Boom!
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«Il cuore del messaggio è questo: in una Milano troppo morbida e troppo mielosa, la Milano dei Gino strada e degli interismi alla Gad Lerner, arriva finalmente un uomo che invece di portare la pace porta la guerra [...] Stiamo diventando tutti interisti. O meglio io sto diventando interista, perché sono un famoso voltagabbana. Invece gli altri redattori mantengono le preferenze. Ho un vicedirettore interista, un altro romanista. E quindi sono bene equilibrato da questo punto di vista. Io stesso sono romanista, ma per Mou potrei anche diventare un interista accanito.»
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Lo adoro di più quando fa queste cose di quando la butta in politica.
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Sul partito-lista per la moratoria contro l'aborto, con il quale Giuliano Ferrara intende candidarsi alle prossime politiche, ovviamente mi sono fatto la mia idea. Che è un po' anche la stessa del Cav. - e quindi non proprio quella di Ferrara.
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Giorgio Napolitano è il Presidente della Repubblica eletto dalla sinistra, questo è vero, ma vero anche che fino ad oggi si è sempre comportato egregiamente, e non poteva che essere così visto che il personaggio in questione è un politico raffinato (e navigato), e che la sua storia è un ottimo lasciapassare all'incarico che ora ricopre. Fino ad oggi, però, perché questa volta forse è andato un po' oltre: dare l'incarico a Marini per “sondare” quante speranze ci possono essere per un governo di transizione, da creare per varare una legge elettorale che la sinistra avrebbe voluto cambiare da due anni ma che, per l'appunto, in due anni nessuno è riuscito a toccare, sembra essere solamente l'inutile tattica del procrastinare la soluzione politica di un paese. Insomma, una consultazione completa è stata già fata da Napolitano stesso, e il risultato è stato che non ci sono le condizioni per un governo che approvi una riforma elettorale, per almeno due motivi. Il primo, che il centrodestra (compresa l'Udc, da un paio di giorni) è compatto nel chiedere elezioni anticipate perché, ovviamente, non ci sono i presupposti nemmeno per credere che in tre mesi di governo tecnico si approvi una legge elettorale diversa da quella attualmente in vigore; e nessuno può sinceramente pensare di fare un governo tecnico senza Forza Italia e Alleanza Nazionale. Il secondo, un governo tecnico, di transizione, d'emergenza nazionale – chiamatelo come volete, in sostanza cambia poco o nulla – aveva un senso solamente qualora Romano Prodi avesse seguito i saggi consigli che arrivavano dal Quirinale; ovvero, se l'ex Premier avesse messo da parte la spocchia e si fosse dimesso senza cercare di fare la disperata conta dei voti al Senato, giochetto di cui tutti conosciamo la tragica fine. Dopo quella sfida, l'ennesimo tentativo di attaccarsi alla poltrona con le unghie, e senza vergognarsi, e pur sapendo che non solo nel popolo ma anche nel Parlamento non c'era fiducia per l'esecutivo, non c'è più spazio per un governo di transizione. Si voleva fare un tentativo ultimo e disperato? Si seguiva il consiglio di Giuliano Ferrara: se il leader del Partito Democratico pensava che un governo d'emergenza per varare la legge elettorale fosse assolutamente necessario, avrebbe dovuto avere lui il coraggio di chiedere al Presidente della Repubblica l'incarico, e Napolitano di darglielo. Così, ovviamente, non è stato, perché il problema di Veltroni non è tanto la legge elettorale, quanto limitare la sicura batosta e il decidere se correre coraggiosamente da solo o se imbrigliarsi ancora in un'alleanza che tutti sappiamo a cosa porta.
Napolitano, avrebbe dovuto sciogliere le Camere e andare ad elezioni anticipate. Berlusconi d'altra parte l'ha più volte promesso: prima il voto, poi se il centrodestra vincerà non farà come l'Unione la quale, in condizione di sostanziale pareggio elettorale ha preso tutto per lei, ma cercherà di affrontare una serie di riforme condivise con la maggioranza seria e intelligente dell'opposizione.
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È curioso quale sia il modo usato da Marco Travaglio per difendersi da Giuliano Ferrara nell’ultima querelle tra i due. Perché Ferrara attacca Travaglio sulla base di cose dette da quest’ultimo. E quest’ultimo, un po’ a corto di argomenti, attacca Ferrara sulla base di fatti che il direttore del Foglio ha commesso in circostanze che non vedevano minimamente coinvolto Travaglio stesso. Un po’ quello che succede quando si è bambini: il bulletto se la prende con il più debole, che lo insulta facendo oggetto dello scherno proprio la presunta supponenza del bullo il quale, non avendo più da replicare ma solo da abbassare le orecchie, s’inventa che la mamma del debole è un po’ troia. E, sia detto, anche se lo fosse veramente, è una cosa che nel battibecco tra i due ragazzini non c’entra nulla. In questa precisa maniera opera Travaglio, che sull’Unità di oggi cita la condanna per violazione del diritto d’autore francese cui è stato condannato Ferrara per la pubblicazione non autorizzata di un articolo di Le Monde, con l’unico scopo di mantenere vivo lo screzio giornalistico tra i due. Lettura spassosa, perché è tutto un fiorire di Francia “paese serio, diverso dall’Italia”, citazioni di sentenze (esattamente come scrive i suoi libri, in Italia) e persino “Ferrara all’estero non lo nota nessuno”. Bugia, se non altro per la mole del soggetto in questione. E domanda: Travaglio, invece, lo notano?
