giovedì, maggio 29, 2008

Pigneto pulp.

«non chiamatemi razzista, ho Che Guevara tatuato sul braccio e sono di sinistra». Ma non era stato un raid punitivo di chiara matrice xenofoba e nazista, conseguenza di Alemanno sindaco?

Ps: se mettete il cursore del mouse sopra il collegamento, senza cliccare, e poi guardate la barra in basso del vostro browser verrà visualizzato l’indirizzo al quale ci si connette con il clic. Trattasi di una pagina del sito di Repubblica, che oggi esce appunto con la notizia che qui si vuole sottolineare. Solo una cosa ancora: la gerarchizzazione web della notizia prevede che tale pagina stia ancora nella cartella «pestaggio-nazi-roma». Nessuna malizia, troppo tempo a rifare la cartella remota e a rinominare tutti gli articoli correlati.

mercoledì, maggio 28, 2008

sorry, they no longer ship to Italy

Anche Repubblica si sveglia, e finalmente fa un servizio sul perché su Ebay in molti si rifiutano di spedire qui da noi. Ne avevo già-abbondantemente-parlato.

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non si vorrebbe esagerare con la dietrologia, ma tant'è

Che Emilio Fede sia quello che sia, ovvero un personaggio capace di farsi odiare in misura pari – se non maggiore – di quanto sia capace di farsi amare, non c'è dubbio. Ma non è quanto si odia – o si ama – Emilio Fede l'oggetto della questione. C'è invece che Fede, oggi, in seguito al ritiro dell'emendamento cosiddetto «salva Rete4» da parte della maggioranza, dopo l'ostruzionismo dell'opposizione, ha dichiarato che alla gente queste contese non interessano e che, comunque, «ci sono motivi che tutti sanno» per i quali il centrosinistra voglia «favorire Europa7 a scapito di Rete4»: affermazione che, per quanto possiate considerare Fede un fazioso al servizio del suo padrone, corrisponde in ogni caso alla realtà, ovvero far vivere l'antico sogno di inginocchiare il Cav., ora mettendo le mani sulla sua «roba» dopo aver cercato – invano – per quindici anni di imbrigliarlo con la giustizia. Fede ha poi aggiunto che «bisogna che qualcuno regali una televisione a Di Pietro», altrimenti quello continuerà ad «azzannare i polpacci» a Mediaset. Fermiamoci un attimo su questa affermazione, e leviamola per favore dal contesto di ironia con il quale è stata pronunciata. Di Pietro è, nell'opposizione, il politico che più si batte per spedire Rete4 fuori dall'etere – se poi sarà il satellite o il digitale, poco importa -, e con lui c'è il megafono dei Travaglio vari ed assortiti a formare il cosiddetto «partito delle procure», tanto che si è parlato nei giorni scorsi persino di una possibile candidatura di Travaglio stesso alle prossime Europee nelle fila dell'Italia dei Valori. Che alla gente, di fatto, delle contese Europa7-Rete4 importi poco, è sacrosanto. Che, invece, serva veramente a questo «partito» una televisione che funga da grancassa mediatica, e da qui il forte interessamento alla questione? L'allineamento editoriale parrebbe anche esserci, se è vero che il patron di Europa7 Francesco Di Stefano qualche mese fa era molto interessato all'acquisto dell'Unità, giornale di centrosinistra versione mozzorecchi e Travaglio-oriented, almeno prima dell'intervento salvifico del duo Soru-Veltroni, il primo a comprare il giornale e il secondo pronto a cambiarne il direttore, sognando Mario Calabresi o, alla peggio e più probabile, Concita de Gregorio, entrambi distanti anni luce dalle posizioni forcaiole e giustizialiste di Padellaro e Colombo.

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lunedì, maggio 26, 2008

insert coin.

Marco Belpoliti, nel suo imperdibile appuntamento del lunedì, ci racconta del distributore - «dispenser» - automatico di libri che si trova sulla banchina del metrò di Milano.

