domenica, dicembre 28, 2008
sabato, dicembre 27, 2008
come ti gabba l'avversario il Cav.
Etichette: intercettazioni
I've got my radio on and it's playin' the same ol' stupid song
Counting Crows – Saturday Nights & Sunday Mornings
dEUS – Vantage Point
Extreme – Suadades de Rock
Le Luci della Centrale Elettrica – Canzoni da Spiaggia Deturpata
The Cure – 4:13 Dream
The Dresden Dolls – No, Virginia
The Hellacopters – Head Off
Non mi sono dispiaciuti affatto:
Ac/Dc – Black Ice
Amanda Palmer – Who Killed Amanda Palmer
Bauhaus – Go Away White
Beck – Modern Guilt
Big Blue Ball - omonimo
David Byrne & Brian Eno – Everything That Happens Will Happen Today
Def Leppard – Songs From The Sparkle Lounge
Have A Nice Life - Deathconsciousness
Jesse Malin – On Your Sleeve
Lambchop – Oh (Ohio)
Nick Cave & The Bad Seeds – Dig, Lazarus Dig!!!
Nine Inch Nails – Ghosts I-IV
Portishead – Third
Slipknot – All Hope Is Gone
The Mars Volta – The Bedlam In Goliath
TV On The Radio – Dear Science
Uriah Heep – Wake The Sleeper
Yellowjackets feat. Mike Stern – Lifecycle
Non mi hanno detto nulla – i sopravvalutati:
Destroyer – Trouble In Dreams
Paul Weller – 22 Dreams
Rachael Yamagata – Elephants / Teeth Sinking Into Heart
Cat Power – Jukebox
Da dimenticare:
Asia – Phoenix
Backyard Babies – omonimo
Ginger – Market Harbour
Ciofeche:
Motley Crue – Saints of Los Angeles (a malincuore)
The Wildhearts – Stop Us If You’ve Heard This One Before vol. 1
Queen + Paul Rodgers – The Cosmos Rocks
[Parentesi: le Luci della Centrale Elettrica, ovvero Vasco Brondi coadiuvato da Giorgio Canali (ex CCCP/CSI), hanno fatto un gran bel disco, checché se ne dica ora in Italia. Ho voluto sottolineare ora perché, come spesso capita, fino a quando la cosa rimane moooolto underground sono applausi poi, non appena si ha un minimo di successo che non è decretato né dai passaggi a Scalo 76 (si chiama così quella trasmissione in onda su Rai 2, un po’ patetica e un po’ traino per X Factor?) né dalle ragazzine ai concerti ma in cui evidentemente gioca il suo ruolo una certa qualità, via con gli insulti.]
venerdì, dicembre 26, 2008
la stronzata di Natale è stata detta, tutti gli altri si son salvati.
Etichette: Giovanni Allevi, musica, Uto Ughi
mercoledì, dicembre 24, 2008
Yes, Virginia, there is a Santa Claus.
martedì, dicembre 23, 2008
la pagina 69 di Marshall McLuhan - 3
Arbasino sa da anni che quando uno scrive un romanzo va trattato con condiscendenza, come si fa con i deboli di nervi, quelli che hanno avuto una malattia grave che li ha scossi in profondità, oppure quelli che la moglie sessantenne si è messa con uno scrittore di racconti rock o punk, comunque venitreenne molto tatuato, e loro vanno in giro con gli occhi fuori dalle orbite sperando che qualcuno li consoli (magari una ricercatrice universitaria comme il faut). Ricorda che si era espresso con misurata freddezza quando Eugenio Scalfari, venerato per quasi tutti i lettori della «Repubblica», gli aveva confessato che aveva consegnato all’editore un suo romanzo, dove romanzava la vita dell’Avvocato, proprio lui, Gianni Agnelli.
Etichette: pagina 69
chi di manetta ferisce...
Il tritacarne mediatico, le intercettazioni pubblicate sui quotidiani, la merda gettata nei ventilatori sono uno schifo a prescindere da chi riguardano o chi vogliono colpire. Perciò leggere delle telefonate tra Cristiano Di Pietro e tale Mario Mautone – uomo di fiducia di Alfredo Romeo – non è bello. Ma è curioso, perché c'è sempre coinvolto il figlio di Tonino Di Pietro, l'uomo dalle mani pulite, il grande moralizzatore, il manettaro per eccellenza. E il figlio di Di Pietro parla proprio come quelli che il padre vorrebbe sbattere in carcere: “ho un amico ingegnere che sta a Bologna, volevo sapere se su a Bologna c'era la possibilità di trovargli qualcosa” - roba poco morale, che continua con richieste di sistemazione per persone a lui care e segnalate anche al di fuori degli ambiti di competenza istituzionale. Noi queste cose le apprendiamo adesso, Di Pietro senior però sapeva già tutto a metà del 2007 tanto da aver chiesto in un assemblea politica del partito di cui è padre-padrone di tenere fuori il figlio da certe cose perché “troppo esposto”. E come ha saputo Di Pietro di questa eccessiva esposizione della sua progenie? “Dalle agenzie di stampa”. Peccato solo che a metà del 2007 nessuna agenzia di stampa – se si fa una ricerca in archivio – ha mai riportato niente circa le cose che stanno emergendo ora. Da dove gli è arrivata dunque la soffiata?
Etichette: Alfredo Romeo, Antonio Di Pietro
lunedì, dicembre 22, 2008
sulla questione dei generi, il Papa ha ragione
Etichette: Benedetto XVI, omosessualità, Vaticano
domenica, dicembre 21, 2008
scommettiamo che dopo questo post le visite aumenteranno?
