domenica, gennaio 29, 2006

Par condicio tutto l'anno?

Se Par Condicio deve essere, che Par Condicio sia, e dunque che entri in vigore nel momento giusto. Per questo non sta né in cielo né in terra la missiva che Ciampi – ricordiamolo, garante (pseudo) neutrale dello Stato – ha mandato a Paolo Gentiloni, presidente della commissione di Vigilanza della Rai, dove vi era scritto che la Rai deve vigilare e concedere equi spazi a tutti i rappresentanti politici. Non ora però, perchè fino a prova contraria le Camere ancora non si sono sciolte, dunque non è ancora arrivato il momento in cui Forza Italia – o i Ds, ché le regole belle o brutte valgono per tutti – deve avere lo stesso spazio della Lista dei Pensionati o dei Cacciatori. Siamo arrivati alla par condicio tutto l’anno, perché insomma un po’ di paura l’avete e quindi meglio correre ai ripari? Ecchè, già vi credete di governare, stronzetti?

sabato, gennaio 28, 2006

E va bene così, senza parole

Fa piacere soprattutto una cosa, delle dichiarazioni che Vasco Rossi ha fatto nell’intervista con il direttore del Tg1 Clemente Mimun. E cioè che ha individuato Marco Pannella come suo alter ego in politica. E il piacere sta tutto nel fatto che una persona intelligente come il rocker di Zocca – e intelligente lo è, non basta il ritornello giusto al posto giusto nel momento giusto – abbia scelto proprio Marco Pannella. E non un Capezzone qualsiasi.

venerdì, gennaio 27, 2006

Avrei preferito non farlo questo post, e dunque non pubblicarla questa notizia

Questo è uno scherzo, vero? Non esattamente il tipo di notizia che porta felicità nel pubblicarla, nonostante (quasi) nessuno ancora la conosca. Forza Gianfranco.

giovedì, gennaio 26, 2006

Elogio dell'asta online

Sia benedetto Ebay. Sia benedetto ovviamente Paypal e siano benedette anche le Carte di Credito. Anzi no, queste ultime siano leggermente maledette, a seconda del periodo dell’anno in cui ci troviamo e a seconda dell’uso smodato che il loro proprietario ne fa – quindi, alla fin fine, sia maledetto anche un po’ me. Dicevo di benedire Ebay e tutto ciò che ci gira intorno. Certo, chi potrebbe mai dire il contrario? Chi potrebbe mai offrirti tutto quel ben di Dio a pochi spiccioli? Chi ti permette di comprare a 99 cent di dollaro australiano – che vale ancor meno di quello americano – un disco fuori commercio, fuori mercato, fuori tutto? Chi ti permette di vedertelo recapitare a casa non da un altro continente, no, da un altro emisfero, ad un costo totale di poco inferiore alle 5 euro – che, ricordo, è il costo di un pacchetto di sigarette prodotte dalla Philip Morris e di un caffé; se vuoi pagarne uno anche a chi ti sta di fianco devi far cambiare la banconota da 10 euro – in meno di 15 giorni esatti? Nessuno, Ebay a parte. Che sarà caotico quanto si vuole. Sarà anche pieno di gente che cerca di rifilarti “fischi per fiaschi” (e, in questo caso, si nota quanto possono essere accurati l’occhio e il naso di un acquirente), e pieno di stronzi che ci fanno una cresta indicibile sulle spese di spedizione – tipo quel tedesco, che oltre ad essere crucco ha anche il difetto di scrivere solo in tedesco, che per la spedizione non assicurata dalla Germania all’Italia vuole 9 euro, te possino… - ma è anche l’unico servizio che ti permette, con l’equivalente in sterline di 15 euro, spese postali comprese, di ricevere il secondo e il terzo – o quarto, non so quale si uscito prima essendo entrambi del 1972 – album dei Gentle Giant. In edizione rimasterizzata, roba che in Italia non lo trovi. Certo, perché la provenienza non è né europea, né americana. È russa. E sapete questi russi cosa fanno quando rimasterizzano alcuni capolavori del rock progressivo degli anni 70? Nello spazio che rimane libero tra la fine dell’incisione e il bordo del dischetto ottico, ci stampano foto, loghi e scritte riguardanti il gruppo in questione. Tutto in bassorilievo e assolutamente fighissimo, per quanto una cosa ‘fighissima’ possa interessare ad un fan del rock progressivo. Onore dunque ad Ebay, anche se ultimamente in troppi si stanno lamentando del fatto che si trova sempre più roba ma, grazie a certi software particolari, è sempre meno quella che si riesce a portare a casa perché ci sono gli stronzi che rilanciano le aste in automatico tramite il loro bel programmino, a tre-secondi-tre dalla fine della vendita.

Purtroppo parebbe essere vero

Questa è una di quelle notizie che giungono così, inaspetatamente. Certo, l’ipotesi che sarebbe potuto accadere l’avei presa in considerazione, ma in fondo non ci speravi nemmeno un po’. Sia perché l’idea non ti piaceva, sia perché sinceramente che Hamas vincesse non c’era proprio speranza. E invece, eccoci qui, con il risultato più inaspettato tra gli inaspettati, facendo appello alla clemenza dei voti definitivi, anche se con poca fiducia. Ora loro chiedono che gli Stati Uniti rispettino il voto. Giusto, perché mai gli Stati Uniti non dovrebbero rispettare l’esito di queste elezioni, svoltesi democraticamente e multipartitiche? Che Hamas e la sua crucca di estremisti rispetti il resto dell’umanità, però. Che i suoi kamikaze si diano una calmata. Che la violenza radicale che li caratterizza faccia sì che non li caratterizzi più. Che Israele possa vivere tranquillamente, perlomeno. Visto che ora per il proseguo di trattative pare non ci sia proprio speranza.

