giovedì, febbraio 28, 2008

gogna mediatica.


“Forse non è inutile ricordare che l'esposizione prolungata dell'indiziato all'avvenimento minaccia di distruggerne l'immagine e, probabilmente, già l'ha distrutta. La verità mediatica, in questi casi, rischia di apparire più forte di quella vera e non è attraverso la prima che si può ragionevolmente sperare di pervenire alla seconda. Qui non è in discussione la colpevolezza o l'innocenza del Pappalardi. Sono in discussione un pregiudizio giudiziario e la stretta correlazione fra il sistema giudiziario e quello mediatico che sta diventando tale da rendere sempre più difficile capire dove finisca l'uno e incominci l'altro e viceversa”.

Piero Ostellino, Corriere della Sera – 28.02.2008

mercoledì, febbraio 27, 2008

la vecchia sceneggiata sanremese

Non è per fare quello che Sanremo è uno schifo a tutti i costi. No, Sanremo non è mai stato uno schifo “a tutti i costi”, ma quest’anno è obbiettivamente scarso. Al netto delle scelte “televisive” dello spettacolo, la musica è inesistente: non c’è una canzone che raggiunga la sufficienza (se non nelle pagelle dei critici musicali dei principali quotidiani nazionali, ma è un caso a sé), e anche quelle due o tre che sembrano emergere, lo fanno solo in virtù del fatto che le altre stanno ad un livello talmente basso da non esistere quasi. A volerla dire tutta, Sanremo è vecchio non per il suo conduttore e direttore artistico; certo, si può credere che anche Baudo faccia la sua parte, e sicuramente è così e semmai dobbiamo indagare sul perché ancora lui, ma la vecchiaia del Festival risiede soprattutto nelle canzoni e nei loro interpreti. Non è facile ironia: Toto Cutugno e Little Tony, per esempio, rappresentano il cantautore italiano di almeno 35 anni fa. È gente che fa parte del bagaglio nazionalpopolare del nostro paese, ma che non è più capace di rappresentarne l’aspetto musicale. La musica italiana, nell’anno di grazia 2008, non è quella portata all’Ariston da questi due cantanti. Ma non è nemmeno, e questo è ancora più grave, quella di artisti relativamente più giovani come Michele Zarrillo, o Eugenio Bennato. Per questo il Festival ha perso mordente: sembra la programmazione musicale di una radio per casalinghe, gente a cui piace crogiolarsi nelle canzoni del passato. Anche le canzoni degli interpreti più giovani (penso a L’Aura o ai Finley) hanno quel sapore Sanremese che mai si troverebbe in altre loro composizioni. Intendiamoci, niente di male in ciò, ma per uscire dall’imbarazzo due sono le soluzioni. La prima, quella di cambiare la denominazione del festival, da “Festival della Canzone Italiana” a quello di “Festival della canzone tradizionale italiana”. In questo caso anche i musicologi sarebbero concordi nel considerare “tradizione” ciò che ormai ha 30-40 anni e non più almeno mezzo secolo alle spalle. La seconda, a mio avviso la migliore, è quella di mantenere la denominazione corrente ma di operare una selezione delle canzoni tenendo ben presente quella che è la musica italiana odierna. Ovvero la musica di qualche valoroso che là fuori pure c’è, e quella dei superospiti italiani che ogni anno si rifiutano di andare all’Ariston perché, questa è la verità, il Festival non va più bene nemmeno come veicolo di promozione per un singolo in uscita o per una tournee estiva la cui prevendita è appena iniziata.

