mercoledì, febbraio 28, 2007

Calci in culo

Un amico mi raccontò una volta la reazione che un suo collega ebbe vedendo al telegiornale una manifestazione di no global. Disse il mio amico che quello, proprio senza pietà e fiero della sua parlata piena di meridionalità, urlò verso il teleschermo: “se quelli erano figli a me, li prendevo a calci in culo dalla mattina alla sera”. Perché vi parlo di ciò? Se mi conoscete, cari lettori, come penso che mi conosciate, avrete già capito che non è per parlarvi dei fatti miei, del caro amico o del suo collega. Solo per dirvi che se il regista di questo film fosse stato mio figlio, altro che calci nel culo.


Sanremo - 1

Spariamo sulla croce rossa. Diciamo che ieri sera Sanremo è stata la solita minestra, identica come tutte le volte che l'ha cotta Pippo Baudo. Diciamolo, che fa molto snob. Che - come per i reality - "io il Festival non lo guardo mai", ma poi mi spiegate voi come fate a dire che la canzone di tizio è banale e quella di caio addirittura patetica. Io ieri sera Sanremo non l'ho visto, dico. Ma avrei voluto vederlo, ribadisco. Mi è bastata una cosa, solo una: quella più ciritcata, ovvero il superospite internazionale. Io che Norah Jones era figlia di quello-che-suona-il-sitar-ma-non-so-come-si-scrive lo sapevo. Sapevo anche che i due non sono mai stati in buoni rapporti - anzi, forse qualsiasi forma di rapporto non l'hanno mai avuta. Ed è vero, le domande di Pippo sapevano di pre-costruito e comunque erano imbarazzanti. Ma le dita di lei, su quel Rhodes, erano magnifiche. E tanto mi è bastato: quei dieci minuti di Festival sono stati divini.

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sabato, febbraio 24, 2007

Prodi e Napolitano:
vergognàtevi!


E il Cav. la smetta di farla fuori dal vaso: con il 24,5% dei consensi alle ultime elezioni, e con i sondaggi che danno FI al 33%, l’unica via possibile era quella della forzatura per le elezioni anticipate, anziché l’ombra.


venerdì, febbraio 23, 2007

al voto e subito!

I pagliacci della sinistra estrema oggi erano tutti in fila da Napolitano a esprimere piena fiducia nei confronti di Prodi e del suo governo. Il loro obbiettivo è, ovviamente, quello di mantenere il culetto al calduccio sulla cadreghina, spaventati dalla sola idea di andare a casa. Chiaramente la questione non si chiude qui, perché i suddetti pagliacci sono gli stessi che meno di una settimana fa – e non per la prima volta – sono scesi in piazza a manifestare contro lo stesso governo e che al Senato hanno contribuito in modo determinante a far cadere il governicchio Prodi: a dispetto di quello che infatti vanno a dire – ovvero, è colpa solo di un paio di senatori dissidenti – la loro linea è fortemente opposta a quella della sinistra cosiddetta riformista e il fatto che si fossero piegati in passato – e dimostrassero di volerlo fare ancora – nel votare in sintonia con il governo è il frutto unico dell’attaccamento alla sedia di cui sopra, non di una profonda convinzione. Segno che, qualunque cosa succeda, in politica estera ma non solo Prodi ha una squadra senza idee e con due visioni totalmente opposte. E, per uno che ripromise di ridare credibilità all’Italia agli occhi del mondo, è più che sufficiente non solo per le dimissioni ma anche per la fuoriuscita – e definitiva – dagli scenari politici italiani, perché la barzelletta è durata anche troppo.
Ora il pallino del gioco è in mano al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il quale, appena concluse le consultazioni, ha ritenuto necessario fissare a domattina il riferimento della sua decisione. Dicono che il suo orientamento sia quello di rinviare tutto alle Camere il che, detto in termini fuori dal politichese, significa chiedere la fiducia su un governo che finora è andato avanti a colpi di fiducia: una barzelletta nella barzelletta. C’è solo una cosa sensata da fare, ed è quella di ritornare al voto e consegnare dunque agli elettori il destino di questo paese, al fine di ottenere un governo di ampia maggioranza che possa farsi carico del tanto che c’è da fare e senza gettare fango su quello che è stato fatto in precedenza; un Prodi-bis, con la stessa squadra di ministri o meno è cosa di poco conto, sarebbe solamente un brodino riscaldato di un governo che già di suo è stato terribile, battendo ogni record di durata – in negativo – nella storia della Repubblica italiana: nove mesi.
Andare quindi al voto, immediatamente o subito dopo un governo tecnico che cambi la legge elettorale, è l’unica via di uscita. Napolitano lo sa bene che un secondo governo Prodi con la stessa non-maggioranza al Senato vuol solamente dire assistere ad un altro triste spettacolo, ad un’altra triste umiliazione per l’Italia, come quello dello scorso mercoledì. Prima di formulare ogni giudizio, mi riservo di aspettare la decisione del Presidente della Repubblica. La quale, per far fede alla buona impressione che finora Napolitano ha dato di sé, dovrebbe essere saggia. Ma ho forti dubbi.