mercoledì, gennaio 25, 2006

Mi sono scoperto berlusconiano

Mi sono scoperto berlusconiano. Sì, ci ho messo un po’ di tempo. E non che lo sia diventato per convinzione. Quello no, sarebbe davvero dura. È che tutto questo parlare del Cav. mi ha spinto a pensare seriamente a quale fosse la mia posizione – e ve ne deve fregare, vi sto che il blog dovrebbe essere anche un diario. Dunque, ieri sera Berlusconi chez Bonolis mi ha convinto. Di avere un presidente del Consiglio che è uno giocherellone; che si commuove quando vede – e commenta – la foto della famiglia, quando ricorda che i suoi “bambini” – la più giovane dei quali ha suppergiù 25 anni – fanno a turno a dormire con lui nel lettone di Macherio, quelle due-tre sere la settimana che passa a casa. Come non commuoversi? Oppure quando ha raccontato di essere stato “licenziato” dall’orchestrina che aveva con Fedele Gonfalonieri, proprio perché il presidente di Mediaset, allora il Maestro della banda, si lamentava del fatto che il giovine Silvio passasse troppo tempo giù dal palco con le dolci donzelle anziché sulle assi a muovere le dita sulla tastiera del contrabbasso. O quando ha parlato di mamma Rosa, 90 anni suonati, che ha tenuto una conferenza stampa al posto suo, debilitato dall’influenza, un giorno su una nave da crociera. Come non commuoversi – via, almeno sorridere teneramente – innanzi a queste immagini? Immagini che, scusate non ho visto. “Che ti commuovi a fare?” rantola il brontolone laggiù, in fondo alla sala, con tono tra la domanda retorica e l’insulto pensate. Mi commuovo perché stamane mi è capitato di fermarmi un secondo a farmi i cazzacci miei – un caffé, una sigaretta, una telefonata. E di sentire in quel luogo dove il mio cervello svolazzava, una chiacchierata tra due ragazze – 20 anni ad occhio e croce – riguardante proprio i fatti raccontati qualche riga sopra, ovvero quanto accaduto ieri sera al Senso della Vita di Paolo Bonolis, ospite il Cav. Certo, mi sono dimenticato di omettere due cose. La prima, in seguito al racconto della puntata, una delle due – la più bella, ma questo è un dettaglio inutile – aggiunge con aria schifata un “che tristezza!”. La seconda – più bruttina – dice anche “Sì, come ‘sta cosa che vuole governare di più e andare a votare a maggio. Se si è deciso ad aprile, si voti ad aprile!”. E io, che ho sentito il sapore del sangue per i morsi sulla lingua che mi davo, mi sono trattenuto, anche se un bel “ragazzetta mia, chi dice che si vuole governare fino a maggio? E che è?, non ce li date quindici giorni in più? No, eh? Andavano bene – andava bene a Ciampi – solo quando nel 2001 li chiese Amato e nessuno che provò a fiatare?”. Poi vi chiedete come ho fatto a commuovermi – il racconto delle due era davvero coinvolgente - e a scoprirmi berlusconiano, io, che non l’ho mai nemmeno votato.

Corriere della Sera, il grande giornale made in Italy.

martedì, gennaio 24, 2006

Va bene, è una legge da Far West. E ‘sti cazzi? E' una signora legge.

Scemi! Scemi! Scemi!

(foto: Corriere.it)

Vergogna – quale altro termine si può usare se non ‘vergogna’? D’altronde anche loro lo hanno scritto sul loro bel lenzuolone, ‘vergogna olimpica’. E infatti di questo si tratta. Perché è vergognoso che un gruppo di imbecilli – anarchici? Ma per piacere, con un piede nel centro sociale e l’altro nell’azienda di papà! – si permetta di rubare la fiamma olimpica mentre è in transito verso Torino. È accaduto a Trento. Ed è la prima volta che accade non in Italia, in tutta la storia delle olimpiadi. Certo, si è trattato di un’azione dimostrativa, nulla che facesse davvero pensare ad un furto in piena regola. E poi, anche quelli, così stupidi da pensare che con le sciarpe tirate su fino agli occhi e gli anfibi chiodati, avrebbero davvero potuto seminare la scorta della fiamma? Tuttavia la semplice ‘azione dimostrativa’ avrà come unica conseguenza quella di farci prendere ulteriormente per il culo dall’estero. E tutto ciò per colpa di quattro coglioncelli che non hanno di meglio da fare che girare con le pezze al culo a compiere atti di pura vergogna. Olimpica.

sabato, gennaio 21, 2006

Vanity dell Sport, il Fondatore forse ci vide lungo.

Cioè, fatemi capire. Prima c’è il Fondatore di sé stesso che spara la cazzata più grossa che si ricordi abbia pronunciato e/o eseguito dai tempi in cui fondò – appunto, è il Fondatore – la Repubblica. Ovvero: “entro 20 giorni Belpietro siederà alla guida del Tg5 e Carlo Rossella verrà silurato in Mentana-mode-on”. E tutti giù a ridere. Io per primo (qui). Poi oggi viene iper-strombazzato l’arrivo di Carlo Verdelli – dopo il miracolo di Vanity Fair – sulle pagine rosa della Gazzetta dello Sport al posto di Antonio di Rosa – noterete tutti lo schema di rima baciata A-A, a sottolineare che Di Rosa non è stato sufficientemente sfruttato dalla Rcs anche come uomo-simbolo della Gazzetta oltre che come direttore. E, insomma, si libererebbe quindi un posto di direzione al settimanale femminile – ma per i maschietti – della Condé Nast. Per ora è occupato dall’ex braccio destro di Verdelli, Luca Dini. Ma per il futuro? Che quella peste del Fondatore invece abbia visto lunghissimo. Che dunque la più grande cazzata della sua vita rimanga l’aver fondato – appunto, è il Fondatore – la Repubblica trent’anni or sono, e invece la sparata sul cambio di poltrona al Tg5 fosse un invito a Rossella, anziché un’infamata? Quale invito? Come, non avete compreso? Rossella a Vanity Fair? Niente, nemmeno un piccolo solletichino? Quale uomo meglio di Carlito Rossella potrebbe prendere le briglie di un settimanale tremendamente snob come la Fierà delle Vanità? Probabilmente poi si troverebbe ancor di più a suo agio, rispetto alla poltrona da direttore che il Cav. gli ha regalato al Tg5 – togliendola dal culo a Mentana -, con Verissimo che rimande il massimo –dunque il minimo – del chic di cui si deve occupare. Solo un dubbio: nel caso Rossella vada davvero a prendere il posto che fu di Verdelli, quale futuro per la Stazione di Posta di Enrico Mentana? Via dalla pagine, o sodalizio tra ex direttori, ma soprattutto tra “entrambi trombati dal Cav.”?

venerdì, gennaio 20, 2006

Scommettiamo che?

