martedì, giugno 27, 2006

anzichè risolvere lo schifo si fanno battute

Mastella ci delizia: per le intercettazioni multe più salate ai giornali. Considerato il peso di questa pena, alle fantastiche gole profonde che affollano le magistrature e che, inevitabilmente, passano le intercettazioni ai giornali (i quali, ricordiamolo, non se la sentono di rischiare il venduto del giorno seguente non pubblicandole quando il diretto concorrente lo fa) alle gole profonde, dicevo, cosa facciamo. L'impiccagione, sior Mastella?


lunedì, giugno 26, 2006

La riforma non è passata, il referendum è fallito. L'Unità si sta già masturbando, gli altri erano troppo impegnati a guardare l'Italia vincere grazie ad un dubbio rigore per ricordarsi di questo referendum. D'altronde, parliamoci chiaro, qualcuno pensava il contrario rispetto a quello che poi si è dimostrato il risultato?


ecco il mio referendum

Il referendum a questo giro capita in un momento incasinato. Insonnia, cose da mettere a posto, lava, stendi e i piatti, le posate. Certo, c'è la pupa che una mano me la dà anche ma, insomma, sto inguaiato. Dunque mi sono ritrovato ad andare a votare oggi, seconda giornata per il referendum sulla riforma costituzionale. Il codice d'onore direbbe che bisogna sempre giocare la carta della sincerità, allora sarò sincero: ci sono sì i panni da ritirare, ma c'era anche poca voglia di votare. E non per il caldo, l'afa, il weekend, il desiderio di mettere le palle in ammollo in qualche (affollata) piscina; niente di tutto ciò, bensì poca voglia di votare per la votazione in sé. Per chi mi segue da tempo non c'è alcun bisogno delle presentazioni, ma per quelli che si sono appena sintonizzati su Ordine Generale magari un ripassino fa bene. Ho sempre votato a destra, mai sognato di dare il mio voto ad un governo di centrosinistra o, peggio ancora, di sinistra-sinistra, quindi logica vorrebbe che il mio 'sì' a questa “devolution + altro” fosse convinto e con il sorriso in faccia. E invece no, cazzo, stavo pieno di dubbi. Non è che non mi convince il federalismo, anzi, solamente che se federalismo doveva essere, che federalismo sia, e non un pastrocchio che funge semplicemente da compromesso; ecco, a questo federalismo non faccio l'occhiolino, e tanto meno lui a me cerca di fare il sorriso da cerbiatto. Poi c'è il cosiddetto premierato forte, e su qui siamo d'accordo, lo voglio, fortissimamente lo voglio. Però il voto è unico. Dico: non sarebbe stato meglio – ammesso che fosse possibile – farne almeno due di quesiti referendari, uno sulla devolution e l'altro sul premierato forte? Perché uno che è d'accordo al 50% deve sorbirsi anche la parte a lui non gradita? A tutta questa mia poca voglia, aggiungete un pizzico di odio – parolona senz'altro errata, ma altro non mi viene – nei confronti del popolo leghista. Nulla di enorme, per carità. La Lega – l'ho sempre detto – si fa portatrice di buoni propositi, semmai è contestabile il modo col quale li esprime, questi suoi buoni propositi. E poi si fa sempre gli affaracci suoi, mai che fa gioco di coalizione; per dire, è una che vota Bossi ogni qual volta può – sia la Presidenza della Repubblica o quella di Camera o Senato – e mai che segue le indicazioni della coalizione, salvo poi piagnucolare quando gli altri non danno retta a lei. Ecco, questo gioco non mi piace, e contribuiva anch'esso ai miei dubbi sul questo referendum. Poi mi sono trovato alle 13.30 – finito di mangiare, fumata la sigaretta – a recarmi al seggio. Tra i pochi metri che separano casa mia dal luogo di voto, pensavo ai bellissimi de sinistra, e mi chiedevo – tra me e me -: loro fanno tanto i paladini della costituzione, però nel 2001 hanno creato un pastrocchio di riforma mica da ridere; non mi piace poi l'idea che solo loro si sentano in diritto di poterla riformare, dall'alto dei loro superbi nasi di discendenti dei padri costituenti. E poi prendono pure per il culo: come fanno a dire che si può dialogare su una riforma solo a vittoria del 'no'? Nemmeno a me questa riforma piace – l'ho detto sopra – e spero dunque che si possa cambiare, ma se ciò dovesse avvenire, sarà solo dopo la vittoria del 'sì', Perché se vincessero i 'no' qualsiasi tentativo di riforma verrebbe precluso, con buona pace dei riformisti di casa nostra. Ore 13.35: ho fatto la croce sul 'sì', sono uscito dal seggio ed ho acceso una sigaretta.


sabato, giugno 24, 2006

Ho finito Cambiare Regine di Christian Rocca e ho iniziato Il Collezionista di Città di Camillo Langone. Buona estate.