Ma non solo per questo Sanremo si sta dimostrando scarso. Prendiamo il caso Loredana Berté: ha fatto le bizze per farsi prendere al Festival, si è presentata con un brano (“Musica e Parole) scritto insieme ad Alberto Radius, graffiante sì ma niente di speciale. Poi si è scoperto che la canzone era già stata scritta da Radius una ventina di anni fa per la cantante Ornella Ventura (“Ultimo Segreto”) ed inclusa in un disco prodotto da Tullio De Piscopo, uscito per la Nar, la stessa etichetta discografica che ha portato la Bertè quest’anno a Sanremo. Ovviamente il grottesco caso di plagio, dopo la denuncia dell’interprete originaria e di De Piscopo, è stato pienamente confermato, e non sarebbe potuto essere altrimenti data l’imbarazzante uguaglianza dei due brani (talmente uguali che anche l’autore, Radius, è lo stesso!). In un Festival serio, o in un’edizione seria del Festival, la conclusione sarebbe stata fin troppo ovvia: squalificata la Bertè per violazione del regolamento. Semplice verdetto, e non perché si voglia tappare la bocca ad un cantante, ma perché un concorso dovrebbe essere una cosa seria e regolamentata, ed ogni violazione al regolamento dovrebbe comportare la squalifica. È così da che mondo è mondo. Ma al Festival di Sanremo 2008 si è fatta ovviamente un’eccezione. Dato il carattere particolarmente “vivace” di Loredana Bertè, la canzone è stata sì estromessa dalla gara “ufficiale”, ma la cantante potrà comunque esibirsi ancora nel corso delle prossime serate. Il motivo sta nel fatto che il regolamento prevede sì il ricorso, ma entro 12 ore dalla prima esibizione, quindi i termini erano scaduti (il ricorso si sarebbe dovuto presentare quindi più o meno entro le 11 di questa mattina). E questa “concessione”, si badi bene, è arrivata persino dopo che durante la seconda serata la Bertè ha costretto ad un improvviso cambio di scaletta perché a lei di suonare per ultima proprio non andava. Ma alla Bertè non è mai venuto in mente che a nessuno dei cantanti in gara piace esibirsi all’1 di notte, ma che se la scaletta è stata fatta è inutile recriminare? Che si va da chi fa le regole e gli si chiede di cambiarle durante la partita? Francamente, mi sembra un po’ troppo.

Per terminare lo spettacolo Sanremese, ora assisteremo alla spettacolare triangolazione tra la Bertè (difesa da Baudo), Radius e Avogadro (l’altro autore di “musica e parole” e “ultimo segreto”), i quali si scambieranno l’accusa di aver tradito l’uno l’altro.
Fatelo, sfogatevi, accusate il plagio e i casi di cronaca di aver fatto crollare gli ascolti. Poi, però, dall’anno prossimo che si cambi veramente solfa. Unica concessione: Piero Chiambretti, che sa fare onestamente il mattatore ma che da solo non basta a risollevare le sorti di un Festival pieno di vecchiaia, nemmeno troppo ben camuffata dalle scintillanti scenografie.

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martedì, febbraio 26, 2008

stato della critica musicale italiana, Sanremo e certe scollature...

La Venegoni su La Stampa dà 4 alla canzone della Tatangelo e 9 a quella di Frankie Hi Nrg. Fegiz sul Corriere dà 9 alla Tatangelo e 5 a Frankie Hi Nrg. Anche questo, è lo stato della critica musicale su due dei principali quotidiani italiani.

[per la cronaca, la canzone di Anna Tatangelo vale molto meno della media aritmetica dei due voti di cui sopra. In compenso la sua scollatura...]

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Obama e l'arte della vuota retorica

Gideon Rachman, columnist del Financial Times, ha scritto quello che tutti gli analisti politici da tempo avrebbero dovuto scrivere. Barack Obama è infatti un fenomeno cool, un modo per vendere tazze da caffè e magliette, portachiavi e apribottiglia e, nelle parole del giornalista coraggioso, “ha una voce deliziosa ma le sue frasi sono fatue”.

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lunedì, febbraio 25, 2008

zavorra post-(pseudo)fascista

Dopo aver letto il resoconto della Santanchè ospite di Lucia Annunziata ieri pomeriggio su RaiTre, sono sempre più convinto che il Cav. abbia fatto benissimo a non prendersi La Destra nel Pdl, né apparentata né sciolta.

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...slow...

Carlo Rossella su La Stampa celebra la giornata della lentezza.

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domenica, febbraio 24, 2008

Voteremo comunque Cav., ma che si dia una sveglia!