Scalfari scommette che entro 20 giorni Maurizio Belpietro, attuale direttore del Giornale, toglierà da sotto il culo la sedia di direttore del Tg5 a Carlo “Alta Società” Rossella. Io scommetto di no. Scalfari dica quale è la sua posta in gioco. Io dico la mia: pensionamento del sermone domenicale, e magari del suo autore, di Repubblica.

Gimme some debauchery

Il Circolo Arci è diventato un club privé. Ora ci diranno che sì, insomma, anche la scopata è un bel momento di aggregazione. E quello che è mio è mio, quello che è tuo è ancora mio. Indi se lei te la dà – o lui te lo dà, senza discriminazione – per il postulato di cui sopra non solo tu puoi goderne, ma devi dividerlo con tutti perché è di tutti. Allora io infilo a te, tu succhi a me, lei lecca me mentre lui infila quell’altra. E via dicendo. Dite che i divanetti in pelle, le tendine per i separè o le gabbie da peep li hanno comprati con i soldi del partito? Se questo non rimane un caso isolato – e nessuno voglia il contrario – va a finire che ‘sessuale’ sostituirà ‘morale’ nell’espressione contente anche la parola ‘superiorità’.

Ma cosa sta succedendo alla sinistra? No, questa volta non si intendono le banche, gli inciuci finanziari o peggio ancora una ridicola questione morale che continuano a sbandierare per fottere qualcuno che ancora non è stato fottuto – scusate una delle mie sempre più rare parentesi: il correttore di Word, bastardo, mi ha corretto in automatico ‘fottere’ e ‘fottuto’ rispettivamente in ‘sfottere’ e ‘sfottuto’; avrei potuto lasciare, ma oggi voglio sproloquiare, per i problemi con il linguaggio mandatemi una mail. Niente scandali, dicevo. Bensì continui outing che non fanno altro che a) stupirmi b) in fondo – ma proprio in fondo – al cuore probabilmente provocarmi anche un certo piacere. Sto parlando di un altro libro scritto da gente di sinistra che parla degli omicidi di sinistra. Ai danni della destra. O meglio: di vittime di destra. Prese a sprangate solo perché missine – roba che adesso a quelli di Forza Nuova che gli farebbero? Il libro si chiama Cuori Neri ed è scritto da Luca Telese, cronista parlamentare del Giornale di Famiglia, ma non fatevi ingannare da questo: è Rifondarolo puro, tanto da esserne stato anche – per un breve periodo – del partito il portavoce. Ecco perché mi stupivo, come dicevo all’inizio. Prima ti arriva un Pansa – il quale è, chiaramente, l’unica cosa leggibile di quel bollettino di controinformazione che è l’Espresso – che ti sforna due libri sulle vittime della Resistenza. E la sinistra si divide: quelli che “Bravo Pansa” e quelli che invece “Pansa che cazzo fai? Ti sei rincoglionito”. Neanche a dirlo, nel mezzo stavano le persone intelligenti, quelle che “I libri di Pansa sono ottimi, indipendentemente dalla parte politica dello scrittore e da quella della storia, dunque ve li consiglio”. E, ancora dunque, successone editoriale. Poi succede che inizi a comprendere la storia, e ti trovi smarrito: ma come, un sacco di gente cresciuta a sinistra – e, in alcuni casi, ‘che’ sinistra – ora sta con il Cav.? E, ancora, la sinistra si divide: “Bravo Ferrara” quelli che hanno fatto come l’Elefantino, “Cazzo fai, Ferrara? Ti sei rincoglionito” quelli che ancora oggi scrivono sul manifesto. Anche qui, nel mezzo, gli intelligenti: comprano Il Foglio ma votano Ds – non Rifondazione perché ai piedi hanno le Tod’s e magari pure la barca; taluni anche la Banca, ma è un’altra storia. E mi inquinano Il Foglio, cazzo! – ma anche questa è un’altra storia. Dunque altri outing. Poi succede che compri l’ultimo numero di Vanity Fair, perché fondamentalmente sei un cazzone e non sai che farne del tempo, e leggi un pezzo di Veltroni Walter(e). Uno che, seppur in tempi recenti abbia dichiarato di non essere mai stato comunista (altro outing?), è pur sempre stato il direttore de l’Unità, dunque di sinistra lo è senza dubbio. E scrive del libro di Telese di qualche riga sopra. E lo fa quasi piangendoli, quei morti. Quei fratelli Mattei o quei poveri giovani che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ed è qui, proprio in questo momento che i due sentimenti di cui sopra (stupore e, proprio in fondo al cuore, piacere) ti assalgono. [3000 e rotte battute per una cosa che si poteva esprimere benissimo in 300 è proprio roba mia. Ah, il colore. Ah – in seconda battuta – il blog che non aggiorno da un paio – e non fate i fiscali – di giorni].

martedì, gennaio 17, 2006

sabato, gennaio 14, 2006

Sospiro di sollievo

Viva il pluralismo d’informazione. O, come direbbe qualcun altro: povero fanatico di giornali. Sta di fatto che, soprattutto in questi giorni, un’occhiata all’Unità è impossibile non darla. Almeno una sfogliata. Una sbirciatina seppur veloce. Mai ci sogneremmo di perdere tempo i cotali “alte” letture, ma con la bufera in corso è giusto sentire cosa si dice da quelle parti. Il risulto è un bel “non si capisce bene cosa si dice da quelle parti”, detto così, in modo bruto. Ma c’è un’altra considerazione ben più importante da fare: tiriamo tutti un bel sospiro si sollievo – dai, mi sembra già di sentire “…aahh…” - perché, visto i titoli degli ultimi giorni, siamo sollevati di non essere i direttori dell’Unità.