venerdì, giugno 23, 2006

quel manifesto perennemente in crisi

Al manifesto a volte fanno un po' tenerezza, per quel loro modo di vivere così consapevolmente utopistico e nonostante tutto caparbio da trentacinque anni. Loro, che sono una cooperativa dove tutti contano lo stesso, dove il direttore percepisce lo stesso stipendio della segretaria – e per giunta se ne vanta – e dove, insomma, nessuno è più stronzo dell'altro (nella misura in cui un direttore di giornale può essere stronzo nei confronti della sua redazione, e che a sua volta subisce la stronzaggine dell'editore) e regna la pace e l'armonia, e probabilmente si mangia tutti insieme, si beve il caffé tutti insieme, e tutti insieme si chiacchiera allegramente, una sorta di Asilo Mariuccia per persone grandi e a modo. Epperò ci sono i problemi economici, da sempre. E anche questa volta le voci che girano – e che sono state messe in circolo da loro stessi – non sono delle più rassicuranti. Dalla redazione addirittura sono arrivati ad affermare che “il giornale potrebbe morire in un caldo pomeriggio d'estate”, quindi la situazione è realmente grave. E nessuno si augura la morte di un giornale, per quanto strambo e lontano dalle proprie idee, perché quando una testata muore è un brutto segno per tutto il paese. Epperò se anche loro facessero qualcosa per migliorare questa situazione non sarebbe del tutto malaccio. Voglio dire, se hanno un lettorato militante che però li abbandona una volta sì e l'altra no – cioè quando a governare c'è la sinistra – e che contesta alcune scelte di governo; se il lettore non lo trova come punto di riferimento per un movimento critico e di pensiero; se il lettore non vuole sottoscrivere gli abbonamenti; insomma, per tutta questa roba, un po' di colpa è anche loro, non solo dei fidi nelle banche o di Tronchetti Provera che li sfratta dalla sede storica di via Tomacelli a Roma. Potrebbero rivedere i piani, sia editoriali che amministrativi, anziché aprire sottoscrizioni su sottoscrizioni, ché il lettore se non fa un abbonamento, figuriamoci se gli manda i soldi. E poi, la cosa più vergognosa di tutte, bisogna dirlo, è qui sulla punta della lingua da quando mi sono messo alla tastiera, è la storia del numero settimanale a 5 euro. Esatto, il quotidiano che costa più di tutti in Italia – 1,10 euro – per un giorno alla settimana pare uscirà a 5 euro. E va bene tutto, noi siamo qui a farne una critica, magari anche simpatica, ma tanto il manifesto mai ci sogneremo di comprarlo, nemmeno per incartare il pesce; ma il lettore, mica si può prenderlo per il culo così.


giovedì, giugno 22, 2006

Minestrone

Che noia queste giornate, non trovate? Niente di serio da commentare, niente di serio da segnalare. A meno che per serio s'intendano le cazzate Savoiarde, la scoperta dell'acqua calda nella efficace relazione pompino-comparsata televisiva – e lo scandalo sta qui, ma nessuno l'ha capito: una comparsata su un programma di share basso val bene un pompino? - o ancora il presunto giro di tangenti che vede coinvolti Raffaele Fitto e l'editore di Libero e Riformista – per il quale, verso quest'ultimo, sono garantista a tutti gli effetti e vedo la questione come una cosa improbabile.

Certo, ci sarebbe anche il referendum di domenica prossima, ma cosa dire che ancora non sia stato detto? Forse che il quesito unico è una brutta cosa, essendo la riforma fondamentalmente divisa in due parti, pseudo devolution e rafforzamento del premierato, e che quindi le crocette da fare sarebbero dovute essere almeno due o forse ancora che è chiaro che per noi della Casa delle Libertà sarà l'ennesima batosta. Ma anche a voler indagare i motivi di tutto ciò, si riscontrano gli stessi problemi di sempre: il 'no' della sinistra è fortemente ideologizzato, il 'sì' della destra arriva invece solo dal Nord, tutti gli altri andranno al mare e speriamo che la Lega non s'abbacchi troppo.

Quasi dimenticavo, i Mondiali di Calcio. Oggi doppio verdetto per l'Italia: la partita con la Repubblica Ceca sarà importante per ottenere il proseguimento nel cammino per gli azzurri ma soprattutto per vedere quanto questo cammino potrà essere lungo, e pur facendo i debiti scongiuri da queste parti non si crede molto. Poi, subito dopo la partita, arriveranno le prime segnalazioni alle squadre coinvolte nel pastrocchio. La Juve andrà sicuramente in B, il Milan quasi sicuramente si prenderà una decina di punti di penalizzazione l'anno prossimo, ché in Italia quando in passato hai già abbondantemente pagato per le cazzate commesse, difficilmente si applica la replica della pena. Fiorentina e Lazio, che godono di meno attenzioni – eufemismo per dire che non contano un cazzo? - finiranno anch'esse in B, ma con molto meno sdegno popolare rispetto a quello riservato alla Juventus. Ma tutto ciò, state tranquilli, durerà lo spazio di tre o quattro giorni, forse qualcuno in più al Bar dello Sport, poi i pervertiti italiani vorranno ancora leggere di pompini e inculate sul Corriere. E allora giù d'intercettazioni selvagge. A proposito: non vi pare una cazzata questa dei magistrati, che dicono ai giornalisti di darci un taglio con i fatti privati? Darci un taglio, questa sì che è una bella idea. Peccato che il taglio dovrebbero darlo le gole profonde della magistratura, che “passano” le intercettazioni ai giornali spesso prima che ai diretti interessati. Dico, il giornalista ora deve anche scremare il lavoro degli altri. Cose da pazzi. Dicevo io che non c'era niente per cui valesse la pena fare un commento, in questi giorni caldi caldi.