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Prometto:
tornerò entro le prossime 24-48 ore. Che giornate, cari lettori.


lunedì, febbraio 19, 2007

Dicono che oggi sia la giornata della lentezza. Una cazzata del genere era tanto che non usciva fuori, ma tant'è che ce l'hanno proposta e ora dobbiamo tenercela. Per dire, avrebbe senso una giornata della lentezza dove a Milano tutti fanno come sempre – con buona pace dei passo-velox che fan fioccare multe in Vittorio Emanuele – e, chessò, a Lecce – al netto di razzismi e terronismi idioti – rischiano l'immobilità qualora dovessero ridurre ulteriormente la velocità con la quale – beati loro – vivono? On, che non ha senso. Tuttavia vediamo di prendere il meglio anche dalle minchiate: sul Giornale stanno un paio di articoli sull'argomento divertenti e godibilissimi. Il primo scritto dal punto di vista di chi è già lento, il secondo da chi non sopporta la lentezza. Concludendo: tra qualche minuto uscirò di casa per recarmi all'ufficio postale dove, se hanno preso in parola la neonata festa, mi toccherà passarci una bella fetta di tempo prezioso. Io, che non ho mica tempo da perdere con 'ste stronzate.


domenica, febbraio 18, 2007

sapessi come è strano, leggere La Stampa a Milano

Leggere La Stampa è divento impossibile, pare di leggere Repubblica. Eppure per chi, come me, trova insopportabile dover immergersi nel Corriere degli editori, è una sensazione davvero spiacevole. Per dire, stamane era il culmine dell'adorazione prodiana e il totale dimenticarsi che in Italia esiste anche un'opposizione la quale, cifre alla mano, è ormai maggioranza elettorale. E invece no: 9 pagine 9 su quanto è andata bene la manifestazione di Vicenza, con il contraddittorio relegato in un piccolo box a pag. 3 e una Barbara Spinelli ancor più impossibile da seguire tanto era partita per parlare della manifestazione finendo invece per fare uno screening dei terrorismi europei. Ma Giulio Anselmi non si incazza mai per i frequenti “fuori tema” della nostra? Oppure fa comodo avere una rappresentante, seppur in senso lato, del Governo in redazione? E, soprattutto, quando lo mandano a dirigere il Corriere, così almeno posso riprendere in mano un giornale decente e non una copia – grafica e non – di Repubblica? Anche perché, se tanto mi dà tanto, compro quest'ultima: ha una vagonata di pagine in più e la parte culturale non è così sterile.


message in a bottle

Jon Pareles va a North Vancouver per spiegare al mondo come si sentono i tre Police immersi nella reunion. E ne esce fuori un bel pezzo dove, ad esempio, Sting dice che sono ri-partiti come una “high school band”, poi sono diventati una “college band” e ora, dopo qualche settimana di prova, si sentono come una “bar band”. Tuttavia - “we are not yet playing like we deserve to play in a stadium”. Tutti i nostri migliori auguri.


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sabato, febbraio 17, 2007

cosa dice il movimento?

Tra fiumi di cazzate nella foga del momento / ci si prende a sprangate anche dentro al movimento” Eugenio Finardi, “Zerbo”, 1979

Giordano, Diliberto e compagnia rosseggiante erano tutti lì a fare grandi sorrisi alle telecamere, a dire che la loro presenza non significava mica che il governo protestava contro sé stesso. Anzi, loro erano lì perché il governo deve ascoltare il movimento. E cosa diceva questo benedetto movimento? Tra le altre cose, diceva anche “libertà per i compagni”, con riferimento agli arresti degli ultimi giorni.


Esco di casa ora, e chissà quando tornerò stasera. Dove sarò non ci saranno né radio né televisioni, e Internet dal telefono cellulare costa troppo. Quindi esco senza sapere cosa succederà a Vicenza nel corso del pomeriggio. Ma esco comunque contento e sorridente: Diliberto dice che è un corteo non contro il Governo, forse per giustificare la sua presenza – al corteo o al Governo?


venerdì, febbraio 16, 2007

Difesa.


Ora, fare l'avvocato difensore mi pare una cosa da niente, buona per i perditempo. Farò quindi un'eccezione solo per la signorina Carfagna, la quale è talmente bella e graziosa da meritarsi una difesa, seppur di parata. La vicenda è questa: lei e l'On. Luxuria Vladimir hanno litigato in seguito all'affermazione della prima, secondo la quale "i Gay sono costituzionalmente sterili". Al che la Luxuria - non se ne comprende il motivo dal momento che si è sempre impuntata con la differenza tra i gay e i transgender, quale lei è - Luxuria, dicevo, ha dato alla Carfagna della "sfasciafamiglie" con evidente riferimento alle questioni private, rese pubbliche da Veronica, di Casa Berlusconi. Evidente riferimento, e pure un po' inutile, del tipo letterario "non c'ho un cazzo da dire, rispondo con l'attacco gratuito ed infondato, solo per farti incazzare" - tecnica per altro tipicamente femminile,perciò pur nella difesa della Carfagna siamo sicuri di aver fatto contento anche l'On. Luxuria.

giovedì, febbraio 15, 2007

Un po' di musica per voi

[piccolo riciclo: quanto vedete pubblicato qui sotto potrebbe essere pubblicato anche da un'altra parte, la cosa ancora non è sicura. Ve ne omaggio, giusto per farmi perdonare la frequente assenza dal blog. Se poi è roba che non vi frega e/o vi fa anche discretamente cacare, beh: a caval donato non si guarda...come si dice?]