Andate a manifestare. Come si dice, contenti voi, contenti tutti. Il fatto è che ancora non capite nulla. O meglio, certo che capite. Stupido non c’è – fortunatamente? – più nessuno. Solamente che siete barricati dietro le ideologie, che mai come in questi casi dovrebbero stare lontane. E invece no, ogni occasione è buona per fare della strumentalizzazione – tanto che mi accorgo io stesso di farla in questo preciso istante, mentre scrivo questo “monito” (?). Tanto da non accorgervi che a Milano siete tutti – tutte – dietro il lenzuolone rosso della Cgil. Il sindacato ora protegge la donna – ma mica non gliene è mai fregato un cazzo? Sta di fatto che qui nessuno vuole cambiare la legge 194. nessuno tranne voi – manifestanti – che scendete in piazza in difesa di una legge che tutti vogliono difendere. Tutta intera. Perché il vero stravolgimento – il vero non rispetto per la 194 – sta nel non applicarla da cima a fondo. O peggio nel presentare, di nascosto dagli occhioni talvolta troppo indiscreti, segrete proposte di modifica in Parlamento. A chi fischiano le orecchie, cari miei?

giovedì, gennaio 12, 2006

Come si dice, sottoscrivo pienamente. Ché ne abbiamo le palle piene di tutti questi dati, snocciolati a braccio – dove il “braccio” è da intendersi come arto e va a sostituire un’altra parte del corpo che ho preferito omettere, per gentilezza – dove si dichiara che questa legge funziona a meraviglia. Funziona, nel senso che è rispettata. E si pagano i prezzi del rispetto della legge, non certamente i fini per i quali la legge è stata creata sono stati perseguiti. E fortunatamente, aggiungo. Per questo motivo ho detto di voler sottoscrivere pienamente. E se ne avete la pazienza vi dico anche cosa: questo post di Filippo Facci su Macchianera.

Se qualcosa deve essere, che sia "grossa".

Se il Cav. dice di sapere qualcosa riguardo al caso Ds-Unipol, è davvero una buona notizia il fatto che abbia anche dichiarato di voler andare dai Pm. Una bagarre scatenata proprio ora, che vada a colpire il cuore del centrosinistra, non può far altro che aumentare notevolmente – e forse anche qualcosa di più – le possibilità di non consegnare, ad aprile, l’Italia in mano ad una coalizione totalmente disunita, con buona pace del nome che si sono scelti. Certo la cosa deve essere vera. Berlusconi deve capire che non è il momento di “inventare” inciuci che poi si risolvono a tarallucci e vino. Non è il momento giusto per inventare falsi allarmismi, per uscire con le sue classiche sparate che tendono ad ingigantire un po’ tutto. Se c’è qualcosa deve essere veramente qualcosa di grosso. Altrimenti si rischia l’effetto boomerang: se lo scoop non è poi così scooposo, la credibilità scema (ulteriormente?). Intanto però ci fidiamo, e questa volta sul serio. E gongoliamo, oh se gongoliamo.

mercoledì, gennaio 11, 2006

Si avvisa la gentile clientela...

Leggo su .Com che a fine mese Il Foglio uscirà con un dvd-rom in allegato, contenente tutto l’archivio del giornale, dalla sua nascita fino ad oggi, in formato .pdf.

Nonostante quello che dicono i fighetti. Coloro i quali – terrore – certe cose le scansano con schifo. Oppure si ritengono superiori, loro, perché sì, loro sì, che sanno scrivere meglio di tutti, loro. Detto questo, il pezzullo – mica tanto, è un bel paginone – di Guia Soncini sul Foglio di sabato 7 gennaio – lo trovate nell’archivio del sito del quotidiano – è gran bella cosa.

martedì, gennaio 10, 2006

Stop ai giornali di partito?

«Non si modificano in modo significativo le norme che regolano i contributi all'editoria perché c'è uno schieramento bipartisan che le difende». Lo ha affermato al Quotidiano Nazionale il sottosegretario azzurro al ministero per le Comunicazioni, Massimo Baldini. «La situazione non è più tollerabile. Qualche novità é stata introdotta con la Finanziaria. Ma 'è ancora molto da fare. Non si possono finanziare in nome del pluralismo dell'informazione, che va garantito, iniziative che sono fuori mercato non solo perché vendono poco, ma anche perchè non rispondono ad una reale esigenza informativa. I giornali di partito hanno una funzione. Certo, bisogna distinguere fra i partiti veri, votati dagli elettori, e i partiti improvvisati o senza seguito». (Via .Com)

l'Unione è come un'emulsione

[emulsiòne]: mescolanza di due liquidi non solubili tra loro (De Mauro Paravia)

