domenica, aprile 30, 2006

Tutta questa storia del senato – pizzini, Franceschi tiratori – dimostra una cosa ben precisa. Che non è, ad esempio, quella che dice Enzo Biagi stamane sulla prima del Corriere; non è stata la destra che ha fatto casino, bensì la sinistra che effettivamente non è così unita come anche i personaggi alla Biagi ci vogliono far credere. La cosa vera che viene dimostrata è pero ancora un'altra: Dio come lo conoscono bene il latino tra i banchi dell'attuale maggioranza. Non si direbbe, 'nevvero? Eppure, quale miglior applicazione – o tentativo di applicazione – non solo linguistica ma anche semantica del celebre Do Ut Des?


Musicalia - Nikki Sudden, Morrissey e Queensryche

Il 26 marzo scorso è morto, a quanto pare per overdose, Nikki Sudden. Compositore e chitarrista inglese, ha iniziato la sua carriera con gli Swell Maps per poi proseguire al fianco di Dave Kusworth nei Jacobites e parallelamente con una prolifica carriera solista. È stata una perdita improvvisa oltre che inaspettata: aveva appena terminato un concerto a alla Knitting Factory di New York. Sarò sincero: non ne conosco l'opera omnia, ma in questi giorni mi è capitato spesso di riascoltare il suo ultimo lavoro, Treausre Island (Secretly Canadian, 2004), rendendomi così conto che di compositori come il buon Sudden difficilmente ne troveremo. Artista sopraffino, anima fragile, sempre in bilico tra gioia e disperazione. C'èra del blues, del rock'n'roll, roba che scuote e non lascia indifferenti. C'era una voce ruvida contro la quale un hammond dolcissimo era chiamato a fare da contraltare. C'era una chitarra elettrica di leggera violenza, se la cosa non vi pare troppo strana. C'era e purtroppo non c'è più.
Morrissey
, uno che negli anni 80 ha fatto piangere milioni di adolescenti con gli Smiths, torna a distanza di due anni dal precedente You are the Quarry con Ringleaders of the Tormentors (2006, Attack records). “Registrato e mescolato” - come recitano in un bislacco italiano le note di copertina – interamente a Roma, il nostro si ripresenta al grande pubblico con un disco immenso. Per quanto mi riguarda il migliore in questa prima parte dell'anno. Ha il gusto di sempre, Morrissey. È perennemente in bilico tra il lirismo, il dandysmo artistico-letterario (“Pasolini is me, Accattone you'll be”) e la voglia di commuovere. La produzione di Tony Visconti – l'uomo dietro al sound di Bowie-Ziggy – è perfetta nella semplicità, getta uno sfondo di fard e smalta a dovere le unghie, per un piacevole randevouz glam rock. E allora tutti in fila, per celebrare il ritorno di un sound che non c'è più, di liriche che non si ascoltavano da tempo, di un fenomeno ritrovato, di un gruppo – gli Smiths – mai troppo rimpianto. E delle lacrime, che ci scorrono copiose ogni qual volta ci capita di ascoltare Morrissey crooneggiare in questo modo; quindi più o meno dal 1986, anno di quella There's a light that never goes out (The Queen is dead, Sire, 1986) nella quale gli Smiths cantavano che morire per lo schianto di un “double decker bus” accanto alla persona amata “is such a heavenly way to die”.
Gran disco che va, brutto disco che viene. È il caso dei Queensryche, che con Operartion:Mindcrime pt.II (2006, Rhino/Warner) non fanno altro che applicarsi in quella che con parole fin troppo generose viene definita “operazione nostalgia”. I 'ryche da un po' di tempo sembravano smarriti, confusi, alla ricerca di un proprio stile, di una propria ed originale strada; loro, che sono sempre stati restii alle gabbie musicali. Ed è questo che non funziona con il nuovo lavoro: han voluto fare il sequel di un disco uscito 15 anni fa; e tra le altre cose, non un “disco qualunque”, bensì una vera e propria pietra miliare. Questo era – ed è, attualissimo, tutt'oggi – Operation:Mindcrime. Il concept album perfetto nell'(hard) rock. Il The Wall per i palati più duri. Un disco con il quale tutta la generazione successiva di musicisti si è dovuta confrontare ogni qual volta voleva produrre un disco con una storia sullo sfondo; un fardello che pesa, in termini di responsabilità, su una carriera oltre che il classico colpo che, se un gruppo ha la fortuna di possedere, non è mai doppio. Producendo questo nuovo lavoro hanno quindi compiuto una netta involuzione anziché un tentativo di smarcarsi dagli ultimi insipidi lavori e riconfermarsi quei grandi musicisti che abbiamo avuto il piacere di amare fino alla metà degli anni 90. E invece no, una strizzatina d'occhio ai fans di vecchia data, come a dire “suoniamo ancora come voi ci volete, visto che non vi abbiamo traditi?” e tutta la creatività e la – tanta – sperimentazione a farsi benedire. Solamente che ora i nostri rischiano l'effetto boomerang: ad esempio a me il disco non è piaciuto per niente. Brutta produzione, canzoni spesso inconcludenti, storyboard messo lì un po' a caso. Non basta l'ospitata di un Ronnie James Dio sinceramente fuori contesto per alzare il livello qualitativo. Certo, ogni tanto il guizzo del genio lo si sente – penso a pezzi come Signs say go, The Chase e A junkie's blues. E d'altronde di un gruppo di (ex?) geni stiamo pur sempre parlando. Viene quindi spontaneo chiedersi perché abbiano voluto cimentarsi in questa porcheria.

la domenica artistica - 5

Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 19 ottobre 1882 – Verona, 16 agosto 1916), Visioni Simultanee, 1991, olio su tela, 60,5 x 60,5 cm, Von der Heydt – Museum, Wuppertal

In esposizione a Torino dal 4 febbraio al 4 giugno nell'ambito di Metropolis, la città dell'immaginario delle avanguardie 1910-1920 – Gam, via Magenta 3, Torino

le altre domeniche artistiche


sabato, aprile 29, 2006

like a Rolling Stone

Non è che si preoccupano di uno che li aspetta da tempo. No, loro si arrampicano sulle palme, magari compromettendo le prossime date europee.


Liberato (finalmente) Mario Spezi

(ANSA 29.04.2006) PERUGIA - Torna in libertà il giornalista Mario Spezi che era stato arrestato il 7 aprile scorso per un presunto tentativo di depistare l' indagine sulla morte di Francesco Narducci. Lo ha deciso il tribunale di riesame di Perugia che ha annullato l' ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti. Intorno a mezzogiorno il tribunale del riesame ha depositato in cancelleria il dispositivo del provvedimento con il quale si dispone la scarcerazione di Spezi. I giudici hanno così accolto la tesi dei suoi difensori, gli avvocati Alessandro Traversi e Nino Filastò. Il dispositivo è stato subito trasmesso via fax al carcere di Perugia dove Spezi si trova rinchiuso. Il giornalista, che stamani ha ricevuto la visita della moglie Miriam, sarà scarcerato nelle prime ore del pomeriggio. Nei prossimi giorni verranno invece depositate le motivazioni alla base della decisione del tribunale del riesame.