mercoledì, giugno 21, 2006

dite a quelli dell'Unità

Dite a quelli dell'Unità di fare poco gli stronzi con la questione di Fitto e, soprattutto, di Angelucci. Perché ora è facile farsi inebriare dal suono delle manette e dal peso della mannaia giustizialista, e abbaiare che è l'editore di Libero – e del Riformista, ma non di maggioranza – ma bisognerebbe anche ricordare di quando Angelucci entrò nel cda dell'Unità, per poco tempo, e di quando all'epoca della sostituzione di Furio Colombo con Antonio Padellaro era uno dei candidati per salvare i conti, in verità piuttosto messi maluccio – almeno all'epoca – del quotidiano di rosso fasciato.


lunedì, giugno 19, 2006

Fate finire questo schifo

Non se ne può più. Ne abbiamo letteralmente le palle piene. Intercettazioni su intercettazioni, sembra non finire mai. E prima Unipol, e poi Calciopoli e ora l'affare dei Savoia. E giù pagine e pagine di quotidiani con i discorsi di quello insieme a quell'altro. L'italiano medio si arrapa, si eccita da morire – l'ho già scritto, ma certi concetti è bene ribadirli. Una volta bastavano le partite di calcio in casa e il disquisire di patata al lavoro per gli ometti, qualche pettegolezzo di paese per le signorine, e tutto era a posto. Ora i mirabolanti (?) progressi della tecnologia rendono davvero la vita come il Grande Fratello, alla faccia di chi invoca la privacy pure quando ti fumi una sigaretta fuori dal suo muro di casa – quelli che la mattina dopo fanno la pupù con il giornale in mano per leggere le ultime intercettazioni.

E poi, finito un giro, si ricomincia subito, nemmeno il tempo di farsi passare il mal di testa. A qualcuno interessa ancora Calciopoli? Sia mai. Il Mondiale è iniziato, l'Italia pare mica messa troppo bene, chi deve indagare indaga, a fine agosto al massimo si chiacchiererà un po' da Bar Sport se la propria squadra sarà penalizzata. Ma adesso c'è Vittorio Emanuele, quello lì che poteva rimanersene di là a fare le sue cazzate, ora l'attenzione è tutta su di lui. E il balletto delle intercettazioni è ovviamente iniziato. Tutti ad accusare il metodo e poi il mezzo (stampa), ma tutti i direttori che pubblicano, perché non si possono mica regalare le copie in giro. Sarebbe ora che le querele arrivassero, e sul serio; e fossero care, perché la cosa è davvero disgustosa. Non trovate? Ah, non è disgustoso vedere il vecchio Savoia che dice che quella ragazzina lì fa i pompini con il preservativo, e che questo mica va bene, e l'altro – nemmeno so chi è, leggo velocemente da Dagospia, che gli dice che sì, Principe, ha perfettamente ragione, ma ora si preoccupano tutte per le malattie e lei è della vecchia generazione, come me – dico, tutto ciò non è disgustoso? Già, avete capito, loro sono della vecchia generazione, e il pompino gli piace senza nulla in mezzo alle palle – e proprio il caso di dirlo. Penalmente rilevante? Schifoso – immaginare la scena più che altro – ma nulla di penalmente rilevante. E anche se lo fosse non lo deve sapere il lattaio o il ciabattino che leggono il loro quotidiano tra un cliente e l'altro. Si chiama segreto istruttorio, non sputtanamento mass mediatico. Ma noi siamo così, ci eccitiamo per niente. Perdiamo ore a leggere queste scemenze ma guai ad aprire un libro, si fa troppa fatica.

Il neo-ministro della giustizia, Clemente Mastella, tra un atto di clemenza e l'altro ha dichiarato di voler attuare un decreto per le intercettazioni quanto prima, a patto che la maggioranza che l'opposizione siano d'accordo. Se ne freghi, Mastella. Parte della maggioranza è d'accordo – parte è forcaiola e si eccita – e parte dell'opposizione idem. Ma quando c'è da concedere una grazia urgente – e anche sacrosanta, ma non è questo il punto – nemmeno ci si degna di chiamare i parenti delle vittime (che son pur sempre morti e va bene non toccare Caino, ma nemmeno sputare sulla tomba di Abele...) e quando c'è da varare un decreto importante si cerca l'accordo? Quelli d'accordo ci sono, da una parte e dall'altra, e penso che siano sufficienti, basta che questo schifo finisca.