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giovedì, maggio 22, 2008

il favoloso regno di Silvio IV

«Cazzo!» ti viene da esclamare. Perché fuori pioverà anche, e non dà segni di cedimento il cielo costellato di nuvoloni che promettono rovesci anche per i prossimi giorni, ma il governo questa volta non c’entra. Non è ladro – sebbene piova – nemmeno per un po’. Perché, insomma, «la nuova stagione» sarà stato anche lo slogan di Walter Veltroni quando ha annunciato la sua scesa in campo, ma di questi tempi il Cav. l’ha fatto suo alla grande – e forse, solo in questo caso, un po’ ladro lo è stato – e ha dato dimostrazione di aver saputo creare uno dei migliori governi italiani degli ultimi anni. Certamente, siamo ancora fermi ai titoli – ma che titoli! Il Premier, con i ministri al seguito, scende a Napoli in pullman, neo-coordinatore di classe alla gita delle medie, e da lì promette: le discariche previste si costruiscono, altrochè, e in più se ne faranno anche delle nuove; idem per i termovalorizzatori. A Napoli, per dire, se ne dovrà costruire uno: la Iervolino ha tempo un mese per decidere, ragionevolmente, dove piazzarlo dopodichè, se la decisione non sarà presa, ci penserà il sottosegretario all’emergenza rifiuti Bertolaso a trovare un luogo consono alla bisogna. Chi rompe i coglioni – perché in nessun’altra parte d’Italia nessuno rompe i coglioni – sarà arrestato, e l’esercito presiederà i centri di raccolta e smaltimento della spazzatura, onde evitare che a qualcuno venisse comunque la tentazione di seminare zizzania. Poi, la raccolta differenziata per i napoletani non deve essere – come si è letto sui giornali in questi giorni - «la raccolta della spazzatura a giorni alterni» ma un preciso dovere civico e civile come ovunque in Italia: quindi via a corsi di sensibilizzazione per i cittadini nelle scuole. Ritorna Tremonti, ed ecco che sparisce l’ICI, gli straordinari per chi matura redditi fino a trentamila euro annui vengono detassati, i tassi sui mutui sono abbassati. Infine la sicurezza: escludendo il presunto reato d’immigrazione, che creerebbe solamente ulteriori casini a livello giudiziario perché si sa come funziona la cosa dalle nostre parti, ottimi i sindaci con maggiori poteri di espulsione, ottimo il giro di vite sui ricongiungimenti familiari così come quello sui matrimoni fasulli tra badanti clandestine e arzilli vecchietti, stupenda la banca del dna. Ora non resta che sederci ad aspettare e sperare che tutto venga mantenuto.

Edit: proprio mentre scrivevo quanto sopra, ho appreso che il ministro Scajola ha annunciato la ripresa del nucleare anche in Italia, promettendo centrali entro il 2013 e incassando l'appoggio di Confindustria e dell'Eni. Bene.

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martedì, maggio 20, 2008

se non distingui uno stadio da un asilo, o sei cieco o sei interista.

I tifosi hanno il presidente che si meritano – e viceversa.

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sms.

Riguardo le barzellette e i modi di dire, non sono molto ferrato. Può dunque capitare che mi stupisca per cose trite e ritrite ai più. Può anche succedere che ascoltando una battuta, pensi davvero che sia farina del sacco appartenente a chi me l’ha raccontata, quando magari questo mi sta coglionando e mi cita a caso frasi celebri – capita spesso con Woody Allen. Con ciò: il sito del Foglio ha da poco inaugurato una rubrichetta chiamata «I migliori SMS della nostra vita», fatta dai lettori che inviano quelli che ritengono essere, per svariati motivi, i messaggini da non cancellare dalla memoria del telefono. Tra questi ne ho letto uno davvero strepitoso, e tenete a mente tutto il cappello introduttivo che ho fatto se vi sorge il dubbio che trattasi di citazione famosa spacciata per propria. Fa così: « “anche la tua macchina ha un bel culo” inviato da Roberto a Marta il 20 marzo 2007». Caro Roberto, perdonami se lo userò in un futuro. Cara Marta, non sentirti defraudata se lo mando ad un’altra gentile donzella: non me la sento di contraddire Roberto e mettere in dubbio il tuo certamente stupendo posteriore.