Mi perdoni l'operaio Bertinotti...

Ha vinto Bertinotti. Non commento mica, ché tutto quello che c'era da dire l'ho abbondantemente espresso in passato. Solo due cosucce da stronzetto da appuntare, mi ritorneranno utili per il futuro – e no, non mi riferisco al Carlo “Aurelio” Ciampi. La prima è che il nuovo Presidente della Camera ha già preso le sue belle (?) abitudini: impersona l'eroe del discorso “a braccio” fracassando – dopo due giorni – le palle di tutti (tele-radio ascoltatori e colleghi onorevoli) con un pistolotto impresso sui bigliettini, segno che era pronto da un po' e dunque niente braccio (o forse sì: l'unica volta che ci ha provato se n'è uscito con Carlo Aurelio, ma sono stronzo e ho detto che i miei appunti non si vogliono riferire a quello). La seconda cosuccia che ho notato sono state le parole con le quali ha salutato la sua vittoria; nello specifico: “Grazie. Dedico l'elezione alla Presidenza della Camera agli operai e alle operaie”. In questo debutto c'è molto del Bertinotti ultima maniera: c'è il piede in due scarpe – o meglio entrambi i piedi, l'uno in una scarpa, l'altro in una ciabatta -, c'è il tenersi buono la sinistra che l'ha votato e il paracularsi i suoi sostenitori politici, che già tremano e si schifano all'idea che il loro “capo” possa aver accettato un alto ruolo istituzionale, lui così (ex?) “duro e puro”, con buona pace della signora Lella che lo dipinge come un bonaccione – e il busto di Mao in casa? (e non voglio mica parlare della commemorazione dei morti a Nassiriya: ora gli tocca per dovere istituzionale, ma quanto gli piacerebbe poter rutt - ...ops – dire la sua). E poi, parliamoci chiaro, proprio questi ultimi, gli “operai e le operaie”, della Presidenza della Camera non gliene frega un cazzo di niente. E mi scusi l'operaio Bertinotti se mi permetto l'uso di tale registro, infimo e da fabbrica, e per di più adottandolo in un contesto dove si fa il suo nome.


venerdì, aprile 28, 2006

Sarò sincero: è davvero struggente non poter seguire in diretta la nuova votazione per il Senato. Epperò anche loro, i signori senatori, hanno proprio fatto di tutto per evitare che stessi qui a godermi lo spettacolo: prima dicono alle 20 e 15 – il che sarebbe già una modesta seccatura – poi posticipano ulteriormente alle 22 – e allora diventa una grande rottura di coglioni – e quindi non è cosa. Oddio, mica per la curiosità di vedere se vincerà Marini o Andreotti; su quello ho già abbondantemente espresso i miei dubbi e il mio sdegno. Ciò che mi strugge per non star qui a seguire la diretta è un particolare piccolo, ai più insignificante, che anche nelle cronache sfugge, è li chiuso tra una riga e l'altra, quasi impercettibile: ci sono senatori che evidentemente non hanno le idee troppo chiare e votano a caso. Passi nella seconda votazione un voto per Calderoli nonostante la Lega si fosse espressa con un “a dispiacere faremo confluire il nostro voto a Giulio Andreotti” - voglio dire, qualche amico, qualche fedelissimo, lui stesso (se c'è), le ipotesi sono molte. Ma c'è chi ha votato scheda bianca (?), chi – volendo sia l'uno che l'altro – ha votato il forzista Giulio Marini, chi si dimentica il nome, chi il cognome (Franco Marino), chi lo storpia (e Franco diventò Francesco), chi riesce a farsi annullare la scheda. E poi, un genio: chi ha votato per Franco Mariti. Ditemi chi è!


Comunicazione di servizio: questo non è un muro

Mi fa piacere vedere che in molti commentate i vari post riguardanti la cacciata di Guia Soncini dal Foglio, ci mancherebbe. C'è però da mettere in chiaro una cosa: sappiate – amici di Torino compresi – che questo non è un posto per lasciare messaggi di solidarietà alla Soncini, la quale con ogni probabilità nemmeno ci legge. Quindi niente patetismi, non è il luogo. Grazie - soprattutto ai fake.


Rilevazione dati di vendita giornalieri dei principali quotidiani italiani Marzo 2005 – Marzo 2006

Testata Mar. 2005 Mar. 2006 Var. %

Corriere della Sera 646.292 670.154 +3,7
la Repubblica 621.431 633.921 +2,0
Il Sole 24 Ore 347.047 352.332 +1,5
La Stampa 313.558 315.354 +0,6
il Giornale 197.726 229.548 +16,1
Il Messaggero 224.200 226.450 +1,0
Libero 71.032 122.374 +72,3
Il Secolo XIX 113.350 114.216 +0,8
Il Gazzettino 113.450 111.817 -+1,4
Avvenire 107.304 109.176 +1,7
Il Mattino 82.750 88.200 +6,6
Il Tirreno 79.431 80.003 +0,7
Il Giornale di Sicilia 61.721 65.601 +6,3
L'Unione Sarda 64.694 64.807 +0,2
L'Unità 63.444 64.090 +1,0
La Sicilia 59.248 61.170 +3,2
Gazzetta del Mezzogiorno 59.154 61.025 +3,2

(via Dagospia)


giovedì, aprile 27, 2006

Repubblica sperimenta il quotidiano elettronico

Iliad

Potrà sembrarvi fantascienza, ma la cosa entro qualche anno (cinque?) potrebbe diventare la quotidianità. Cosa? Il giornale elettronico, sperimentato in Italia da Repubblica. A partire dal prossimo luglio un campione iniziale di 300 persone potrà testare questo nuovo servizio: il quotidiano del gruppo Espresso verrà infatti scaricato – tramite internet via cavo o wi fi - su Iliad, terminale mobile di dimensioni ridottissime (circa quelle di una custodia per dvd per 30 grammi di peso). Lo schermo sarà per ora in bianco e nero, con 16 gradazioni di grigio, la batteria dura circa 30 giorni e la memoria è capace di contenere all'incirca 30 edizioni di un quotidiano medio.

Tramite una penna si potrà poi fare lo zoom degli articoli, per facilitarne la lettura, e le immagini – dice chi ha già provato il servizio – sono di ottima qualità, tant'è che la iRex Technologies (produttrice di Iliad) sta già progettando la versione a colori.

La cosa, come già affermato, è destinata a prendere piede, e ciò costituirebbe un'ennesima innovazione nel campo della fruizione dei giornali. Già l'avvento di internet ha reso possibile leggere i giornali pressoché ovunque; e se all'inizio essi erano la semplice trasposizione sul web della versione cartacea, ora le più grandi testate hanno redazioni che si occupano esclusivamente dell'edizione on-line che risulta quindi essere in costante aggiornamento. Con questo nuovo lettore la comodità sarà quella di avere più testate – in continuo aggiornamento - nel taschino della giacca, un po' come il gioiellino iPod ha reso possibile avere l'intera discografia in uno spazio pari all'incirca a quello di un pacchetto di sigarette. Ne riparleremo sicuramente.