Qui non si hanno mai avuto dubbi. Votare Cav è l'unica scelta possibile alle prossime elezioni politiche, e non solo perché si è sempre stati moderatamente berlusconiani – o berlusconianamente moderati, la differenza c'è ed è sottile. Ma anche perché Veltroni e il suo (e di Romano Prodi) Partito Democratico ce la stanno mettendo tutta a costruire un accrocchio in cartongesso che dia l'impressione di essere qualcosa di nuovo, di moderato, con un programma simile a quello berlusconiano degli ultimi 10-15 anni, ma che dietro nasconde sempre la stessa puzza di oligarchia cattocomunista, di vecchia politica infiocchettata per la festa.

Detto questo, non si può però non vedere il cambiamento della scena politica per quello che è, ovvero un fatto positivo l'essere passati da un bipolarmismo imperfetto ad un bipartitismo – se imperfetto anche questo, ancora non si può sapere, anche se per il momento sembrerebbe tenere. Una mezza rivoluzione, in positivo. Allora Cav. anche questa volta, nella sua trasformazione in Popolo della Libertà. Solamente mi piacerebbe votare Cav. un po' più convintamente rispetto a quello che è l'umore degli ultimi giorni. Perché l'impressione è quella di una troppo forte convinzione di avere la vittoria già in tasca, che si traduce nei fatti in una campagna elettorale smorta e spenta, se non proprio inesistente; in un aver “mollato il colpo” che ha del preoccupante. Anche a livello programmatico, il senso di vaghezza è padrone, e in questo il centrodestra non si può permettere di comportarsi come Veltroni, che del vago e del pressapoco è maestro, ma che in quanto a “presa” sull'elettorato, in quanto a vendere il fumo accecante della (finta) modernità non è secondo a nessuno, e in molti potrebbero cedere alle sue futili tentazioni. Concretamente: dove è finito il Cav. combattivo (con Fini e Bossi) capace di strabiliare il suo “pubblico”, e allo stesso tempo di conquistare nuove fette di elettori, che abbiamo visto fino alla scorsa campagna elettorale, con annessa rimonta incredibile che ha portato al pareggio politico? Dove è finito il Cav. leonino, che sembra crederci sempre e non mollare mai? Quello che si vede in questi giorni in televisione, quello che si legge sui giornali, è quasi irriconoscibile, perso come è sulle candidature di Angela del Grande Fratello o di Aida Yespica, verso cui la speranza sta in una loro rinuncia perché il capo sembrerebbe troppo convinto di metterle sul serio in lista. Concretamente: se il centrosinistra manda in televisione, nel corso di Unomattina, il suo numero due Dario Franceschini, per quale motivo il Cav. di tutta risposta manda la coordinatrice lombarda di Forza Italia Mariastella Gelmini? Con tutto il rispetto per quest'ultima, donna politica in gamba e promettente, lo scontro è tra diversi “pesi”. Queste debolezze non le vorremmo più vedere, certe vaghezze non le vorremmo più sentire. Al contrario, vogliamo forza, voglia di crederci e di far vedere che il Popolo delle Libertà non ha la vittoria in tasca ma che la partita è ancora tutta da giocare. In quel caso, così come ora, voteremmo ancora Cav., ma vuoi mettere la voglia?

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Teo Macero [30.10.1925 - 19.02.2008]

Quando per la prima volta presi in mano “Bitches Brew” di Miles Davis, mi sembrò magnifico. L'aspetto musicale mi era, al momento, ancora sconosciuto, ma già dalla copertina era impossibile rimanere indifferenti. Praticamente, un quadro. Pieno di colori, col cielo azzurro a simboleggiare divagazioni rilassanti, tappeti di organi e un piccolo flirt con l'astrazione contemporanea. E le figure africane, in primo piano, in rappresentanza dei calore, del colore, del ritmo, di quella evoluzione in senso jazz rock che in quell'album sarebbe diventata “completa” per Miles Davis e per tutto il jazz da lì a venire.

Poi, con la passione per quel disco cresciuta con il tempo, uno si documenta. Legge articoli, libri, biografie e scopre ogni volta una sfaccettatura diversa, un passaggio che all'ascolto precedente era apparso diverso, o proprio non era apparso affatto. Merito anche di chi prese le sessions di registrazione, nastri lunghi ed estenuanti, e ne tirò fuori 4 dense facciate di lp tagliando, copiando, incollando, ripetendo, spostando. Trasformando dei semplici nastri magnetici in un disco completo, unico, in “Bitches Brew”. La persona che fece tutto questo, e non una ma svariate volte nella carriera di Miles, era Teo Macero.