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lunedì, maggio 19, 2008

crolla la montagna incartata

«Accade però che per trovare i grandi quotidiani nazionali si debba arrivare in terreno negativo. Eccetto “Avvenire” a +1% e “La Gazzetta dello Sport”, che è stabile con lo 0,6%, si passa alla “Stampa” con il -1% e “Repubblica” con un -1,2%. Gli altri poi si trovano con cali dall'2% in su. “Il Sole 24 Ore”, per esempio, è a -2,1%, “Libero” a -2,3%, il “Corriere della Sera” a -3,2%, “Il Messaggero” a -5,6%, “Il Tempo” a -6,7%, il “Giornale” a -7,8%, “Il Giorno” a -9,6%. Per non parlare di “Unità” e “Manifesto”, ultimi con -10,7% e -13,2%.» Andrea Secchi, Italia Oggi.

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questione di formalismi.

In risposta a questo commento:

Dunque, i formalismi li possiamo lasciare sì ai libri di scuola, che andrebbero comunque letti, dando per scontato che non si nota una gran voglia di formalità «da destra e sinistra», anche se ignoro perché la formalità debba essere una prerogativa esclusivamente politica. Però è evidente anche che i formalismi esistono, li si possono ignorare ma ci sono contesti dentro i quali vanno adottati. Chiunque scrive al Corriere, dal semplice cittadino al Presidente della Repubblica passando per tutto ciò che è nel mezzo, si deve attenere a certi formalismi: dal «caro direttore» (o formula analoga) al corretto uso della lingua italiana, all’uso di parole consone, alla punteggiatura. Capita di leggere sui quotidiani lettere scritte da professori, politici, ministri e chi più ne ha più ne metta: nessuno di questi si è mai permesso di non essere formale, di usare una terminologia scorretta o scomoda, o di dare «del tu» a qualcun altro cui magari nella vita privata e informale dà realmente «del tu». Leggere quella lettera, scritta in quel modo, mi ha sinceramente imbarazzato, perché non vedo nella sua «familiarità con le persone italiane, che gli permette di essere quello della porta accanto» un motivo sufficientemente valido per concedersi una licenza poetica, se così vogliamo chiamarla.

Può essere, poi, che la mia analisi risulti «riduttiva» e «superficiale nei contenuti». Mi si perdoni però l’arroganza – visto che tanto è concessa, no? – di sottolineare che la riduzione e la superficialità emergono nel momento in cui l’analisi non è compresa, visto che le argomentazioni alla mia tesi mi paiono sufficientemente esplicate sia nel post in questione che nel successivo scambio di commenti. Riguardo l’uso delle parolacce e delle espressioni colorite: mi si fa notare che, usandole io stesso, cadrei in contraddizione qualora accusassi qualcun altro di usarle a sproposito. Peccato che questa accusa non l’ho mai formulata, nemmeno contestando l’uso di sproloquio in una lettera indirizzata al Corriere: «per tacere delle parolacce brutte non perché tali ma perché male usate», mi pare di aver scritto. Ergo, il linguaggio colorito sta tanto in ambito informale quanto in ambito formale, con l’eccezione di capire quando nel secondo caso è opportuno o meno adottarlo.

Quanto all’uso del «tu» che anche io farei sul blog: non nego la cosa, perché ne ho scritte talmente tante da potermi anche sbagliare di grosso, ma faccio notare che Ordine Generale non è il Corriere della Sera, e che la dimensione linguistica del blog – e più in generale quella dei «nuovi» mezzi di comunicazione - permette queste concessioni, insieme (fortunatamente) a strafalcioni vari e assortiti che per vari motivi spesso vengono lasciati anche dopo che ci si accorge della loro presenza. D’altronde, anche chi commenta usa darmi «del tu», e fa complessivamente bene, perché non è stato mai fissato un protocollo formale, in questa sede, al quale attenersi.