27 aprile 2006

Nicola Ciardelli

Franco Lattanzio

Carlo de Trizio

Questo blog è vicino alle loro famiglie e al loro dolore


A questo giro la sinistra cosa dice?

Certo, ora diranno che la destra ci sguazza ad attaccare la sinistra. Perché è chiaro che il coro all'interno dell'Unione, dopo l'attentato di Nassiriya, è più che mai stonato: uno dice una cosa, quell'altro rincara, l'altro ancora prende le distanze, fino a quello che dovrebbe essere il leader – Prodi – che, incalzato in televisione, prende tempo come sempre e sta sul vago.

Ma facciamo questo giro di valzer, per favore. E vediamo nel dettaglio quali sono state le dichiarazione dei capoccia del centrosinistra. Romano Prodi, come già detto sopra, dice tutto e niente, affermando che “è da parecchio tempo che abbiamo una politica molto precisa” e parla poi di “tempi tecnici necessari”; insomma, non si sbilancia: un Bertinotti e un Diliberto potrebbero sempre passare al ricatto. E vediamo allora cosa dicono gli ultimi due. Il segretario del Prc – e Presidente della Camera in pectore, per quanto mi vengano i brividi a pensarci – dice che “per parte nostra, sul terreno della politica non possiamo che trarre una ulteriore ragione per il nostro impegno contro la guerra e il terrorismo” e qui dunque non si capisce bene, perché il nostro deve essere parecchio confuso, probabilmente a causa dell'eccesso di euforia di questi giorni. Non si riesce infatti a capire quale sia la loro “ragione per l'impegno”: probabilmente la stessa che vanno avanti a dire da anni, ovvero il ritiro immediato. Solo una cosa, Bertinotti: che vuol dire “impegno contro la guerra e contro il terrorismo”? Forse che conosci la veritas per liberarci dal terrorismo in modo “pacifico”? Oddio, sarà mica arruolando i tuoi e riempiendo di molotov l'Iraq, vero? E nel caso, cosa urlerete, “1, 10, 100, 1000 Corso Buenos Aires”?

Il segretario dei Comunisti Italiani Oliviero Diliberto è invece più diretto: “Per quanto riguarda la presenza dei nostri soldati in Iraq la linea dell'Unione è chiara da tempo: quella del ritiro delle nostre truppe. Questo nuovo, grave e tragico attentato conferma la giustezza delle nostre scelte”. Dunque per Diliberto la linea dell'Unione è sempre stata quella del ritiro; sai che novità, se è per questo è pure la linea di centrodestra, quella del ritiro. Solamente che Diliberto in modo furbesco si è “dimenticato” di dire quando ritirare le truppe: lui sicuramente avrebbe detto “immediatamente”; ma in questo modo non si capisce più quale sia la “linea dell'Unione” perché gente come Francesco Rutelli, ad esempio, ha dichiarato che “l'agenda dell'Italia in Iraq non è mai stata e mai sarà determinata né modificata dai gesti criminali dei terroristi”, mentre Luciano Violante, diesse, ha affermato che “il governo dell'Unione attuerà un rientro concordato dall'Iraq, congiunto all'assunzione di responsabilità politica”.

Il più scaltro, come sempre, è il leader dell'Udeur Clemente Mastella; volendo avere il meno a che fare possibile con Prodi e i suoi nuovi amichetti, il centrista ha appunto caricato tutto sulle spalle del Mortadellone, delegandogli qualsiasi scelta: “deciderà il prossimo governo nell'investitura piena, sarà Prodi al governo a valutare in maniera responsabile e collegiale”. Al di là dell'accostamento degli aggettivi “responsabile” e “collegiale” al centrosinistra, è chiaro come sia una posizione fortemente diversa da quella espressa dalla sinistra radicale. Palma della dichiarazione-delirio spetta, a pari merito, a Marco Rizzo (Comunisti Italiani) e Umberto Ranieri, responsabile del dipartimento esteri dei Ds. Se il primo infatti non perde occasione per rimarcare – che palle! - la solita solfa sulla “guerra ingiusta e nata sulla menzogna” e sul “massacro inaccettabile [...] prezzo che ha messo in conto da far pagare ad altri il governo di Bush per mantenere incontrastato il dominio unipolare statunitense sul mondo”, dando del cattivone a Bush e rosicando per la supremazia Usa manco ci fosse ancora il blocco sovietico, Ranieri diventa preoccupante: “Rientro del contingente militare italiano dall'Iraq, conferma invece per la presenza delle altre missioni italiane all'estero: Afghanistan e Kosovo su tutte”. Insomma, proprio nel giorno in cui anche il Papa parla di “Italia in missione di pace”, lui arriva a ricordarci che per la sinistra ci sono guerre di serie A e missioni di pace di serie B.

Il solito, dunque. E poi dicono che la destra ci sguazza con certe dichiarazioni. Come trattenersi, scusate? Probabilmente ha ragione Francesco Cossiga – uno che, a scanso equivoci, sulla missione in Iraq è sempre stato scettico – quando afferma che “il 25 aprile Milano ha chiamato, il 27 aprile Nassiriya ha risposto”.


Attacco a Nassiriya: morti due italiani

Stamane alle 7 e 30 ora italiana, un ordigno piazzato in mezzo alla strada a Nassiriya ha fatto tre vittime italiane e una rumena. Altri carabinieri italiani sono rimasti feriti e ora si trovano all'ospedale del campo militare.

Le tre vittime italiane erano un Capitano dell'Esercito e due Sottufficiali dei Carabinieri, mentre il rumeno era un caporale della Polizia Militare Rumena.

LINK1 LINK2 LINK3


mercoledì, aprile 26, 2006

Le facce

Gli atti vergognosi capitati ieri a Milano è chiaro che avrebbero avuto una coda polemica anche oggi. Ed è quindi giusto che c'è chi prova rabbia e sconforto; così come "accetabile" che qualcuno cerchi di prendere le distanze – quanto poi veramente è un altro discorso. Date però un'occhiata alle facce di chi ieri bruciava la bandiera Israeliana durante la festa della Liberazione dal nazi-fascismo.


Sposini lascia Tg5 e Mediaset

Roma, 26 apr. (Adnkronos) - Lamberto Sposini lascia il Tg5 e il gruppo Mediaset. L'indiscrezione ce circolava da giorni e' stata ufficializzata oggi nel corso dell'assemblea del Tg5, dal Cdr. Uno dei componenti del Cdr, Paolo Di Mizio, dopo un incontro con l'azienda ha annunciato alla redazione che Sposini lascia il gruppo Mediaset dopo aver preso atto che si e' venuto meno il rapporto di fiducia con la direzione di Carlo Rossella, con il quale, comunque -e' stato sottolineato- non c'e' alcuna frizione.