Adoro questa donna – anche se lei non lo sa.


domenica, giugno 18, 2006

ops, mi si è ristretto il giornale

Debutto di Libero nel nuovo “abito” 31 x 45 in full color. La prima impressione è tutto sommato soddisfacente. Dico “tutto sommato” perché a me il giornale piace classico. Mi piace La Stampa con quei suoi paginoni – ma il restyling è in arrivo anche per lei -, mi piaceva il vecchio Corriere, quello in bianco e nero e con una colonna in più. Non mi piace Repubblica – e non fate i maliziosi, parlo di formati – nonostante capisca la comodità in situazioni come il treno o i mezzi pubblici. Questo nuovo Libero, come dicevo, non mi dispiace. Sarà l'affetto che provo verso la testata, sarà quel qualcosa di inspiegabile. Boh. Certo, il tempo per i miglioramenti sarà utile: troppe pagine hanno le foto ancora “fuori stampa”. Bella l'idea di non stravolgere completamente la veste grafica ma solo di rinnovarla in modo sobrio. Unica, gravissima, pecca: i nuovi font sono identici a quelli usati dal marciume free press. E questa cosa, un pochetto, m'abbacchia.


sabato, giugno 17, 2006

La Malfa si è dimesso dal Pri

Non chiedetemi il motivo – certe cose non si possono spiegare semplicemente perché non c'è una vera e propria ragione – ma a questo blog, cioè al suo titolare, sta a cuore il Partito Repubblicano. Ripeto, senza una precisa spiegazione. Questione epidermica, si dice per farla breve. E la mia epidermide alla vista dell'edera non si inacidisce, non si inarida, non fa le pieghette.
Dunque qualche giorno fa vi diedi la notizia, in verità ripresa all'inizio solo dall'
Indipendente, delle dimissioni del Presidente Giorgio La Malfa, figlio di Ugo. Oggi sul Corriere è uscita un'intervista allo stesso che ribadisce le sue ragioni nel presentare le dimissioni, e sulla Voce Repubblicana, organo ufficiale del Pri, è stato pubblicato uno scambio epistolare tra La Malfa e Francesco Nucara, il segretario del partito. Le cose stanno così: La Malfa ha presentato a Nucara le dimissioni, per i motivi legati al referendum del prossimo 25 giugno, e il segretario nel frattempo sembra non averle accettate. Trovate le lettere qui. Dovere di cronaca – e poi, sì, mi sta proprio a cuore.


venerdì, giugno 16, 2006

Oggi...

Sono stato ospite di una trasmissione radiofonica
Ho fatto gli auguri di buon compleanno ad un amico oggi, ma il compleanno è domani
Sto ascoltando Ringleaders of the tormentor di Morrissey


Domenica 18 Libero debutta con una nuova veste. Formato 31 x 45 (simile a Repubblica, solo un poco più corto e stretto), 54 pagine – con l'obbiettivo di 64 – e full color.


About Suv

Questo dialogo è avvenuto veramente. E la percentuale di “romanzamento” è si è no del 10%, quindi se inorridite è per qualcosa successa veramente. Il vostro blogger preferito è quello in rosso – anche se il vero rosso è quello in nero: presente il progressista con un piede nel comunismo?

Sentito, vogliono tassare i Suv con una sorta di superbollo, come si faceva una volta con i diesel? Era ora che s'inventassero una cosa del genere...

A me sembra una stronzata. Voglio dire, partendo dal principio che i Suv non mi stanno simpatici ma neanche riesco a provare odio per loro, i loro possessori già pagano più di un qualunque altro possessore di macchina...

Beh, insomma, a parte il prezzo di listino, non vedo molta differenza

Davvero? E allora dove lo metti il prezzo del carburante? Il Suv consuma di più, anche per il semplice fatto che – a parità di cilindrata con una macchina berlina classica – ha più peso da spostare, quindi il motore deve avere più spinta, ergo si “schiaccia” di più e si consuma di più. E poi il bollo, mi sembra caruccio, no? E l'assicurazione, quella non la prendiamo in considerazione?

Ma chi si compra un Suv vuol dire che ha i soldi, quindi non ci vedo nulla di male nel fargliela pagare piano piano (con un accenno di decadimento vocale a partire dal “non ci vedo nulla di male”)

Che razza di discorso! Io credo invece che chi invoca queste super tasse in verità è perché rosica, non tanto della macchina in sé, quanto del fatto che il suo proprietario abbia i soldi per permettersela. Salvo poi partire, ad agosto, per la Sardegna e non perdersi un un viaggetto al mare ad ogni ponte che Dio manda in terra...

Beh, però c'è da dire che i Suv inquinano di più, e poi nelle grandi città parcheggiano in modo selvaggio, e già non c'è posto per le macchine normali, quegli stronzi dovrebbero starsene a casa, a girare nel parco della loro villa con quelle carceri a quattro ruote

Pesa di più un chilo di piume o un chilo di ferro? Perché a me sembra che un 2500 Suv inquini tale e quale ad un 2500 non suv. Consumerà di più, ok. E quel surplus di consumo il proprietario già lo paga alla pompa di benzina. Per quanto riguarda il parcheggio, questa è proprio una cazzata, fattelo dire. Perché se tu vai in centro in un momento compreso tra le 9 della mattina e le 18 del pomeriggio, vedi che ci sono anche le Smart che parcheggiano in doppia fila o sui marciapiedi impedendo così il passaggio pedonale. E due Smart sul marciapiede rompono il cazzo tale e quale ad un Suv.

(in evidente imbarazzo, nascosto da un filo di presunto sarcasmo) Ma io infatti la super tassa la introdurrei anche per le Smart. Quanto mi sta sul cazzo chi se le può permettere. Macchina da fighette..

