giovedì, novembre 30, 2006

Vodafone - Telecom atto secondo

Già un paio di settimane fa su queste pagine ci siamo augurati che nella bagarre tra Telecom e Vodafone vincesse quest'ultima. La quale, ovviamente, ha invece perso e si è vista bloccare dal Tribunale Ordinario di Roma la commercializzazione e la prevendita del servizio “Vodafone Casa numero Fisso”, col quale sarebbe stato possibile integrare in un unico apparecchio – mobile – sia il numero portatile che quello di rete fissa. Il blocco dell'iniziativa, che sarebbe dovuta partire a gennaio 2007, avviene perché ci sarebbe un “illecito concorrenziale” nella parte dell'offerta, laddove viene detto che è possibile integrare nel cellulare un numero di rete fissa Telecom. Questo perché l'ex Sip non vuole assolutamente perdere la sua importante fetta di mercato nelle reti fisse. La sentenza del Tribunale di Roma ha deciso quanto sopra in base al codice delle comunicazioni, che non prevede il servizio di portabilità dei numeri fissi e fa sì quindi che Telecom possa non sentirsi in dovere di concedere l'interconnessione. Il fatto, ovviamente, non si limita a tutto ciò. Vodafone sta infatti decidendo se sia il caso di presentare reclamo, e nel frattempo aspetta l'esito dell'azione legale a sua volta avviata contro Telecom, a causa della concorrenza sleale che l'ex monopolista praticherebbe non volendo fornire l'interconnessione. Il provvedimento è stato comunque accolto dai vertici di Vodafone come “conferma della legittimità del servizio” che, a questo punto, può compiersi solamente se il colosso britannico fornisce delle nuove numerazioni geografiche agli utenti che vogliono usufruire il servizio, e la cosa è possibile dal momento che l'azienda anni fa si è assicurata anche una licenza come operatore fisso. Certo, obbligherebbe l'utente a cambiare numero e la cosa non è semplice, sia per comodità che per altri motivi. Intanto sia il Ministro delle Comunicazioni che l'Authority per le Tlc stanno studiano la questione e I tecnici di Corrado Calabrò avrebbero già ascoltato le due società e – stando al Corriere – avrebbero pronte delle obiezioni da presentare a ciascuna di esse: per Telecom l'obbligo e non la facoltà di concedere l'interconnessione e per Vodafone la necessità di un'autorizzazione particolare (che la società non è comunque disposta a chiedere).

I risvolti di tutta questa faccenda, in attesa della pronuncia di Ministero, Authority e Tribunale di Milano, sono principalmente due. In primo luogo ne va della concorrenza e del libero mercato: se Telecom non è più monopolista, non si capisce perché l'utente non possa scegliere liberamente di usufruire dei servizi di un altro operatore – che possiede comunque la licenza per il telefono fisso – senza pagarne le conseguenze in termini di cambio del numero e quant'altro, dal momento che è possibile cambiare operatore mantenendo il vecchio numero e senza pagare il canone Telecom sia con i telefoni fissi che con i mobili. In seconda istanza, un fallimento della Codacons, ovvero di un'associazione che il consumatore dovrebbe tutelarlo e fornirgli gli strumenti per compiere liberamente le sue scelte, anziché costringerlo ad un aut aut del tipo “se vuoi, cambi numero”. E invece succede che la Codacons stessa consiglia a quegli utenti che hanno già dato l'adesione all'offerta – pur senza aver ancora firmato nessun contratto – di richiedere un risarcimento danni alla Vodafone perché la pubblicità del servizio sarebbe stata, fino ad oggi, ingannevole per il fatto che promuoveva un servizio rivelatosi irrealizzabile dopo il pronunciamento del Tribunale di Roma. Il che non solo è sbagliato per il motivo che nessun utente ha ancora firmato il contratto essendo il servizio fino ad oggi in fase di lancio, ma è anche un punto a sfavore di Vodafone – o a favore di Telecom – che nega quindi ogni ipotesi, ancora una volta, di libero mercato. Per questo ci schieriamo completamente dalla parte dell'azienda britannica.


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martedì, novembre 28, 2006

Il ritorno dei vikinghi

Marcello Sorgi su La Stampa scrive che in Inghilterra tutti impazziscono per il seme vichingo, a causa del calo di donazioni di sperma autoctono, anche se ci si preoccupa per una non meglio specificata “nuova invasione vichinga”. Ecco cosa scrivevo nel giugno dell'anno scorso su un blog di cui mi sono nel frattempo dimenticato il nome – così, giusto per rimembrare.

Congratulazioni, è un vichingo!”. O ancora: “meglio preparare una culla robusta”. Questi sono due slogan pubblicitari indubbiamente accattivanti, e il fatto che siano di proprietà di una banca del seme scandinavo – il seme, non solo la banca – non è un caso. Questa pare essere la nuova frontiera della fecondazione assistita negli Stati Uniti [ma la adattiamo per il Regno Unito, non dovrebbe cambiare molto], ma stiamo tranquilli: se il quesito sulla fecondazione eterologa vedrà quorum e maggioranza di ‘sì’, potremmo presto vedere dei piccoli vichinghi (al 50%) aggirarsi per la nostra Italia. La Scandinavian Cryobank (www.scandinaviancryobank.com il sito internet, fatevi un giretto. Carte di credito accettate: tutte) promette infatti un seme nordico in tutto e per tutto: piccoli Conan potranno così nascere, sempre sperando che non si incazzino una volta scoperto che il loro vero padre non è colui il quale sono abituati a chiamare ‘papà’: se muovono le mani quelli, stiamo freschi tutti. Come risultato per ora si ha un “forte successo tra mamme single alla ricerca di un’inseminazione su misura” (fonte: Il Giornale 06-06-2005, pag.7). Rassicuranti – si fa per dire, ovvio – poi le parole del responsabile della società danese a New York, tale Claus Rodgaard, il quale dichiara in un’intervista al magazine statunitense Newsday che “non è poi molto diverso dall’innamorarsi. Ci sono migliaia di donatori nel mondo, e scegliere quello giusto è un po’ simile alla selezione naturale”. Concetto delirante: ora non si mette più in dubbio la necessità di far nascere un figlio al 50% dei genitori. No, troppo semplice per i tempi moderni che corrono. Ora si dichiara che ci si può innamorare anche di non si sa bene chi o che cosa. Perché è questo che traspare dall’affermazione di cui sopra: scegliere un donatore come un compagno o compagna nella vita, sottintendendo l’amore. Solamente che accade via internet, al massimo un giro di chat e poi via, dammi il numero della tua Visa che ti spedisco lo sperma e addebito il costo. Arrivederci e grazie. Fortunatamente non tutti la fanno così facile. Il direttore di bioetica della Columbia University, ad esempio, ha dichiarato sempre a Newsday quanto segue: “ma cosa accade se il bambino non diventa un piccolo vichingo? – non è infatti certo che la cosa accada: se il bimbo prendesse le caratteristiche della madre? – si rischia di vedere il bambino come un prodotto, è una realtà preoccupante, psicologicamente pesante anche per il piccolo”. Beh, signor direttore della celebre University americana, il fatto è molto semplice: non interessano più tanto le condizioni psicologiche del pargolo, importa di più la voglia sfrenata di maternità della coppia o del singolo. Per quanto riguarda invece la possibilità – al 50% - che il bimbo non sia esattamente nordico le dirò che qui in Italia – ma certamente anche lì da voi, in America – vige un decreto legislativo (il 185/99) che permette il diritto di recesso entro 7gg, qualora le caratteristiche del prodotto non siano quelle promesse. Il cosiddetto “soddisfatti o rimborsati”. Lo applicheranno?