Lo dico in tempi (forse) non sospetti: entro breve ce lo ritroviamo in Rai con un altro futuro reduce triste da Mediaset, Enrico Mentana. Scommettiamo?


martedì, aprile 25, 2006

Comunicazione di servizio

Dai post precedenti si direbbe che molti tra i lettori di questo blog adorano Guia Soncini. Io la metto qui, a mo' di comunicazione di servizio: la pagina su Guia Soncini in Wikipedia entro 10 giorni sparirà se non saranno soddisfatti i requisiti minimi di informazione. Qualcuno in grado di provvedere?


Al Zarqawi torna in video

Arriva pochi giorni dopo il messaggio audio di Bin Laden il video di Al Zarqawi che esalta i mujaheddin nella folle battaglia contro l'Occidente.


Quando la sinistra si appropria di una festa di TUTTI gli italiani

(foto: Repubblica.it)

Chiudevo il post precedente dubitando del fatto che le immagini della manifestazione milanese in onore della festa della Liberazione potessero mostrare il popolo italiano con la bandiera italiana, come dovrebbe essere. Anzi, di più: ipotizzavo un mio personalissimo auto-sbertucciamento telematico; avrei postato le immagini e fatto mea culpa se quanto da me ipotizzato non sarebbe successo. Ma facevo bene a dubitare, in fondo sapevo di non aver torto, perché le immagini sono quello che sono: un insieme di bandiere uliviste, rifondarole, pacifiste. Tutto tranne che il tricolore, nella festa della Liberazione del Popolo Italiano.

La Liberazione, già, proprio quella dal nazi-fascismo. Non si direbbe che l'Italia ne sia stata liberata definitivamente, dal momento che oggi di fascismo – seppur inverso, rosso – se n'è visto a fiumi. Offesi? E allora come chiamare l'azione di fischiare chiunque sia sceso in piazza pur non essendo di centrosinistra – vedi la Moratti, verso la quale nemmeno con il padre ex deportato ora in carrozzina hanno portato rispetto – oppure il monopolizzare una festa strumentalizzandola in modo vergognoso? Non è fascismo questo? Prodi ci viene a parlare di una festa che deve unire l'Italia, sottintendendo che la sua coalizione unisce. E invece succede che solo il popolo della sinistra si sente – ancora una volta, superiormente – l'unico con il diritto di scendere in piazza, l'unico che può manifestare; l'unico che può vergognosamente sostituire il tricolore con le bandiere dei – suoi – partiti e gridare nel giorno della Liberazione dal nazi-fascismo slogan contro lo stato di Israele (ecco perché proprio poco sopra parlavo di fascismo ancora persistente...)

Credo che se ad uno straniero venisse detto che il 25 aprile è una festa italiana e poi gli venissero mostrate le immagini – foto e video – storcerebbe la bocca. E a ragione, dal momento che i compagni si sono – per l'ennesima volta, per l'ennesimo anno – appropriati di una festa di tutti trasformandola in una squallida imitazione del primo maggio.


La Liberazione sarà davvero festa di tutti?

Oggi vedremo se l'anniversario della Liberazione sarà veramente la festa di tutti gli italiani, o solo di una parte – ovviamente quella antropologicamente superiore – di loro. Già Prodi ieri ci ha messo del suo, e figurarsi se non l'avesse fatto. Con una lettera – polpettone sul suo sito web ha prima ricordato l'anniversario, e poi ha aggiunto che l'Italia deve celebrare unita questa ricorrenza, soprattutto in questo periodo, dove si avvicina il referendum sulla Devolution. Come a dire che anche la Liberazione è solo di quelli che la Devolution l'aborrano, perché portatrice di divisioni all'interno del Paese – proprio lui, che non riesce nemmeno a tenere unita la sua coalizione.

Dicevo, vedremo se oggi sarà davvero la festa di tutti gli italiani. Perché allora durante i vari cortei e le varie manifestazioni commemorative dovremo vedere solo bandiere tricolori, mentre ho come l'impressione che probabilmente ce ne saranno tante dell'ex Unione Sovietica, accompagnate da quelle “dall'Ulivo a sinistra”. E, ovviamente, per qualsiasi esponente di centrodestra – quasi come se non fosse italiano – sarà proibito farsi vedere in piazza. Noi la Liberazione non la possiamo festeggiare. Pena i fischi, nella migliore delle ipotesi.

Comunque le immagini che arriveranno nel corso della giornata avranno modo di sbettucciarimi. Dubito, cari miei.


Sono elettore del centrodestra. Convinto, a volte poco soddisfatto, tuttavia mai mi sognerei di passare dall'altra parte: troppe le cose che ci dividono, siamo proprio agli antipodi. E tuttavia trovo triste che la Casa delle Libertà faccia avanzare l'ipotesi di Giulio Andreotti come Presidente del Senato per contrastare il Marini di unioniana provenienza. Così come trovo triste che la Lega – un partito il quale farebbe bene a rimettersi un po' in sesto, detto da uno che non simpatizza particolarmente con i lumbard – avanzi la proposta di Calderoli. Ma quest'ultimo, dato che il suo peso è quello che è e la sua candidatura è l'ennesima provocazione delle camicie verdi, non prendiamolo in considerazione. Gli altri due, ecco, gli altri due sono due ex (?) democristiani. Dico, vi sembra possibile? Ma quel inciucio, quale grande coalizione. Quale tentativo di ridare vita ad un terzo polo che raccolga i moderati di entrambe le coalizioni. Il fatto che i due schieramenti presentino due personaggi pressochè uguali – va bene, agli occhi dell'uno l'altro “è un novizio”, e per giunta è stato leader della Cils – mi sembra sintomatico. Del fatto che il vero inciucio è il ritorno, sottobanco, della Balena Bianca. Ma le balene, cazzo, non erano razza in via di estinzione?


lunedì, aprile 24, 2006

per i più sporcaccioni: "Gran Galà del sesso a Century City"

Su uno dei nostri blog preferiti c'è un memorabile resoconto dell'XRCO Awards, il massimo riconoscimento nel campo dell'industria pornografica della California. Imperdibile.