Ciao, buonanotte...


mercoledì, giugno 14, 2006

Come ci sto bene in questa spirale jazz milesdavisiana.


speriamo in una bufala

Su l'Indipendente del 14 giugno, a pagina 2, dicono che Giorgio La Malfa si è dimesso dal Partito Repubblicano per aver sostenuto la linea del 'no' al prossimo referendum sulla riforma costituzionale. Sul sito del Pri non ci sono comunicati, se non quello in cui il segretario del partito Francesco Nucara afferma che la linea dei repubblicani è per il 'sì' ma “riconoscendo ai singoli libertà di giudizio”. Google News tace anch'esso. I grandi giornali figuriamoci. Mi informerò, anche se tutto fa pensare ad una bufala. O almeno spero.


martedì, giugno 13, 2006

Perché è sbagliato liberalizzare il buco

Da un paio di giorni è riemersa una proposta che puntualmente viene fatta, quasi abbia una scadenza da rispettare, e che sempre puntualmente viene rispedita al mittente: legalizzare il buco, ovvero permettere ai tossicodipendenti da eroina e da altre droghe pesanti di farsi utilizzando strutture pubbliche appositamente messe a disposizione. In questo modo i fautori della proposta pensano di ottenere un calo delle morti per overdose, in quanto la somministrazione sarebbe in qualche modo controllata e dunque l'uso non sarebbe spropositato. Nobili, come premesse. Peccato che chi tira fuori l'argomento – e nell'ultima versione si segnalano prima il rifondarolo Ferrero e poi, sul tema più generale della liberalizzazione delle droghe pesanti, l'oncologo Umberto Veronesi – dimentica di aggiungere altri piccoli particolari. Ad esempio, quanto sarebbe giusto che lo Stato fornisse la droga ai drogati? Qui non si tratta certo di becero antiproibizionismo. Non si parla di liberalizzare qualche cannetta. Non si parla nemmeno del fatto che ognuno dovrebbe farsi gli affari propri e dunque se uno ha un certo qual vizietto in casa sua, al limite può anche decidere di tenerselo. No, qui si tratta di prendere i tossicodipendenti, persone che vivono un profondo disagio sociale prima nei confronti di loro stessi e poi anche nei confronti delle persone che stanno loro intorno, e fornirgli un incentivo in più per non smettere. Detto in questa maniera può sembrare un discorso retrogrado, finanche un po' bigotto, ma niente di tutto ciò. Analizziamo il caso: ormai il numero dei tossicodipendenti da eroina non è più quello di 20-25 anni fa; il mondo cambia e con esso anche le droghe: cocaina e pasticche sintetiche sono quelle che colpiscono di più non tanto in termini di morti quanto nel compromettere spesso in modo irreparabile l'apparato psico-fisico consumatore. E con questo logicamente anche il numero di morti di eroina si è tremendamente abbassato. Detto ciò è facile giungere alla conclusione che il ragazzino difficilmente inizia a drogarsi infilandosi un ago in vena bensì lo fa assumendo le sostanze per altre vie – respiratorie o orali, più raramente per assorbimento cutaneo – e perdendo dunque anche la concezione del “drogarsi”, perché il gesto tipico dell'assunzione di droga viene meno. Il consumatore di eroina nel 2006 è spesso una persona sopra i 30-35 anni che si buca da più di dieci anni, magari smettendo e riprendendo di tanto in tanto, il quale è riuscito fortunatamente a scampare alle overdose e vive la sua vita in modo orribile, con una dipendenza che più passa il tempo e più non riesce a tenere sotto controllo. Fornire a personaggi di questo tipo strutture che permettano il “buco libero” andrebbe ad aggravare la loro situazione anziché migliorarla. Certo, si drogherebbero in condizioni igieniche ottimali, senza scambiarsi siringhe infette e senza correre il rischio di iniettarsi roba tagliata con il veleno per topi. Ma continuerebbero immancabilmente a drogarsi, a maggior ragione dal momento che non dovrebbero neppure andare alla disperata ricerca di soldi per comprarsi la dose, visto che questa gli verrebbe garantita dalla sanità statale. Insomma, peggio della disintossicazione controllata a base di metadone. Se lo Stato se la sente veramente di intervenire una volta per tutte a livello medico e sanitario per cercare di risolvere la piaga della tossicodipendenza, piaga che – ribadisco – colpisce un gruppo di persone con un target – se così lo possiamo chiamare – ben definito, che lo faccia impegnandosi con proposte serie. Centri di cura che permettono un completo recupero fisico e – ancor più difficile da raggiungere – psicologico possono essere un buon esempio, ma sicuramente non l'unico. Le strade che si possono percorrere sono innumerevoli e l'unica veramente dissestata e conducente in brutti luoghi è quella della liberalizzazione del buco. Si fa l'esempio della Svizzera, dove il progetto è partito all'inizio degli anni '90 e che fino ad oggi ha portato alla diminuzione di morti per overdose del 20%: constatato che in quindici anni come risultato non è tra i più strabilianti, che dire di quei tossicodipendenti che avrebbero nel frattempo potuto smettere e che invece, con lo Stato che offriva, hanno continuato a farsi? Insomma, la proposta di Ferrero risulta essere un po' più che bislacca. Speriamo che non la seguano, anche perché l'interessato ha subito precisato di parlare a titolo personale e non del governo.