domenica, maggio 18, 2008

vergogna e imbarazzo

Provo vergogna quando un personaggio pubblico scrive ad un importante giornale per dire la sua, sottoforma di una non richiesta lettera al direttore. Provo ancora più vergogna, quando questo personaggio è pubblico fino ad un certo punto; ovvero è, per sua stessa scelta, semi-pubblico nella misura in cui appare in televisione ogni tot anni per fare tot puntate, solitamente in concomitanza con l’uscita natalizia di un suo disco per meglio lanciare il prodotto, delle quali nessuno può dire e fare niente, nemmeno chi ne avrebbe tutto il diritto, come ad esempio il direttore della rete sulla quale quelle puntate vanno poi in onda. Dicevo, provo vergogna, e a volte anche imbarazzo, perché spesso i toni della lettera sono futili, e le argomentazioni infantili, e provo a mettermi nei panni del direttore cui la lettera è indirizzata, che è indeciso tra il cestino e la prima pagina – l’uno è quello che vorrebbe, l’altra è quella che impone un tacito protocollo di eleganza e gentilezza – e questa indecisione deve suonare parecchio fastidiosa ad uno che ha già altre grane cui pensare. Provo vergogna quando poi, leggendo la lettera, scopro che è piena di puntini di sospensione e di parole scritte in maiuscolo, che contiene al suo interno astrazioni e pensieri degni di un temino di quarta elementare e per tacere delle parolacce brutte non perché tali ma perché male usate – un po’ come quando il personaggio semi-pubblico volle infilarne a tutti i costi una nel titolo di una di quelle sue famose trasmissioni «mordi e fuggi». Insomma, a voi un periodo come «Mentre scrivo vedo che c'è un disturbo alla Rai, forse è l'antenna, che fastidio, se c'è una cosa che dovrebbe essere libera da ogni disturbo è proprio la Rai... perché ti deconcentra... non mi ricordo più cosa stavo scrivendo ah si, dicevo che le cose stanno camb... ah ma il difetto è solo su Raitre, infatti vedo una scritta a tutto schermo che dice: CANCELLATO, mentre sul Corriere di oggi leggo che non è stato cancellato il disturbo, ma è stato cancellato invece un programma di informazione importante come Primo piano da sempre attribuito alla testata diretta da Antonio Di Bella» non imbarazza? Provo vergogna, per il Celentano che oggi sul Corriere si stupisce del cambiamento di toni di Silvio Berlusconi non perché i toni non siano cambiati, ma perché l’Italia non sente il bisogno di svegliarsi la mattina e leggere sul suo più famoso e autorevole giornale i pensierini di Adriano Celentano inviati da lui medesimo, senza nemmeno il filtro giornalistico di un’intervista che almeno ne giustificherebbe la pubblicazione. Provo vergogna ed imbarazzo nel leggere l’accostamento della Presidenza della Camera alla Playstation. Provo vergogna ed imbarazzo per giudizi tipo «ipocrisia» e «arroganza» riferiti – con uno spregiudicato uso del «tu» - al neo Ministro della Difesa La Russa, reo di aver espresso una valutazione politica nei confronti di un suo ex alleato in uno dei tanti salotti televisivi, e la vergogna e l’imbarazzo sono riconducibili alla famosa storiella della pagliuzza e della trave, o a quella della vacca e del mulo e di un culo di mezzo che puzza. La vergogna e l’imbarazzo, per tutti i motivi appena spiegati, è evidente che li provo solo per l’autore di suddetta lettera.

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venerdì, maggio 16, 2008

il Travaglio infinito

Il nostro Marcolino fa sempre più ridere: dopo non aver capito nulla della lezione impartitagli da D’Avanzo – uno più manettaro dello stesso Travaglio, il che fa capire che più che di lezione si è trattato di una resa dei conti nel mondo dei verbalisti -; dopo aver passato giornate a smentire comicamente con lettere inviate ovunque, da l’Unità al Corriere passando per Repubblica, un fatto per cui lui avrebbe smontato una persona senza il minimo senso di colpa; dopo aver ricevuto le difese del suo compagno di merende Santoro durante Annozero, oggi il nostro ha convocato una conferenza stampa per annunciare al mondo intero di sentirsi un «liberal-conservatore con posizioni vicine a quelle di Barbara Spinelli e Giovanni Sartori» e di aver votato per Antonio Di Pietro. Ed è fantastico avere la conferma dei motivi per cui ci sta tanto sul cazzo.