Gioiellino pop

And she breaks my he-hehe-he-hehe-he-hehehe-hehe-heart


TuttoRocca

Camillo su Tuttosport pone una domanda al Pres. Cobolli e al Dott. Gigli. Imperdibile.


Deaglio, che partì indagando e finì indagato

Siamo alle comiche, alla farsa. Enrico Deaglio, direttore di Diario e sceneggiatore di quel filmino che viene venduto in abbinamento editoriale con il suo settimanale, sarà indagato dalla Procura per aver “messo in circolazione notizie false, esagerate e tendenziose”. Come noto, il suo film portava avanti la tesi assurda secondo la quale le ultime elezioni sarebbero state truccate a vantaggio della Casa delle Libertà tramite sistema informatico, anche se nessuno ancora si capacita di come sia possibile che il baro trucchi il gioco per poi perderlo. La verità – che Deaglio conosce ma che ha sempre fatto finta di non sapere per portare avanti questa dubbia battaglia – è che, come ribadito anche dalla Procura, “la proclamazione degli eletti in caso di elezione viene proclamata dalla Cassazione solo attraverso materiale cartaceo e non attraverso sistemi informatici”. Dunque nessun trucco informatico avrebbe potuto falsificare il risultato delle elezioni semplicemente perché il risultato viene letto in luce del cartaceo. Se Deaglio voleva dire che anche il cartaceo è taroccato, diremmo che non ha scoperto l'acqua calda. Anzi, la punta di matita tra le unghie o sotto gli anelli nei seggi elettorali è una consuetudine di sinistra, oltre che vecchia tanto quanto il voto. E tutti sanno che è una consuetudine che sposta talmente pochi voti che non può modificare il risultato di un'elezione.
Fortunatamente la cosa non avrà strascichi politici, perché l'operazione è stata fischiata in modo assolutamente bipartisan: da destra e da sinistra. Motivo in più che Deaglio aveva per fermarsi in tempo, bloccare la stampa e la distribuzione del film. Ha voluto andare avanti – e tutti ci ricordiamo la spavalderia dimostrata nella trasmissione di Lucia Annunziata – e ora gli toccherà presentarsi in Procura con un avvocato difensore. Cinematograficamente, diremmo: grottesco.


Il Procuratore Ferrara: “Non abbiamo motivo di pensare ad una frode informatica”
[.]
Repubblica.it


domenica, novembre 26, 2006

In Italia produciamo ottimi esempi di imbecilli

Il Corriere ci fornisce la notizia, curiosa sì ma inaspettata no, che i siti vicini ad Al Qaeda esultano per il malessere di Berlusconi. Al Corriere, con ogni evidenza, non hanno ancora dato un'occhiata ad Indymedia.


Manca ancora un mese, ma al ritmo con cui sto andando difficilmente prenderò un album targato 2006 prima del 2007 – quindi, sia detto, non comprerò più un disco uscito quest'anno durante il resto di quest'anno. And so, that's all: 1. Tom PettyHighway Companion 2. MorrisseyRingleaders of the tormentors 3. The New York DollsOne day it will please us to remember even this. Ipotizzare un ultimo posto – poniamo: il centesimo – tralasciando i rimanenti 96? Faccio come Sofri jr: dei dischi brutti non parlo.


Chi crede ai complotti, di solito, ne spara una più grossa dell'altra

Riguardo alla questione del filmino che Enrico Deaglio distribuisce questa settimana in abbinamento con il suo settimanale si è già discusso. E, ritenendolo uno dei prodotti più ridicoli mai partoriti dai complottisti, non si vorrebbe aggiungere molto. Quindi nessuna parola su improbabili softwares, sulle menti creduloni, sugli italiani pronti a fiondarsi in edicola e a scannarsi pur di acchiapparsi l'ultima copia; non si vuol fare nulla di questo. Una citazione, però, quella sì.

Stamane su La Stampa a pag.9 c'è un articolo di Francesco Grignetti nel quale si ricostruisce la vicenda della convocazione in Procura di Deaglio. L'articolo scorre che è una bellezza, ma ci sono due o tre righe, proprio sul finire del pezzo, che fanno rimanere lì. Di quelle che si leggono e si rileggono, presi dall'incredulità. Scrive Grignetti che “Deaglio ha citato un aneddoto. La sera del 10 aprile a un giornalista che si era accordato un'intervista proprio con Fassino prima della chiusura del giornale, alla fine fu detto: «Ci stanno scippando le elezioni, figurati se possiamo pensare a fare un'intervista». Conclusione di Deaglio:«quindi c'era piena coscienza»”. Capite? Secondo Deaglio a sinistra avevano coscienza di ciò che stava succedendo, ma si sono ben visti dal dirlo, anche se stavano iniziando ad aver paura di perdere – da qui il verbo, invero un po' forte, “scippare”.

