mercoledì, gennaio 30, 2008

Il coraggio che è mancato a Napolitano

Giorgio Napolitano è il Presidente della Repubblica eletto dalla sinistra, questo è vero, ma vero anche che fino ad oggi si è sempre comportato egregiamente, e non poteva che essere così visto che il personaggio in questione è un politico raffinato (e navigato), e che la sua storia è un ottimo lasciapassare all'incarico che ora ricopre. Fino ad oggi, però, perché questa volta forse è andato un po' oltre: dare l'incarico a Marini per “sondare” quante speranze ci possono essere per un governo di transizione, da creare per varare una legge elettorale che la sinistra avrebbe voluto cambiare da due anni ma che, per l'appunto, in due anni nessuno è riuscito a toccare, sembra essere solamente l'inutile tattica del procrastinare la soluzione politica di un paese. Insomma, una consultazione completa è stata già fata da Napolitano stesso, e il risultato è stato che non ci sono le condizioni per un governo che approvi una riforma elettorale, per almeno due motivi. Il primo, che il centrodestra (compresa l'Udc, da un paio di giorni) è compatto nel chiedere elezioni anticipate perché, ovviamente, non ci sono i presupposti nemmeno per credere che in tre mesi di governo tecnico si approvi una legge elettorale diversa da quella attualmente in vigore; e nessuno può sinceramente pensare di fare un governo tecnico senza Forza Italia e Alleanza Nazionale. Il secondo, un governo tecnico, di transizione, d'emergenza nazionale – chiamatelo come volete, in sostanza cambia poco o nulla – aveva un senso solamente qualora Romano Prodi avesse seguito i saggi consigli che arrivavano dal Quirinale; ovvero, se l'ex Premier avesse messo da parte la spocchia e si fosse dimesso senza cercare di fare la disperata conta dei voti al Senato, giochetto di cui tutti conosciamo la tragica fine. Dopo quella sfida, l'ennesimo tentativo di attaccarsi alla poltrona con le unghie, e senza vergognarsi, e pur sapendo che non solo nel popolo ma anche nel Parlamento non c'era fiducia per l'esecutivo, non c'è più spazio per un governo di transizione. Si voleva fare un tentativo ultimo e disperato? Si seguiva il consiglio di Giuliano Ferrara: se il leader del Partito Democratico pensava che un governo d'emergenza per varare la legge elettorale fosse assolutamente necessario, avrebbe dovuto avere lui il coraggio di chiedere al Presidente della Repubblica l'incarico, e Napolitano di darglielo. Così, ovviamente, non è stato, perché il problema di Veltroni non è tanto la legge elettorale, quanto limitare la sicura batosta e il decidere se correre coraggiosamente da solo o se imbrigliarsi ancora in un'alleanza che tutti sappiamo a cosa porta.

Napolitano, avrebbe dovuto sciogliere le Camere e andare ad elezioni anticipate. Berlusconi d'altra parte l'ha più volte promesso: prima il voto, poi se il centrodestra vincerà non farà come l'Unione la quale, in condizione di sostanziale pareggio elettorale ha preso tutto per lei, ma cercherà di affrontare una serie di riforme condivise con la maggioranza seria e intelligente dell'opposizione.

Etichette: , , , , , ,

Auguri, Foglio!

Esattamente dodici anni fa arrivava nelle edicole Il Foglio.

Ps – dal 3 febbraio prossimo tornerà in edicola anche la domenica.

Etichette:

martedì, gennaio 29, 2008

vi pigliereste questo qui come leader?

Beppe Grillo ha annunciato qualche giorno fa di voler entrare in politica con delle liste civiche approvate da lui stesso, mediante bollino-certificazione di qualità modello Chiquita. Una delle prime azioni di questa “discesa” in campo, è quella di organizzare una contro-manifestazione qualora il Cav. portasse a Roma i “milioni di persone” promesse se Napolitano non concede le elezioni subito. La proposta di Beppe Grillo è semplice: fare una “gita su Roma” in cui si va a protestare sotto le sedi dei principali partiti italiani - “un'occasione per vedere dal vivo i ruderi della politica italiana” e fa niente se tra quei ruderi ci sono sia chi proprio da Grillo è stato votato nel 2006 sia il suo compagno di merdende Antonio Di Pietro. La cosa è un'altra. Un politico, perché chi decide di far politica attiva diventa “politico”, deve conoscere la storia della politica italiana. Anche se si tratta di un futuro uomo politico che quella storia dice di odiarla. Beppe Grillo, da questo punto di vista, parte malissimo: confonde l'edera del Partito Repubblicano Italiano con il simbolo del Partito Liberale Italiano

Etichette:

venerdì, gennaio 25, 2008

turn it down!