Il Guardian prima in rete e poi su carta.

Con una svolta veramente in linea con i tempi, il Guardian manda i pezzi on-line immediatamente dopo averli ricevuti, quindi prima dell'edizione cartacea. Il motivo? Articoli sempre freschi e niente tagli a causa di spazio.


lunedì, giugno 12, 2006

Calcio / 2

Beppe Grillo, che raramente ne prende una e che spessissimo le stecca, anche oggi ha perso un'ottima occasione per tenere lontane le manine dalla tastiera del pc. Stasera tiferà Ghana, l'ha persino scritto sul suo blog. Magari pensando di fare bella figura. Magari.


Calcio / 1

Calciopoli, come finirà? Per chi non ha ancora capito moltissimo della matassa ingarbugliatasi intorno al mondo del calcio, l'ottimo articolo di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica apparso su Il Giornale del 05.06 e ripreso stamane dal Foglio è un'ottima – e soprattutto non forcaiola – guida.

GUIDA AI PROCESSI SPORTIVI ECCO CHI RISCHIA LA SERIE B
Le inchieste aperte nelle procure di mezza Italia coinvolgono praticamente tutti gli attori di uno spettacolo sottosopra: calciatori e arbitri, presidenti e vertici federali, direttori generali e procuratori. Se tra frode sportiva, scommesse, doping amministrativo e illecita concorrenza il calcio italiano puzza ormai dalla testa alla coda, la giustizia sportiva si prepara a dire la sua su questo mondo bacato sottoposto a «ricatti, violenze psicologiche e soprattutto connivenze di ogni genere»,
per dirla con gli inquirenti. Per capire perché gli equilibri del calcio sono vicini alla fine, e senza risalire allo scandalo delle scommesse degli anni '80 che spedì Milan e Lazio in serie B, basta dare un'occhiata a quanto è accaduto nelle ultime stagioni. Squadre blasonate e storiche come Torino, Fiorentina, Napoli, Genoa, Perugia, Salernitana, Palermo, Catania e Venezia, vittime illustri di una giustizia sportiva mai così severa, anche se non con tutti. La novità è che tra le squadre in ballo c'è la «Signora» del calcio italiano, la Juventus, come minimo predestinata alla serie B. Continua a leggere sul sito de Il Giornale


Di Ebay e di swing dall'umore selvaggio

Parlare d'Ebay. In molti lo fanno, la rete è satura di argomentazioni pro aste via Internet. Quasi tutte entusiasmanti, e vorrei vedere il contrario. Tutti che si pavoneggiano di aver preso quel libro con quegli spiccioli; tutti contentissimi per quella giacchetta così demodé – e quindi così tremendamente cool – portata via con un soldo bucato, neanche fossimo a Porta Portese. Il fatto è però un altro. Piccola regressione: stamane torno a casetta e trovo il postino. “Ecco – penso tra me e me – speriamo che ci sia posta, che siano arrivati i pacchetti e che quel bastardo non li abbia lanciati come al solito a mo' di Wall Street Journal nei villaggetti americani da telefilm”. Entro in casa e il pacchetto – uno solo, ne aspetto altri... - lo vedo, è lì sul tavolino. Apro e ci trovo dentro un dischetto, un piccolo cruccio di qualche tempo fa, roba che mai avrei pagato a prezzo pieno per il semplice fatto che è vecchio di una decina d'anni e che niente Special Price (scusate: proprio in questo momento la voce del dischetto in questione dice: “Am I seducing or being seduced?” - adoro, io) e quindi niente venti euri ma giusto qualche manciata di dollari compreso il shipping cost. Dicevo, arriva il pacco e ci trovo dentro il dischetto. Ed è una cosa fantastica, tu ora stai fremendo – perché difficilmente la cosa ti tocca pochino, altrimenti non avresti passato l'intera serata su Ebay a cercare proprio quel pezzo lì – per un qualcosa, nella fattispecie un dischetto ma potrebbe essere davvero qualunque altra cosa, che fino ad una manciata di giorni fa apparteneva ad un'altra persona. Arriva dalla California il dischetto in questione, ha fatto una transoceanica mica da ridere per giungere nella mia sgualcita casella della posta. E allora te lo rigiri, e lo immagini nella casa di qualcun altro, nel lettore di qualcun altro. E pensi: perché se n'è liberato? Doppia copia? La nonna gliel'ha regalato nonostante lui l'avesse già ma, insomma, è la nonna e quindi il regalo è ben accetto ma che cazzo me ne faccio di due copie uguali? (ora il dischetto è nella fase Strange Attraction spreads its wings); o ancora: chissà se c'ha fatto l'amore con questo sottofondo? Chissà se la prima esperienza di sesso anale con la sua ragazza (di allora, di oggi, non ha importanza) ha avuto proprio questo disco come colonna sonora? E se fosse proprio una ragazza ad avermelo venduto, ché Ebay è fantastico proprio perché – con qualche eccezione – è un mondo asessuato, dove non ti frega se il venditore o l'acquirente ci hanno la patatina o il pisellino, ma sei interessato solo alla merce, se fosse una ragazza – dicevo – e quindi la prima esperienza di sesso anale fosse stata fatta sulla sua pelle con questo disco? E ha pianto con questo disco? Ha riso? Ha avuto un leggero moto di malinconia, o quant'altro? Te lo chiedi, inevitabilmente, ogni volta che un acquisto via Ebay ti viene recapitato. Dimenticandoti così, per qualche istante, di quel figlio di una buona donna che ti dice di aver spedito la merce e che invece, dopo due settimane di solleciti, ti risponde via mail che Sorry but I'm sick and I'm not sure if I can get to the PO today. Your item will be send as soon as possible. Bastardo, mica me lo avevi spedito un mese fa?