Deaglio, che è un giornalista, oltre ad avere tutti i difetti della categoria possiede anche l'aggravante di essere, in subordine, un giornalista militante. Da qui il fatto che mai e poi mai gli sarebbe venuto in mente che “ci stanno scippando” era un modo come un altro, semplicemente più colorito, di affermare che le elezioni fino ad allora ritenute facili da vincere si stavano rivelando invece un po' più dure del previsto, dal momento che il centrodestra stava compiendo quella rimonta che nessuno si sarebbe mai aspettato. E non gli sarebbe potuto venire in mente perché, da buon giornalista militante, legge le parole fuor di metafora, e tanto gli basta: se c'è un significato figurato sfavorevole, meglio basarsi sul letterale. Fa nulla se anche un bambino avrebbe interpretato la cosa come poi tutti han fatto. Anche perché – ma non ditelo a Deaglio – il giorno dopo come minimo i membri della Casa delle Libertà avrebbero querelato Fassino per la dichiarazione. Cosa che, al contrario, non è mai avvenuta.

E poi – ma con Deaglio rimanete sempre acqua in bocca, si intende – in questo caso avremmo avuto due fessi, cosa più unica che rara: il centrodestra, che pur brogliando non vince. E il centrosinistra che – peggio ancora – rischia di perdere pur sapendo dei presunti brogli ma non denunciandoli. Da delirio. Insomma, da complottisti.


Più Silvio di così

Silvio ha un mancamento. I tg danno la notizia in diretta e tengono in aggiornamento. Iva Zanicchi a Buona Domenica coinvolge tutto lo studio in un augurio di pronta guarigione al Cav. La notizia è tra le più cliccate sui siti esteri e il Corriere.it, addirittura, lo rinomina Capo del Governo. Introducendo gli auguri di Prodi, Rutelli e D'Alema, il redattore infatti scrive: “Intanto arrivano gli auguri di pronta guarigione anche dalle file dell'opposizione”.


sabato, novembre 25, 2006

Arcitalianissimo

Da Panorama in edicola ieri, un magistrale Giuliano Ferrara

La moralità dei giornalisti è un argomento che ha sempre fatto ridere i grandi, da Honoré de Balzac a Henry James, a Karl Kraus. I grandi non potevano prevedere che questa losca belluria del giornalista integro e indipendente come i magistrati di un tempo che fu (e non fu) sarebbe passata anche nel XXI secolo per le mani di piccole combriccole politico-editoriali. Invece accade.

Massimo Mucchetti, un analista economico-finanziario del Corriere della sera, ha scritto un libro intitolato Il baco del Corriere. Il pamphlet non dice che Marco Tronchetti Provera, uno dei padroni del giornale riunito con molti altri nel patto di sindacato Rcs, gli ha messo sotto controllo il computer (a lui e all’amministratore delegato poi sostituito, Vittorio Colao) per verificare di quali documenti si servisse l’intrepido investigatore, che cosa avesse nel cassetto l’operatore inconcusso dell’informazione sopra le parti, eccetera.

Non lo dice: lo insinua, lo suggerisce, lo adombra a mezzo di accostamenti perigliosi, pettegolezzi di corridoio, racconti da spy story di serie B. Lo avesse detto, ne sarebbe nata una discussione pubblica di quelle che piacciono a me e a qualche altro giornalista immoralista. Avendolo soltanto lasciato tra le righe, quel pettegolezzo entrerà come mezzo di produzione di ultima generazione nella fabbrica dei pettegolezzi che piace al pamphlettista moraleggiante, il giornalista senza padroni e con la schiena dritta.

L’autore del libriccino galeotto è un prodiano conclamato (lo negherebbe, questo è sicuro), ma non di quelli simpatici come Angelone Rovati, che agisce nel segreto senza fare la morale, e se bisogna espropriare Tronchetti Provera della Telecom almeno gli suggerisce la strada dell’irizzazione nella Cassa depositi e prestiti, né un prodiano galantuomo del Regno sardo come l’amabile e indisponente ma affidabile Arturo Parisi. No, la sua è la versione untuosetta del prodismo, quella bancaria.

Tratta benone Consorte & Sacchetti, i banchieri coop che hanno accumulato la famosa riserva di 40 milioni di euro intonsi, a disposizione da anni e senza bisogno di investirli, e una condannuccia in primo grado per insider trading: dice (non dice, insinua) che contro di loro il Tronchetti ha montato la famosa campagna estiva dei furbetti del quartierino, facendosi tenere bordone dal direttore del giornale, Paolo Mieli, ma era tutta panna, sostiene questo Mucchetti, perché non è vero che i Ds erano dietro ai loro banchieri di riferimento.

Queste insinuanti amenità escono in libreria al momento giusto per confortare il coraggio, il carattere e la moralità di un giornalista da combattimento come l’autore del libro sul baco. Prodi è al potere. Tronchetti si è dimesso dalla presidenza della Telecom. Il patto di sindacato è instabile, e Corrado Passera, che aveva difeso l’amministratore delegato estromesso e amico di Mucchetti, il Colao, ce l’ha su con gli altri del patto, non va alle riunioni dell’esecutivo.

È forte, il Passera, perché è appena andata in porto la fusione di Intesa e San Paolo, la sua superbanca, il grande gioco è in via di sistemazione, qualche sorpresa giudiziaria è immaginabile, è il momento giusto per l’assalto editoriale e politico al giornale di via Solferino e alla sua direzione.

Il bresciano della sezione economica del Corriere ha ovviamente fatto solo il suo mestiere, ha citato con dovizia Luigi Einaudi e Luigi Albertini, tiene banco in materia di trasparenza delle proprietà editoriali e di indipendenza da potentati e partiti, ma il libro sembra fatto apposta per la bisogna. Non c’è nemmeno da pensar male, la cosa è di tutta evidenza a chi sa leggere tra le righe, perché certi servizi alla libertà di stampa si fanno soltanto tra le righe.

A difendere lo stile Mucchetti, prima in una noiosa trasmissione vista da nessuno (La 7, editore Tronchetti Provera), poi con una banale recensione per La Repubblica (editore Carlo De Benedetti, vecchio amico di Passera), è arrivato Gad Lerner. Di lui si sa già di più. Si sa che è stato per anni a menarla in Lotta continua, ma ha imparato poco del meglio di quell’esperienza generazionale. Ha imparato qualcosa di più alla Stampa, dove si faceva portare dall’avvocato Giovanni Agnelli, padrone di casa, a vedere i buzzurri della Lega sul Po, in elicottero (cose tipiche della deontologia di Einaudi e Albertini).