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giovedì, maggio 15, 2008

Travaglio intravagliato

È divertente vedere Travaglio nei panni dell'accusato. È divertente per noi, certo non per lui, che sa di essere accusato di panzane a titolo esemplificativo tirate in ballo da D’Avanzo per fargli vedere come il suo metodo sia un filino manipolatore. Certo, diciamo noi, il boss non gli ha pagato l’albergo, e anche se fosse ciò non dimostrerebbe alcuna collusione di Travaglio con la criminalità organizzata. Certo, però direbbe lui, potrebbe anche bastare per essere additato come un mafioso – per cui, vi prego, non fermate questi attacchi a Travaglio; fateci divertire ancora un paio di giorni, dopodichè – quando avrà imparato la lezione – lasciatelo tornare libero nel mondo dell’informazione, sperando che ne produca di fresca e che non ricicli più verbali e spazzatura.

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mercoledì, maggio 14, 2008

«In un mondo dove tutto (scienza, consapevolezza, informazione eccetera) spinge a fare le cose giuste, concedersi degli errori resta l’unico modo per esercitare la propria libertà di scelta. È puerile, ma almeno si ha la percezione di aver preso una decisione, ancora più libera proprio perché sbagliata. Fumare è un vizio, a me piace per questo. I vizi (e le passioni) sono l’unico modo che ci resta per coltivare il nostro romanticismo. Che poi non è regalare fiori alla fidanzata o avere gli occhi languidi, ma ritenere l’idea di libertà come fondamentale esigenza dell’individuo. Per questo è romantico (e molto più divertente) fare scelte sbagliate, faticose da sostenere. Per questo ai nostri errori ci affezioniamo come fossero figli. Quindi se la razionalità impera e tutti fanno la cosa giusta, a noi non resta che fare ogni tanto quella sbagliata, senza rimpianti. Se invece verremo obbligati a fare sempre e solo la scelta più corretta, sarà l’inizio del peggio in assoluto: la dittatura del ragionevole.»

Giordano Bruno Guerri, l’Indipendente – 09.01.2005, pag.1

venerdì, maggio 09, 2008

Tedescacci, giù le mani dalla più bella del reame.

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mercoledì, maggio 07, 2008

Domani inizia la Fiera del Libro di Torino dedicata quest'anno allo stato di Israele, alla sua letteratura e ai suoi scrittori. Così, sapendo di contare poco, pochissimo – ma sempre meno di niente – mi fa piacere fare davanti a tutti i miei lettori gli auguri di buona riuscita alla manifestazione e ai suoi partecipanti, per festeggiare al meglio i sessant'anni dalla nascita dello stato. E nella speranza che le teste di cazzo, che già sono uscite dal letargo, se ne stiano buone e isolate e ignorate da tutti.

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martedì, maggio 06, 2008

posta.

Caro Ordine Generale,
prima dici che ti viene da vomitare perché Libero sta pubblicando gli ormai celebri elenchi e poi ti complimenti con Il Sole 24 Ore perché fa la stessa cosa sul suo sito internet. Non ci trovi una lieve contraddizione?

Marco

Caro Marco,
no, non ci trovo alcuna contraddizione. Come già detto, credo che il rimedio di togliere quei dati dal sito dell’Agenzia delle Entrate sia peggiore dell’averli pubblicati. Con ciò, meglio Il Sole 24 Ore che preleva i dati che girano nei sistemi di file sharing e li mette – gratuitamente – a disposizione per chi non è pratico, togliendoli in qualche modo dal mercato “nero”, che Feltri che promette di farci – a pagamento – inserti, libri e dvd allegati al suo giornale, confondendo un già di per sé discutibile diritto di cronaca con il guadagno sfruttando l’ignoranza altrui.

e chi li ferma più?