Attentato sul Mar Rosso

(foto: Corriere.it)

Attentato sul Mar Rosso. Tre esplosioni nella cittadina di Dahab, a nord di Sharm El Sheik, intorno alle 19. 22 morti e 150 feriti. La polizia egiziana per ora non ha dubbi e afferma che si tratta di attentato terroristico. [LINK]


Due o tre paroline sulla questione Bertinotti - Mediaset

È di ieri la notizia che Fausto Bertinotti ha affermato durante la trasmissione di Lucia Annunziata di voler ridimensionare Mediaset “sia per [quanto riguarda] le reti, sia per [quanto riguarda] la pubblicità”. Il caso è stato subito creato, ci mancherebbe, la dichiarazione è di quelle che fanno accapponare la pelle. E ancor di più fa accapponare la pelle quel lumacone di Romano Prodi, che del centrosinistra dovrebbe essere il leader è che invece se n'è stato zitto zitto fino ad oggi, quando ha annunciato a chi gli chiedeva un commento di dare un'occhiata al programma dell'Unione – sarebbe così gentile da fornirci anche la pagina? - perché loro “seguiranno quanto c'è scritto sul programma [...] una serie di dichiarazioni su come dovrebbe funzionare il mercato [delle frequenze televisive]”. È chiaro che una risposta così generica non può che portare a due cose: a) sottoscrivere in modo (mal) celato quanto dichiarato il giorno prima dal neo compagno di merende Bertinotti b) mettere ancor più in luce quale sia il vero intento del centrosinistra: come ha scritto oggi Giordano Bruno Guerri sul Giornale, il loro programma è “governare per togliere”. E la dimostrazione di ciò è palese: stanno cercando in tutti i modi di far abdicare politicamente il Cav. martellandolo sulla sua vita da imprenditore e, insomma, si sta avverando quanto prima delle elezioni era solo un (brutto) presentimento, ovvero impedire a Silvio Berlusconi di far politica o imporgli un anti-liberale aut aut del tipo “o la tua azienda o la politica”.

La cosa è, come già detto, fortemente anti-liberale, e non so quanto potrebbe essere ben accolta dagli italiani. E Prodi prima di permettere ai suoi alleati di fare certe dichiarazioni – e prima di permettersi innanzi agli italiani di far finta di nulla o peggio assecondare questi deliri – dovrebbe tenere conto del fatto che Mediaset, nel bene o nel male, è patrimonio del paese, come per altro affermato da altri esponenti del centrosinistra come Mastella, la Melandri e last but not least anche quel Massimo D'Alema che si è visto depauperato dello scranno di Montecitorio. Impossibile decretarne la fine, impossibile usarla per ricatti di questo tipo. E impossibile toglierle un canale da un momento all'altro e per cattiveria politica, perché la legge che decreta come “ciascuno può possedere al massimo 3 televisioni” esiste ed è peraltro già vecchiotta. E impossibile nemmeno pretendere un regolamento del mercato degli spot pubblicitari semplicemente assecondando la regola dell'interruzione del film (o del programma) sul più bello. Trattasi di televisione commerciale, che di pubblicità ci vive e che quindi in qualche modo deve pur mantenersi, a maggior ragione se vuole offrire uno standard elevato (e su questo standard immagino che molti di voi avranno già pronta l'obiezione: a Mediaset ci sta tanta trash television. Obiezione respinta, cari miei, perché il trash sta anche in casa Rai, anzi, lì dobbiamo pure pagare per vederlo; oppure mi sono ricordato male e l'Isola dei Famosi o Music Farm sono trasmetti dalle reti berlusconiane?).

Se vogliono risolvere la questione degli spot, la risolvano in casa Rai, dal momento che ci tengono a sottolineare che la Rai deve essere organo di stato e quindi “no” alla sua privatizzazione. Perché lì, essendo televisione di tutti i cittadini perché tutti i i cittadini pagano per vederla, il film sì che viene interrotto – una volta alla fine del primo tempo, ora anche due o tre volte a proiezione – e quindi la cosa risulta essere scocciante. In quel caso cerchino di regolamentare, ora che sono al governo, oppure taccino per sempre, ergo tra qualche mese, il tempo di auto-distruggersi come coalizione, non si lamentino del governo di centrodestra che dovrà occuparsi di quello che loro non hanno fatto.

E poi, a chi la racconta giusta il signor Bertinotti? Oddio, a me no di sicuro, dal momento che mica l'ho votato e mai, in nessun modo, ha attirato anche solo per un secondo la mia simpatia. Ma i suoi elettori o per lo meno semplici simpatizzanti, cosa dicono? Cosa pensato di un personaggio che predica enormemente bene e razzola enormemente male? Non parlo nemmeno della villa con piscina in pietra viva che si è appena comprato in Umbria. Quella no, è roba sua, e noi mica lo vogliamo mettere sotto accusa per un capriccetto. No, mi riferisco ai lavoratori che, nel caso una delle reti Mediaset dovesse sparire, rimarrebbero senza lavoro. A quelli non ci pensa nessuno, caro il mio comunista rifondato? Dico, i lavoratori sono buoni solo in campagna elettorale, e se in ottocento – questa è la cifra stimata – dovessero rimanere a casa solamente per un'azione di, ripeto, cattiveria politica, in fondo non c'è nulla di male, vero? Per non parlare poi del modo in cui il Subcomandante Fausto sta impostando la sua esperienza di governo. Semplicemente disgustosa, fatta di ricatti e atta a isolare le forze moderate del centrosinistra, più che mai fondamentali visti i risultati delle elezioni. Si accorgerà il mortadella Prodi di cosa succede a spostare l'asse del suo governo troppo a sinistra. In molti già sono scontenti di come vanno le cose; D'Alema a parte, ci sono personaggi come Mastella e Pannella – due che già litigano tra loro – che minacciano l'appoggio esterno se la situazione non evolve in miglior modo. E si sa quanto questi siano facilmente disposti a – scusate il bisticcio – spostarsi da una parte o dall'altra; e anche solo uno dei due potrebbe essere decisivo per avere i numeri per governare.


giovedì, aprile 20, 2006

Cicabua

Sarà solamente una mia impressione. Ché si sa, sono uno stronzetto. Ma secondo me questa prima pagina all'Unità l'avevano già pronta per l'11 di aprile. Poi tutti sanno come è andata: vinto, anzi no, perso, forse no, Cassazione, spumantini fatti saltare per nulla, inutili festeggiamente notturni in piazza Santissimi Apostoli. Insomma, l'hanno dovuta tenere nel cassetto un po'. Oggi l'hanno tirata fuori, una sistematina al sommario e via, alle rotative!. Dio, puzza ancora di Pci - non lo sentite l'odore? Nessun giornale – nemmeno di sinistra – ha titolato in modo così trionfale, Perché tutti hanno capito che, a distanza di giorni, l'effetto sorpresa è svanito. Loro no, ci vivono di queste cose. E il lettore, felice, fa di tutto per sbattertela in faccia, questa copertina. Godono, di quella goduria un po' infantile – cazzo se sono stronzetto -; quella sorta di cicabua ripetuta a mo' di cantilena li rende felici. Gli basta poco, il titoletto da commentare al bar con gli amici, il sorriso un po' beffardo quando in metropolitana tu sei lì che ti fai i cazzi tuoi, butti l'occhio proprio sulla prima pagina, e loro – che non aspettano altro – capiscono, ammiccano, tu allora fai intendere che potresti pure pensarla diversamente – eggià... - e loro si sentono così antropologicamente superiori. Cicabua cicabua.


Caro amico ti scrivo...