Si sa che ha incamerato 7-8 miliardi senza lavorare, perché quando Tronchetti è arrivato alla Telecom e alla tv della Telecom, al posto di Roberto Colaninno e del gruppo della tv de sinistra, ha detto che non gli reggeva l’anima per il cambiamento di linea editoriale, e ha incassato. Poi si è fatto riassumere da quel padrone delle ferriere che mette sotto controllo il computer del suo sodale Mucchetti e ha continuato a prendere il resto, ma sempre con l’idea che la sua è una cattedra di specchiata moralità giornalistica, che lui è l’unico contro la mafia, l’unico difensore dei giudici, degli immigrati, del multiculturalismo e del multiparaculismo. Anche per lui è arrivato il momento buono, e via con l’ennesimo assalto maramaldo di una carriera votata alla verità e all’integrità professionale. Dicendo e non dicendo, così nei giochini di potere per bambini si fa largo la sontuosa moralità del giornalismo italiano.


venerdì, novembre 24, 2006

Presunti brogli elettorali

Nemmeno Bertinotti ci crede.


giovedì, novembre 23, 2006

mi sembra di essere su Vanity Fair

Dicono che Gianluigi Paragone, l'attuale direttore della Padania, abbia preso in seria considerazione l'offerta di Libero per un posto da vice-direttore. Dicono.


Deraglia un treno, si ferma l'Italia - e l'Alta Velocità può attendere

Il fatto accaduto ieri sulla linea ferroviaria Milano-Bologna all'altezza di Secugnago, nel lodigiano, ha del comico e del grottesco, se non fosse che ridendo si mancherebbe di rispetto a tutte quelle persone che dall'incidente si sono viste recare solamente disagi. È successo che un treno merci che stava trasportando trucioli di legno è deragliato, fortunatamente senza danni fisici nelle persone che stavano alla guida del convoglio, ma con enorme dispersione del carico. Il risultato è stato il blocco totale della linea ferroviaria per buona parte della giornata, una situazione imbarazzante e che certo non fa onore all'Italia. Ma oltre al danno, anche la beffa: a distanza di poco, infatti, tutto è pronto per il passaggio di treni ad Alta Velocità e ad Alta Capacità. Che non solo andrebbero a dare una mano alle due rotaie due che devono occuparsi di far transitare qualsiasi tipo di treno lungo l'asse che collega due città importanti come Milano e Bologna, ma potrebbero essere utilizzate anche per il trasporto delle merci. Che il governo pensi dunque alla gravità del ritardo nell'avviamento di questo tipo di infrastruttura, ritardo che è stato accumulato grazie a certi pesanti fardelli che, pur di vincere, l'Unione si è portata appresso e che hanno cavalcato nel modo più strumentale possibile una protesta assurda e paradossale. E che ora ci fa rimanere a piedi.


mercoledì, novembre 22, 2006

Caro Fini, non si preoccupi di Martens, può farne benissimo a meno

Carissimo Presidente Gianfranco Fini, io su queste pagine ho sempre parlato benissimo di Lei. Un po' meno del Suo partito, ma questo perché lo considero per certi versi – o meglio, per certi personaggi – ancora troppo distante da quello che è Lei, dalle Sue idee e da ciò che vorrà farne nella politica italiana. Detto questo, inutile aggiungere che sebbene l'idea non mi entusiasmasse, avrei comunque rispettato la Sua volontà di traghettare Alleanza Nazionale nel Ppe. Epperò leggo che il Presidente Martens ha affermato che, ora come ora, l'ingresso di An nel Ppe non è possibile, a meno che An stessa faccia parte di un grande contenitore politico moderato e di centro. Sicuramente anche Lei avrà sentito queste parole, piene di non stima e non fiducia verso la Sua figura. E converrà dunque con me – ma io non conto nulla, pensi piuttosto al Suo elettorato più fedele – che queste condizioni non solo sono obbiettivamente impraticabili in questo preciso istante della vita politica italiana, ma vanno anche a cozzare con l'idea di Alleanza Nazionale come il futuro partito di riferimento per la Destra Italiana, moderna e liberale ma non centrista. Perché, in conclusione, non rifiutare fin da ora qualsiasi tentazione di entrare a far parte del Ppe? Ci pensi, perché tra un paio di anni potrebbe essere lo stesso Martens a corteggiare Alleanza Nazionale per farla entrare nel Ppe, e vuole mettere la soddisfazione di fare gli schifiltosi e di dire: “no, grazie”? Con sincera stima.


martedì, novembre 21, 2006

Il giornalista fa il giornalista, il portavoce smentisce

Ormai l'argomento è stato ripreso da chiunque in Rete, e non sarà difficile procurarvi tutto il materiale necessario per farvi almeno mezza idea. Riassumendo nel modo più breve possibile, Alessandro Sallusti stamane su Libero ha pubblicato due paginate di conversazione con Silvio Berlusconi, conversazione che sarebbe avvenuta la scorsa domenica in casa dell'On. Santanchè durante una cena privata-presentazione del nuovo libro di Emilio Fede. Come spesso accade, soprattutto quando si trova tra pochi e fidati amici intimi, il Cav. si è lasciato andare in quelle che sono le sue dichiarazioni più sincere. Tra le quali spicca, oltre alla presunta imminente uscita della sua biografia, la volontà di chiudere con la politica e di non presentarsi più come candidato Premier della Casa delle Libertà. Apriti cielo. Tutti a riprendere la notizia, “Berlusconi fa un passo indietro”, “Berlusconi annuncia di ritirarsi dalla politica”, e nessuno a prendere in considerazione l'ipotesi che la questione non è affatto chiusa e che non basta un'affermazione confidenziale per regolare la vita politica. Ma la notizia che qui si vorrebbe commentare è un'altra. Benissimo ha fatto il direttore responsabile di Libero ha pubblicare la notizia, mantenendo fede alla sua fama di grande cronista. E malissimo ha fatto invece il portavoce del Cav., Paolo Bonaiuti non solo a smentire la notizia ma anche a definirla una “panzana”. Con il risultato di ricevere entro breve la querela da parte di Sallusti. Ma anche, e soprattutto, di continuare in quella specialità tutta italiana nella quale in ogni circostanza – ma soprattutto nella politica – l'affermare una cosa e poi smentirla è una abitudine. Brutta, per giunta. Perché oltre a far sentire fesso il cittadino che prima legge una cosa e poi vede una smentita dal portavoce del diretto interessato, fa sentire fesso anche il “diretto interessato” stesso. Il quale, con ogni probabilità, sapendo della presenza del giornalista di razza alla cena ma non volendo lasciar tradire alcuna impressione, avrebbe fatto a meno di pronunciare il discorso. Perché, come ha dichiarato il direttore di Libero Vittorio Feltri in un'intervista al Giornale Radio Rai “Il nostro è un giornale d'opinione, la nostra opinione è sicuramente più vicina a quella del centrodestra, ma il giornalista fa il giornalista”.