Parlare di Miles Davis è forse in assoluto la cosa più difficile di tutte, per lo meno in campo musicale. Inquadrarlo poi in una corrente, impossibile. È nato con la rivoluzione del bebop ma lui, gran figlio di buona donna a detta di tutti, le successive trasformazioni le ha volute dettare, non subire. Dal jazz modale al cool jazz con tutto ciò che ci sta in mezzo, per finire con un periodo elettronico nel quale tutti rimasero esterrefatti: ascoltatori incantati dalle opere e critici incazzati neri perché Miles, gran bastardo, li aveva fregati. Di quest'ultimo periodo è il doppio, fenomenale “Bitches Brew” (1970, Columbia), nato da una jam sessions in cui la crema del jazz e buona parte di coloro che dettero il via alla rivoluzione fusion e jazz-rock vennero coinvolti. Da Jack DeJohnette alla batteria a Dave Holland al Basso. Da Chick Corea e Joe Zawinul (Weather Report) al pianoforte Fender Rhodes, a John McLaughin alla chitarra; e nell'idea originale di Davis il punto di forza stava nel chiamare Jimi Hendrix, che proprio sul finire degli anni '60 incantò lui e altri milioni di persone in tutto il mondo, e che se non lo troviamo tra questi solchi è solo perché, poco dopo la storica esibizione di Woodstock, ci lasciò le penne. Il risultato di quelle sessioni è stratosferico: negri e bianchi insieme, tutti magistralmente orchestrati da Miles Davis e dalla sua cocaina. Un prodotto musicale senza limiti e confini, come si addiceva al periodo. Ritmi serrati di due batterie distribuite ciascuna su un canale, destro e sinistro. Chitarre acide, trombe, sax e clarinetti. Un'orgia musicale dove si sente un gran bel pezzo d'Africa, quella americana di Harlem e quella africana delle percussioni di Jumma Santos. Un parto musicale che nessuno, al giorno d'oggi, riuscirebbe ad avere; una struttura, una composizione, un'interpretazione che molte mammolette rock odierne nemmeno riuscirebbero a sognare di notte. Nelle note interne al disco, lo storico critico jazz Ralph J. Gleason afferma di percepire infiniti flash nella mente durante l'ascolto dei nastri originali, e che se dovesse scriverne a riguardo, comporrebbe “una novella piena di vita, di scene, di persone, di sudore e di amore”. Ha sottinteso l'allucinante genio creativo di Miles Davis e tralasciato la droga; per il resto, è la miglior descrizione in assoluto dell'opera.

Quando si parla di un supergruppo si tende sempre o a fare paragoni con le band di provenienza dei singoli musicisti, o si concede sempre il voto più alto perché, proprio in virtù dell'essere eccellente nei nomi di chi ha composto e suonato, lo si ritiene eccellente anche nel risultato finale. I The Good, The Bad & The Queen (2007, Parlophone) sono il primo supergruppo che ha qualcosa da dire nel nuovo millennio e semplicemente perché tutti i gruppi di provenienza dei singoli elementi hanno dato il meglio prima del 2000. Dunque, alla voce e al pianoforte c'è Damon Albarn, dei Blur e dei Gorillaz, al quale evidentemente stava stretto l'essere considerato l'anti Liam Gallagher e ha preferito, anziché arenarsi o riciclarsi pateticamente, dare vita a progetti musicali differenti tra loro nel tentativo di lasciare il segno in più campi e – soprattutto – spiazzare l'ascoltatore (e, in parte, c'è riuscito). Alla chitarra c'è Simon Tong, ex Verve, desideroso di prendersi la rivincita e di far parlare di sé non soltanto in funzione dell'essere stato il chitarrista del gruppo di Richard Ashcroft. Alla batteria c'è un veterano del percussionismo nero, caldo, claudicante e sbavato: il nigeriano Tony Allen. Infine al basso e al motore musicale, capirete perché leggendo e soprattutto ascoltando, c'è Mr Paul Simonon direttamente da uno dei due-tre gruppi più importanti del Novecento, i Clash. Il quale prende tutto il suo bagaglio dub che tanto diede a dischi come “London Calling” e soprattutto al successivo e triplo “Sandinista!” e lo mette a disposizione di questo nuovo progetto. Dal quale emergono lodevoli ballate metropolitane sorrette appunto dal basso di Simonon e dai fraseggi leggeri di Tong sulle quali si posa, dolce, la voce zoppa di Albarn. Di Blur e Verve, manco a dirlo, non c'è traccia e per quanto riguarda i Clash non aspettatevi una nuova “Junco Partner” o una “Rebel Waltz” aggiornata al 2007. Non è un disco di facile presa o da canticchiare, ma uno scenario post-apocalittico, nel quale tutto è distrutto e dalle macerie si alzano lentamente queste agrodolci melodie. Stupisce, in questo senso, il successo commerciale che il progetto sta avendo, ma questa è un'altra peculiarità dei supergruppi.


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Gianfranco Fini e la giusta replica a Diliberto

Le parole pronunciate da Gianfranco Fini stamane nel corso di una conferenza stampa alla Stampa Estera e riferite alla vergognosa dichiarazione del Segretario del Pdci Diliberto sono indubbiamente corrette. L'ex Ministro degli Esteri oltre infatti a parlare di problemi “di coscienza personale” di Diliberto nel dire quello che ha detto, pone l'accento sul fatto che la violenza verbale – perché di questo si è indubbiamente trattato – spesso è l'anticamera di quella fisica poiché “qualche imbecille” - dice Fini - “che prende alla lettera quello che Diliberto afferma può sempre esserci”. In luce dei recenti arresti di brigatisti rossi, il dubbio circa l'esistenza di chi prende alla lettera la violenza verbale di certi rappresentanti politici non è più un dubbio bensì una certezza, basti pensare che Berlusconi, due giornali dell'opposizione e altri elementi di non meglio specificato capitalismo quali l'Eni e Sky erano gli obbiettivi di possibili attentati terroristici sventati per tempo dalla polizia. Diliberto, che non è una persona qualunque ma è il leader di un partito che vede al suo interno anche un Ministro (Bianchi, trasporti) del Governo Prodi, dovrebbe pensare quindi non due ma forse cento volte prima di farsi scappare dalla bocca certe imbarazzanti e vergognose affermazioni. Qualora non ci riuscisse, poiché incapace nel rinunciare a qualche sparata da comunista “duro e puro” che indubbiamente eccita l'animo di – per dirla con Fini - “qualche idiota”, esca dall'arco parlamentare, faccia l'uomo politico fuori dal Governo. La vergogna delle parole rimarrà, ma almeno non le sentiremo più da un rappresentante della maggioranza politica italiana.