Back to Black di Amy Winehouse è sicuramente un bel disco. Inascoltabile: qui trovate la forma d'onda di un colpo di cassa nella canzone Rehab, praticamente un'onda quadra. È questo che distorgce, non i vostri auricolari.

Etichette: , ,

Prodi è riuscito a combinarne un'altra prima di andare via

La caduta di Romano Prodi ci ha liberato della sinistra intesa come l'abbiamo conosciuta almeno negli ultimi 15 anni, ovvero un'accozzaglia tenuta insieme stupidamente dall'odio nei confronti di Silvio Berlusconi. Ma chi ha anche portato direttamente ad una farsa, le liste civiche di Beppe Grillo.

Etichette: , , ,

giovedì, gennaio 24, 2008

Prodi a casa

cito a memoria....

When I say I love you you say you better
You better you better you bet”

Etichette:

mercoledì, gennaio 23, 2008

Scusatemi, lettori. Tornerò presto – o almeno spero.

mercoledì, gennaio 16, 2008

Referendum e "rosso Trevi", tra le altre.

Nella allucinante giornata di oggi sono successe due cose che, per cause di forza maggiore, sono passate in secondo piano: la Consulta ha dato il via libera al referendum, cambiando – se possibile, ulteriormente – lo scenario politico. E Cecchini l'ha rifatto: Piazza di Spagna invasa da 500 mila sublimi pallette colorate.

Etichette: ,

martedì, gennaio 15, 2008

ignoranza 2.0

Io ho bisogno di urlare per far sentire le mie ragioni”. Che è espressione tipica di chi, mentre urla, capisce che nessuno lo sta a sentire. E non solo per ciò che magari vorrebbe dire, discutibile ma comunque libero di essere detto. Ma anche perché il dire in questione è fatto solo da insulti, presunzione, arroganza. E voce alta. Sintomi di chi non ha un cazzo da dire – per rimanere sullo stesso registro linguistico – ma che nonostante tutto pensa di dover e poter dire. Frustrazione massima, vittimismo di chi gioca a fare il “genio” incompreso.

Etichette:

lunedì, gennaio 14, 2008

auguri e figli maschi.

L'Est Républicain rivela: “Carla Bruni e Sarkozy si sono sposato lo scorso giovedì”.

Etichette: ,

domenica, gennaio 13, 2008

concorso.

Ho tolto un blog dai collegamenti a lato perché, giorno dopo giorno, mi sono accorto che era il pallido tentativo di imitarne un altro – questo, invece, è lì fisso nei link e chi lo schioda più? Un paio di volte la lettura mi aveva procurato brividi di goduria, perciò in qualche modo era finito in questa piccola lista che sta a lato, e che nonostante tutto è terribilmente falsa e incompleta. Poi i brividi di goduria sono stati presto sostituiti da brividi di freddo: oltre che scopiazzare, le battute di cui la titolare pensava di essere specialista, non fanno nemmeno un po’ ridere.
Menzione pubblica per chi indovina il cassato e il plagiato.

Etichette:

definitivo.

Non si può pensare che chi è stato condannato per le accuse di chi ha contribuito a far arrestare, un servitore dello Stato, possa essere dimenticato e trattato in questo modo. È qualcosa che francamente non si può accettare.”

Silvio Berlusconi – 13.01.2008

Etichette: ,

sabato, gennaio 12, 2008

Stronzi.