lunedì, novembre 20, 2006

Vana speranza

Scusi, Deaglio, ma che broglio è quello che porta un Premier a non vincere?"
“Non è stato abbastanza bravo. O forse è stato bravo il Ministro degli Interni. O forse il Ministro degli Interni alla fine aveva paura.”
[Enrico Deaglio intervistato da Lucia Annunziata, In 1/2h, RaiTre, 19.11.2006].

Ecco, bastano due battute. Una è la domanda, l'altra è la risposta. E già capite come il divudì sarà una cagata colossale, al quale forse nemmeno il suo autore, o il suo distributore, o il direttore del mezzo che lo distribuisce – fate voi, se trovate la differenza - crede. I fessi? Ah, quelli c'è da sperare che si tengano lontani dall'edicola, il prossimo venerdì, perché essendo già alla fine del mese farebbero meglio a comprare un litro di latte, che al pupo gli si stanno bucando i denti per mancanza di calcio.


sabato, novembre 18, 2006

Siccome siamo educati, ma la maleducazione ci dà ai nervi. Siccome siamo contro lo strillo di frasi, ma non contro il dirle. Siccome certi comportamenti ci fanno vergognare. Siccome c'è un leader politico in Italia che non solo fomenta i comportamenti di cui sopra, ma prende parte anche alla manifestazioni nei quali vengono messi in atto. Diciamo, così, in modo pacato e democratico: teste di cazzo.


venerdì, novembre 17, 2006

The Barry William Show

Che ora faccia la pace anche con i Genesis, va'.


giovedì, novembre 16, 2006

Complotto! Complotto!

Basta che vi guardate un attimo intorno, non è difficile. Evitate per una mezzoretta di controllare i soliti quattro-cinque siti che proprio non potete fare a meno di vedere. Evitate – magari – anche di leggere l'analisi di vostro cugino e il commento del vostro amico. E girate a caso per la blogsofera, quella cosa astratta come tutte le cose virtuali ma ancor più astratta da definire a livello di confini. Insomma, fatevi un giro per blog, forum e cose del genere. Noterete che si sta facendo un gran vociferare circa il prossimo documentario-bufala riguardante il centrodestra. A questo giro, avendo finito tutti gli argomenti papabili e incominciato a raschiare il fondo del barile, i complottisti de noantri tirano fuori dal loro cilindro nientepopodimeno che una serie di accuse ed insinuazioni – tutte tanto verificate quanto poi puntualmente sputtanate – circa la famosa notte delle ultime elezioni politiche. Quelle in cui, sempre secondo i complottisti, il Cav. avrebbe taroccato i voti per perdere – pensa un po' che furbizia – di 24 mila lunghezze. Hanno da campare questi poveri ragazzi, capiteli. La loro rivista – al netto del divudì complottista – vende una caccola, una caccola e mezzo nella settimana buona. E insomma, devono infarcire le pagine di qualche marmellata appiccicosa di cui i giustizial-complottisti di casa nostra vanno particolarmente ghiotti.

Il consiglio sul giretto da farvi nella blogsfera – qualsiasi cosa si intenda – voleva portare come risultato sensibilizzare l'utente medio della febbrile attesa che il prodotto in questione sta suscitando. Tutti sanno già come è andata, prima ancora di aver dato mezza occhiata alla porcheria. Tutti già chiedono interrogazioni parlamentari per i personaggi del vecchio Governo che sarebbero coinvolti nel filmetto. Tutti sanno già, a priori, che il risultato del regista dall'anagramma meno originale di tutti i tempi – tale “Ruben H. Oliva” - è testo sacro col quale portare avanti il loro personalissimo scontro di civiltà contro il “regime” Berlusconiano, anche ora che non governa più.

Per andare sul sicuro consiglieri i giustizial-complottisti all'amatriciana di mettere il naso in vecchie – e documentate – sedute spiritiche nelle quali si fece finta di non sapere dove stava nascosto un ex Presidente del Consiglio democristiano, ritrovato poi morto in una Renault 4 parcheggiata nel pieno centro di Roma. Oppure, per arrivare ai giorni nostri, occuparsi di certi “consigli” scritti su carta intestata della Presidenza del Consiglio dei Ministri su come gestire una azienda privata e quotata in borsa. Ecco, in casi come questi potreste guadagnarvi un minimo di rispetto, ché non si tratta mica di complotti o di castelli in aria. Quelli sono fatti realmente accaduti, non li pubblica mica la Kaos.


La favoletta sbugiuardata della sinistra

La questione è ormai famosa. Giulia Maria Crespi, Presidente del Fai, ha denunciato il fatto secondo cui il precedente Governo Berlusconi avrebbe dirottato una parte di 8 per mille destinato all'arte e alla cultura, verso il finanziamento della missione di pace in Iraq. “A rivelarmelo – dice la Crespi - è stato Enrico Letta il quale a suo tempo lo aveva riferito in una conferenza stampa ma era stato riportato solo in un trafiletto di giornale”. Se pensa dunque che la notizia sia stata tralasciata dalla stampa, non può però dire che è stata nascosta dai membri del precedente Governo, dal momento che l'ex vice ministro all'Economia Giuseppe Vegas (Forza Italia) ha ammesso in un'intervista al quotidiano online Affaritaliani.it che “l'8 per mille originariamente doveva essere devoluto tutto agli aiuti al terzo mondo e alla cultura, poi una parte venne utilizzata per le missioni all'estero e quindi anche per l'Iraq”, aggiungendo che il quantitativo disposto per le missioni era della misura “di un terzo, circa 80 milioni”. Contestualmente a questa affermazione dal centrosinistra si sono levati polemica e indignazione. Ma se la polemica ci può anche stare, dal momento che non si è mai visto un governo che non polemizzasse apertamente con il precedente, è l'indignazione ad essere profondamente sbagliata. Perché questo governo vuol far credere al popolo italiano la favoletta secondo cui la sinistra è buona, mentre la destra è cattiva. A tal proposito risultano efficaci le dichiarazioni del Presidente della Commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci (Ulivo), il quale arriva addirittura a parlare di “vero e proprio imbroglio ai danni dei cittadini”.