Ricapitolando, nel giro di 6 mesi Trent Reznor e i suoi Nine Inch Nails hanno distribuito praticamente gratis via internet un album di remixes, un quadruplo album in studio (Ghosts I-IV), un singolo (Discipline) e, dal 5 maggio, un nuovissimo album in studio (The Slip). Segnatevelo per quando, al prossimo aperitivo, gli amici vi chiederanno novità sul futuro della discografia. 

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digitalizzare l'amministrazione non vuol dire fare le cose a cazzo di cane

Ammettiamo che sia vero che i dati dei contribuenti italiani siano stati messi sul sito dell’Agenzia delle Entrate per sottostare alla decisione di applicare la “normativa sulla predisposizione e pubblicazione degli elenchi dei contribuenti e di quella del codice dell’amministrazione digitale” e per soddisfare un non meglio precisato bisogno di “trasparenza fiscale al quale l’Agenzia ha inteso attenersi” – come da parole dell’Agenzia delle Entrate stessa. Dunque, ammettiamo questo. Ma ci è altresì impossibile ammettere che un’azione come quella che è stata condotta sia regolare e corretta, solo perché i dati erano già consultabili da chiunque in formato cartaceo, previa richiesta, e siccome ora siamo nell’era digitale dove tutto è a portata di click, deve essere possibile la loro libera consultazione via web.

Scenario “antico”: io, cittadino, so che la legge mi permette di poter consultare le dichiarazioni dei redditi presso l’ufficio apposito del mio Comune; e, sempre io, siccome voglio avvalermi di questa possibilità concessami, inoltro apposita richiesta dove dichiaro nome, cognome e voglia di curiosare. È lecito, mi è permesso, ma tutti sanno che sono io a farlo, avendone fatto richiesta. Scenario “attuale”: ho la curiosità, accendo il computer, vado sul sito dell’Agenzia delle Entrate e leggo le dichiarazioni dei redditi degli italiani; nessuno sa che sono io a farlo, perché internet mi copre, e quindi se usassi quei dati per qualcosa di illecito, nessuno saprebbe che sono stato io ad adoperarli. Questa non si chiama trasparenza fiscale in ottemperanza ad un progetto di amministrazione fiscale. Questa si chiama violazione della privacy. Se si vuole fare un progetto serio di amministrazione digitale, si permetta il riconoscimento on-line di chi ha richiesto la visione dei dati; in questo modo si ha una perfetta trasposizione digitale di ciò che avveniva prima tra timbri e scartoffie, in osservanza della legge. Certo, ora è tardi per tappare la falla, i dati circolano liberamente e in Rete non vi è modo di fermarli. Bisognava pensarci prima di fare il classico lavoro a cazzo di cane, tipico della burocrazia italiana.

Edit: è cosa buona e giusta che un quotidiano serio come Il Sole 24 Ore abbia pubblicato sul suo sito gli elenchi con i redditi, presi direttamente dai programmi di file sharing. Giusto per far capire ai burocrati il casino che hanno combinato.

Re-edit: dopo che il Garante per la Privacy ha stoppato la diffusione dei dati in rete, è sparita la pagina dal sito del Sole 24 Ore. La decisione è legittima ma inutile, visto che se i dati girano comunque nei sistemi di file sharing tanto valeva lasciarli disponibili sul sito di un quotidiano.

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sabato, maggio 03, 2008

se il vecchio rocker vuole risparmiare qualche soldino...