Bellissimo, quasi commovente. Piero Fassino ha scritto una lettera a Romano Prodi chiedendogli di “assumere un'iniziativa”. E per cosa? Ovviamente per trovare una soluzione alla questione della Presidenza della Camera. C'è Bertinotti che la vuole, a tutti i costi, tanto da non accettare nemmeno un incarico ministeriale sostitutivo del seggiolone. E c'è D'Alema il quale anch'egli la vorrebbe e al quale, mi si permetta da “berlusconiano di merda” quale sono, spetterebbe di diritto. E Prodi nel frattempo gestisce un po' l'uno e un po' l'altro, tanto da costringere il povero Fassino a compilare certe missive. Quando si dice che “chi parte col piede giusto è a metà dell'opera” si dice una cosa vera. Alla quale bisognerebbe aggiungere la variante dell'Unione: chi parte col piede sbagliato retrocede di mezza opera. Ci aspettano mesi di grandi risate.


Feltri e Belpietro volano in edicola

Claudio Plazzotta su Italia Oggi cerca di spiegare le ragioni del boom in edicola di Libero (+ 71% nel mese nel marzo 2006 rispetto al marzo 2005) e de Il Giornale (+16,1% nel mese di marzo 2006 rispetto al marzo 2005). Tutto via Dagospia.

La dichiarazione di voto di Paolo Mieli dello scorso 8 marzo, in cui il direttore schierò il Corriere della Sera con il centro-sinistra, non avrà fatto perdere copie al quotidiano di via Solferino. Quello che al momento è certo, tuttavia, è che le ha fatte guadagnare, in maniera esplosiva, a Libero e al Giornale. Le due testate, entrambe vicine al centro-destra e molto forti in Lombardia, hanno infatti chiuso un mese di marzo a dir poco da incorniciare. Con perfomance diffusionali stupefacenti che proseguono pure nella prima metà di aprile. Il quotidiano di Vittorio Feltri, in marzo, ha avuto una media dichiarata alla Fieg di 122.374 copie al giorno, con un +72,2% rispetto al marzo del 2005. Nelle prime due settimane di aprile è alla strabiliante quota di 145 mila copie (record monstre di 170 mila copie l'11 aprile).

Il Giornale, invece, ha messo a segno una media Fieg di 229.548 copie, +16,1% sullo stesso mese dell'anno precedente. E in aprile il trend prosegue, con +35 mila copie sull'aprile 2005.

Come si spiegano questi incrementi? "Beh, in marzo noi abbiamo avuto una concomitanza di eventi, ulteriori al fisiologico aumento da campagna elettorale. C'è stato il lancio di un gioco per fidelizzare i lettori", spiega Gianni Di Giore, direttore generale di Libero, "poi l'abbinata col libro Tutte le balle su Berlusconi, di cui abbiamo venduto oltre 700 mila copie, quindi lo sciopero dei giornalisti il 18 marzo, a cui noi non abbiamo aderito diffondendo, quindi, più copie del solito. Ma l'effetto Mieli c'è stato. Da un giorno all'altro abbiamo guadagnato 25 mila copie. E nei monitoraggi che facciamo in edicola, sono circa 50 mila le copie che Il Corriere ha perso dal 9 marzo, da quando Mieli ha dichiarato di votare per Prodi".

In Rcs sono ormai settimane che manager e direttori si affannano a dichiarare che Il Corriere della Sera non ha invece perso nulla, anzi ha guadagnato dopo l'esternazione. E in effetti il dato dichiarato da via Solferino alla Fieg parla di 670 mila copie medie in marzo, con un +3,7% sul marzo 2005.

Tuttavia, fanno sapere gli analisti di Libero e del Giornale, il calo in edicola c'è stato, compensato da altre operazioni (abbinate con la Gazzetta dello Sport, distribuzioni del giornale in alberghi e aeroporti) che terrebbero così alta la diffusione. "Per esempio, nella provincia di Bergamo il Corrriere della Sera, in edicola, ha perso 1.500 copie medie al giorno, mentre noi contemporaneamente ne abbiamo guadagnate 1.300", commentano da Libero.

Toni analoghi al Giornale: "In marzo abbiamo guadagnato circa 30 mila copie rispetto alla nostra marcia consueta", dice Attilio Mattusi, direttore della diffusione del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, "ma l'incremento da campagna elettorale, scioperi o iniziative di marketing lo abbiamo valutato attorno alle 10 mila copie. Le altre 20 mila copie ci sono capitate da un giorno all'altro dopo l'8 marzo. Tanto che ci abbiamo messo alcuni giorni a tarare le tirature, poiché facevamo esauriti quasi in tutte le rivendite lombarde. Quelle 20 mila sono le copie effetto Mieli. In base alle nostre valutazioni, tra Milano e Lombardia il Corriere della Sera, in edicola, ha perso l'8-10%. E non è casuale che dall'8 marzo il distributore del Corriere, Milano Press, controllato da M-Dis (di cui, a sua volta, è socio Rcs MediaGroup, ndr), non ha più condiviso con noi i dati di vendita".

Ma non può essere che le belle performance di Libero e Giornale siano figlie della campagna elettorale cruenta, degli appelli di Berlusconi al popolo dei moderati, senza scomodare Mieli? "No, così tante copie non si guadagnano da un giorno all'altro senza effetti esterni. Il Giornale", aggiunge Mattusi, "col centro destra al governo, ci ha messo più di 4 anni a perdere 30 mila copie di diffuso. E adesso, paradossalmente, siamo quasi contenti che Berlusconi passi all'opposizione. In questo modo potremo sbizzarrirci di più con le nostre critiche".



mercoledì, aprile 19, 2006

Veloce Veloce

Sono di fretta, passo velocemente a lasciarvi il mio saluto. Il post che leggete sotto è stato scritto in altra sede e qualche mezzora prima di metterlo on-line. Mi sono ricordato di avervi citato (almeno) due cose interessanti del momento. “Ci vediamo al Bar Biturico” di Doni e Ringleader of the Tormentors di Morrissey. Sublimi, sublimi, sublimi. Con il primo si passano due orette – ché è proprio piccino piccino – di godimento. La trama non è succulenta, mica è un giallo da spiaggia. È uno spaccato di vita reale, presentato dall'autore attraverso due punti di vista diversissimi, che rappresentano la futilità giovane e l'incredibile pesantezza di certi personaggi quando hanno passato tutta la vita a pensare troppo seriamente. Il secondo, beh, il secondo è la cosa – musicalmente parlando – più bella uscita per il momento in questo 2006. Se conoscete il personaggio, non avrete dubbi: è il solito Morrissey, anche se degli Smiths a livello musicale è rimasto poco – le liriche, vabbè, quelle “sono sempre loro”. La produzione di Tony Visconti (do you remember Bowie-Ziggy?) rende leggermente pesante il lavoro, mette un tocco di fard come sfondo e lacca le unghie alla perfezione.


La Cassazione conferisce all'Unione il potere di governare. Sedetevi e godetevi lo spettacolo

È arrivata, puntuale come promesso, la sentenza della Cassazione. Nulla è cambiato, l'Unione ha “vinto” di circa 25 mila voti. Esattamente come prima del riconteggio. E il ricorso presentato dopo le dichiarazioni di Calderoli non è stato accolto. Prodi gongola (?) e continua a bofonchiare: “Governeremo”. Prego, mortadella, siediti un po' alla sedia e mettiti a pensare: come organizzare questo nuovo governo in modo tale che risulti il più duraturo possibile?