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giovedì, febbraio 21, 2008

ho provato Downlovers.it, ed è più no che sì

La rete sembra essere impazzita per Downlovers.it, ovvero il “negozio” - le virgolette sono d'obbligo – di musica digitale che permette di scaricare legalmente brani e dischi senza dover sborsare un solo euro, basta sorbirsi uno spot pubblicitario durante il periodo di download. Finalmente qualcuno sembra avercela fatta, dopo le mezze bufale girate nei giorni scorsi circa Qtrax e soci. Ma funziona davvero? Mantiene quello che promette? Sì e no. Mi spiego: mi sono collegato, ho aperto un account, letto il contratto, scaricato legalmente. Partiamo dai lati positivi: i brani sono ad alta qualità, 192 Kbps di bitrate, un buon passo avanti rispetto a molti altri store del genere. Ma questo, dispiace, è l'unico punto veramente di forza. Per il resto, i brani sono in formato windows media audio, con tutte le limitazioni del caso: qualità inferiore rispetto all'mp3 (non parliamo dell'aac), e se ciò non bastasse sono pure dotati di DRM. Il che vuol dire che li potete leggere solo con Windows Media Player – e, almeno per la prima lettura, una connessione internet che permetta di scaricare la licenza e fare tutte le verifiche del caso. Li potete ascoltare sì infinite volte ma potete metterli solo su 7 dispositivi o computer diversi, e ovviamente non sono compatibili con l'iPod. Ma non è tutto. Anche scaricare un album intero è un'impresa: con la logica del passaggio pubblicitario durante il download, si è costretti a dover scaricare una canzone per volta, senza nemmeno poterle scaricare contemporaneamente. Ad ogni download è associato uno spot pubblicitario, e fino a che il brano non è stato completamente scaricato, non è possibile procedere e scaricarne un altro. Macchinoso, insomma. Ma alla fine si ascoltano i brani? Sì, alla fine si riesce e dal sito, promettono, si possono anche masterizzare su cd-audio. Ovvio, Windows Media Player permette questa opzione. Il fatto è che nel caso dei brani scaricati da Downlovers.it non è poi così ovvio. Serve la versione 11 di Windows Media Player, con quelle precedenti si può solo ascoltare ma al momento di masterizzare si incappa in un errore di licenze. E chi non volesse scaricarsi WMP, perché ad esempio pensa che sia un software tra i peggiori in circolazione, cosa fa, si porta in giro il computer? L'unica opzione, al momento, sembra essere questa (scartata, per ovvie ragioni, l'uscita in analogico e successivo rientro in digitale).

Dunque Downlovers.it sta facendo sì parlare di sé, ma più per la sorta di “evento” che ha rappresentato che per altro: fino ad ora risulta essere troppo restrittivo, e se la maggior parte degli altri store musicali è riuscita a chiudere accordi con le case discografiche e a togliere i maledetti DRM, il fatto che invece DL.it ancora li tenga risulta essere una limitazione di non poco peso. Il direttore generale, Riccardo Usuelli, ha promesso che “dalla prossima settimana avremo anche gli MP3 e raggiungeremo tutto il mercato derivato da iPod”. Che sembra essere cosa buona e giusta: per lo meno si potranno masterizzare i cd in formato audio con iTunes – o almeno si spera – che sarà quel che sarà, ma si scarica sempre molto più volentieri rispetto a Windows Media Player.

