lunedì, aprile 27, 2009

E tu, a che gusto lo usi il dentifricio?

Se ai bambini è concesso quello alla fragola, quello dei Pokemon o dei Gormiti, quello che fa diventare un piacere lavarsi i denti – per loro, che con questi tipi di piacere non vogliono aver nulla a che fare – è giusto che anche gli adulti abbiano il loro dentifricio. Con il loro gusto, per il loro piacere. Della qual cosa ci informa Andrea Benedetti, nella sua rubrica settimanale Lumpen sul Foglio dei Fogli dellartiano [Il Foglio, 27.04.2009 – p. 2], anche se stranamente non si riesce a trovare alcuna informazione, foto, commento in giro per la rete. In ogni caso, il dentifricio in questione si chiama Vulvex, un nome un programma. Progettato per i maschietti ma adatto anche alle più esigenti tra le signorine là fuori, è disponibile sul mercato in tre gusti: «after piss», «those days» e «sex fluid» - non c’è bisogno di tradurre ma per i meno dotati, linguisticamente parlando, basti dire che il gusto generale è quello della vagina, disponibile in tre varianti a seconda dei momenti. Prodotto dall’azienda norvegese Turguit, non è però riuscito a trovare sbocco nei normali canali di vendita, poiché la maggioranza dei supermercati europei (dove le persone, di solito, comprano il dentifricio) ha ritenuto l’articolo fuori target rispetto a quella che è la sua clientela abituale. Lo distribuisce, al momento, la catena danese di sexy shop Sex4Fun, ma anche questo rimane un mistero non essendoci traccia in rete. Rimane l’idea, vera o falsa che sia. Geniale, interessante. Burlona, anche. Ma se si scopre che in «quei giorni» è rintracciabile un qualcosa che favorisce la guerra alla carie, che blocca il formarsi di tartaro e placca e che rende – perché no? – l’alito più fresco, come la mettiamo? Non si può mica mantenere una perfetta igiene orale solo per una manciata di giorni al mese.

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domenica, aprile 26, 2009

Tra poco ritorno, prometto.

giovedì, aprile 16, 2009

Come faranno con Twitter che ha solo 140 caratteri?

Fenomenale lettera di Franco Bagnasco a Dagospia. Sottoscrivo. Anzi, rilancio: quando uscì il suo ultimo lavoro (La Notte che Pinelli, Sellerio 2009) Sofri, quello anziano, apparve su Facebook. Ma la sensazione che a gestire la sua pagina fosse Sofri, quello giovane, non mi ha mai abbandonato.
Caro Dago, ieri con una toccante nota («Metti giù») delle 22.03 Daria Bignardi ha comunicato ai 5.000 amici di Facebook (ma ne ha «7.096 in attesa di essere accettati», puntualizza) la propria intenzione di abbandonarli dopo «una passione durata nove settimane e mezzo». Addio confermato al Paese intero - si immagina straziato dal dolore - in un pezzo dai vaselinici umori uscito oggi su "Vanity Fair".
Per la cronaca, va detto che Bignardi pochi mesi fa, sempre nella sua rubrica molto cool, dove pare che riesca mirabilmente a prendere un po' tutti per il cool, aveva già commiserato «i quarantenni che si baloccano su Facebook». Come darle torto? È sciocco, in effetti, coltivare on-line amicizie e passioni disinteressate.
Poi, improvvisa e gradita, la conversione. «Ho dovuto ricredermi». Applausi, trionfo. Una ola da stadio che neanche per l'Innominato quando si iscrisse a Comunione e Liberazione.
Purtroppo - casualmente - la folgorazione facebucchina (come direbbero a Napoli) di monna Daria coincideva millimetricamente con l'uscita, il lancio e la promozione del suo primo libro, «Non vi lascerò orfani». Un titolo che ora suona quantomeno stridente. Nonché con il delicato passaggio della Nostra a Raidue e il debutto de «L'Era glaciale». E qui, invece, il titolo sembra perfetto.
In queste nove settimane e mezzo - l'ho verificato personalmente, insieme con gli altri 5.000 - Daria ha modificato il proprio status SOLO per annunciare tutte - tutte - le date delle presentazioni del suo libro nelle biblioteche italiane - non pervenute Rocca Susella (Pv) e Vigolzone (Pc) - e due dosati teaser sulla partenza del nuovo programma. Niente di più. Niente di personale, niente di empatico, niente di niente. Solo un (in)terminabile spot.
Ora che quel si doveva fare è stato fatto, guarda caso, molla tutto perché quest'impegno le stronca la vita.
Posto il fatto che una signora il proprio orticello web lo gestisce come crede, almeno ci risparmi la conversione. Ah no, è vero: così sfanga tre settimane della rubrica e si fa pubblicità arrivando direttamente a chi la ama nella piazza virtuale più trrendy del momento. Raddoppiano le probabilità di vendere qualche copia in più.
Insomma, Daria Bignardi, la donna che nelle interviste spiega all'intervistatore quali domande dovrebbe porgergli (vedi l'ottimo Sabelli Fioretti su «La Stampa»), oppure decide di scriversi direttamente il pezzo se l'intervistatore non le garba (vedi, più modestamente, il sottoscritto su «Tv sorrisi e canzoni») ci ha dato un'altra grande lezione di marketing e di comunicazione.
La credevamo un bel rosso d'annata. Vuoi vedere che era solo un vinello in tetra-pack?
Franco Bagnasco, Dagospia – 16.04.2009

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martedì, aprile 14, 2009

Funny the way it is!