In una recente puntata di Matrix, il talk show di approfondimento condotto da Enrico Mentana, si è visto come ancora a sinistra manchi un effettivo accordo tra i partiti dell’Unione, con conseguente caos riguardo al programma politico che questo centro-sinistra proporrà nel caso di una sua vittoria alle prossime elezioni politiche. La puntata in verità non aveva questa questione come argomento principale, bensì la visione del video della barbara esecuzione dell’Italiano Frabrizio Quattrocchi in Iraq. Lo spunto per questa riflessione mi è però arrivato da una domanda che Gianfranco Fini, vicepremier e Ministro degli Esteri, ha rivolto ad Umberto Ranieri, dei Democratici di Sinistra. Il quesito era chiarissimo: nel caso il centro-sinistra vincesse le elezioni, per quanto riguarda la politica estera si assisterà ad un ritiro delle truppe “alla Zapatero” – come vorrebbero Comunisti Italiani, Rifondazione e Verdi – oppure ad un graduale e ragionato rientro del contingente italiano, come sarebbe più consono, visto la situazione delicata? Neanche a dirlo il rappresentate Ds è andato nel pallone. Niente di più facile, visto che nemmeno i partiti all’interno dell’Unione sanno di preciso cosa succederà. Perché è chiaro quanto Fausto Bertinotti (con tutta la sinistra radicale più i Verdi) va dicendo – e chiedendo, e promettendo – da tempo, ovvero l’immediato ritiro del contingente italiano in missione di Pace – sebbene i leader della sinistra continuino a dire, falsamente, “in guerra” –; come altrettanto chiaro è quello che invece la sinistra moderata e riformista afferma di fare se andrà al governo, ovvero un ritiro ragionato e graduale, concordato con il governo iracheno e con gli alleati, che è poi lo stesso piano che l’attuale Governo, così come tutte le nazioni impegnato in Iraq, dichiara da tempo di voler attuare. Dunque la questione quale è? Il ritiro immediato o quello pensato e magari dilatato in qualche mese – e non in qualche settimana o peggio in qualche ora? È giusto che l’elettorato conosca questo, ed ancor più giusto che lo stesso centrosinistra si metta d’accordo, se pensa di poter governare qualora vincesse le elezioni. Ma non solo riguardo la politica estera c’è nebbia nell’Unione. Anche in politica interna le discussioni e i diversi punti di vista non mancano. Chiara espressione di come all’interno di quella coalizione convivano anime con provenienza e background politico e culturale che più vario non si può. Come pensare che Mastella vada d’accordo con la sinistra radicale di Rifondazione o dei Comunisti Italiani, o peggio ancora con il nuovo soggetto Socialista-Radicale della Rosa nel Pugno (sempre che vengano annessi al centrosinistra)? Scusate la virata verso lidi proverbiali, ma qui siamo proprio in presenza del diavolo e dell’acqua santa – senza dire quale sia meglio dell’altro. Tutto questo porta ad un’unica conclusione, ovvero la somiglianza dell’Unione con l’emulsione: una mescolanza di sostanze – partiti – che nulla c’entrano e nulla fanno per unirsi – avete presente l’acqua con l’olio? – ma hanno come unico comune denominatore un profondo odio verso Silvio Berlusconi. Il che, per governare, mi sembra decisamente pochino. Forse qualcuno è meglio che spieghi loro che anziché gli asti servono gli accordi e i programmi, che invece tardano ad arrivare in modo quasi imbarazzante. A tutto questo si aggiunga anche il fatto – mica poco determinante – che il leader dell’Unione, Romano Prodi, è senza partito. Il che non sarebbe un problema con un sistema elettorale di tipo maggioritario. Ma mai si è visto un candidato premier in un sistema di voto come l’attuale proporzionale, che si presenti alle elezioni senza un proprio partito. Cosa può quindi succedere? Difficile che i Ds e la Margherita, che due partiti piccoli e ininfluenti non lo sono per nulla, accettino un’improbabile “lista Prodi”, vedendosi così diminuito il loro forte peso elettorale. Come difficile che Prodi riesca ad aggregarsi o con gli uni o con gli altri; dovesse farlo con i Ds, il baricentro della coalizione si sposterebbe decisamente troppo a sinistra. Al quale baricentro spostato si aggiunga il peso elettorale di un partito come Rifondazione Comunista (pur sempre un 12% ultimamente dato anche in crescita, con nuovi voti guadagnati dallo scandalo economico-politico che ha coinvolto i Ds) e si ottiene una coalizione stretta nella morsa rossa, che farebbe imbufalire non poco Mastella ma anche parte della Margherita. Al contrario, se Prodi si candidasse con la Margherita (riuscendo anche a superare il fronte non prodiano del partito di Rutelli) sarebbero i partiti di sinistra, tra l’altro in maggioranza numerica, insieme alla Rosa nel Pugno, a reclamare una coalizione spostata decisamente verso lidi troppo cattolici o troppo moderati. Insomma per l’Unione questa vigilia di voto è decisamente impegnativa, anche perché in Italia forse è fin troppo facile vincere ma – e la storia insegna – non è facile resistere al governo quando i tuoi alleati la pensano in modo diverso da te.

Parliamo un po' di energia?