[*]

Etichette:

Airone mette tette e culi in copertina? All'Unità dicono che la colpa è di Berlusconi

C'è questa cosa che la rivista Airone è cambiata. Già alcuni, tra gli storici lettori, se ne sono lamentati. Ora sembra essersene accorta anche l'Unità che da qualche mese in copertina sono arrivati specchietti per le allodole, culetti in grado di far impennare le vendite. Ma ciò, ovviamente, non basta. Al giornale di rosso fasciato che ieri, nel giorno in cui i fratelli Berlusconi sono stati fatti oggetto di minacce sparava in prima pagina dichiarazioni di Carlo Caracciolo circa la sua volontà di estinguere i berlusconiani, ovviamente tutto ciò non basta. Non è sufficiente, ad esempio, limitarsi al constatare che Airone non è più il vecchio Airone. Dimostrare il disappunto del redattore vecchio lettore circa il contenuto della “nuova” rivista. Eh no, se Airone è cambiata all'Unità dovevano trovare un motivo realmente valido. Si legge infatti nell'articolo di Massimo Franchi che la rivista “è finita nelle manti della Cairo Editore”, che fa capo ad Urbano Cairo, presidente del Torino Calcio e “ex assistente personale di Berlusconi”. Non viene detto, ad esempio, che tra i due i rapporti non sono – più – quelli di una volta. Il dado è tratto, Berlusconi è stato nominato colpevole del degenero di Airone in quanto il suo ex assistente ne è l'editore. E non finisce qui, ovviamente. Se capro espiratorio deve essere, che sia in grande stile. Dove va recuperato, quindi, il target di pubblico per la nuova versione tutta tette e culi della rivista? Fate uno sforzo, non è difficile. Massimo Franco ovviamente sottolinea che la ricerca è effettuata mediante “spot televisivo a tappeto sulle reti Mediaset”. Ecco, io l'avrei visto anche su La7, fa nulla?

Etichette: , , ,

venerdì, gennaio 11, 2008

minacciano i Berlusconi, anche perchè a sinistra creano l'odio.

“Sono intollerabili”. Questo il commento del segretario del Partito Democratico Walter Veltroni circa le minacce ai fratelli Berlusconi, Silvio e Paolo, recapitate al Giornale tramite plico contente lettera minatoria e pallottole allegate. Si apprezzano le parole del segretario, anche se non tutti a sinistra si dimostrano così solidali quando c’è di mezzo un Berlusconi. Si veda Carlo Caracciolo, che in un’intervista a La Stampa di ieri dichiarava che a lui “non dispiacerebbe” poter estinguere i berlusconiani. Dichiarazione che fa rabbrividire, alla luce dei fatti odierni, e che come previsto si è meritata la riproposizione nel fascione rosso de l’Unità di oggi.