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con tutti questi "schifi" ci stupiamo delle Br?

Diliberto afferma che Berlusconi “ci fa schifo”, dove il “ci” è da intendersi come comprensivo di sinistre massimaliste – e magari qualcuno anche un po' più verso il centro. Sapesse, Diliberto, che lui fa più o meno schifo praticamente a tutto l'arco parlamentare, eccetto forse a quelli del suo partito – anche se, gira voce, che pure dentro ai Comunisti Italiani qualcuno...


lunedì, febbraio 12, 2007

dici?


Edoardo Camurri mi cade sui Simpson

Il bravissimo Edoardo Camurri, in un articolo per il Domenicale del Sole 24 Ore [ripreso dal Foglio dei fogli del 12.02.2007 pag.3] si è lanciato in un giustissimo elogio dei Simpson, definendoli “cartoni intelligenti”, “una delle cose più colte che la televisione mondiale abbia mai trasmesso negli ultimi anni” e descrivendo Matt Groening, che della famiglia gialla è il padre, come “geniale creatore”. Tutto da sottoscrivere, assolutamente, e cadremmo nella retorica – laddove Camurri è invece, da maestro quale è, riuscito a starne fuori – se dovessimo star qui ad aggiungere altro creandolo dalla farina che sta nel nostro sacco. A dire la verità – ecco – una piccola critica a Camurri gliela si potrebbe anche muovere. Una bazzeccola, una pignoleria che al confronto Mauro Dalla Porta Raffo nella sua rubrica parla di travi, mentre noi qui si vorrebbe far notare solamente una pagliuzza. Il buon Edoardo dice che, forse, l'unico difetto dei Simpson è che non fumano. O meglio, starebbe inserito nel cartoon “il messaggio salutista che le sigarette, oltre a far male, sono ormai appannaggio di stitiche zitelle che non si tagliano i peli delle gambe e che nessuno si fila” [riferendosi a Patty e Selma, le sorelle di Marge] o di Krusty il Clown, il quale è però “artista, e per di più malinconico e decaduto, quindi un'eccezione, una maschera” - aggiungo io: anche la signorina Caprapall fuma [vedi immagine, pixellata nell'edizione americana], ed anch'essa è esempio di zitella a vita, perché il preside Skinner è decisamente troppo mammone per dichiararsi apertamente.
Va bene, ma dove sta la pignoleria – direte voi – visto che nei Simpson le sigarette sono relegate proprio a persone che non rappresentano un esempio esattamente positivo? Beh, per prima cosa Krusty il Clown è sì personaggio “malinconico e decaduto”, ma anche grande modello per tutti i bambini che al pomeriggio seguono il suo
show televisivo, e che comprano i suoi pupazzetti, i suoi corn flakes – anche quando il contenuto non è esattamente identificabile - e che – escludendo qualche piccolo episodio – vedono in lui una sorta di fratello maggiore fighissimo che li fa divertire con gli allucinanti cartoni di Grattachecca e Fichetto. Secondo, in una puntata Homer, per paura che Bart stesse diventando gay, porta il suo “bagarospo” sotto un cartellone pubblicitario – di sigarette Laramie slims, tipicamente da donna – nel quale compare una biondona mozzafiato, pensando che l'esposizione prolungata a quella femminile e stratosferica bellezza avrebbe regolato le pulsioni del figlio. Ebbene, quando dopo qualche ora va a riprendere Bart, alla domanda: “di cosa hai voglia figliolo?”, il figlio risponde: “Ho voglia di una sigaretta” - “Te la comprerò subito; di quale marca? - bene, detta ad Homer la marca, e realizzato quest'ultimo che di sigarette da donna si trattava, l'unica cosa che il simpatico papà può dire è: “Doh!”, avendo secondo lui avuto l'incontrovertibile prova che il figlio è gay. E non, “figliuolo, le sigarette fanno male”. D'altronde, Groening non ha mai “ceduto su un argomento da ministro della salute”, perché tutti ingollano birra Duff a quantità industriale e nessuno – commissario Winchester compreso – si fa mai mancare la sua bella dose quotidiana – e, immaginiamo sconsigliata da dietologi, salutisti, Zapatero, Blair e Turco vari – di ciambelle caramellate.