Ora il dischetto è al punto che Meanwhile milions of miles away in space, the incoming comet brushes Jupiter's face and disappears with barely a trace... Gli indizi sono tre, tre indizi fanno una prova: provate dunque ad indovinare di che disco si tratta?


domenica, giugno 11, 2006

per una domenica si ride

Il Fondatore cazzia in maniera esemplare i fondati.


sabato, giugno 10, 2006

Ai miei carissimi lettori

Mi perdonate, vero, per lo scarso aggiornamento degli ultimi giorni? E poi torno adesso da un matrimonio, voglio dire, il mio stato di blogger è messo in seria crisi, tra la digestione lenta, la testa pesante e le troppe cose ancora da fare. Abbiate pazienza, vi penso.


domenica, giugno 04, 2006

Rilevazione dati di di vendita dei quotidiani (aprile 2005-2006)

Testata aprile 2005 aprile 2006 var. percentuale
Corriere della Sera
693.905 - 702.750 +1,3
la Repubblica 630.699 - 645.365 +2,3
Sole 24 ore 334.812 - 336.151 +0,4
La Stampa 330.840 - 320.900 -3,0
Il Messaggero 231.800 - 232.600+ 0,3
Il Giornale 200.674 - 225.814 +12,5
Libero 74.496 - 133.533 +79,2
Il Secolo XIX 114.177 - 115.757 +1,4
Avvenire 110.610 - 110.950 +0,3
Gazzettino 112.400 - 110.757 -1,5
Il Mattino 93.200 - 93.000 -0,2
Il Tirreno 80.615 - 81.735 +1,4
l'Unità 69.410 - 70.562 +1,7
Giornale di Sicilia 66.618 - 66.362 -0,4
Unione Sarda 62.943 - 64.302 +2,2
La Sicilia 59.944 - 61.358 +2,4
Gazzetta di Mezzogiorno 61.296 - 60.087 -2,0

(via Dagospia)

if you wanna know if he loves you so, it's in his kiss

Non è vero che lo sport in Italia non dà più soddisfazioni. Oggi, ad esempio, dopo un pranzo domenicale ci si poteva gustare un'ottima vittoria di Valentino Rossi nella MotoGP. O ancora su Sky Sport non-mi-ricordo-più-il-numero replicavano alcune “celebri” finali di mondiale. Oppure se ancora non siete sazi, una ottima Sharapova avrà sì perso, ma si è messa in tulle, mica un paio di pantaloncini qualunque, e Corriere.it – zac! - subito l'ha piazzata in home page.


La prossima volta astenetevi ancora, fessi!

Mussi ritira, con iniziativa del tutto personale, la firma sulla dichiarazione etica. Fassino, in un'intervista al Corriere, dichiara che “la legge sulla fecondazione va rivisitata”. Ora dove sono tutti quelli che si sono astenuti? Dove, ditemelo. A festeggiare ancora? Perché qui, se nessuno se n'è accorto, la mancanza del quorum sta diventano questione abbastanza importante. Con quattro no secchi, e il quorum raggiunto e la vittoria ottenuta, questi mica si permettevano di farsi i cazzacci loro, nossignore.


sabato, giugno 03, 2006

libertà di (in)coscienza

Bisognerebbe dire a Marco Follini che ora si fa presto a parlare di libertà di coscienza, quella bellissima cosa che lui vorrebbe vedere applicata all'interno del suo partitino in occasione del prossimo referendum. Ricordo infatti che in occasione della precedente consultazione popolare, quella riguardante la legge 40, lui non la pensava allo stesso modo. E ve lo dice uno che in quell'occasione si è battuto due volte: la prima contro l'astensione – che Follini rappresentava in pieno – e la seconda contro il referendum: la battaglia infatti la condussi – caso più unico che raro – in favore di '4 no' che ho poi puntualmente votato, cercando di far capire agli astensionisti che la loro modalità era stupida, che bisognava mobilitarsi in massa a votare 'no', perché se i fautori de '4 sì' avessero raggiunto il quorum sarebbero sicuramente passati i sì (vi sto tediando: per chi volesse, c'è sempre l'archivio della vecchia versione di Ordine Generale pronto a dimostrare quanto detto). Insomma, si parlava di libertà di coscienza. E anche in quell'occasione lodai Ginafranco Fini, perché lui sì che applicò all'interno del suo partito, prendendosi le critiche dei suoi e dei suoi alleati, la libertà di coscienza: capì che una questione etica e di sensibilità privata non poteva essere inquadrata sotto una logica politica o peggio di partito. Follini allora stava nel gruppetto che “Fini, lo scellerato!”, e ora – boccuccia a culo di gallina – viene a farci la morale sull'ognuno faccia quello che meglio crede, ignaro del fatto che se un referendum debba essere davvero inquadrato in una logica politica e, a questo punto, di sopravvivenza della sua coalizione, non c'è occasione migliore di quello sulla riforma costituzionale. Che a noi – ricattucci leghisti a parte – sembra ottima e che in caso di insuccesso sancirebbe la fine della Casa delle Libertà. Scommettiamo? Almeno sappiamo con chi incazzarci.