La recente questione tra Mosca e Kiev riguardo la fornitura di gas, con la Russia che accusava l’Ucraina di “rubare” l’energia dai tubi e questa che rispondeva dicendo che Mosca la stava stringendo in una morsa, volendole aumentare il prezzo delle forniture, ha avuto risvolti anche su altri Paesi. In un primo momenti infatti in alcune nazioni europee, tra i quali anche l’Italia, si è accusato un calo di fornitura. Fortunatamente la questione si è poi risolta, se non per i due paesi protagonisti, almeno per gli altri paesi europei che pagavano in diminuzione di energia in entrata, e tutto sembra essere tornato alla normalità. Anche in Italia. Dove però si è aperto, ancora una volta e fortunatamente, il dibattito sulla questione energetica. L’Italia è infatti dipendente dall’importazione del gas per oltre il 60% del suo fabbisogno interno, senza calcolare le importazioni di energia nucleare e petrolio. Una percentuale enorme se si pensa che la maggior parte dei paesi europei lo è spesso per meno del 25%, perché la rimanente parte viene prodotta all’interno della nazione stessa con il nucleare. La soluzione per poter arginare questo problema rimane dunque la stessa anche in Italia: la produzione interna dell’energia necessaria a sostenere il fabbisogno del nostro paese. Il che, oltre a scongiurare il rischio di blackout o peggio di essere vittime di ricatti da parte dei nostri fornitori esteri, si traduce anche in un notevole risparmio economico. Cifre nell’ordine dei miliardi, non bruscolini. Per poter attuare ciò sono due le soluzioni che sembrano essere tra le più ragionevoli: impianti di rigassificazione e un riavvio del progetto nucleare. Gli impianti di rigassificazione permettono all’Italia di importare gas naturale, allo stato liquido, e poi di gassificarlo all’interno del nostro paese. In questo modo il costo è minore, trattandosi di materia prima, e le importazioni avvengono via mare, andando così ad eliminare la fastidiosa dipendenza dalle forniture via tubo. Per fare ciò vanno costruiti appositi impianti di rigassificazione. Il governo, per voce del presidente della Commissione Ambiente Pietro Fanfani, ha ritenuto opportuno avviare tre progetti di costruzione per tre impianti di rigassificazione, da costruire ovviamente in punti strategici: uno sul mar Tirreno, uno sull’Adriatico e uno sullo Ionio. Questo per permettere la trasformazione dallo stato liquido a quello gassoso immediatamente dopo che la materia prima è sbarcata nei porti. Un progetto ragionevole, sostenuto tra l’altro anche dall’opposizione, per voce del prodiano Enrico Letta (Margherita). Ma come sempre accade, in Italia operazioni di questo tipo si devono sempre scontrare con un ambientalismo tutto all’amatriciana. E fu così che, tenendo fede al dogma Not in my backyard (non nel mio giardino), si sono costituiti comitati locali attorno ai luoghi dove i rigassificatori andavano costruiti. Un po’ come successo nella Val di Susa, con l’unica differenza che in questo caso i governatori della provincia – Puglia, si parla del progetto del rigassificatore sul mar Adriatico, a Brindisi – sono scesi in campo pro e non contro questi comitati. Con il risultato che Niki Vendola, governatore della regione Puglia e Rifondarolo, si è opposto a questa costruzione. Capriccio di cento, pagano mille, e così continueremo a importare gas dall’estero, pagandolo molto di più e sperando che nessuno un giorno ci ricatti fornendocene di meno. Un po’ lo stesso discorso vale anche per il progetto nucleare. Un referendum del 1987 mise fine agli impianti nucleari presenti sul suolo italiano. Vennero dunque fatte chiudere – con conseguente perdita di denaro – le centrali nucleari di Latina, Montalto di Castro (che, unica, venne in seguito convertita a centrale per la lavorazione di olio e gas), Caorso e Triino Vercellese e tutti i programmi riguardanti la costruzione di nuove centrali nucleari vennero annullati. Niente, stop, basta il nucleare in Italia, questo il grido degli ambientalisti dell’epoca (ai quali, va detto, si aggregarono anche i socialisti, al tempo al governo, con il probabile scopo di attirare nella loro orbita i Verdi). C’è forte motivo di credere che la decisione del referendum sia stata determinata anche dalla sciagura nucleare di Chernobyl, avvenuta l’anno prima. Gli italiani, l’opinione pubblica, coloro i quali non necessariamente seguivano il credo degli ambientalisti, era scossa, turbata. E, forse giustamente, temeva che il disastro sarebbe potuto accadere anche da noi. Bisognerebbe quindi dire chiaramente, ora e forse anche allora, che l’Italia è importatrice di energia nucleare. E, soprattutto, che in paesi come la Francia esistono centrali atomiche che distano pochi chilometri dalle nostre frontiere. E che non sono, ne sono state mai, chiuse. Dunque averle in casa nostra – con la conseguenza di altro notevole risparmio di denaro – no perché è contro una politica ambientalista corretta e poi si ha paura, mentre importare a caro prezzo energia da centrali che distano pochi chilometri dal nostro confine e che, qualora malauguratamente dovessero esserci dei problemi, creerebbero un danno anche al nostro territorio, va bene. Controsensi all’italiana.Queste sono le due possibili soluzioni al problema, gli impianti di rigassificazione e il nucleare. Le migliori, le più efficienti sul piano della produzione (e della sicurezza, perché le tecniche odierne sono avanti anni luce rispetto a quelle di venti o trenta anni fa), dei costi e del risparmio. Fa dunque specie sentire avanzare proposte, da chi tra le altre cose si prepara presumibilmente a guidare l’Italia da aprile in poi, totalmente inutili come i pannelli solari. Sì, inutili. E anche danarosi perché la loro implementazione avrebbe costi eccessivamente elevati se paragonati alla produzione energetica che ne deriverebbe, di circa il 2% del fabbisogno di un paese come l’Italia. Fabbisogno energetico che, non dimentichiamoci, con il passare del tempo e con l’avanzata delle tecnologie diventerà sempre più ingente.

da

sabato, gennaio 07, 2006

Quando il tuo partito ti purga, come ai vecchi tempi.

Se sei esponente di Rifondazione Comunista, e nonostante tutto dimostri di avere un briciolo di cervello e abbozzi un saluto romano, in compagnia di un tuo “collega” di Alleanza Nazionale, così, per far vedere che il saluto romano di Paolo di Canio è una cazzatella, e come tale andrebbe presa, vieni espulso dal partito. Immediatamente.

giovedì, gennaio 05, 2006

Ah, i bei tempi di Mosca!

Ai tempi suoi mica c’era bisogno delle Banche. Macchè, moralmente superiori, loro. I soldi se li facevano – superiormente, eh! – spedire direttamente da Mosca.

I dardi: liberi da impegni

Quando il Corrierone ce ne regala due così, in un sol colpo, è dura non approfittarne. Dunque il Milan lascia libero Bobo Vieri. Chissenefrega? Dai, un po’ più di gentilezza. Il centravanti intanto è volato a Miami per giocare con Lapo Elkan. Magari, entrambi liberi da impegni, mettono insieme* una squadra.