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È in corso una gustosa polemica tra Giuliano Ferrara e Marco Travaglio. Il motivo pare tanto ovvio che non lo si vuole rispiegare tutto daccapo, basti solo accennare al lettore distratto che in merito al caso Contrada, Marcolino ha fatto il suo ruttino su l’Unità [28.12.2007 – pag.8, qui]] ed è stato quindi ripreso da un editoriale del Foglio [29.12.2007 – pag.3, qui]. La cosa, ovviamente, non finisce lì. Marcolino mozzorecchi risponde ancora [l'Unità, 31.12.2007 - pag.2, qui]
Entrare nel merito della vicenda, con le mie considerazioni personali, è cosa che non voglio fare. Chi mi legge può ben capire esattamente come la penso in tema di garantismo e di mozzorecchismo. Solo un pezzo della risposta di Travaglio non mi è chiara. Prima risponde a Ferrara dicendo che lui non ha “mai irriso a Contrada” ma solamente ai suoi “tragicomici fans” come il Ministro della Giustizia Clemente Mastella e il direttore del Foglio, appunto. Poi, qualche riga più sotto, cita il rifiuto del ricovero da parte di Bruno Contrada mettendo tra parentesi – e quindi amplificando l’infamia – “il Cardarelli non è di suo gradimento”. Se non è irrisione questa, ci spieghi Travaglio la funzione della sua prosa.
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Se il mio editore televisivo fissa nella responsabilità televisiva un limite alla libertà di satira io sono contento, mi spiace solo che per farlo si debba ricorrere al canone secondo cui quella di Luttazzi non è satira, il che non è vero anche se in un primo momento ho equivocato leggendo il testo delle sue parole fuori del loro contesto drammaturgico e della loro legittima cornice ideologica (per me, ovviamente, un pochino ributtante). Se la sospensione del programma serve a far discutere di questo, io sono contento. Se Luttazzi torna in onda su La7 dopo che questa discussione si è svolta, e ricomincia, sono contento. Se lui e Campo Dall'Orto volessero venire a parlarne a "8 e mezzo", quando desiderino, sarei contento. Come vedete, sono molto contento. Sono contento anche della passione che il Manifesto, quotidiano comunista e dunque tribuna satirica fin nella testata, mette nella alta trattazione culturale del caso Ferrara-Luttazzi & Cacca. Sarei anche molto contento, ancora più contento, se accettasse l'idea che si deve ridere del patriarcalismo autoritario degli islamici o imbastisse nelle sue dense pagine difese così sofisticate della libertà di satira nel caso in cui un comico di destra prendesse Rossana Rossanda, la mettesse in una latrina e la trattasse come sono stato satiricamente trattato io. Non dubito che i colleghi comunisti sarebbero inflessibilmente coerenti con i loro principi.
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La direzione della rete La7 ha deciso di sospendere il programma di Daniele Luttazzi, Decameron, in seguito alle pesanti offese che questo ha pronunciato nei confronti di un altro collaboratore della emittente stessa, Giuliano Ferrara. Avranno buon gioco gli strenui difensori della satira a difenderlo, i marcotravaglio e le sabineguzzanti per i quali in televisione si può fare di tutto ma nella televisione italiana ciò non è permesso. In verità, nella televisione italiana è permesso fare di tutto, compreso il mandarli in onda. Il punto è un altro. Come si può difendere ora uno come Luttazzi, come si possono prendere le difese – anziché le distanze – da una sua presunta satira che anziché far ridere faceva rivoltare? Di quella satira autenticamente tale, nel Decameron non se n’è mai vista l’ombra, tanto che il pubblico aveva iniziato a capire l’andazzo e a premere il telecomando volentieri. Piuttosto si è assistito ad una serie di volgarità sinceramente inaudite. E ora la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Luttazzi ha parlato di un “Giuliano Ferrara al quale Berlusconi piscia addosso, Previti caga in bocca, mentre Daniela Santanchè in completo sadomaso si dà da fare col frustino”. Testuale, per quanto rivoltante. Uno così, anziché essere messo alla porta tramite comunicato stampa ed eventuale buonuscita, andrebbe preso a calci nel culo, altrochè.
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