Se poi a margine vogliamo fare altre considerazioni, possiamo aggiungere la solita banalità, di cui però troppo spesso il mondo di internet sembra dimenticarsi. Credo che scaricare musica, soprattutto in modo illegale, sia una cosa pessima; mi sono già pronunciato in merito molte volte e non ho voglia di ripetere l'ovvio, la mancanza di rispetto nei confronti dell'artista e tutto il resto. In questo modo, scaricando musica in modo legale senza però versare una lira, ho come l'impressione che si sia aggiunta un'aggravante: se lo faccio in modo “illegale”, in qualche modo sono cosciente di quello che sto facendo e di ciò che comporta. Avere musica gratis in modo legale risulta essere ancora peggio: con il fatto che è lecito, il valore della musica è ulteriormente sminuito, perché si abbassa in modo imbarazzante. Certo, in questo caso l'artista è comunque garantito: grazie agli spot pubblicitari, si vede riconosciuto il giusto compenso. La questione, secondo me, sta proprio nel meccanismo della pubblicità: che il disco che mi sono scaricato gratis e legalmente da Downlovers.it mi sia stato offerto da Europe Assistance e dalle lavatrici Candy – senza nulla togliere ai marchi in questione – mi sembra ridicolo, a maggior ragione per il fatto che quegli spot non solo non li ho visti – ho aperto un'altra scheda nel browser e intanto mi sono fatto gli affari miei – ma anche se lo avessi fatto, mi sarebbero scivolati via senza lasciare tracce. Non mi piace questa idea della musica in qualche modo “patrocinata” da marchi commerciali, senza per altro che l'artista possa decidere a quale santo votarsi, ovvero di quale marchio accettare la sponsorizzazione.

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mercoledì, febbraio 20, 2008

Sì, bello, ma...

Il nuovo sito del Foglio è più “fico” - con tutto ciò che ne concerne – di quello di prima. E in “tutto ciò che ne concerne” c'è anche il fatto che quello di prima era meglio: erano disponibili alcuni articoli, tutti gli editoriali e i pdf, nonché l'archivio. Tutte cose che ora non ci sono più e che hanno lasciato il posto a: editoriali non pubblicati, rubriche (queste le stesse del giornale di carta), una specie di blog e le foto della redazione. L'unica novità in positivo, è la cronaca della riunione di redazione della mattina. Che però oggi, al secondo giorno di vita del nuovo sito, è già saltata. Non si fa.

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Utilizzando il servizio SMTP (ovvero l'invio di messaggi attraverso Outlook, Outlook Express, Thunderbird, ecc.) potreste riscontrare dei ritardi nell'invio dei messaggi. I nostri tecnici stanno lavorando per risolvere il problema. Nel frattempo ti consigliamo di inviare messaggi utilizzando la versione Web di Yahoo! Mail che puoi trovare a questo indirizzo: http://it.mail.yahoo.com”. Ecco cosa mi è stato risposto dal servizio di assistenza di Yahoo!, tra l'altro con grande spreco, visto che lo stesso messaggio campeggia nella pagina “aiuto” del servizio di posta elettronica. Ora, non voglio fare della dietrologia perché non sopporto chi prova a farlo con me. Né tantomeno farne una battaglia. Epperò, fatemi levare questa soddisfazione: e se avessi ragione?