* In verità, l’espressione originale era “tirano su”. Poi ci ho ripensato.

mercoledì, gennaio 04, 2006

London Calling in 1979

Che per favore i critici illuminati la smettano di dirlo e scriverlo ad ogni occasione. Cosa? Che London Calling dei Clash è uno dei migliori dischi – se non IL migliore – degli anni 80. Forse lo fanno in buona fede, chissà. Perché sono gli stessi che dicono che “quanto hanno fatto schifo gli anni ottanta, in tutto: musica, arte, tv…” e quindi non riescono a trovare altro, di meglio, del disco di Joe Strummer e soci. O forse lo fanno solo perché Rolling Stone effettivamente lo decretò – in modo postumo e dunque errato – quale miglior disco degli anni ’80, e allora tutti come le oche a seguir l’errore. Non che il disco dei Clash non lo meriti il premio, per carità. Fosse uscito davvero negli anni ‘80, sicuramente occuperebbe le prime posizioni delle cose migliori. Il fatto è che è datato 1979 e, se la matematica non è un’opinione, manca ancora un anno agli anni ‘80 – precisamente al 1980 -, quindi nemmeno i peggiori voli pindarici possono prenderlo e trasferirlo automaticamente da una decade all’altra. E poco importa se si dice “c’è la versione Americana con una data e quella Inglese con un’altra”. Perché se il disco era pronto – ed è uscito – nel 1979, niente lo può far diventare degli anni ‘80. Altrimenti sapete io che vi dico? Che Yeah Yeah Yeah di Ginger, tratta dall’ultimo Valor del Corazòn, è la miglior canzone del 2005. Anche se il disco uscirà l’8 gennaio e solo 1000 fortunelli – tra cui il sottoscritto, va da sé – ne sono potuti entrare in possesso in quell’arco di tempo che va dal 19 dicembre 2005 all’8 gennaio 2006. E che dunque potrebbero aver sentito il pezzo l’anno scorso. Ma il disco è di gennaio. E voi critici siete in malafede, e lo siete sapendo di esserlo, se continuate a dire che London Calling è il miglior disco degli anni 80.

Marchettone esagerato su La Stampa di stamane. Evidentemente in calo di visibilità, con la coalizione già a pezzi di suo e ora pure le vicende finanziarie - bancarie, Romano Prodi ha pensato bene di scrivere una lettera al quotidiano di Torino. E il suo direttore, Sig. Anselmi Giulio, ha pensato bene di metterla in prima pagina e di farci anche il titolo di apertura del suo giornale.

Cuba Archive

Fausto Carioti, va da sé, è un giornalista di Libero. E, scusate il gioco, è anche un giornalista libero. Il suo blog, come i suoi articoli, è sempre intelligente e sfiziosissimo da leggere. Il mio consiglio è quindi quello di leggere il suo post sugli orrori cubani il più velocemente possibile. Segnato?

martedì, gennaio 03, 2006

Nostalgia, nostalgia canaglia

Mosca: “Kiev ruba il gas”. Kiev, Ucraina. Sta con l’Europa e gli Stati Uniti. Così come la Georgia e la Moldavia. Che fino ad oggi hanno ricevuto il gas da Mosca a prezzi di favore, quasi un terzo rispetto a quelli di mercato. E ora che succede? Succede quello che c’è scritto sopra: Kiev sta con l’Occidente, insieme agli altri due paesi dell’ex blocco sovietico, ora stati indipendenti. Solo che Mosca sembra essersene accorta e stringe tutti nella morsa del gas, in nome di un potere che evidentemente non ha più – e nemmeno più gli compete – ma che vorrebbe tornare ad esercitare, seppur in tono minore rispetto al passato - ah, nostalgia canaglia! E intanto sia l’Ucraina – che guarda caso tra qualche mese è chiamata al voto, e a Mosca Vitcor Yushenkov pare stia un po' sullo stomaco – in modo diretto che l’Europa in modo indiretto pagano questi ricattucci con cali o sospensioni dell’erogazione di gas. In Italia poi gli ambiental-comunisti non vogliono nemmeno gli impianti di rigassificazione. Che stiano anche loro facendo il tifo per Mosca? Poi il Cav. chiamerà l’amico Vladimir, perché lo farà, e tutti giù a dire che se lo sta leccando per bene. Signori, l’energia serve anche a voi che sparlate e sparlate e sparlate.

Si, cioè no. (Forse).

Piero: “ E allora siamo padroni di una banca?”
Gianni: “E’ chiusa, sì. È fatta”
Piero: “siete voi i padroni della banca, io non c’entro niente”
Gianni: “sì sì, è fata, è stata una vicenda, credimi, davvero durissima”.
Piero: “Già, ormai è proprio fatta”.

Dalla sbobinatura di un’intercettazione telefonica di un dialogo tra Piero Fassino e Gianni Consorte. Dal Giornale, 2.01.2006, Gianluigi Nuzzi (articolo completo qui). Da notare che l’autore ora si è visto aprire anche un’indagine da parte della Procura di Milano per far luce sull’articolo e sulla sua provenienza. A nessuno importa quanto riportato dal povero cronista.

lunedì, gennaio 02, 2006

Il cliente ha sempre ragione.

Eccoli, i bastardi. Uno ce la mette tutta, smette di scaricare illegalmente, spende tonnellate di euri – e di dollari di tutte le fatture e di sterline – per comprare solo l’originale. Perché c’è più gusto nel possederlo e più rispetto nell’acquistarlo. E questi cosa fanno? Oltre ad andare contro la legge grazie all’impossibilità – per fortuna solo “apparente” – di fare la copia per uso privato, adesso hanno anche provato ad installare schifosissimi spyware, così controllano meglio i gusti del cliente. Dovrebbero però ricordarsi di una cosa, fondamentale: che il cliente permette loro di vivere. E gli girassero i coglioni, al cliente, …

domenica, gennaio 01, 2006

Musicalia / Il libro di Ziggy, la Malavita dei Baustelle e l'High School Punk Rock

