che si ha fondato e – dignitosamente, verissimo – diretto per molti anni. Insomma, una buona dose di vittimismo che il nostro non doveva assolutamente sfoggiare. E Feltri, che è uno che picchia duro e lo amo per questo – non l’ha risparmiato: ma quale licenziamento! Uno che viene passato dal Tg5 ad un non meglio precisato ruolo di direttore editoriale di Canale 5, ricevendo compenso per non fare un beneamato per 10 mesi – se si esclude uno speciale dedicato ad Oriana Fallaci da mandare in controprogrammazione durante l’ultimo Festival di S. Remo – non è un licenziato: è un privilegiato che nemmeno dovrebbe fare il piangina. Ma, ed è questo ciò che maggiormente brucia, evidentemente anche Chicco si è abbassato a dar contro al Cav. Stamattina la replica di Feltri era ancora più piccante: Mentana in radio dalla draq queen ha detto che la causa dell’acidità del direttore orobico sono le emorroidi. Bene, Feltri ha detto che Mentana le emorroidi non le ha, perché se le avesse soffrirebbe di emicrania. Uno show, per ora meglio di Matrix (nonostante la ripresa).

mercoledì, settembre 07, 2005

Katrina? E' frutto dell'ignoranza

Senza mezzi termini. Questa volta il fondo è stato toccato. Lo hanno scritto in tutti i modi, in tutte le salse, in modi più o meno espliciti. Ma nessuno ha mai raggiunto cotanto livello di vergogna da arrivare all'enunciato diretto. Ora sappiamo chi ha mandato davvero l’uragano Katrina: l’ignoranza.

Sky ti sorprende sempre - e mai che si vergognasse almeno un po'

Tra pochi giorni è l’11 settembre, e il mondo intero si organizza per ricordare in svariati modi l’attentato all’America del 2001. Sky, leader della televisione satellitare a livello mondiale, non è da meno e sicuramente nei prossimi giorni snocciolerà vari speciali e specialini. Ma cosa ci combinano per la prima serata, in ricordo di quella terribile giornata? Bene, tenetevi forte, perché la sera dell’11 settembre su Sky Cinema Autore – che come recita il nome dovrebbe trasmettere film, appunto, d’autore e di un certo livello – andrà in onda il famigerato Farheneit 9/11, il film-documentario-farsa di Michael Moore. Nemmeno a dirlo, campione d’incassi e vincitore di premi cinematografici all’epoca in cui uscì. Sky ti sorprende sempre, dunque. E mai che si vergognasse almeno un po’? Perché è davvero vergognoso – altro termine non mi viene in mente – trasmettere quel film in quella giornata. Mancanza di rispetto, provocazione o chissà cos’altro ancora, non è dato a saperlo. Un modo per impedire la trasmissione ci sarebbe anche: mandare tutti una bella mail di protesta all’emittente. Certo, si faranno i fatti loro, trasmetteranno quello che vorranno e le eventuali mail inviate con ogni probabilità nemmeno saranno lette. Ma è giusto far sentire la propria indignazione e ne abbiamo tutto il diritto, dal momento che chi decide di abbonarsi a Sky si presta ad effettuare anche degli abbondanti pagamenti. L’abbonato potrà quindi dire la sua? Io ci provo, spero che saremo in tanti.

martedì, settembre 06, 2005

Se queste sono le premesse, a malincuore dico che Matrix sarà una porcheria

  • Non è stato fermo un secondo. Che gran mal di testa, a me e al cameraman.
  • da uno come lui certi modi non me li aspettavo proprio. “Vediamo di finirla con gli applausi”, giuro che tra i denti gli è scappato anche questo. Almeno quelli erano obbligati a far partire l’applauso. Quelli a casa a sbadigliare
  • non si è capito nulla, troppe interruzioni.
  • Il ritmo della trasmissione è dannatamente è lento, e la tarda ora conciglia il sonno
  • Porta a Porta, che già mi era insopportabile, stravince. Rispetto a ciò che si è visto ieri sera sicuramente, speriamo non rispetto a quello che si vedrà nelle prossime puntate
  • Vespa avrà anche le soubrette tra gli ospiti, di tanto in tanto. Ma non si pone come idea quella di fare un approfondimento popolare, per la "ggente". Ieri sera sembrava di sfogliare un rotocalco da spiaggia, e del caso Fazio si è capito poco, di Ricucci nulla. Nemmeno il motivo della breve intervista a Flavio Briatore (parlare del genero di Aznar? Ah…)
  • Le gag delle Iene sono penose. Soprattutto in un programma d’approfondimento
  • Vespa se lo mangia, Masotti pure. Ferrara e Lerner – di nuovo insieme – saranno decisamente il pezzo forte della serata televisiva
  • Ditegli di essere meno impacciato, a Chicco
  • Mi dispiace, ma se queste sono le premesse, Matrix sarà una porcata. E la cosa mi rattrista, perchè ho molta stima di Mentana.
  • Credete che ce l'abbia fatta a tenere acceso il televisore fino alla fine della trasmissione? Ho eroicamente concluso la visione a circa mezzora dal termine.