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martedì, febbraio 19, 2008

te lo metto io il punto esclamativo su Yahoo

Qualche giorno fa mi felicitavo del fatto che Murdoch potesse pensare di mettere le mani sul provider Yahoo!. Il fatto, per la verità, è molto più semplice di quello che sembra: la mia felicità è per l'iniezione di liquidi che il magnate australiano potrebbe fare a questa azienda, e senza che si sappia se di liquidi ce ne sia o meno il bisogno. Di mio penso che servano, sempre. E il mio ragionamento, per di più, è tremendamente egoista: in questo periodo la mia casella di posta elettronica su Yahoo!, una delle mille ma di queste anche la più “ufficiale”, funziona da schifo. O meglio, per l'idea che ho io di come debba funzionare la posta elettronica, è uno schifo, quindi un cambio di gestione potrebbe rimettere le cose a posto. Comunque, presto detto: uso un client per inviare e ricevere la posta, quindi utilizzo il protocollo SMTP per inviare e il POP3 per ricevere, come altri milioni di persone nel mondo ogni giorno, tutti i giorni. Da un mesetto, inviare tramite SMTP (che nella fattispecie è smtp.yahoo.it) è praticamente impossibile: dà sempre errore, e nelle poche volte che riesce a prendere la posta in consegna, succede qualcosa per cui la posta viene ricevuta dal destinatario anche una decina di ore dopo. Una rapida ricerca in rete mi fa scoprire ciò che già temevo: non sono l'unico a cui capita. Nei forum dicono di sostituire il server SMTP di Yahoo.it con quello di Yahoo.com, tanto i parametri per l'autenticazione sono gli stessi. Garantiscono che funziona, e in effetti pare davvero funzionare. Se non fosse che da stronzo quale sono, dovendo inviare una mail ad un amico mi sono messo in copia conoscenza nascosta (bcc) con un altro mio indirizzo e-mail. Bene, sostituiendo “.it” con “.com” il client si collega al server senza problemi, ma la consegna rimane lentissima: poco meno di 24 ore per arrivare a destinazione. Mi si può obbiettare che la posta elettronica è un servizio cosiddetto “best effort”, ovvero fa del suo meglio per recapitare integralmente e senza errori i messaggi, ma non dà garanzie sui tempi di consegna (e, eventualmente, avvisa in caso di fallimento della spedizione). Perché, allora, se provo ad inviare una e-mail con il mio account Yahoo.it dal sito e non dal mio client funziona tutto a meraviglia? Forse perché Yahoo non ha gradito la mia decisione di non passare al servizio di e-mail “nuova versione”, visto che la vecchia versione non è stata abolita e a me andava più che benissimo? O, forse ancora, perché usando un client di posta elettronica mi perdo tutta la mirabolante pubblicità sul loro sito? Io a questi di Yahoo.it il problema l'ho posto, facendo anche gli auguri a Murdoch e sperando in una risposta immediata. Tanto sanno meglio di me che a ricevere tramite POP3 gli utenti in questo momento non stanno avendo problemi.

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lunedì, febbraio 18, 2008

uno strano intreccio di donne, dischi e acidi.

C'era una volta, tanti anni fa, uno strano intreccio. Oddio, mica una cosa di quelle che possono sembrare scabrose, anche se l'apparenza è quella: due uomini e una donna (e, a margine, un'altra donna). Per galanteria, partiamo dalla donna: Siouxsie Sioux, cantante dei Banshees, quella con cui Bill Grundy ci provò quella volta in televisione, con ospiti i Sex Pistols, e successe uno scandalo che non vi dico – anche perché ve lo hanno già raccontato mille volte. Di Siouxsie and the Banshees in questi giorni si è riscoperto il fondamentale “Juju”, in ascolto perenne da più di 48 ore e ancora se ne ha voglia. Poi, i due uomini. Il primo dei Banshees era il bassista, Steve Severin, che con l'altro uomo, Robert Smith dei Cure (che ha suonato anche nei Banshees, comunque), era solito stordirsi di acidi. Da una di quelle stranissime e psichedeliche sessions, nacquero sia un gruppo, The Glove, che un disco, “Blue Sunshine”. Riscoperti insieme al già detto fondamentale “Juju”, e anche di loro la noia sembra essere lontana. Erano gli anni 1981 e 1983, anni bui e colorati, un po' tribali e un po' lineari. Comunque, fondamentali. Ah, la donna a margine è Jeanette Landray, che era un po' ballerina e un po' performer nei The Glove. E che, al di là di tutto, a sua detta non sapeva cantare.

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cazzate e manette

Walter Veltroni si è imbarcato Di Pietro e ha fatto una cazzata, la prima vera grossa cazzata del centrosinistra che si dovrebbe rinnovare sotto forma di Partito Democratico (delle manette?). Di Pietro ha invece detto una cazzata, e a questo ormai siamo abituati. Ora ci piacerebbe sentire il parere di Veltroni in merito alla cazzata detta dalla sua cazzata.

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venerdì, febbraio 15, 2008

chi è Di Pietro.

Di Pietro, opinione personale, è il caso più impresentabile della recente storia italiana. Di Pietro, opinione diffusa nel centrodestra, è l’uomo che di fatto ha affondato i principali partiti della Prima Repubblica tranne uno: quello che ora lo candida e che già lo candidò nel 1997, al Mugello, prima che fosse eletto e cominciasse a palesarsi come la girandola più inaffidabile del panorama politico. Di Pietro, soprattutto, è un boccone che tanti elettori di centrosinistra non è detto che vogliano ingoiare”. Filippo Facci, Il Giornale – 15.02.2007, pag.1

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giovedì, febbraio 14, 2008

urca!