Il Calcio riparte nel modo più imbecille possibile, e intanto il problema di fondo rimane

Fare il moralista non è nelle mie corde. Odio i forcaioli, non sopporto chi fa le istruttorie con l'aria fritta, mi è indigesto chi è sempre pronto a puntare il ditino per indole personale tendente all'insofferenza o per ridicoli interessi di bottega. Insomma, credo di essere insospettabile nel dire che nella sua ripartenza dopo l’ennesimo morto, e nonostante tutto, il campionato di calcio è stato uno schifo. A Roma gli Ultras dell'Olimpico hanno fischiato durante il minuto di silenzio, e si sono girati di spalle per mostrare il loro disprezzo verso Filippo Raciti, ucciso da un teppista e "reo" di essere uno sbirro - e certo, il pubblico serio con il suo applauso ha coperto i fischi, ma il fatto rimane. A Vicenza sono stati arrestati quattro Ultras interisti perchè in possesso di fumogeni. E proprio un fumogeno ieri troneggiava solitario nello stadio di Bergamo, durante Atalanta-Lazio: come sia finito sugli spalti, è un mistero, dal momento che l'impianto era uno di quelli destinati a rimanere con le porte chiuse perchè inagibile. Questo il bilancio della prima giornata di calcio dopo i fatti di Catania (quelli calabresi di una settimana prima, nessuno li ha tenuti in considerazione). Ed è un bilancio tristissimo, condito però di belle parole da parte dei politicanti, di belle parole da parte dei presidenti dei club, compresi quelli le cui società usano stipulare patti con le tifoserie, e regalare i biglietti per le trasferte se non addirittura qualche compenso per il faticoso seguito (sul Corriere della Sera del 7 febbraio un interessante articolo ipotizzava un “utile” annuale di 5-600 euro, esentasse). Un bilancio, si diceva, fatto di tornelli montati in fretta e furia per poter permettere l'ingresso agli abbonati, e che hanno fatto la fine che si meritavano: dopo il primo giorno, a San Siro sono già rotti. Stupirci? E perchè mai, se han deciso di farne una questione di tornelli e non di cervelli, di cosa dobbiamo rimanere esterrefatti?
Lo abbiamo scritto già tante volte: non è un problema di tornelli, di biglietti nominali e di telecamere a circuito chiuso. O, almeno, non solo. E' anche e soprattutto un problema di cultura, un problema di ignoranza diffusa, una questione di mentalità: non sono solo gli stadi ad essere inagibili, lo è anche e soprattutto la mente di chi li utilizza per sfogare i propri odî e le proprie repressioni. Ecco dunque individuato il primo punto di cambiamento; finché le teste calde continueranno a perseverare nel loro stato di ignoranza culturale, di nuove ne nasceranno e ne cresceranno - e, inevitabile, finiranno per combinare qualche casino.
Leggevo in questi giorni su Panorama un servizio in cui alcuni vecchi capi Ultras dicono che, ai loro tempi, la preoccupazione principale era di entrare in contatto con la tifoseria avversaria. Una cosa abominevole, se ci si pensa, che ha prodotto scontri e talvolta stragi tremendi. Ebbene, questi vecchi Ultras hanno ammesso che ora nemmeno loro riescono a riconoscere le nuove generazioni, per il semplice fatto che ormai non è più neppure una ridicola questione di tifoseria; no, i giovani teppisti da stadio cercano direttamente lo scontro con le forze dell'ordine. Ecco la questione di cultura di cui sopra, e che andrebbe cambiata. Quell'ondata di "dagli allo sbirro", diffusa ovunque, trasversalmente alle tifoserie e al loro orientamento politico - distribuito in modo uniforme tra estrema destra ed estrema sinistra, a differenza di quello che ci vogliono far credere i soliti tromboni. Il disagio delle nuove generazioni porta a tutto questo, agli sfoghi organizzati sugli spalti non per motivi sportivi ma per una sorta di lotta intestina al paese che tende a debellare la figura di chi deve mantenere l'ordine pubblico.
Questa è la priorità da sistemare. Poi ben vengano gli stewart pagati dalle società e i seggiolini perchè in piedi non si deve più stare. Certo è che finché i nostri politici intitolano un'aula del Senato ad un giovane manifestante diventato eroe solo perchè un poliziotto, difendendosi dall'attacco, ha agito prima di lui, e si dimenticano poliziotti e illustri uomini e economisti come Marco Biagi, vittime del terrorismo - ecco, finché anche dai piani alti l'insegnamento è questo, pare normale che poi per tutta Italia spuntino slogan vergognosi firmati da un acronimo che, riprendendo una canzone manifesto degli hooligan, addita tutti i poliziotti come bastardi.

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domenica, febbraio 11, 2007

Mi sono alzato stamattina, ho guardato la mazzetta dei giornali e un po' l'ho anche schifata, sfogliata quasi con disprezzo. Poi, passato il mezzodì, ho scartato l'ultimo Philip Roth [“Everyman”, Einaudi, 13,50€, 123 pag.] e l'ho letto tutto di un fiato. Senza sosta. Ed è – capite, lo è sul serio – ed è bellissimo.