Primo, il nostro deve necessariamente tenere conto delle divisioni interne. Loro hanno sempre dichiarato che per prima cosa l'importante era vincere, e solo successivamente – e già come teoria è bislcacca, ma tant'è – avrebbero pensato a come andare d'accordo. Perfetto, ora però è giunto il momento di rivolgerlo questo benedetto pensiero, se proprio vogliono governare. Al primo posto tra i problemi di divisione interna hanno il fatto di essere una coalizione tuttifrutti. Hanno le pere – frutto preso a semplice titolo esemplificativo – di Mastella e le noci di cocco – ibidem – dei Comunisti Italiani. Ora, non so voi che macedonia mangiate, ma già la pera con il cocco crea in me un pizzico di disgusto. Come può Prodi prevedere che invece all'interno della sua coalizione vadano d'accordo. Uno si professa “laico” (Mastella), ma tutti noi sappiamo che non è così, e che cattolico lo è e come, e nonostante cerchi di dire il contrario, in poche occasioni sembra aver applicato il suo essere “laico” alla res politica. L'altro (Diliberto) è comunista – fiero di esserlo, tra l'altro – tendenza marxista-leninista. Già in questo caso ce ne sarebbe per farsi venire il mal di testa da qui ai prossimi cinque anni, qualora dovesse riuscire nel miracolo di arrivare a fine legislatura.

Ma – purtroppo per lui, un po' meno per noi – c'è di più. Ci sono ad esempio quelli della Rosa nel Pugno. I quali avranno sì fatto flop elettoralmente parlando (e che flop...) ma ora mica ci stanno a non essere ascoltati. Loro, ad esempio, sono filo-americani, filo-occidentali, filo-israeliani; le loro posizioni combaciano di più con quelle del centrodestra che con quelle della coalizione nella quale, nonostante tutto, si trovano. Come faranno dunque ad andar d'accordo con Bertinotti, uno che in questi giorni ha già messo le sue zampe sulla poltrona di Presidente della Camera, e ha a più riprese affermato che la legge Biagi verrà abolita e “via dall'Iraq” entro 100 giorni” (l'esatto contrario di quanto affermato non solo dagli esponenti della Rosa nel Pugno, ma anche dalla maggioranza dell'Unione). E sempre i “rosapugnoni” come faranno ad andar d'accordo con i già citati Diliberto – che la pensa come Bertinotti ma guai a farglielo notare, ché lui è pur sempre uno scissionista – e Mastella, il quale appena sente odore di Pannella corre a nascondersi in sacrestia?

Per non parlare di altri problemi – dall'economia, alla politica interna, a quella estera – che ci sono e dei quali non bisogna sottovalutare l'importanza (mi viene in mente, così, la questione Israeliana: seguiranno la linea Diliberto o quella dei Ds al netto del correntone più Margherita, Udeur e Rosa nel Pugno?).

Bene, la Cassazione ha dato loro ragione: quei 25 mila punti gli consegnano il premio di maggioranza e dunque la capacità teorica di governare. Lo spettacolo deve essere di primo pelo, c'è da scommetterci. E non me lo vorrò perdere per nulla al mondo. Anche perché – e pure in questo caso una scommessa conviene farla – durerà pochissimo.


martedì, aprile 18, 2006

Armonia dei numeri

Complimenti, sei il visitatore numero 11111


domenica, aprile 16, 2006

la domenica artistica - 4

Francesco Hayez (Venezia 10.02.1791 – Milano 21.12.1882), Il Bacio, 1859, olio su tela, 112 x 90 cm, Pinacoteca di Brera, Milano.

Oggi è la domenica di Pasqua e come di consueto moltissimi musei rimarranno aperti nonostante le festività. Questo è uno di quei quadri che potete ammirare alla Pinacoteca di Brera, a Milano, ovviamente aperta. Buona Giornata.

Le altre domeniche artistiche.


sabato, aprile 15, 2006

il centrodestra rischia di vincere. Speriamo.

Attenzione, Perché la Casa delle Libertà questa volta ha ipotesi concrete di vittoria. Calderoli ha infatti annunciato che il centrodestra sarebbe già in vantaggio di circa 20 mila voti. Tutto questo perché la nuova legge elettorale – che lo stesso ex ministro leghista, pur avendola criticata, ha scritto e sottoscritto – non sarebbe stata applicata in un suo punto che, ora, rischia di diventare fondamentale.

Succede che nella circoscrizione Lombardia 2 si presenta, alleato del centrosinistra, il partito Alleanza Lombarda. Probabilmente qualcuno lo confonde come una costola della Lega, qualcun altro magari come un gruppo nato da una scissione – di “duri e puri” - della Lega stessa, sta di fatto che circa 45 mila persone lo votano. I voti inizialmente sono dunque conteggiati per l'Unione. Capita anche che Calderoli dica che nella legge è scritto chiaramente: se un partito è iscritto ad una sola circoscrizione, i suoi voti non possono essere conteggiati, e dunque a questo punto il centrodestra sarebbe sì in vantaggio di circa 20 mila voti, ai quali si aggingeranno quelli derivati dalle schede contestate.

Dunque lo scenario risulta ancora aperto. La Casa delle Libertà rischia davvero di vincere – come se già lo straordinario e inaspettato risultato non fosse una vittoria – e il centrosinistra di smettere di festeggiare una vittoria che, anche se le cose dovessero restare come sono, non si è verificata.


Un saluto veloce, e uno 'scusa' per lo scarso aggiornamento di questi giorni. Il tempo di caricare Ringleader of the tormentors di Morrisey sull'iPod e poi sparisco ancora per qualche ora. Abbiate pazienza, cari i miei 50 lettori giornalieri. Vi penso e – un poco – vi bacio.


mercoledì, aprile 12, 2006

Scusate lo scarso aggiornamento del blog, sopratutto visto il clima post elettorale che c'è nell'aria. Dovete sapere che il vostro affezionatissimo soffre d'insonnia. Forse chiamarla insonnia non è nemmeno giusto, è che non trovo altro termine per spiegarvi il fatto che sono tre notti che mi addormento alle 5 e mi alzo alle 9. sì, circa 12 ore in tre notti, quanto la maggioranza di voi ne dorme almeno il doppio.

Non vi lascio soli, questo no: leggo i commenti, controllo le visite, cerco se c'è qualcosa di veramente interessante da scrivere, e nel mentre preparo il post definitivo riguardante le elezioni. Solo che, naviga di qua, naviga di là, sul sito del Corriere ce n'è una troppo bella. Davvero. Cicciolina offre il suo corpo a Bin Laden in cambio della pace. Leggere per credere.


martedì, aprile 11, 2006

Finivo l'insalata, pranzetto veloce, e discutevo di elezioni. Qualcuno mi ha detto: “ora col governo tecnico faranno fuori Prodi, che già non contava un cazzo”. L'olivetta nera dentro l'insalata per poco non mi andava di traverso al suono di quel 'cazzo' che mai e poi mai mi sarei aspettato dal mio interlocutore. Uno che però ci vede sempre lungo.