Andando però indietro nel tempo, fino al 1998, quando al Governo c'era Prodi e la missione all'estero era il Kosovo, si legge nel DPR 76/98 all'articolo 7, commi 1 e 2 che “entro il 30 settembre di ogni anno il Presidente del Consiglio dei Ministri sottopone alle competenti commissioni parlamentari, per il parere, lo schema di decreto di ripartizione della quota dell'otto per mille a diretta gestione statale, con la relativa documentazione”. E la quota, in quel periodo, non fu ripartita tutta per scopi in linea con quanto richiesto dalla normativa. Solamente 26 miliardi del totale andò a Protezione Civile e Vigili del Fuoco, rispettivamente per la ricostruzione nei comuni messinesi a seguito del terremoto del 14 febbraio 1999 e per interventi relativi agli incendi boschivi. I rimanenti 140 miliardi – molto più di un terzo del totale, dunque – furono spesi nelle missioni di pace, di cui 40 miliardi furono “investiti” nel coprire la spesa della destinazione di 150 osservatori dell'Ocse in Kosovo e di 250 militari in Macedonia. Credete ancora alla favoletta?


martedì, novembre 14, 2006

i nostri politici, dico, concepiranno mai qualcosa di simile?

Parigi. Giovedì sarà presentto al Consiglio Nazionale il programma con cui Nicolas Sarkozy, ministro dell'Interno e leader dell'Ump, l'Unione per un movimento popolare, vorrebbe governare la Francia, qualche ora dopo sarà sottoposto al voto degli iscritti al partito su Internet [Il Foglio, 14.11.2006, pag.3].


lunedì, novembre 13, 2006

Se l'Ucoii non rifiuta la pena di morte...

L'Ucoii si rifiuta di sottoscrivere la ormai famosa Carta dei Valori perché, come afferma il suo presidente Dachan, “non potete costringere un immigrato che viene da un Paese dove la pena di morte è in vigore a sottoscrivere una regola del genere”. La regola del genere sarebbe il rifiuto della pena di morte, dal momento che in Italia tale pratica è proibita per legge. Ma con ogni evidenza ai membri più oltranzisti della Consulta ciò non importa, perché siccome la pena è prevista nel loro paese di origine, perché mai dovrebbero negare la pratica in Italia? Già, perché mai? Forse perché siamo in Italia, secondo il principio che spesso la risposta più semplice è anche quella che appare a prima vista la più banale. Ed essendo in Italia bisogna attenersi alle leggi italiane – motivo per cui si sta cercando di concludere questa benedetta Carta dei Valori. Ma ancora una volta si è avuta la dimostrazione che per certi personaggi contano di più i valori di partenza – quelli della loro terra d'origine o quelli legati alle leggi della loro religione – rispetto ai valori di arrivo – quelli della terra dove si dovrebbero integrare. E va da sé l'ennesimo rifiuto per ogni forma di integrazione, questa volta in modo ancora più plateale. Cosa bisognerà fare affinché tutti, anche i più oltranzisti, sottoscrivano in toto i vari articoli della Carta dei Valori non è dato a sapersi, anche se di questo passo probabilmente sarà più facile mettere la pena di morte in Italia piuttosto che farla aborrire a certi personaggi. Ripristino magari congiunto all'adozione nelle scuole di testi che presentino i massacri che Israele ha compiuto ai danni dei paesi islamici e che ignorino completamente le minacce di cancellazione dello stato che sempre da quei paesi, quasi quotidianamente, arrivano. Paradossale ma è così.

Scritto nella loro lingua ma senza la pretesa che capiscano

Ecco cosa gli direi, io, a quei tre-quattro imbecilli che hanno prodotto quell'ignobile video dove un ragazzino affetto dalla sindrome di Down veniva sbeffeggiato nonché malmenato innanzi alla classe scolastica quasi interamente accondiscendente. Gli direi, a quei tre o quattro pezzi di merda, che loro dovrebbero imparare ad avere l'umiltà e l'intelligenza – sì, avete letto bene – di quel ragazzino che hanno trasformato nella vittima delle loro frustrazioni. E poi gli direi, a quei bastardi, che non hanno la giusta dignità per poter vivere su questa terra ed essere circondati di persone che sono pronte ad ascoltarli, che sono pronte a vivere con loro. Infine direi a quei quattro stronzoni che altro non sono, che se pensavano di far colpo su qualche gallinaccia al loro pari che avrebbe dovuto sciogliersi dinnanzi a queste loro vigliacche prodezze – ecco, direi che l'intero universo mondo femminile, al netto delle galline di cui sopra, sta ridendo dei loro ridicoli pisellini che se la giocano – con somma evidenza – con le dimensioni del loro tanto ridicolo cervello.


Il complotto della settimana

Il buon Deaglio, direttore di Diario, deve avere un rapporto strano con complotti e complottisti. Ne ha sputtanato uno, ne pubblica un altro.


domenica, novembre 12, 2006

Elogio della pazzia

Il paese è impazzito perché non comprende come debba pagare più tasse. E nel non comprenderlo, non capisce nemmeno perché debba farlo anche se Prodi ha ampiamente affermato che l'Unione le imposte non le avrebbe toccate e anzi, le avrebbe eliminate. Il paese è impazzito perché i suoi abitanti di questa Finanziaria non hanno capito nulla. Non hanno capito se sono i ricchi a dover piangere o se sono i poveri. E nel caso della prima ipotesi il paese non ha capito chi effettivamente sia ricco: il tycoon, il manager, il banchiere o semplicemente chi possiede una barchetta per trastullarsi d'estate sotto il sole – in quest'ultimo caso sono ricchi anche i comunisti: su manifesto e Liberazione campeggia sovente la pubblicità di una marca di barche, con lo slogan “il motoscafo di riferimento”, e il riferimento è evidentemente per il lettore di suddetti fogli. E, tuttavia, non capisce perché alla fine della fiera tutti dovranno piangere. Il ricco, il povero. Persino l'economia e la ricerca scientifica.