sabato, febbraio 10, 2007

A distanza di quasi due anni

Andrea Vesalio, tavola tratta dal “De Humani Corporis Fabrica”, 1543

C'era una volta un Direttore che dall'editore fu chiamato in fretta e furia perché – diamine – c'era la campagna elettorale da portare avanti, e quello che quest'ultimo ha voluto al timone e lasciato fare fino ad allora gli stava facendo un giornaletto sgangherato, letto più da radicali ed anarco-individualisti che da coloro i quali si suppose avrebbero dovuto leggerlo. Ed ecco che, arrivato il nuovo direttore, il giornale non si capisce più, né dall'esterno né dall'interno. Una copia sbiadita di un giornalone di partito che il direttore aveva già avuto modo di dirigere, ma spalmata però su un quinto delle pagine rispetto a quelle che allora aveva a disposizione. Disordinato, con una linea che non si capiva bene quale fosse, dove andasse a parare se non nei piccoli interessi di bottega come la corrente dell'editore e la salvaguardia di certi alleati - ma sì, diciamolo, senza una linea. C'era un vago andamento conservatore di centrodestra, ma fiacco, sbiadito, inutile, talmente banale da non essere praticamente ascoltato e preso in considerazione da nessuno. E poi, inutile dire che, cambiato il direttore, cambiò anche il lettore: quelli di prima, che difesero a spada tratta quell'illustre e magnifico storico che firmò un giornale forse sì un po' sgangherato e pasticciato, ma anche dannatamente vitale – quelli di prima, dicevo, piano piano mollarono la scialuppa, scapparono inorriditi. Qualcuno continuava ad alimentare con qualche letterina la rubrica della posta, ma anche questa, come una zuppa saporita ma eccessivamente annacquata, aveva preso la forma di chi la gestiva, ed era diventata sterile, scialbetta e pure un po' insipidina, con risposte scontate e un “si pubblichi!” che sembrava esteso a chiunque avesse un paio di ruttini da rendere pubblici – sottoscritto, con ogni probabilità, compreso [*]. Non ci fu ricambio di lettori, e la zatterina – senza una guida forte e autorevole e conosciuta e capace di lasciare il segno finanche sull'ultima virgola dell'ultimo più inutile articolo – colò a picco: le pagine iniziarono ad essere disponibili sul sito in coincidenza con la loro scomparsa dalle edicole, che quasi si faceva prima a trovare il New York Times in provincia che quel foglio tinto di azzurrino ormai sbiadito – e, tutto questo, fino al conseguente tracollo e cambio di editore, anche perché la elezioni nel frattempo c'erano state e la campagna elettorale, nonostante il vecchio amico, funzionò poco.

[*] e qui, per Dio, volevo arrivare. Anche il sottoscritto ogni tanto si divertiva a buttare giù un paio di righe, ad indirizzarle alla e-mail della redazione e a premere “invia”, sicuro di trovarle pubblicate nel giro di due giorni, perché sembrava che non buttassero via nulla – al punto che, una stessa lettera, l'ho vista pubblicata due volte nel giro di un mesetto e con due risposte diverse sempre dalla stessa persona, per rendere l'idea della situazione. Ogni tanto dicevo che non mi andava quell'articolo, e un paio di volte ho contestato in modo pacifico l'idea di guadagnarsi le citazioni nella rassegna stampa radio-televisiva al fine di raccattare una manciata di disperati lettori sostenendo una manifestazione che non andava in alcun modo sostenuta – e tutti, in quella via centrale di Roma dove imbastivano le pagine e facevano quadrare i conti, lo sapevano. Fino all'ultima volta, quando scrissi sì a mo' di battuta – e premettendo la battuta stessa – ma anche con sincera convinzione, che la difesa di bottega degli alleati rompicoglioni – in particolare sintonia, suppongo, con la corrente dell'editore – era un po' assurda e che quelli si facevano i cazzi loro e, insomma, era impossibile difenderli. Poi, come ho scritto sopra, fu il tracollo, e il direttore, già Onorevole e membro del cda di una cosa pubblica importante, si è ritrovato a scrivere su un quotidiano libero ed indipendente ed orientato a destra – uno di quelli che, coincidenza, non manca mai nella mia mazzetta. E cosa ci trovo scritto su quelle pagine lo scorso 6 febbraio, circa l'ex alleato che avevo osato criticare e che, conseguentemente alla risposta, mi portò a raggiungere gli altri 5-6 mila lettori già in fuga da quel giornaletto? Né più né meno quello che noi si sosteneva da tempo, con però l'aggravante – se così si può dire – di una posizione privilegiata (l'alleato, o ex tale, scomodo sicuramente legge questo giornale che vende un centinaio di migliaia di copie al dì) e di un vocabolario a questo giro insospettabilmente ricco e colorato e pungente. Tanto da arrivare a definire il tizio in questione “tanto ingenuo”, il suo progetto come “una democristianeria bizantina che in un Paese serio neppure verrebbe presa in considerazione”, la sua rivoluzione “casinista”, con banale gioco di parole sul cognome della persona in questione, e addirittura la sua figura e il suo personaggio aventi il destino di “chi non ha il senso della storia”. E io, io che in quella famosa lettera scrissi che “Caro direttore” - perché l'educazione prima di tutto - “mi faccia fare una battuta” la quale “rispecchia perfettamente l'animo dell'elettore di centrodestra. Lei nella rubrica delle lettere del 3 maggio risponde al signor xxx” che “l'Udc compatte la stessa battaglia delle altre forze della Casa delle Libertà” e, scrissi – ecco la battuta, come vedrete innocua – che era sì vero, ma la conduceva “fuori dalla Cdl e contro questa”. La risposta fu acida, secca e persino irriconoscente nei confronti di chi, in fondo, tutte le mattine versava un euro e in più gli mandava un riempitivo contro l'imbarazzo degli spazi vuoti che sarebbero rimasti altresì frequenti: “Ecco, la sua è appunto una battuta. Niente di più”. E così fu, tanto che rintracciare questo scambio epistolare mi è stato di una facilità assurda: preso il comparto della collezione cartacea di quel giornale, era l'ultima copia sulla destra. L'ultima acquistata.


venerdì, febbraio 09, 2007

un milione di euro di risarcimento danni

Alla luce delle recenti richieste, Ordine Generale si pregia del fatto di AVERSEMPREACCUSATO i mass media quando hanno cercato di creare il mostro.


Risolvere la questione calcistica senza dare un'occhiata nemmeno alla cultura è impossibile.

Può un paese che intitola un'aula di presidenza di un gryppo della maggioranza in Senato a Carlo Giuliani, e fatica e dedicarne una, a bologna, a Marco Biagi, sperare ragionevolmente di venire a capo della violenza attorno al calcio? Credo proprio di no” Toni Capuozzo, Il Foglio, 09.02.2007 inserto I

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Caro Ordine Generale, dopo “Carlo Giuliani, ragazzo” faranno “Filippo Raciti, sbirro”.