Per una settimana la Dave Matthews Band vi regala un’anticipazione dal suo nuovo disco Big Whiskey and The Groo Grux King, in uscita il 2 giugno.

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lunedì, aprile 06, 2009

E' più facile polemizzare dopo, che prevedere i terremoti prima più

C’è un articolo molto interessante sul blog di Marco Cattaneo, circa la prevedibilità dei terremoti, i falsi allarmi e le accuse lanciate a Guido Bertolaso. Una parte dell’articolo dice che
E il diretto interessato, Giuliani, chiede le scuse di Bertolaso e immediatamente viene indicato da mezzo web come una specie di eroe nazionale inascoltato.
Io, che geologo non sono e fino a ieri ero convinto che non si potessero prevedere i terremoti, mi pongo un sacco di domande.
Come si spiega che il terremoto devastante previsto per domenica 29 marzo non sia avvenuto?
Come si spiega che per il terremoto violento di questa notte non sia stato lanciato l’allarme dallo stesso Giuliani o dai suoi collaboratori? Giuliani spiega nelle interviste di oggi che il sisma era prevedibile, e che ieri sera lo vedeva anche dai sismografi. Perché non ha nuovamente lanciato l’allarme?si può dire “prevedere i terremoti”, se lo annuncio una settimana prima in un posto e invece succede una settimana dopo in un altro? Intendo dire: se si fosse dato retta al primo allarme si sarebbe evacuata Sulmona per un paio di giorni, immagino. Poi, tutti a casa. Il terremoto invece ha colpito più a nord, e una settimana dopo. Come si fa a dire che era una tragedia annunciata?
Lo sciame sismico in corso in Abruzzo è lì da mesi. Ma un episodio violento avrebbe potuto esserci oppure non esserci. Il 24 marzo, secondo lo stesso Giuliani, tutto si sarebbe esaurito entro pochi giorni…Dalla cronaca, francamente, mi pare di capire che hanno ragione i geologi: non si possono prevedere i terremoti. Non con quel grado di certezza che permette di dire quanto saranno violenti e quando accadranno entro un ragionevole margine di approssimazione.Peraltro le misure del radon, considerato un importante precursore sismico, sono allo studio da decenni. Su google scholar, il primo articolo che parla anche di radon tra i precursori sismici si intitola così: Earthquake prediction: a physical basis. Ha 270 citazioni, ed è uscito su “Science” nel 1973. Dunque non è che i geologi di tutto il mondo sono degli sprovveduti. Piuttosto non ritengono di avere ancora abbastanza informazioni dai precursori sismici per dire di poter prevedere i terremoti.

Il resto lo trovate qui.

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esercizi di copywriting.

Smemoranda: l’agenda per chi il piede nella protesta lo compensa con quello nella City.

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the earthquake all around the world

e scusandomi per la bassezza del post.

Ma uno che in tutto questo ritenga di scrivere «[Guido Bertolaso] non dovrebbe essere accompagnato a casa e sostituito da qualcuno che sappia di cosa parla?», non dovrebbe essere portato alla neuro-deliri anziché lasciato sindacare sterilmente sulle dichiarazioni altrui e snocciolare dati su dati che, pur sostenendo la sua tesi, contribuiscono al nulla assoluto, eccezion fatta per una piccola ombra di sciacallaggio politico?

domenica, aprile 05, 2009

Il Cav. ha ragione da vendere, altro che censura.