Avete presente quei bellissimi book fotografici? Libroni enormi, spesso dal prezzo esorbitante, con stampate sopra stupende fotografie, dai colori bellissimi e dalla carta superba. Anche nel campo musicale ne sono stati stampati molti, solitamente sempre postumi a qualche grande evento dal vivo (mi vengono in mente, così sui due piedi, i book riguardanti il Live Aid). Recentemente ne è uscito uno (Moonage daydream, la vita e i tempi di Ziggy Stardust, Rizzoli 49€), con ottimi scatti del celebre fotografo Mick Rock che ritraggono David Bowie nei coloratissimi giorni dell’epopea Ziggy Stardust. Ogni scatto con commento di Bowie stesso. Da sfogliare, ri-sfogliare, ammirare. Riflettere. E ripensare ad un’epoca musicale frizzante ed esplosiva, il glam rock, della quale Bowie fu – insieme ad altri personaggi altrettanto importanti – paladino indiscusso. Si potrebbe definirlo un ottimo regalo per le feste, se non fosse che ce le siamo appena lasciate alle spalle, quindi mi limito a dire: ottimo regalo, per qualunque occasione.La seconda segnalazione concerne territori musicali decisamente più leggeri rispetto a quelli tracciati dal Bowie-Ziggy più di trent’anni fa. Si tratta di un gruppo italiano, i Baustelle, che sembrano essere finalmente usciti dall’anonimato e dalla lunga gavetta. E con il disco “La Malavita” (Atlantic) hanno iniziato ad ottenere il giusto riconoscimento di pubblico oltre che di critica, complice il piccolo gioiello “La guerra è finita”, frizzante melodia per un testo che parla di suicidio, che ha conquistato l’aiiplay radiofonico e la rotazione coatta su Mtv. Musicalmente i Baustelle ora si muovono verso lidi più rock, allontanandosi dall’uso massiccio dell’elettronica del passato, ma senza per questo abbandonare macchinari e sintetizzatori. Hanno fatto il salto di qualità verso un classico – ma non per questo privo di originalità – cantautorato italiano, con la voce del leader Francesco Bianconi che forse ricorda in modo eccessivo quella del mai troppo rimpianto Fabrizio De André. I testi, quelli, sono la vera ciliegina sulla torta. Impregnati di snobismo da cima a fondo – come piace a noi, inutile negarlo – regalano perle su perle. E citazioni su citazioni: chi è il Manzoni, quello vero? Piero, quello della Merda d’Artista, e non Alessandro quello del polpettone romanzesco. E poi, impossibile rimanere indifferenti davanti a versi come “Ho la febbre ma ti porto fuori a bere / non è niente, stai tranquilla, è solo il cuore / Porta Ticinese piove ma c’è il Sole” (Un Romantico a Milano). Sarà che quando c’è di mezzo la Madonnina noi ci si commuove sempre? Se sono il gruppo del momento in Italia, questa volta il motivo è sicuramente valido.Terzi – e ultimi per questa puntata, e brevissimi – arrivano gli Eleven Tracks con il loro cd natalizio. Il fatto che ne sono stato omaggiato da parte del cantante/bassista è, in questo caso, indice di poca serietà se ne parlassi troppo bene o troppo male. Un pezzo per Natale (Christamas Song) più la vecchia Storie in versione acustica. Solito high school punk rock, niente di nuovo sotto il sole. Solo una cosa: “I want many presents / but I don’t wanna see my girl’s parents” non suona bene. Suvvia, almeno a Natale! Per averlo: www.eleventracks.com

Delle questioni morali. Tutta questa vicenda, ribattezzata Bancopoli, risulta essere incomprensibile alla stragrande maggioranza della popolazione italiana, sottoscritto compreso, che non ha dimestichezza più del necessario con le faccende economiche. Tuttavia mi solleva il fatto di aver cavato almeno un ragno dal buco, e che ragno. Aver avuto la dimostrazione che i soldi, checché i compagni ne dicano, non sono materia esclusiva delle Destre, del governo Berlusconi e degli “sporchi capitalisti”. L’avidità e la voglia di possedere pecunia, innate nell’uomo, trovano posto anche nelle Sinistre, come la vicenda Unipol sta lì, in bella vista, a dimostrare. Troppe volte hanno accusato il centrodestra tutto di essere un governo furfante al soldo di quel furfante del Cav., ma ora il vento sta rispedendo al mittente tutte le accuse, tramite la scoperta di fatti indegni. Che la piantino dunque di giocare la carta della questione morale, perché di morale ora è rimasto ben poco. A dimostrazione del fatto che i furfanti non sono solo quelli che stanno con il Cav., bensì hanno la capacità di indossare qualunque maglietta, di qualunque colore. Da qui ad aprile la campagna elettorale prende una piega diversa e si fa decisamente interessante; e forse Prodi, invero vittima di tutta la vicenda, dovrà smetterla di sbandierare ai quattro venti la vittoria dell’Unione, perché se anche l’elettorato rosso è rimasto deluso da queste vicende – le lettere indignate spedite all’Unità rendono atto di questo – figuriamoci l’elettorato moderato, che certa gente già non l’aveva in simpatia. E non parlo di quello di centrodestra. Mi riferisco a coloro i quali votano Margherita ed Udeur, e che (forse) finalmente si chiederanno che ci fanno da quella parte.

da

She is the answer to all of my prayers / It’s a good good day today.

Works in progress

Ecco le novità che Tocqueville presenterà a partire dalla riapertura dopo le feste natalizie, il 9 gennaio.

Bene, benissimo, straordinariamente bene.

Bene ha fato Carlo Azeglio Ciampi ieri sera a ricordare che le truppe italiane in Iraq ci sono andate in missione di Pace, a guerra finita. Eccome, se ha fatto bene. Così come ha fatto non bene, benissimo, a ricordare la laicità dello Stato Italiano. Eccome, se ha fatto benissimo. Ma ancor di più. Ha fatto non bene, non benissimo, straordinariamente bene a fare gli auguri a Benedetto XVI. Eccome, se ha fatto straordinariamente bene. Solo una cosa allora non torna: perché in molti hanno fatto i complimenti al discorso di Ciampi per quanto riguarda la parte della laicità dello Stato e hanno taciuto il resto? Se Ciampi dice che le truppe sono in Iraq per la Pace, Rizzo dei Comunisti Italiani non lo fa notare, perché guai a dire che Ciampi ha torto, “è il nostro garante contro la schifosa avanzata delle destre”. Uguali, anche se molto più simpatici, i Radicali. Viva lo stato laico. Applausi. Auguri a Benedetto XVI. “Shhh, zitti, non possiamo dire un cazzo! Ciampi ha appena garantito la laicità dello stato”.