Etichette: , , ,

mercoledì, gennaio 09, 2008

l'Ecopass e la voglia italiana di farla sempre franca

Nei giorni scorsi a Milano tutti erano preoccupati per l’entrata in vigore dell’Ecopass, ovvero di quella sorta di “biglietto d’ingresso” da pagare per poter entrare con un auto o una moto nella cerchia dei bastioni, ovvero il centro. Entrare nel merito dicendo se sia o meno giusto, se l’Ecopass funziona oppure è solamente un ulteriore e inutile balzello, non è nelle mie intenzioni. A Milano centro vado talmente di rado con mezzi miei che nell’eventualità potrei anche prendere in considerazione l’utilizzo del trasporto pubblico se la cosa mi può essere di egual convenienza. Altro è ciò di cui voglio discutere. Almeno inizialmente, infatti, sembrava che nessuno avesse capito il funzionamento di questo benedetto Ecopass. Al telegiornale i servizi mostravano cronisti intenti a fermare gli automobilisti ai semafori chiedendo se fossero adeguatamente informati, e questi pronti a rispondere che non lo erano, che non erano riusciti né a capire se dovevano pagare né quanto né come. Pareva un disastro, con la stampa locale pronta a cavalcare l’onda dell’indignazione cittadina e a mettere il Comune di Milano alla sbarra per non meglio precisati motivi di “mala organizzazione” nel lancio dell’Ecopass. Così, tanto per buttare via qualche minuto, ho fatto un giro sul sito web del Comune di Milano, sezione Ecopass. Ed ho scoperto che è più difficile non capirne nulla che far funzionare tutto a dovere. Ignorare completamente la cosa, e attribuire il motivo dell’ignorare all’Amministrazione Comunale, addirittura impossibile. Per sapere se si deve pagare ed eventualmente quanto basta infatti digitare la targa della propria macchina, e se qualcuno per disgrazia non se la ricordasse la colpa non è certo del sindaco Moratti o dell’assessore Croci. Una volta verificato se è necessario pagare, si può fare richiesta direttamente on-line, e nell’epoca delle carte di credito prepagate è davvero impossibile non disporre di un modo per effettuare una transazione via internet. Se poi proprio non ci si dovesse fidare, si va ad una rivendita autorizzata Atm, oppure dal tabaccaio, oppure ad uno sportello bancomat di Intesa San Paolo, già certi della somma corretta da versare. Alla peggio, si ha tempo fino a 24 ore dopo l’ingresso nella cerchia dei bastioni per regolare la propria posizione. Insomma, il dubbio che mi è venuto è che più che non capirci nulla i poveri automobilisti non ci volevano capire nulla. La solita italianità secondo la quale se c’è caos forse si è autorizzati a farla franca. Può essere odioso da pagare, l’Ecopass. Però c’è gente che, a meno di dieci giorni dall’entrata in vigore della cosa, già dice che a Milano c’è meno traffico. E io di quelli, più che della stampa locale pronta a cavalcare l’onda di malcontento come detto sopra, mi fido: ci vivono tutto l’anno, capiranno la differenza.

Etichette: ,

sabato, gennaio 05, 2008

questione di stile.

Mi ero perso questa ricerca del NPD Group, di cui il New York Times dà conto, secondo la quale il 50% degli utenti Mac paga la musica che scarica dalla rete, mentre fra gli utenti Pc solo il 16% lo fa.

Etichette: , , ,

venerdì, gennaio 04, 2008

il giovane Jovanotti fa finta di non ricordare

“La puzza di benzina mi fa girar la testa,
quando sto su di lei è proprio la mia festa.
Mi guardo quando passo sui vetri nei negozi,
mi accorgo che con lei mi sento proprio Fonzie”
Jovanotti, “La Mia Moto”, Ibiza Records, 1989.

Quando la tua carriera musicale, sia detto senza supponenza, è iniziata manovrata da altri, ha avuto un inatteso successo, ti ha portato a sfornare un paio di cosucce buone e poi a vivere di rendita con prodotti non altrettanto validi, vuol dire solamente che sei un artista di meno che discreto valore. Avevi un paio di cartucce buone, se non altro per far dimenticare un passato quantomeno imbarazzante e che però ti è servito, dopodichè il resto è manierismo puro, sapientemente dosato da ospitate celebri e da una spruzzata di no-globalismo e terzomondismo. Guarnito, infine, da una buona dose di politicamente corretto e da dichiarazioni che ti rendono indiscutibilmente a la page.