C'è stato un pareggio, c'è l'ingovernabilità ma la sinistra finge di aver vinto

Come iniziare ad analizzare questa tornata di elezioni politiche? I risultati sono definitivi? Manca ancora qualcosa? I giornali hanno battuto il record di edizioni uscite in un solo giorno, o ne servono ancora due o tre? Partiamo proprio da questi ultimi, i giornali. Prendiamo ad esempio l'Unità, quotidiano del quale – tra web e televisione – da stanotte ho visionato tre copertine diverse. L'ultima, quella che dovrebbe essere definitiva, recita: “Berlusconi Addio”. Questo era deciso già da tempo nella redazione del quotidiano fondato da Gramsci e questo alla fine si è scritto. Anche se la realtà, nessuno lo può negare, è molto diversa da quanto annunciato nel titolone a cinque colonne. Perché non si può dire addio al Cav. in particolare e al berlusconismo in generale dopo aver dato un'occhiata ai risultati. Certo, il centrosinistra si aspettava il trionfo e non il tronfio, e ora fa finta che di trionfo si sia in effetti trattato, così, forse per nascondere i malumori interni alla sua classe dirigente. Perché non c'è trionfo quando alla Camera vinci per una ventina di migliaia di voti e il Senato te lo aggiudichi con due seggi di vantaggio (158 a 156 dopo i risultati del voto all'estero), pur avendo come maggioranza assoluta di voto un vantaggio per il centrodestra.

Questo non è trionfo, è pareggio. Faticheranno a capirlo, ma sta di fatto che non ci si può allontanare di una virgola dal dato quale effettivamente è. Ora faranno la festa più volte rimandata a Piazza Santi Apostoli da leader che – scusate la franchezza – se la facevano sotto, che non sapevano cosa dire alla folla piagnucolante (sì: piagnucolante: c'è un ometto stamane sul Corriere con la bandana della pace stile rambo e l'occhio gonfio che sembrava Ronaldo all'ultima stagione in nerazzurro, quella maledetta) e anche e soprattutto a loro stessi. Ora, ribadisco, cercheranno di spacciare una vittoria che li vede avanti di un nulla – perché uno 0,06% è un nulla, che lo si voglia o meno – come la sconfitta del berlusconismo, e gongoleranno, sapendo di non aver vinto e mentendo a loro stessi, oltre che agli italiani che vorrebbero così avidamente governare.

Ma quale vittoria, scusate? Queste elezioni il vincitore non lo vedranno mai, semplicemente perché non c'è; in compenso si possono identificare due sconfitti: il popolo dei sondaggisti e degli exit poll e Romano Prodi. Per quanto riguarda i primi, è chiaro che hanno toppato di grosso e che hanno perseverato in questo errare per mesi e mesi, fino almeno alle 18 di ieri pomeriggio: Unione in vantaggio di 5-6 punti percentuali, vittoria scontata, plebiscito, tanto da far sbandare anche gli unionisti, i quali ieri nelle prime ore dopo la chiusura dei seggi già cantavano vittoria, esultavano, prendevano abbagli clamorosi (e l'edizione straordinaria di Liberazione, il quotidiano di Rifondazione, che usciva con un “Avanti popolo! Berlusconi dopo 5 anni di disastri va a casa”, in questa senso è da emeroteca della risata, se ne esistesse una) salvo successivamente nascondere la testa sotto la sabbia per poi accontentare il popolo dei duri e puri che fino all'alba se ne stava in giro aspettando una festa che è arrivata troppo tardi e che aveva il sapore amaro del “le bottiglie le abbiamo comprate, che fare? Mica possiamo buttarle”. Il secondo sconfitto, si diceva, è Romano Prodi. Un mortadellone che non ha convinto l'Italia e gli Italiani, poco da fare. Doveva vincere a man bassa contro una Casa delle Libertà anch'essa vacillante, e invece si è impappinato da solo su tasse, famiglia, iniezioni di fiducia e sicurezza che più che altro sembravano malauguri. Lui è il vero sconfitto, l'uomo che doveva risollevare l'Italia e che invece ha risollevato 20 mila persone in più di quelle che già aveva dalla sua parte. È questa la vittoria?

Ora vorranno anche governare, certo. Ma se già prima del voto la situazione non era delle migliori, a causa di un Unione che comprendeva dentro di sé ideali e personaggi all'opposto, adesso il problema è anche maggiore. Una maggioranza talmente risicata da essere inesistente come può pensare di andare d'accordo? Come, se non esiste? Qualcuno prima di spiegarlo a me cerchi di spiegarlo a loro, che già si sono messi in testa di prendere le redini dell'Italia. Ora sono in crisi nera: tra i più grandi tre partiti italiani ne hanno uno solo al secondo posto (i Ds), hanno i folli di Rifondazione che si pavoneggiano forti di un miracoloso 7% alla Camera, che sommato ai voti degli altri estremisti (Verdi e Pdci) arriva ad un 10% (circa un quarto dei voti dell'intero centrosinistra) ed ex democristiani (Margherita e Udeur) che si attestano insieme al 16%. Cosa si inventeranno? Potranno decidere per gli italiani o la cosa – visti i risultati – risulta una contraddizione in termini, dal momento che la maggioranza degli italiani non sta con loro?

Per quanto riguarda il centrodestra, la situazione che si viene a definire non c'era nemmeno tra le più rosee aspettative. Il tracollo non c'è stato, segno che l'Italia il passo indietro non lo voleva fare, e anzi qualcosina si è guadagnato, basti pensare al fatto che Forza Italia rimane il primo partito italiano con circa il 24% delle preferenze (e dico: come i cattocomunisti potevano pensare di debellare il berlusconismo con un'Italia che ha decretato primo partito proprio il partito del Cav.?), An è stabile poco più sopra il 12% e l'Udc addirittura ha raddoppiato la percentuale rispetto alle Politiche del 2001 ottenendo un ottimo 6,2%. Il centrosinistra deve necessariamente tenere conto di tutto ciò, perché i numeri per governare non li ha.

Cosa succederà ora? In molti sono a dire che bisognerebbe tornare alle urne ma anche ad essere favorevoli a questa proposta, la cosa non può accadere prima di settembre. Dunque sembra profilarsi l'ipotesi di un governo tecnico, che duri da qui alla prossima chiamata alle urne, da instaurare dopo aver cercato anche di convincere Ciampi a rimanere Presidente della Repubblica almeno fino al ballottaggio. Ma ancora non si è sicuri di nulla – a parte a sinistra dove, va da sé, ad auto-convincersi delle loro cazzate sono sempre stati bravi – e quindi forse è prematuro fare altre ipotesi.