Musicalia / Kaiser Chiefs Dresden Dolls BabyShambles
Lo stato della musica in questi giorni di inizio autunno non è affatto male. Premesso che per comprare un disco che ci renda pienamente soddisfatti – anche delle 20 euro spese, checcazzo! – è necessario puntare sui Rolling Stones (o al limite ripiegare su Paul McCartney), non tutto ciò che sta uscendo – o è appena venuto alla luce – è da buttare. Partiamo con i Kaiser Chiefs. Inglesi, inglesissimi nonostante quella pronuncia ruvida ben espressa anche nel monicker. Impossibile ignorarli, se non altro perché la loro Everyday I love you less and less l’abbiamo sentita tutti almeno da fine agosto. Che dire dell’intero disco, Employment? Non delude le aspettative e, come anticipato dal sopraccitato singolo, si dimostra essere un gioiellino per persone disturbate. Un ibrido elettro-glamour che tanto fa il verso al sound fighetto che ci giunge da oltremanica ma che allo stesso tempo riesce in qualche modo a distinguersi dalla massa di gruppi tutti uguali, tutti a cercare di fare il rock’n’roll abbeverandosi dalla fontana New Wave. Insomma, il suono di tutti quei gruppi che altro non fanno oltre a scimmiottare gli Strokes, nonostante farebbero decisamente meglio a guardare ancora più indietro, primi Ottanta diciamo. Ma tornando ai nostri KC: bel disco. Peccato per aver utilizzato subito il pezzo forte per tentare la scalata dell’heavy rotation sui canali musicali – scalata peraltro abbastanza riuscita. Se vi sentite un po’ frou frou, vi piacciono i chitarroni ma anche l’elettronica minimale – presente in minime quantità, ma atta ad impreziosire il lavoro – e l’attitudine vagamente punk-trasandata questo disco ha sicuramente degli spunti interessanti. Non dureranno molto in televisione. Nel mio stereo però sono fissi da almeno cinque giorni filati. Il che, di per sé, è ottimo segno.
La seconda segnalazione è decisamente la più bizzarra. Un duo del quale mai avevo sentito parlare, nonostante il debutto in terra americana sia datato 2003, che è esploso anch’esso – come per i Kaiser Chiefs – sul calar dell’estate. Novelli White Stripes, un lui-lei dall’aria decisamente bizzarra, si distinguono dal tandem Meg-Jack per il fatto che questa volta alla batteria c’è il lui – Brian Viglione – e al piano anziché alla sei corde, lei – Amanda Palmer (non si conoscono eventuali relazioni di parentela con i celebri Carl e Robert, già di loro spaventati). Questi due loschi figuri, probabilmente usciti da un teatro di periferia di Boston nel quale si sperimenta l’avanguardia e il Brechtian Punk Cabaret, come amano definire la loro arte sul sito ufficiale, uniti prendono il nome di Dresden Dolls. Segnatevelo se già non li conoscete grazie al modesto passaggio video del formidabile singolo Coin-Operated Boy. Il disco di debutto, che prende il nome dalla band, è un viaggio allucinato con l’accompagnamento dei soli pianoforte e batteria. Schizoidi, ora dolci ora pazzi. Geniali. Un disco non facile, meglio dirlo subito. Già le prime due canzoni mettono in chiaro una cosa: è come se si facessero di eroina e subito dopo di coca – sì, insomma, gli speedball – per eliminare con una sostanza l’effetto dell’altra; la partenza di Good Day è lenta, poetica; quasi un Nick Cave al femminile. Girl Anachronism è furiosa, pazza. Spigolosa, quadrata. Semplicemente irresistibile. Una delle migliori uscite dell’anno, pur senza presentare 12 capolavori su 12 tracce, sia chiaro.
Per concludere, una comunicazione: da queste parti l’attesa si fa decisamente febbrile per i BabyShambles di mr Pete Dohert. Colui il quale ha sinora fama più per la droga che per la musica. Colui il quale – dicono, ma chi ci crede? – è il motivo della dipendenza di quella grande donna di Kate Moss. Ritornando ad un discorso squisitamente musicale, il singolo Fuck Forever non mi basta più. Voglio dell’altro, e lo voglio subito, perché non posso passare i pomeriggi interi sul divano, telecomando in mano, a passare da un canale musicale all’altro in attesa del passaggio del video, massicciamente in heavy rotation. Detto questo, la sopraccitata canzone è fantastica. Anni che non si sentiva un suono così candidamente british, chitarre leggere e sezione ritmica sgangherata, con l’aggiunta della voce di Doherty sofferta perché svogliata, non perché volontariamente recitata. Li adoro e attendo il disco, uno di quelli secondo me in grado di fare il botto. Commercialmente e musicalmente. Doppietta che riesce solo a pochi.