Lo adoro di più quando fa queste cose di quando la butta in politica.

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questioni di server

È uscita questa indiscrezione secondo cui, dopo che Microsoft ci ha provato invano, ora è Murdoch che vorrebbe comprarsi il 20% di Yahoo!. La cosa, va da sé, potrebbe scivolarmi via senza lasciare il segno. Hey, potrebbe! Perché si dà il caso che una delle mie mille caselle di posta elettronica, ma di queste mille quella in qualche modo “ufficiale”, sia appunto fornita da Yahoo!. E siccome in questi giorni i suoi server stanno facendo un po' il cazzo che vogliono, si saluta volentieri l'offerta dell'australiano. Molto più volentieri che quella di Microsoft, che avrebbe comportato una sicura emigrazione su altri provider – o forse la scelta, da tempo accarezzata, di cambiare provider e farmi una benedetta casella di posta elettronica seria, magari a pagamento, così almeno potrò sapere con chi incazzarmi quando i server dormono per qualche giorno.

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mercoledì, febbraio 13, 2008

Però, magari, appena ho un po' di tempo...

Sul partito-lista per la moratoria contro l'aborto, con il quale Giuliano Ferrara intende candidarsi alle prossime politiche, ovviamente mi sono fatto la mia idea. Che è un po' anche la stessa del Cav. - e quindi non proprio quella di Ferrara.

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domenica, febbraio 10, 2008

Consigli per gli acquisti (da non fare)

Quando Francesco Storace si recherà dal Cav. a dirgli che lui e il suo partito vogliono l’identità, quindi il simbolo, quindi non si sciolgono nel Pdl, e la Santanché sarà il loro candidato Premier, e bla bla bla, il Cav. gli dica: “Va bene, arrivederci”.

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venerdì, febbraio 08, 2008

Anvedi come balla Nando

Ancora una volta, il protagonista è Ferdinando Adornato. Già gli danno del trasformista per eccellenza, simbolo di chi volta la gabbana. Adesso, da sinistra, lo sfotteranno ancora di più. I fatti: Adornato stava in Forza Italia, e ha sempre predicato l'importanza del partito unico del centrodestra, tanto da stilarne un manifesto programmatico e da depositare il nome “Partito delle Libertà” [*]. Poi il Cav. ha fatto la rivoluzione del predellino, e lui ci è rimasto un po' male – un bel po', dicono i ben informati, perché insomma gli pareva che il lavoro svolto fino ad allora non solo non fosse stato valorizzato, ma proprio ignorato. Ecco la decisione di Adronato: se il Cav. pensa di fare il partito unico del centrodestra alla sua maniera, io prendo il mio manifesto programmatico, il mio nome, il mio giornaletto – Liberal, nato sulle ceneri dell'Indipendente – e vado da un'altra parte a predicare ciò in cui credo, tanto più che Fini a quelle condizioni sembrava anch'egli non starci, e senza An fare il partito unico del centrodestra sembrava dura. Eccoci al dunque: Adornato ha trovato posto nell'Udc, proprio mentre questa si riavvicinava al Cav. e all'ipotesi di correre sotto il nome di Casa delle Libertà. Poi il Cav. e Fini hanno capito che sarebbe stata una sciocchezza, e l'ultimo è ceduto al primo: An e Forza Italia confluiscono nel Partito/Popolo della libertà, con la Lega che per questioni territoriali sarà a questo federata. In poche parole, il partito unico di centrodestra è nato, a carattere maggioritario e pronto a raccogliere la sfida lanciata dal Partito Democratico di Veltroni. Adornato potrebbe quindi vedere realizzato il sogno per cui – dice – ha lavorato tanto. Peccato che ora stia nell'Udc, con Casini per nulla intenzionato a far parte del Pdl e con il Cav. che gli fa sapere “o alleati, oppure fuori dalla colazione”.

[*] è solo un ipotesi di blogger fantasioso: il nome Popolo della Libertà, per quanto sia stato scelto nei gazebo dagli elettori moderati e liberali, a me fa cagare. E credo di essere sia elettore, che moderato, che liberale. E, tra l'altro, non sono l'unico a provare un brivido brutto nel sentire quel nome, e a vederci dietro echi di maoismo. Insomma, “Partito della libertà” era decisamente meglio, e secondo me anche il Cav. la pensa così. Ma che non l'abbia potuto usare perché già depositato da Nando?