«Sono tentato da azioni dure». Queste le parole di Silvio Berlusconi pronunciate da Praga e riguardanti l’informazione italiana. Rea, secondo il premier, di dare troppo spazio alle sue presunte gaffe e di usarle in modo strumentale contro di lui. Rincarando la dose, secondo il Cav. queste presunte gaffe sarebbero addirittura inventate da giornali e tivù (più i primi, in verità) proprio per creare il pretesto dell’attacco e nascondere invece le cose significative. Il riferimento ovvio è da ricercarsi nei fatti di Londra e di Strasburgo, ultimi in ordine cronologico. A Londra è successo questo: scattata la foto di rito con i leader del G20, il Cav. ha chiamato il Presidente Barack Obama a gran voce facendo risuonare per la sala il grido «Mr Obama». La Regina Elisabetta, che è attempatella e di buone maniere, ha chiesto agli altri presenti perché Berlusconi dovesse sempre urlare. La cosa è stata ripresa immediatamente in Italia con titoloni alquanto ridicoli, e derubricata come l’ennesima gaffe rincarata dal fatto che Berlusconi sarebbe anche un rozzo incapace di osservare il galateo richiesto in presenza di un reale. In conseguenza di ciò, lo staff della regina ha dovuto emanare un comunicato nel quale si legge che non c’è stata nessuna gaffe, né tantomeno la Regina si è sentita offesa – e, per dirvi a quale livello siamo arrivati, qualcuno ha malignato che il comunicato sia stato emesso sotto pressioni dello stesso Silvio Berlusconi. Il secondo episodio cui abbiamo fatto riferimento ha visto il nostro Presidente del Consiglio «saltare» il saluto ufficiale con Angela Merkel perché impegnato al telefono con il Premier Turco Erdogan. Anche in questo caso si è assistito a polemiche che dipingevano Berlusconi come irrispettoso, e fa nulla se la telefonata con Erdogan fosse importante proprio in ottica Nato – per i più piccini: il contesto in cui avveniva l’incontro – e non una chiacchiera tra vecchi amici (e dalla Turchia non hanno smentito). Non conta nemmeno che Berlusconi abbia ammesso che la Merkel fosse a conoscenza della telefonata, e che quindi di tutto si è trattato tranne che di un dispetto. L’unica cosa che conta, in questi casi, è l’attacco riservato ai media dal Cav., e non come i primi trattino quest’ultimo. Dopo l’esternazione di Berlusconi si è sollevato il coro di protesta tipico di chi grida all’emergenza democratica: il sindacato dei giornalisti ha giudicato «di gravità inaudita» le parole del Premier, dimenticandosi almeno per un momento delle gravità cui sono sottoposti molti giovani che vorrebbe rappresentare e difendere, mentre il segretario del Pd Franceschini ha avuto addirittura il coraggio di definire quello di Berlusconi come un «ciclo in fase finale», da qui il motivo degli attacchi. Il che detto da un politico il cui ciclo, ammesso sia iniziato, ha già la data di scadenza impressa (ottobre) fa alquanto ridere. Il leader dei reazionari di estrema destra Antonio Di Pietro ha chiosato, come suo solito, che il Cav. vuole avere il controllo totale sulla stampa; anzi: «anche» sulla stampa – due o tre allocchi continueranno a cascarci, ma tant’è.
Sta di fatto che anche in questo caso le parole di Silvio Berlusconi vengono travisate, vengono male interpretate, vengono strumentalizzate. Il Cav. parla di «dure azioni», e tutti subito a gridare: censura! Ma quale censura, scusate? Il Presidente del Consiglio non può ovviamente in alcun modo intromettersi nel modo con cui i media organizzano le notizie per poi darle in pasto all’opinione pubblica, se questo intromettersi vuol dire dare specifiche indicazioni. Potrà però, e qua credo siamo tutti concordi, dire la sua? In fondo, ognuno di noi lo fa. Potrà dire che si è rotto le scatole di veder strumentalizzata ogni sua azione tanto più che, come abbiamo visto, negli ultimi due casi non si è trattato nemmeno un po’ di quello che giornali e televisioni per un paio di giorni ci hanno fatto credere? Anziché gridare alla censura, il nostro caro popolo democratico e perbene provi a immaginare una «dura azione» consistente in una querela, oppure in un silenzio stampa del Presidente del Consiglio. Atti semplici, cui ogni persona si sottoporrebbe qualora il suo pensiero, il suo comportamento, le sue dichiarazioni fossero travisate un giorno sì e l’altro pure, a discapito delle sue azioni. Una volta pensato a questo, sempre il popolino democratico rifletta sulla sua piccolezza – e, una volta tanto, stia zitto.

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giovedì, aprile 02, 2009


Ma che razza di persone sono quelle che si fidano di un comico, un ex comico per la precisione, che si chiude nel suo fortino su internet e dice di disprezzare la televisione, salvo poi andarci e comportarsi come un ladro – arrivo quando voglio io, parlo quanto voglio io e poi scappo subito?

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mercoledì, aprile 01, 2009

Pesci d'aprile.

Il pesce d’aprile dovrebbe essere nascosto. Bisognerebbe accorgersene in ritardo e fare un po’ la figura dei fessi. Insomma, deve funzionare. Il Guardian negli scorsi anni aveva prodotto risultati interessanti: il reportage sullo stato di Sans Serif (la cui capitale era Bodoni) è rimasto negli annali perché molti inglesi presero d'assalto le agenzie di viaggi per prenotare una vacanza in quel luogo inesistente. Quest’anno, aimé, ha bucato di brutto con la notizia che sarà il primo quotidiano al mondo a essere pubblicato esclusivamente via Twitter. Che tristezza, invece, quelli di Wired.it, i quali hanno ripreso la notizia non si capisce se per riciclare il pesce d’aprile – ma come, loro che dichiarano e predicano l’iperconnettività non sanno che con il web si possono leggere i quotidiani stranieri? – o se per rilanciare una notizia recepita come buona.
Il Foglio, invece, ha preparato un pesce d’aprile con i fiocchi. Mirato non ha prendersi gioco dell’utente e basta, ma facendolo in qualche modo guadagnare seppur marchiandolo simpaticamente. Non ho ancora provato, perché temo il grande scherzo, ma starebbero regalando abbonamenti on-line per due mesi, a patto che ci si iscriva alla lista degli Amici di Gianfranco Fini.

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