Antonio

Caro Antonio, mi rubi le frasi dalla bocca per caso? Spero che di pellicola, a questo giro, non ne venga usata. Poi, non intitoleranno una piazza al povero Raciti, nemmeno in modo posticcio con il pennarello indelebile; per non parlare di aule parlamentari o anche solo semplici ceppi commemorativi. In compenso l'epitaffio, a firma “all cops are bastard”, l'hanno già impresso su più e più muri, che prenderli e farglieli pulire con la lingua – ecco, sarebbe ancora un'ipotesi troppo clemente. (o.g.)



Gentile lettore, se usi come browser Internet Explorer 7 poi non rompere i coglioni se non visualizzi correttamente il blog. Io l'ho scritto che quel browser è una cagata, ora sta a te decidere cosa fare - qualora dimostrassi buon senso, ascolta il consiglio qui a fianco e installati Mozilla Firefox che poi vai a mille.

Ma il Tavernello secondo voi chi lo compra?

Ecco un nuovo segreto di Pulcinella svelato: hanno scoperto che a San Siro girano sia alcol che droga. Adesso, pronti a scandalizzarvi tutti, perchè se l'ha detto la televisione deve per forza essere vero.

giovedì, febbraio 08, 2007

Il papocchio di fatto

Il testo del disegno di legge sulle coppie di fatto è una tal porcata che se fossi un essere all'interno della coppia che vorrebbe diventare “di fatto”, mi incazzerei a morte. Ma questa è la mia opinione, pensate che certi altri meglio di niente preferiscono meglio. Anche se si tratta di un papocchio che, se passerà, creerà soltanto caos. Scommettiamo?


Hockey - Risultati del 06.02.2007

Come avevo promesso qualche giorno fa, in segno di snobismo perché un po’ snob ci piace esserlo, in segno di protesta contro un mondo del calcio che ormai ci ha disgustato (a proposito: domenica si giocherà già, visto?), in segno di distinzione con la speranza di fare qualcosa di originale, ecco i risultati del campionato di Hockey Serie A 2006/2007 RBK Hockey Cup. Diventerà uno spazio fisso, ogni settimana il tabellino. Non lo curo io – nemmeno saprei da che parte incominciare – perché sinceramente “hockey” non so nemmeno come si pronuncia, ma spero che la cosa possa suscitarvi un minimo interesse. In caso contrario, passare oltre – che ci vuole poco, no?

Serie A 2006/2007 RBK Hockey Cup – 06.02.2007

PONTEBBA vs ALLEGHE 4-4
00:32 Sundblad Niklas (Harder Mike, Fontanive Alberto) (0-1)
08:54 Margoni Stefano (1-1)
14:10 De Toni Manuel (De Toni Lino, Fontanive Fabrizio) (1-2)
39:03 Fontanive Fabrizio (Harder Mike, Bilotto Nicholas) (1-3)
46:09 Romano Nicholas (Armani Fabio, Jankovich Vietezslav) (2-3)
48:58 Romano Nicholas (Periard Dominic) (3-3)
51:21 Gorman Matt (Romano Nicholas, Armani Fabio) (4-3)

52:22 Sundblad Niklas (Fontanive Fabrizio, Harder Mike) (4-4)

Tiri in porta: 29-29
Minuti di penalità: 14-16
Spettatori: 1152

MILANO vs ASIAGO 1-3
32:11 Leinweber Chris (Cipruss Aigars, Surma Damian) (0-1)
39:59 Leinweber Chris (Forster Nathan, Cipruss Aigars) (0-2)
58:25 Christie Ryan (Lehtonen Riku Petteri) (1-2)
58:37 Surma Damian (D’Alessandro Mike, Pittis Jonathan) (1-3)

Tiri in porta: 37-23
Minuti di penalità: 26-24
Spettatori: 815

BOLZANO vs BRUNICO 6-5
10:58 Omicioli Andrew (Omicioli Mike, Insam Leo) (1-0)
12:21 Bona Patrick (Eriksson Niklas) (1-1)
12:50 Omicioli Andrew (Nemecek Jan, Lewis Carlyle) (2-1)
14:13 Omicioli Andrew (Nemecek Jan, Omicioli Mike) (3-1)
20:29 Nelson Jeff (Walcher Christian, Bouchard Robin) (4-1)
21:20 Oberrauch Max (Aquinto Anthony) (4-2)
30:23 Pichler Thomas (Johnson Trevor, Oberrauch Max) (4-3)
31:17 Walcher Christian (Nelson Jeff, Dorigatti Enrico) (5-3)
38:47 Moger Sandy (Bona Patrick, Eriksson Niklas) (5-4)
40:16 Moger Sandy (Bona Patrick, Eriksson Niklas) (5-5)
59:10 Omicioli Andrew (Nelson Jeff, Omicioli Mike) (6-5)

Tiri in porta: 51-45
Minuti di penalità: 10-12
Spettatori: 1120

CORTINA vs RENON 0-3
10:31 Rottensteiner Alexander (Rasom Matteo, Gruber Ingemar) (0-1)
44:23 Kaye Steven (Daccordo Lorenz, Egger Alexander) (0-2)
55:43 Bustreo Paolo

Tiri in porta: 32-30
Minuti di penalità: 12-16
Spettatori: 650

CLASSIFICA FINALE STAGIONE 2006-2007
BOLZANO 43
CORTINA 39
MILANO 38
RENON 36
ALLEGHE 34
PONTEBBA 32
BRUNICO 28
FASSA 25
ASIAGO 13

Le squadre verranno ora suddivise in due gironi con il punteggio ottenuto nella prima fase dimezzato per difetto. Le prime quattro squadre formeranno il girone A ed effettueranno un andata/ritorno. Le ultime cinque squadre formeranno il girone B ed effettueranno un andata/ritorno. Le squadre classificate al primo e al secondo posto al termine del Girone A accederanno direttamente alle semifinali come teste di serie. Le squadre classificate al terzo e al quarto posto del girone A saranno teste di serie dei quarti di finale che disputeranno con le squadre classificate al primo e al secondo posto del girone B.