venerdì, giugno 02, 2006

Onorevole Presidente Fausto Bertinotti,
capisco, mi creda, l'imbarazzo da Lei provato in questa giornata. Trovarsi a presenziare per dovere istituzionale ad una festa nella quale Lei sembra non credere deve essere stato scocciante – come darLe torto, a nessuno piace essere costretti a fare le cose. Ma c'è un ma: lei è Presidente della Camera – terza carica dello Stato Italiano o giù di lì – e quel posto lo volle, fortissimamente lo volle, dunque ora deve attenersi anche a quelli che sono i doveri istituzionali che con ogni probabilità conosceva anche prima di ottenere l'incarico. Capisco l'imbarazzo, ancora, di dover stare alla parata per la festa della Repubblica – caspita, sono sessant'anni proprio oggi, eh? - e non alla contromanifestazione, lei così duvo e puvo, leader dei movimenti – a proposito: La posso ancora ritenere tale o l'hanno già scaricata? - contromanifestazione dicevo organizzata da quei quattro lazzaroni con le pezze al culo che pensano di andare con la loro bandierina arcobaleno a fargli bau bau a quello stronzo di Bush, loro che vogliono la pace – e mi scusi la minuscola – ma che poi appoggiano con un ottimo ossimoro i quattro incappucciati che sfasciano le vetrine – mi scusi anche il tono, ma credo che su queste cose io e Lei la pensiamo molto diversamente. E a proposito di bandierine arcobaleno: essendo Lei un rappresentate dello Stato – che dico: Presidente della Camera dei Deputati – avrebbe fatto senz'altro più bella figura a partecipare alla parata con la spilletta tricolore, anziché con quella pacifista. Siamo in Italia, rappresenta l'Italia, quelli che l'hanno votata e quelli che l'hanno mandata su quella bellissima poltrona su cui è seduto, dunque avrebbe dovuto mostrare con un certo orgoglio il bianco, il rosso che pur Le piace e il verde, anziché vergognarsi e sostituirlo con i sette colori dell'arcobaleno. A tal proposito, mi permetto di darLe un suggerimento: alla prossima festa ufficiale, non ripeta più la gaffe odierna. Si appunti alla giacchetta il tricolore, vedrà che non stona. E se qualche rappresentante del centro sociale – o del Suo partito, perché no – la spernacchierà, cerchi di capirlo: per certi cervellini Lei è passato dalla parte del potere. Non dico di rinunciare alla tanto amata spilla con bandiera della pace, ma almeno cerchi di nasconderla in un posto dove la macchina fotografica di qualche reporter spietato o la telecamera al servizio di qualche tiggì berlusconiano non possano trovarla, perché in Rete è pieno di blogger tanto figli delle loro madri che qualcuno di questi potrebbe anche permettersi di dire qualcosa in proposito. Le suggerirei dove non batte il sole, se non fosse che utilizzando il termine più comune per indicare quella parte del corpo stonerei con le sue 'erre' così ben accartocciate. Un Saluto.


Se le minoranze hanno il diritto di affermare la propria identità, lo stesso vale per le maggioranza. E se le minoranze vogliono obbligare le maggioranze a privatizzare i simboli della propria fede, devono esserne pronte a pagarne il prezzo, che è lo scontro. Naturalmente, questa non è la risposta che ha dato la nostra élite politica, la quale ha sempre preferito concedere territorio anziché difenderlo e mostrare la propria tolleranza nei confronti delle richieste delle minoranze, ignorando le più moderate ma molto più legittime richieste della maggioranza. In una parola, ha preferito l'appeasement allo scontro. Tuttavia, se la storia moderna ha qualcosa da insegnarci, è proprio che l'appeasement non funziona mai. È stata la politica dell'appeasement che ha permesso alla Germania di riarmarsi negli anni Trenta dello scorso secolo, e che ha messo nelle mani di Hitler i territori di cui aveva bisogno per creare la propria base industriale. È stata questa stessa politica che ha dato potere prima a Lenin e poi a Stalin, e che ha consentito all'Unione Sovietica di imporre il proprio giogo sull'Europa orientale. Non si è mai ottenuto nulla con l'appeasement, il quale è, per sua stessa natura, una strategia di sconfitta. Comporta la rinuncia ai propri interessi, senza ottenere nulla in cambio. Ed è questo il rischio che ora corrono le élite europee di fronte agli islamisti.

Roger Scruton, Il Foglio, 01.06.2006, inserti II e III