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giovedì, febbraio 07, 2008

Mi hanno lasciato un commento non richiesto. Che faccio, lascio correre?

mercoledì, febbraio 06, 2008

tutti da soli - o, almeno, leggeri.

Walter Veltroni ha dichiarato che al Senato il Partito Democratico correrà da solo. Ora mi aspetto che il Cav. segua alla lettera le indicazioni che gli sono arrivate da An, Lega e Udc: la Casa delle Libertà siamo noi quattro, punto; se vuoi allargare, aggiungi un posto nelle liste di Forza Italia. Così, sarebbe (quasi) perfetto.

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niente feedback negativi, ché siamo dei signori!

Io su Ebay non vendo, compro e basta. E mi piace, quando non ho di meglio da fare, passare qualche decina di minuti là dentro a curiosare, a cliccare da una parte e poi – senza accorgermene – arrivare a tutt'altra, e acquistare tutt'altro ancora. Potrei star qui a fare l'elenco delle cose bizzarre che stanno dentro il sito di aste on-line più famoso del mondo, ma non lo faccio perché c'è già qualcun altro che lo fa, con una rubrichetta settimanale, e viene pure pagato, ergo da me gratis non avrete un cazzo – al massimo, ci accordiamo con gli estremi di paypal. Ma non è questo il punto, capite. Su Ebay quando compro lascio sempre i feedback, e fino ad oggi mi è capitato che tutti i venditori ne lasciassero uno anche a me, e sempre positivo, tanto da avere un profilo utente invidiabile, una di quelle cose che “più bianco non si può”, da verginella senza peccato. Ormai i venditori si fidano ciecamente di me – e fanno bene: pago sempre e subito, e il venditore apprezza. Un paio di volte – diciamo un paio per stare sul vago, ma potrebbero essere di più – mi è capitato di dover lasciare un feedback negativo a chi non mi aveva spedito ciò per cui avevo pagato. Ma non l'ho fatto, perché è pratica molto abusata che a) io ti pago subito b) tu dici di inviarmi tutto domani c) o sei in malafede o le poste italiane da terzo mondo mi inculano il malloppo d) lascio un feedback negativo perché, in fondo, non ho ricevuto quello che mi spettava e) tu, per ripicca, ne lasci uno negativo a me anche se il mio dovere di compratore l'ho svolto al meglio. Ebay per risolvere questa cosa avrebbe potuto fare due cose. La prima, molto semplice, obbligare il venditore a lasciare un feedback al compratore non appena quest'ultimo ha pagato, senza invece aspettare di averne ricevuto uno; l'altra, togliere i commenti negativi. Ha scelto la seconda, e il compratore che c'è in me dice che va bene così.

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lunedì, febbraio 04, 2008

riflessioni sul Terzo Mondo

In questi giorni di polemica, dove la stampa straniera tanto per cambiare perde occasione per farsi i cazzi suoi e ne approfitta, invece, per farci un po' le pulci, ho letto da qualche parte che nonostante tutto all'estero non interessiamo più. Tant'è che i principali giornali stranieri stanno ritirando i corrispondenti dall'Italia. Uno di questi [*], ha detto che al suo caporedattore le storie dall'Italia non interessano più, perché in fondo il nostro è “il paese più sviluppato del Terzo Mondo”. Passata l'indignazione iniziale, e metabolizzata l'ovvia iperbole, ho comunque avuto modo di riflettere sulla cosa. Per esempio, a casa mia non consegnano la posta da sette giorni esatti, con conseguente perdita di riviste, dischi, bollette, fatture. Nel Terzo Mondo, un servizio postale come il nostro, ce lo rimanderebbero indietro.

[*] credo l'ottimo Jeff Israely del Time, ma non ne sono sicuro e comunque non importa granché.

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venerdì, febbraio 01, 2008

Michele bastonato!

Calabrò si è accorto che Santoro non garantisce né il pluralismo né il contraddittorio.

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