PROSSIMO TURNO (Martedì 13 febbraio 2007)

GRUPPO A:
RENON vs BOLZANO
MILANO vs CORTINA

CLASSIFICA GRUPPO A
BOLZANO 21
CORTINA 19
MILANO 19
RENON 18

GRUPPO B:
ALLEGHE vs ASIAGO
PONTEBBA vs FASSA
Riposa: BRUNICO

CLASSIFICA GRUPPO B
ALLEGHE 17
PONTEBBA 16
BRUNICO 14
FASSA 12
ASIAGO 6

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Anche ieri ho fato un centinaio di ingressi sul blog il che, ammetto, per essere tre giorni che non scrivo un cazzo è anche troppo. Come si dice, troppa grazia – che poi va bene, non è questo, ma capite pure il mio senso di colpa. Per stasera ritorno, prometto, se non altro perché darò il via ad una cosa che vi avevo anticipato già la scorsa domenica. Le cose da fare, quelle, sono sempre troppe. C'è il lavoro che mi sommerge, c'è qualche chilo di carta da leggere ogni giorno, c'è un altro progetto che potrebbe partire a breve ma di cui non vi dico nulla ché porta malissimo. Ci sono gli affetti, quelli, che se non li curi per un paio di giorni sono cazzi – come si dice.


lunedì, febbraio 05, 2007

"come so' 'ste olive?" - "so greche!"

Carlo Verdone spara a zero sul rock di oggi. E qualche volta ci becca pure.


le vergognose parole di Caruso

Io credo che ha ragione chi dice che i giornalisti dovrebbero parlare di tattica e non di moviola, e credo anche che gli stadi debbano essere a norma. Credo che serva il pugno duro, e che coloro i quali commettono – o manifestano l'intenzione di – violenza negli stadi e nelle immediate vicinanze debbano essere puniti. Credo inoltre che non bisogna aspettare l'ennesimo morto per muoversi, e spero vivamente che il can can di questi giorni non sia un nuovo fuoco di paglia, come troppi ne abbiamo visti in passato. Infine, credo che sia soprattutto una questione di cultura, e che finché dal governo arrivano parole come queste, difficilmente la cultura potrà essere cambiata.


domenica, febbraio 04, 2007

Bersani toglie i costi di ricarica ai telefoni, l'Ue lo riprende.

Da più parti si vocifera che Viviane Reding, Commissaria Eu per i media, abbia scritto una lettera al ministro dello Sviluppo Economico Bersani, nutrendo forti dubbi sulle modalità di eliminazione dei costi di ricarica dei cellulari. Perché? Perché, dice l'Ue, se esiste un'Authority garante delle Telecomunicazioni, spetta a lei il compito di occuparsi di problemi come i costi di ricarica dei cellulari, e non ad un Ministro. E noi? Beh, noi lo dicevamo da tempo che un ministro non si doveva permettere di fare i prezzi di un'azienda privata e quotata in borsa e che, al limite, poteva sollecitare l'Authority ad occuparsi della questione. Ma il nostro ha voluto fare di testa sua, e ora si prende la strigliata, che pare abbia già smentito, come da migliore tradizione.


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Il New York Times è sicuro: tocca al Soul

Leggi il New York Times la domenica mattina, mentre casualmente ascolti Stevie Wonder e scovi un articolo sul ritorno del soul. O come cazzo lo devi chiamare: soul, hip hop, R'n'b. Ma, giurano quelli che sponsorizzano questa nuova ondata, “People want something that sounds authentic, which I think to them means something that’s not being designed, something that’s not being distanced by advertising images or forced into a mode”. Siamo sicuri che sia proprio così? Voglio dire, al netto dei dinosauri, passino quelli che vengono definiti come i principali fautori – giovani – di questa nuova ondata, quindi quelli come John Legend, il quale nella sua hit “Save Rooms” riprende l'arrangiamento di “Stormy” dei Classics IV; passi anche la divina Joss Stone, che però non fa nient'altro che dare una lucidata – ma poco poco – di freschezza esecutiva su canoni di trentacinque-quaranta anni fa. Ma gente come i Gnars Barkley o Beyoncé, gente che darebbe spinta al soul partendo dall'hip hop o dall'Rnb, che poi in certe circostanze sono quasi la stessa cosa e con il rhythm and blues hanno talmente poco a che fare che sono costretti ad usare la foglia di fico dell'acronimo per dimostrare almeno un po' di pudore, ecco, gente di questo tipo non è che suoni proprio autentica o che non sia imposta come moda. La prova della non genuinità di questa nuova ondata? “And for just $2.49 cellphone users can download a ring tone of the hook from Mr. Wade’s long-out-of-print “Searching for Soul”. Certo, succede con qualsiasi altro prodotto musicale del momento, ma almeno di Jesse McCartney non si dice che la gente lo vuole perché “want that smoky feel again”.


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