In questi giorni sono usciti due dischi di due tra le più celebri hard rock band degli anni ’80: Whitesnake e Def Leppard. Inutile dirvi i titoli dei due dischi, perché non è di questo che vi voglio parlare. Anzi no, forse è proprio di questo: potrei descrivervi uno a caso dei due dischi in questione, senza dirvi ovviamente di quale sto parlando, e poi incantarvi su quali sono le differenze tra i due titoli. Perché, e c’è poca ironia, è l’unico punto in cui i due dischi sono differenti l’uno dall’altro, e ciascuno da uno qualunque dei dischi vecchi che hanno condotte le band al successo quando va bene una ventina abbondante di anni fa. Cercate di seguirmi: i dischi in questione, quello dei Whitesnake e quello dei Def Leppard, non si somigliano musicalmente tra di loro, e forse perché i due gruppi mai si sono sovrapposti nel loro passato: grandi suonatori (almeno agli inizi) di rock-blues i primi, portati ad un pop-metal (“l’incrocio perfetto tra i Duran Duran e l’heavy metal” scrisse una volta Kerrang) i secondi, con tutti i punti di contatto che ovviamente possiedono due gruppi inglesi, consacrati al successo dal suono americano, più o meno in attività contemporaneamente e iscritti dai soliti etichettatori nello stesso sottogenere. Si somigliano però, e qui praticamente sono identici, nell’intento di fondo che li anima: vogliono far presa sui loro vecchi fans, ripetendo sempre gli stessi stilemi, gli stessi giri armonici, gli stessi riff. Si badi bene: non gli stessi marchi di fabbrica, perché imprimere questi non vuol dire ripetersi. No, proprio le stesse vecchie canzoni, quasi che si stesse ascoltando una fotocopia usurata dal tempo di, rispettivamente, 1987 e Pyromania. il che è più che sufficiente per rispolverare, al limite, i dischi appena citati e tenere nel portafoglio i soldi per altro (ad esempio, l’ultimo dei dEus). Ah, dimenticavo la vera differenza con il loro passato: il disco dei Whitesnake si chiama Good To Be Bad, quello dei Def Leppard Songs From The Sparkle Lounge.

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“There was a genuine atmosphere of trust and goodwill that summer of 2001”

Il Time chiede al Cav. di raccontare il suo amico George Bush (e Il Giornale ne pubblica accurata traduzione).

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l'Italia spiona mi fa prima vomitare e poi incazzare

Mi chiedono di scrivere qualcosa circa la questione dei redditi dei cittadini italiani, relativi all'anno 2005, che ormai si stanno diffondendo a macchia d'olio sul web. Il che è molto semplice: quei dati non andavano pubblicati in rete, punto e basta. La legge non so esattamente cosa preveda, ma pare che i dati fossero già in qualche modo pubblici e che chiunque – previa richiesta, e quindi assunzione di responsabilità – potesse prenderne visione; pubblicarli on-line ha voluto dire due cose: l'ultimo atto sbagliato di un viceministro (Visco) sbagliato, e la caccia al pettegolezzo, alla curiosità, alla morbosità di sapere quanto guadagna non tanto il vip – il reddito di questi è già abbastanza sbandierato normalmente – ma il vicino di casa. Dunque, su Visco è inutile pronunciarsi, per quanto mi riguarda mi basta quanto ha dichiarato il vicedirettore de La Stampa Massimo Gramellini a Matrix l'altra sera: si votasse oggi, dopo questa ennesima cazzata, il Partito Democratico arriverebbe al 10%, e a me sta più che bene così, altroché. Sulla diffusione, invece, il discorso è più complicato e dò ragione a chi dice che il rimedio è peggiore del peccato originale: una volta pubblicati, i dati, era meglio lasciarli anziché toglierli, perché l'effetto che si crea ora è questo: gente che ha i dati e li vende; gente che ha qualche dato e pensa di averli tutti, con evidente discriminazione; gente che fa girare i dati sulle reti peer to peer manco fosse l'ultimo disco di Vasco Rossi o di Madonna, con il Codacons che annuncia sanzioni contro chi scarica, pubblica o diffonde. Gente, e mi riferisco al quotidiano Libero, che ha già promesso una serie di numeri speciali, di libri allegati, finanche di dvd con tutti i dati – ma saranno davvero tutti? - dati in pasto al lettore. E, si badi bene, non per il presunto dovere di cronaca, ma perché c'è dietro l'affare: la morbosità spinge la gente all'acquisto del materiale per cui il sentimento è scatenato. Chi mi ha chiesto di scrivere qualcosa su questo argomento mi ha chiesto anche di Libero, e qui mi voglio togliere il sassolino dalla scarpa. Voglio bene a Feltri, anni fa fu lui a insegnarmi a leggere – e un po' anche a scrivere – ma questa cosa mi fa a) vomitare b) incazzare. Vomitare perché è un'operazione spregevole. Incazzare perché non era proprio Libero a lamentarsi giustamente del “grande fratello fiscale” messo in piedi da Visco? E tutto questo dare in pasto i dati, nel modo più facile possibile e senza sapere chi li legge e l'uso che ne viene fatto, non fa parte di un grande fratello fiscale? Certo, adesso c'è da inzupparci il biscotto. Nemmeno vedere l'imbonitore preferito dagli italiani che si sottovalutano, Beppe Grillo, assalito dai suoi fans che hanno scoperto il suo reddito annuale di più di 4 milioni di euro, con lui che si incazza perché non voleva che i dati fossero pubblicati – ma vuole trasparenza, giusto? E non era il web l'unico posto dove si faceva informazione corretta? - riesce a strapparmi mezzo sorriso.