Il paese è impazzito. Perché sta girando come una trottola da un concessionario all'altro, per comprarsi una macchina che non venga tassata. Ed è un'impresa, perché insieme al paese va da sé che sono impazziti anche i venditori di automobili. “Guardi, questa vettura non le viene tassata, non ha letto il giornale stamattina?” - il giorno dopo: “vorrei disdire l'ordine, perché su suo consiglio il giornale stamattina l'ho letto, e questi hanno cambiato idea: quella macchina mi sarà tassata”. E via, tutta una corsa a vendere i Suv, a ri-comprarsi i Suv perché tassano in base al peso e tanto vale, a ri-vendere i Suv perché hanno cambiato idea. C'è gente che si è venduto la Focus per comprare una Panda 4x4 e nel giro di due giorni è passato dal non dover più pagare la tassa sulla prima perché in vendita, al dover pagare la tassa sulla seconda perché pesava troppo, o i Kw erano troppi, o quel giorno il Governo pensava gli servissero altri soldi per pagare ministri, segretari, sottosegretari, nani e ballerine – la corte più numerosa della storia repubblicana.

Il paese è impazzito, ma questo è ancora nulla rispetto a ciò che si vedrà questa estate. Perché adesso è il momento di pianificare le vacanze, e allora l'italiano sceglie in base alla minor incidenza del nuovo balzello sul turismo. E considerando che l'Italia è così bella, turistica, piena di monumenti e di magnifici litorali, il paese intero si troverà a fare le vacanze a Cinisello Balsamo*. Salvo scoprire che la nuova tassa è stata ritirata, non se ne è fatto più niente, o forse sì, ma non importa: il paese si ritroverà, pazzo, a cambiare località all'ultimo momento.

Il paese è impazzito perché anche il pensionato si è munito di bancomat, libretto per gli assegni e carte di credito. Ma siccome loro, quelli del governo, pazzi non sono, han pensato bene di mettere i bastoni tra le ruote al loro vice-ministro, quello del grande fratello fiscale, e rimandare al 2008 il decreto che prevede i pagamenti in modo tracciabile per i servizi sopra i 100 euro. E il vice-ministro trombato, ora, accusa il centrodestra di difendere gli evasori fiscali, tanto per rimanere in tema di pazzia.

Il paese è impazzito perché di tutte queste spese, di tutto questo preparare la strada per un futuro, questo “piangere oggi per ridere domani”, non gliene frega niente. Il paese è impazzito perché metà paese – quella già pazza – ha votato la causa di follia per l'altra metà – quella sana. Il paese è impazzito semplicemente perché è cascato nella trappola di Romano Prodi e della sua compagine massimal-riformista – definizione ossimoro -, la quale compagine prometteva ripresa immediata, prometteva zero tasse, prometteva serietà al governo – e mica nella manifestazione anti-governo – e non ha mantenuto nulla. E ora, poveri scemi, si permette anche di dare di “pazzo” all'Italiano, con silenzio imbarazzato di Fassino e Rutelli – tanto già sono imbavagliati, aggiungere un po' di imbarazzo e tenere la bocca chiusa non costa loro nulla – e indecente tentativo di difesa delle parole – cfr. l'intervista a Bersani su La Stampa, 12.11.2006, pag.2. Roba che se quelle stesse parole le avesse pronunciate il Cav., in televisione starebbero ancora commentando l'ascesa di un regime dittatoriale. Nel quale, chiaramente, avremmo trovato non dico la cura alla nostra follia, ma almeno un buon luogo nel quale trascorrere la convalescenza.

* e sia detto senza offesa per gli abitanti di Cinisello Balsamo, rispettabile cittadina alle porte di Milano, celebre per essere – ingiustamente – citata spesso negli esempi, in alternanza con Concorezzo, al pari di “paese qualunque”.


sabato, novembre 11, 2006

La bella di Lodi

Lei rimane ferma e lo guarda.
«Ma quegli sgraffi lì ce li avevi già, ieri?».
«Te, me li avrai fatti, chi vuoi che sia stato, il gatto?».
«Ma se son senza unghie!».
«Eh, me li sarò fatti io, allora....».
Lei si guarda intorno come per cercare le sigarette.
Lui le chiede:
«Te, cosa fai? Stai lì».
Lei lo guarda, e aggrotta lievemente la fronte.
«Ma no, cosa vuoi...m'alzo anch'io...Tanto, t'accompagno un pezzo...».
Buttano via le coperte, lui la scavalca. Lei glielo piglia in bocca ancora un momentino, molle così com'è.


Alberto Arbasino, La Bella di Lodi, 1972, Einaudi, Torino, pag. 100, ristampa 2002, Adelphi, Milano, “Gli Adelphi”, 8€

venerdì, novembre 10, 2006

le canzoni più belle sono quelle che piacciono a te

Stasera ad Otto e Mezzo si parlerà del nuovo ed inutile libro di Luca Sofri.


se Telecom ostacola Vodafone

La Vodafone ha lanciato sul mercato il servizio “Home Zone” che permettedi avere il numero di telefono fisso “inserito” nel cellulare, oltre al numero di quest'ultimo. Senz'altro un buon servizio se non fosse che rischia di non partire a causa di Telecom. La quale ha risposto proprio alla Vodafone che la rete fissa non è concessa, niente interconnessione dunque. E senza l'utilizzo della rete difficilmente l'ex Omnitel potrà far partire il suo servizio che prevede proprio l'uso del numero di rete fissa sul telefonino. Fatta la denuncia al tribunale di Milano per concorrenza sleale, la Vodafone ora dovrà attendere il pronunciamento dell'Autorità per le Telecomunicazioni, previsto per il 15 di novembre, e sperare che venga a lei data ragione. Altrimenti sarebbe un forte colpo per tutti: per il futuro liberale degli operatori telefonici, i quali continuerebbero a vedere davanti a loro la Telecom non come un impresa alla pari, bensì come il solito macigno da superare con difficoltà; per i consumatori i quali, mancando appunto la concorrenza, avranno una scelta in meno da fare per l'uso del telefono come meglio credono.


giovedì, novembre 09, 2006

Vogliono la chimera uomo-animale. Siamo sicuri?