È senza dubbio il caso di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, in questi giorni in uscita con un nuovo lavoro con cui spera di risollevare un po’ le sorti degli ultimi anni e grazie al quale, ovviamente, è uno dei personaggi più programmati nelle radio italiane e più intervistati dai magazine fighetti, quelli disposti a ospitare sulle loro pagine le pontificate di persone alle quali i fili per essere manovrati dall’alto sono stati tolti da poco tempo. E proprio in una di queste interviste [Vanity Fair n.1, 9.01.2008 – pag.37] Jovanotti se ne esce, tra un paio di cose anche apprezzabili, con affermazioni alquanto discutibili. Il solito bersaglio facile facile, capace di mettere tutti d’accordo? Silvio Berlusconi, naturalmente. Colpevole, secondo Jovanotti, di “mandare i figli alla scuola steineriana che limita la Tv e poi bombardare di Tv i figli degli altri” – “e che Tv”, rincara il nostro cantautore. A parte che, metodo steineriano o meno, se un figlio si imbambola davanti alla televisione la colpa non è dell’imprenditore televisivo – che sia il Cavaliere o meno – o della programmazione dell’emittente, ma semmai del genitore che lo ha educato alla televisione – o lo ha fatto educare dalla televisione. Ergo, se si ha paura che la televisione possa avere influenze negative sui bambini, o che la televisione non più in generale ma intesa come “e che televisione” possa rendere il pargolo un futuro imprenditore amato-odiato in egual misura, basta tenerlo in altre faccende affaccendato: album di figurine, immagini da colorare, libri da leggere (ma poi, per carità, non lamentiamoci quando a vent’anni rifugge la sorca, o dalla sorca è rifuggito, nascondendosi dietro le pagine di un “buon libro”: è un contrappasso necessario). Le soluzioni, perciò, sono molte. Come molte sono anche le obiezioni a questo pensiero: la Rai, ad esempio, non è meno televisione nel senso di “e che televisione” di quanto lo possa essere Mediaset. A La7 parlano di piscio-merda-Berlusconi – e quindi anche lì, il Cav. è sempre presente. Sky non ne parliamo: chi ritiene, come Jovanotti, che Italia 1 sia il peggior modello televisivo esistente, nel pacchetto satellitare non vedrà altro che mille Italieuno e ne rifuggirà come dalla peste.

Il fatto, però, come sempre è un altro. Jovanotti potrà anche ironizzare su “e che televisioni” siano le televisioni del Cav., ma di certo non potrà dimenticare di quando proprio su quelle televisioni ci stava lui, alla mattina al pomeriggio alla sera, e grazie a quelle televisioni è diventato famoso per la massa la quale, per qualche anno buono, non lo considerava di certo un buon esempio (gli epiteti affibbiati a quel giovane che scimmiottava gli americani erano tra i più offensivi indifferentemente dalla fascia d’età della persona che li pronunciava). Come non può dimenticare di quando faceva gli spot per le prime console Nintendo, lui che di pubblicità ora non ne vuol sentir parlare anche se “è con quelle che si fanno soldi”, come se mettere la faccia per promuovere un bagnoschiuma fosse peggio che fare i dischi con il bollino di Emergency. Di quando era ospite nelle trasmissioni musicali della domenica a pranzo, coraggiosamente programmate dal dott. Berlusconi. Di quando il dott. Berlusconi, tramite i galoppini aziendali, commissionava al Cherubini le sigle delle prime fiction all’amatriciana (ricordate “Classe di Ferro” e la “storia di uno / di uno regolare / che non voleva andare / a fare il militare / Passo…Bum!”?), prodotte e mandate in onda proprio sulle reti allora Fininvest. O di quando, mossa commerciale insieme tra le più azzardate e patetiche della storia della televisione italiana, prese spunto dalla sua esperienza al servizio militare per organizzare un concerto-evento alla fine dei fatidici mesi, dall’eloquente titolo di “E’ finita!”, trasmesso poi in prima serata guarda caso proprio dalla Fininvest, e immagino non senza un bel tornaconto. E, dulcis in fundo, come potrà dimenticare Jovanotti di quando s’inventò quella storia della moto, per promuovere uno di quei dischi in cui i suoi burattinai cercarono di trasformarlo da deejay con pruriti rap in pseudo-metallaro cattivo, sporco, moto-dotato e circondato da sventolone (come testimoniano i cori della canzone). E di come, al termine di quella breve esperienza che lo portò per la prima volta finanche a Sanremo – insieme a un paio di infelici esibizioni a Domenica In, una di quelle poche volte che lo si poté vedere anche sulla televisione pubblica – organizzò un battage mediatico per la messa in premio del bolide a due ruote, con tanto di filmato – chissà trasmesso dove – in cui il cantante “regalava” la moto, ormai diventata inutile, ad un ragazzino che ancora nemmeno aveva la patente (e che, a scanso equivoci, rappresentava in pieno quello che era il target di pubblico del Cherubini).