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venerdì, maggio 02, 2008

Fanatismi.

Tra tutte le bestie, la peggiore è di certo il fanatismo. Perché quando si è fanatici di qualcosa è impossibile guardarla con obbiettività. Di più, quando si è veramente fanatici di qualcosa, si sparano le peggiori stronzate senza nemmeno avere la cognizione di farlo, perché il fanatismo tra tutte le bestie è la più bla bla bla. Per questo mi rivolgo a chi è fanatico, a chi continua ad immaginare congiure contro di lui e contro “dei suoi amici” che avrebbero lasciato commenti su questo blog e poi non li avrebbero più trovati: l’esperienza insegna che a cancellare i commenti lasciati da voi lettori mi porterebbe via una quantità di tempo che non posso permettermi di buttare; per questo motivo i commenti non vengono mai toccati, eccetto in tutto un paio di casi di insulti gratuiti ed anonimi che ho opportunamente levato senza per altro nulla togliere alle discussioni in corso. Da parte mia è di gran lunga preferibile che sia il lettore, semmai, a darsi da solo una regolata e a stabilire se è il caso o meno di scrivere quella sciocchezzuola che ha in mente: fino ad ora, eccetto appunto i due casi isolati di cui sopra, pare essere andata bene visto che ho moderato il meno possibile (segno che il disclaimer sulla barra di destra funziona).

Ancora, se qualcuno “dei suoi amici” non ha trovato il commento, e da buon fanatico ha fatto subito della dietrologia pensando che ci fosse lo sbianchettatore incallito dall’altra parte dello schermo, forse è perché non è capace di lasciare commenti: c’è una parola da inserire a mo’ di sicurezza altrimenti sarei sommerso di spam anche qui, ed è tanto faticoso cancellare dalle caselle di posta elettronica le offerte di Viagra e Cialis che se me le lasciassero anche sul blog probabilmente acquisterei le pastiglie in questione.

Terza possibilità: è stato provato che dopo circa 200 commenti, il post non ne accetta più e non vi avvisa di questo, per cui voi scrivete, pensate di averlo mandato, non lo trovate, diventate fanatici e mi accusate di chissà cosa; non è un limite mio, semmai della piattaforma. 200 commenti, comunque, mi sembrano più che sufficienti e il tetto al limite vi serva di monito prima di inviare la cazzatella che avete appena scritto e che occuperà una delle duecento caselle senza portare con sé il benché minimo segno di intelligenza.

Ci sarebbe poi da dire che in questo post, per esempio, non ho parlato male di nessuno. Ma il fanatismo – è la terza volta che lo scrivo – è una brutta bestia e spesso fa intendere cose che non stanno scritte ma che i fanatici sono sicuri di avere lette. Tra l’altro, quando annuncerò che il libro mi sta mezzo deludendo, certi lettori cosa scriveranno?

[ovviamente, alla fine, è doveroso ringraziare anche chi non ha mai fatto della dietrologia, non ha mai pensato che censurassi o peggio ma ha semplicemente capito che si possono avere diverse posizioni sulla stessa cosa senza per forza essere stronzetti.]

«Siamo un grande paese con un pezzo di merda come te [...] Il popolo del nulla, questo sei tu»
Vittorio Sgarbi, Annozero, Rai2 - 01.05.2008

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la smorfia.

C’è qualche pio napoletano tra di voi che mi dice il numero del morto che parla?

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