È di qualche giorno fa la notizia, inquietante, che due equipe mediche guidate da Stephen Minger (King's College) e Lyle Armstrong (North East England Stem Cell institute) hanno chiesto alla Hfea, l'autorità inglese che si occupa di autorizzare e monitorare le ricerche basate sugli embrioni e gameti nonché le cliniche che offrono la fecondazione in vitro, di poter procedere alla creazione di embrioni per metà umani e per metà derivati da specie bovine. Lo scopo dell'esperimento sarebbe quello di arrivare ad ottenere un embrione dal quale estrarre cellule staminali ad uso terapeutico, in particolare da impiegare nella ricerca di new drugs contro il morbo di Parkinson o le malattie cardiovascolari. L'embrione, assicurano quasi a prevedere l'ovvia obiezione, sarà al 99,9% umano e allo 0,1% animale. La modalità per arrivare a questo risultato consiste nel prendere una cellula di bovino – mucche, capre e conigli - , svuotarla del nucleo ed innestare al posto di questo il nucleo di una cellula umana, probabilmente quella della pelle. L'embrione così ottenuto andrebbe distrutto dopo 14 giorni dalla creazione.

Le due equipe hanno affermato di essere dovute arrivare ad avanzare questa richiesta a causa della scarsità di ovociti umani presente per la ricerca; fino ad oggi infatti venivano usati quelli “derivati” dallo scarto della fecondazione in vitro, ma scarseggiando anche questi, si possono arrivare a pagare anche 3.000 sterline per un solo uovo. Scoperto l'inghippo hanno immediatamente cercato di aggirarlo. L'Hfea ora dovrà decidere entro tre mesi se accogliere o meno la richiesta, con l'aggravio del fatto che essa è stata presentata con la procedura d'urgenza. Il che vuol dire, fuor di metafora, che se la Hfea non si pronuncerà entro il tempo stabilito, varrà la regola del silenzio-assenso e le due equipe potranno procedere nelle loro sperimentazioni.

La notizia, va da sé, ha già fatto il giro del mondo ed è stata riportata pressoché ovunque - basta fare una ricerca in Internet - anche se in Italia ne ha parlato solo Il Foglio in un editoriale dell'edizione dell'8 novembre (che potete trovare qui), oltre ad un lancio dell'Ansa. Nel frattempo anche il mondo medico si è diviso tra chi non vedrebbe niente di male nella creazione di questi ibridi mezzi uomini e mezzi animali o nel raggiungere la chimera uomo-animale sul modello mitologico del minotauro e chi, come Calum McKellar dello Scottish Council on Human Bioethics, si schiera contro, affermando che “nella storia umana specie umane ed animali sono sempre state separate. In questo tipo di procedura dove mescoli a livello molto profondo ovuli animali e cromosomi umani, è facile che si inizi a minare l'intera distinzione che c'è tra animali ed essere umani”.

La Hfea è dunque chiamata alla scelta, anche se in verità un precedente che porterebbe al rifiuto di questa richiesta ci sarebbe. L'ente stesso è nato nel 1991, in seguito allo Human Fertilisation and Embriology Act del 1990. L'atto contiene quelle che sono le direttive che regolano le pratiche concesse su embrioni e gameti, e al suo interno afferma chiaramente che non sono ammesse pratiche di inserimento di embrioni dentro animali e di mescolamento di gameti umani con quelli di animali.

Chiaro che se la richiesta dovesse essere accolta sarebbe un passo indietro, anziché in avanti, nella sperimentazione ed un ulteriore spostamento dei limiti etici della biologia verso zone sempre più oscure, dove il laboratorio da luogo benevolo e atto alla ricerca al fine di scoperte e soluzioni buone, diventa uno sgabuzzino di esperimenti nei quali l'uomo non conosce dove arriverà. E si avvererà quanto affermato nell' “Isola del Dr Moreau” di H.G. Wells, dove venivano creati uomini-leone guerrieri e uomini-bue operai. Sicuro di volerlo?


mercoledì, novembre 08, 2006

In alcuni paesi bisogna starsene zitti e mosca

Siccome bloggers siamo, la notizia riportiamo.


E 'sti cazzi?

Romano Prodi ci regala un'analisi delle elezioni di mid-term americane degne di un gran politologo. Della comicità.


Renato Farina minacciato di morte

Se tu esponi un personaggio pubblico, noto, come un giornalista, ad una continua gogna mediatica e ad una prospettiva – caldeggiata in modo nemmeno troppo tiepido – di pubblico linciaggio, è chiaro che poi ti devi aspettare delle conseguenze e, magari, prenderti delle responsabilità. Le conseguenze nel frattempo sono arrivate, e Renato Farina, l'ex vicedirettore di Libero costretto ad abbandonare l'incarico perché sospeso 12 mesi dall'ordine dei giornalisti e con promessa di radiazione dall'albo, è stato vittima di minacce invero molto esplicite da parte di un non meglio specificato “Fronte Rivoluzionario per il Comunismo”. Il quale fronte, sia detto, ha lasciato un pacco bomba proprio sulla porta di casa del giornalista, indirizzato al “dottor Renato Betulla Farina”, con tanto di rivendicazione e lista degli spostamenti di Farina e dei suoi famigliari, come da migliore tradizione terroristico-brigatista. Le responsabilità, c'è da scommetterci, nessuno se le prenderà. Tanto meno tutti coloro i quali si sono espressi con parole che coprono una gamma “dal duro all'odioso”, fomentando i cervellini da gallina di chi poi fa recapitare i pacchi bomba sotto casa. Capito cari intellettuali, direttori di giornali, politici che avete gridato all'odio contro Farina in modo chi più chi meno esplicito? E cari governanti, privacysti, capi di servizi più o meno segreti, pronti a mettere il segreto di stato sui riscatti pagati ai rapitori islamisti ma non sulle vicende che espongono un personaggio pubblico alla gogna mediatica, vi sentite senza colpa?


martedì, novembre 07, 2006

E' partito l'iter della finanziaria. Speriamo si buchino tutte e quattro le gomme

E|men|da|mén|to, da E|men|dà|re: liberare da imperfezioni e difetti: e. lo stile; correggere corruzioni e lacune di un testo antico, ricostruendo una lezione accettabile: e. un manoscritto medievale; modificare apportando miglioramenti: e. un progetto di legge (De Mauro Paravia)

Iniziato l'iter, sono stati presentati circa 4000 emendamenti. Improbabile che vengano tutti dall'opposizione, la maggioranza dimostra di avere ancora una gran bella faccia di bronzo. Smaltato. E metteranno pure la fiducia, scommettiamo?