Non ho il benché mimino dubbio circa il fatto che tutte queste cose il caro Jovanotti, che attacca Berlusconi perché tanto va di moda ma lo fa con argomentazioni ridicole, se le ricordi benissimo. D’altronde lo stesso faccio io, che addirittura di quel Jovanotti subii stupidamente il fascino e che, ancora all’asilo, avevo obbligato i miei genitori a comprarmi quei dischi cantati in pseudo-inglese, nonché uno zainetto che di tutta una serie di prodotti per la scuola griffati da Jovanotti era la punta di diamante. Un’operazione, si direbbe ora, perfettamente berlusconiana.

Etichette:

giovedì, gennaio 03, 2008

ometto irresistibile.

“[…]Devo a mio figlio tutte queste devianze da abitudini e prese di posizione decennali. Il piccolo miracolante ha compiuto un anno da poco e non sapeva, ovvio, che fosse la sua festa, o la mia, o quella del Bambino Gesù o di Babbo Natale, ma era felice - e come - di avere intorno a sé sorrisi, risate, gridolini, entusiasmi, luci, colori. Ma il bello, caro lettore, è che non l’ho fatto mica per lui. Sì, all’inizio sì, poi l’empatia mi ha travolto. Se un bambino gode delle feste, e con il passare degli anni più sono rituali e più ne gode, di certo ha ragione lui. Libero com’è da machiavellismi e cerebralismi e individualismi, si bea dell’esultanza collettiva, e la sua lezione - così istintiva e sana - è inoppugnabile, invincibile. La riprova è che nella festa di stasera, lui non c’entrerà proprio niente, anzi ne sarà escluso per forza di cose. Affidato a mani sicure (e sperando che non gli venga il pianto notturno, se no si torna indietro), i grandi si vestiranno di piume di pavone e andranno a spassarsela. Tanto, ho già scelto il mio buon proposito per l’anno prossimo e per tutti quelli che verranno: insegnare a mio figlio che si può essere diversi essendo uguali, a se stessi e agli altri.”

Giordano Bruno Guerri, Il Giornale 31.12.2007 – pag.1

Etichette:

travagliate.

È curioso quale sia il modo usato da Marco Travaglio per difendersi da Giuliano Ferrara nell’ultima querelle tra i due. Perché Ferrara attacca Travaglio sulla base di cose dette da quest’ultimo. E quest’ultimo, un po’ a corto di argomenti, attacca Ferrara sulla base di fatti che il direttore del Foglio ha commesso in circostanze che non vedevano minimamente coinvolto Travaglio stesso. Un po’ quello che succede quando si è bambini: il bulletto se la prende con il più debole, che lo insulta facendo oggetto dello scherno proprio la presunta supponenza del bullo il quale, non avendo più da replicare ma solo da abbassare le orecchie, s’inventa che la mamma del debole è un po’ troia. E, sia detto, anche se lo fosse veramente, è una cosa che nel battibecco tra i due ragazzini non c’entra nulla. In questa precisa maniera opera Travaglio, che sull’Unità di oggi cita la condanna per violazione del diritto d’autore francese cui è stato condannato Ferrara per la pubblicazione non autorizzata di un articolo di Le Monde, con l’unico scopo di mantenere vivo lo screzio giornalistico tra i due. Lettura spassosa, perché è tutto un fiorire di Francia “paese serio, diverso dall’Italia”, citazioni di sentenze (esattamente come scrive i suoi libri, in Italia) e persino “Ferrara all’estero non lo nota nessuno”. Bugia, se non altro per la mole del soggetto in questione. E domanda: Travaglio, invece, lo notano?

Etichette: ,

martedì, gennaio 01, 2008

Playlist di fine anno, più o meno - i libri

Tediare con l’elenco dei libri letti durante il 2007 – o, come fece Nick Hornby, anche di quelli acquistati ma non letti – così come ho fatto con quello dei dischi, non mi sembra il caso. In più ho letto da qualche parte che queste sembrerebbero essere cose da blog di provincia, insomma un esercizio che diverte il compilatore, meno il lettore. Saltiamo direttamente alla prima posizione, dove sta lì placido e beato Chesil Beach di Ian McEwan. Perché non Patrimonio di Roth? Perché l’ho iniziato ieri pomeriggio, 2007, e tecnicamente lo finisco oggi, nel 2008.

Etichette: ,

Buon 2008,
carissimo lettore.

Etichette: