Poi mi chiedi: «perché non ti fa una pagina su Facebook?». Tecnicamente, tra l'altro, non si tratterebbe solo di una pagina: bisogna prima aprire un account, e riempire una base di dati con informazioni personali che poi vai te a sapere che fine faranno – il click su «accetta» è telematicamente sempre troppo lesto, delle clausole te ne accorgi solo dopo che la casella di posta elettronica è letteralmente inondata di roba inutile. Comunque no, non la apro, dovresti sapere cosa ne penso dei cosiddetti social networks. Non ho ancora trovato chi mi dica che cazzo me ne faccio di un place con 1-2000 amici, che poi loro quando mi incontrano per strada – sai?, quella cosa d'asfalto, solitamente una carreggiata e due marciapiedi, senza modem o tastiere intorno – quando mi incontrano per strada, andavo dicendo, svoltano o si voltano dall'altra parte – e questo solo quando sono io a lasciar loro il tempo di farlo per primi, perché a volte si gode di più a giocar d'anticipo o addirittura a partire in contropiede con un «ciaoo!» ruffianissimo tra i più ruffiani. I social networks sono cose instabili, tu mica puoi cambiare realmente vita con un paio di mosse di mouse. Invece in internet di piattaforme di quel tipo ne nascono una al giorno, ciascuna delle quali dura una mesata – al massimo due, via! - dopodiché si assiste alla migrazione collettiva: tutti su quella nuova!, tutti più di prima: ricordate Myspace o ve ne siete già dimenticati? Tutti che cercano questo Tizio e quello Caio, come se ci fosse un reale bisogno di riallacciare rapporti nella maggior parte dei casi interrotti immagino per via di validi motivi. Per dire, c'è da scommetterci che Walter Veltroni, adesso come adesso, abbia più amici su Facebook che dentro il suo partito nonostante molti siano gli stessi di qua e di là. In rete tutti guardano le foto degli altri, la maggior parte delle quali imbarazzanti e/o assolutamente truffaldine circa la vera natura delle persone in questione («questa me la scatto così e la metto come avatar» - già me li vedo, è come il botulino per le settantenni: un inganno che, tra l'altro, non riesce mai). Tutti che socializzano nella loro a-socializzazione collettiva e cablata, che poi li chiami alla sera per uscire a bere una birra e questi animali sociali stanno già in pigiama.
Convinto sul perché io una «pagina su Facebook» non me la voglio fare? La aprissi, dopo due giorni sarebbe già vecchia, sporca, sgualcita, povera d'informazione da condividere con tutti – e peggio ancora con qualche vecchia e arrapata compagna di classe dai tempi del liceo: mi hanno detto che, al momento, ce ne stanno un paio, mi par di ricordarle supperggiù in linea con l'arrapamento medio generale, di sicuro più invecchiate. Non avrei tempo per giocare con giochetti condivisi, né di curare cani virtuali né forse di far parte di qualche circolo di taglio e cucito – o meglio: diretto figlio e degenerato del vecchio circolo di taglio e cucito: perché un circolo può andare bene, due circoli si fanno concorrenza tra loro e il mercato dovrebbe guadagnarne, mille circoli sono più di un guardarsi l'ombelico, sono una grande ed enorme sega collettiva, sono l'azzeramento dello scambiarsi opinioni e confronti.
Se ci dovessi cascare, però, non riempitemi d'insulti. Si sa che, dopotutto, il desiderio di essere a là page sovrasta anche i più strenui convincimenti morali.
Ma vi spiego il vero motivo per cui non ci cascherò: né Facebook con le sue foto e le sue amicizie, né Youtube con i suoi video condivisi – per dire, mi basta un blog sopra il quale evito come la peste di raccontare i cazzi miei, perché lo scopo non è proprio quello (e infatti dura da anni, non ha ancora chiuso come il 99,9% dei blog esistenti, della chiusura dei quali nessuno si è mai accorto perché il giorno dopo ne sono arrivati altri 99,9% chiusi poi entro sera). Su Youtube, tra l'altro, le insidie sono doppie e ci si deve difendere non solo dall'amico pedante con video e foto camera, ma anche dal perfetto sconosciuto che rischia di sputtanarti peggio che finendo nudo sulla prima pagina del Corriere della Sera la domenica mattina. Su Youtube puoi diventare, tuo malgrado e tua ignoranza, il protagonista del video di qualcun altro. Ti racconto un piccolo aneddoto: mi hanno riferito nobili smanettoni che proprio su Youtube c'è un video nel quale si vede un personaggio assai noto – almeno per me e per quei tre-quattro che, sghignazzando, mi hanno raccontata la storia – che balla con la sua donna. Già questo basterebbe. Ma c'è di più: balla a Ferragosto, a Forte dei Marmi, alla Capannina, su musica di Jerry Calà e della sua band. Sta lì, in prima fila sotto il palco, e il bacino – il suo e quello di lei – che si muove a ritmo di un geghegé sfrenato. Jerry Calà, addirittura, gli «ruba» la sua bella e la fa salire sul palco a ballare – e lui di sotto, fiero e contento. Tutto legittimo, per carità. Niente di male se giusto l'altro ieri, quando incontratolo gli ho chiesto delle vacanze, mi avesse raccontato la cosa, dato il livello di intimità più che sufficiente. E invece lui, temendo la cafonata, se n'è stato zitto zitto. Ora, grazie ai potenti mezzi del social networking e di uno sconosciuto stronzetto con la mania dei filmati, lo stanno pigliando tutti per il culo – l'aggravante, poi, sta nel fatto che questo tizio è pure timido. O così pensavamo noi, prima di vederlo sculettare in rete. Il prossimo?
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