lunedì, settembre 05, 2005

Giordano Bruno Guerri firma il miglior fondo sull'uragano Katrina e sulla polemica post-tragedia

Piccola incursione per segnalare un articolo sul Giornale di oggi. Di Giordano Bruno Guerri, un uomo che la destra dovrebbe ascoltare di più. È il migliore che finora ho letto riguardante l’uragano Katrina e le polemiche post tragedia.

i dardi: Bobo Craxi e la Sindrome di Stoccolma

Bobo Craxi, figlio di Bettino e fratello di Stefania, sul Riformista di oggi, pag.3, dichiara di voler andare nel centrosinistra, oltre che per raggiungere l’SDI e coronare così il sogno di una “rimpatriata”, anche perché “sono venute meno le ragioni storiche che hanno portato i socialisti a stare atipicamente nel centrodestra e in questo centrodestra in particolare”. Allora, vediamo di vederci chiaro: ragioni storiche? atipicamente? Questo centrodestra, con sottolineatura a ‘questo’, quasi in segno di schifo? Allora, partiamo dalle ragioni storiche, il resto vien da sé: qualcuno gli ricordi che nel centrosinistra, in questo centrosinistra in particolare, ci stanno ex, post, e ancora-in-vita comunisti. E pure un signore che si chiama Di Pietro, faceva il magistrato. Che a Bobo sia venuta la Sindrome di Stoccolma?

Lo sbarramento del 10%? Dettato dalla rabbia

“Servirebbe uno sbarramento al 10% contro i partitini”. Ecco quanto dichiarato ieri dal Premier a Cernobbio, probabilmente in preda ad un raptus di rabbia nei confronti dell’Udc (il partitino), che nella giornata di sabato tramite Pierferdiando Casini si è reso ancora più insopportabile di quello che è, complici una serie di dichiarazioni vergognose (“Se non si cambia l’Idc corre da sola” e la polemica per quei termini, comunisti e fascisti, ovviamente “dedicati” ai Ds e ad An). Ma questa volta il Cav. deve necessariamente rendersi conto di aver detto una stupidata dettata dalla rabbia del momento. Il sangue bollente nelle vene non gli deve aver dato il tempo di riflettere, questo lo comprendiamo, ma lui deve capire che uno sbarramento al 10% è impossibile. Il motivo? Con i dati delle elezioni del 2001 se si applica uno sbarramento al 10% risulta che nel centro-destra solo Forza Italia e AN sarebbero in parlamento (fuori dunque Lega, Udc e gli altri partiti piccoli), mentre nel centro-sinistra la situazione sarebbe ancora peggiore: ammessi solo Ds e Margherita. E questo nel 2001. Applicando lo sbarramento ai giorni nostri, con l’emorragia di elettori di centro-destra che si è avuta in questi anni, forse nemmeno Alleanza Nazionale riuscirebbe ad entrare. È questo quello che serve per contrastare i partitini e la loro sempre più frequente voglia di governare, “forti” del loro 6%? Non crediamo, anzi la sensazione è quella di un suicidio elettorale più che di una soluzione al problema. Insomma, la rabbia non ha decisamente portato consiglio. Il fatto è che se il Premier si lascia andare a questo tipo di dichiarazioni, il giorno dopo inevitabilmente il mondo dell’informazione dovrà renderne conto e in un attimo l’ennesima polemica è lanciata. Questo Berlusconi lo sa benissimo ma talvolta se ne dimentica. E in questo modo la rabbia - giustificatissima nei confronti dei centristi dell’Udc – ha la prevalenza sulla ragione.