Per chi mi taccia, tra l’altro a ragione, di essere un berlusconiano, segnalo che la voce “Silvio Berlusconi” non compare tra quelle inserite nei motori di ricerca per raggiungere questo blog. Compare il solo cognome, nell’espressione “voglio scrivere una lettera a Berlusconi come faccio”, con lo 0,09%.
Etichette: blog, statistiche
venerdì, dicembre 19, 2008
...
Quanto al "coglioncello", caro lettore, non si offenda: un epiteto simpatico, nulla di più, che serve solo a identificarla non avendo lei avuto il coraggio di stamparsi un nome - anche uno pseudonimo va bene - in faccia prima di venire a pisciare nel mio cortile.
Non mi pare, sinceramente, di aver "buttato merda addosso" al vostro ex sindaco. E lungi da me dal farlo.
Saluti e si rilassi durante le feste di Natale, mi raccomando. Da parte mia, sarò lieto di intrattenerla con un po' di schifezze, se vuole passare da queste parti di tanto in tanto. Si ricordi solo di sgrollare, quando ha finito la pisciatina.
etciù! - maiale!
oppure smetti del tutto.
giovedì, dicembre 18, 2008
Prima che morali, lessicali.
mercoledì, dicembre 17, 2008
la brutta storiaccia della Ru486
Dette queste piccole e semplici cose, che non sono frutto dell’ideologia e che chiunque può verificare leggendo il testo della legge 194 o facendo una ricerca sulla Ru486, è evidente che opporsi alla sua introduzione in Italia è il minimo che si possa fare. Non è una crociata contro l’aborto legale, perché nessuno vuole che si ritorni a quello clandestino, bensì l’esatto opposto: l’idea da sconfiggere è quella che vuole la Ru486 come un progresso e una facilitazione per la donna, quando invece rappresenta solamente un regresso anche rispetto alla legge 194, lasciando la donna in solitudine tra le mura domestiche a contorcersi magari sul pavimento in preda a dolori addominali, emorragie, vomito e febbre (tutti effetti collaterali riconosciuti), con un piccolo essere che dopo essere stato espulso viene magari smaltito nella tazza del cesso. Un progresso, nevvero?
martedì, dicembre 16, 2008
scarpe vecchie e vecchi scarponi
Etichette: Unità
lunedì, dicembre 15, 2008
un giorno, forse, si capirà che è una questione di cultura e di civiltà
domenica, dicembre 14, 2008
Kindle-maniaci in divenire
Il Kindle, ecco, quello ancora non l’abbiamo e prima di esserne investiti ne vorremmo parlare male. È un aggeggio di plastica bianca, prodotto da Amazon, dello spessore di una matita (ce lo suggerisce la foto, noi non avremmo mai pensato di cercare addirittura una matita per fare un confronto) che serve per leggere i libri in formato elettronico. Esatto, il famigerato e-book che tutti promettono da una vita, finalmente pare aver preso piede. Te lo porti in giro, è un po’ freddo, difficile da sottolineare per ovvi motivi tecnici, ma va bene anche così. Ovviamente il Kindle non lo leggi – e qui già c’è il primo problema di natura sintattico-lessicale: prima si parlava di «libro», e quindi «leggevi un libro», ora si parla di Kindle e quindi ti leggi questo; il trionfo del contenitore sul contenuto, ma il contenuto del libro era il libro stesso, quello del Kindle? – dicevo, non lo leggi perché non leggevi nemmeno quelli di carta, ma l’oggetto è del desiderio e d’altronde non vorrai far credere di navigare veramente in Internet con un telefonino, o di scattare foto tutto il giorno, o di aver bisogno di chi ti guida sulla strada per il supermercato, vero?
Il Kindle non l’abbiamo ancora perché da quando Oprah nel suo show ha detto che trattasi del suo gadget preferito, Amazon ha visto la sua scorta di Natale esaurirsi in poche ore, con previsione di evasione dell’ordine ai primi di febbraio se provate a comprarlo adesso. E poi non l’abbiamo ancora perché, come avvisa Amazon, al momento non è possibile comprarlo al di fuori degli Stati Uniti; cioè, è possiblissimo ma: o vai a comprarlo là oppure devi avere una carta di credito con fatturazione americana – vale anche l’amico che la possiede, certo. Nel frattempo, per portarti avanti, si possono comprare il caricatore di batterie da attaccare all’accendisigari, o una custodia verde pisello o qualche altra diavoleria, e poi raccontare agli amici di averlo in sostituzione perché il primo che ci è stato mandato era difettato. Con il Kindle ci si può leggere il New York Times, o i libri della classifica dei best seller del New York Times, nonché le nuove uscite e una seria in costante crescita di titoli classici. Tolti questi ultimi, gli altri facciamo già finta di leggerli su Internet – vogliamo far finta di leggerli anche per strada?
la pagina 69 di Marshall McLuhan - 2
L’abito da viaggio era leggero, in cotone estivo color fiordaliso, perfettamente intonato alle scarpe e scovato solo dopo ore e ore di andirivieni tra Regent Street e Marble Arch, per fortuna in compagnia di sua madre. Cingendo Florence in un abbraccio, Edward non intendeva baciarla, ma per prima cosa premere il proprio corpo contro il suo, e poi infilarle una mano dietro la nuca cercando la cerniera del vestito. L’altra mano, gliela teneva ben salda all’altezza delle reni, e intanto le bisbigliava qualcosa all’orecchio, ma così vicino e aun tale volume di voce che a Florence arrivò soltanto una zaffata rombante di aria calda e umida. Per aprire la cerniera, counque, una mano non bastava, almeno per i primi centimetri. Occorreva tenere dritto lo scollo dell’abito tirando giù, altrimenti la stoffa leggera si raggrinziva e rischiava di strapparsi. Florence sarebbe anche intervenuta per aiutarlo, ma aveva le braccia imprigionate, e poi non le sembrava giusto mostrargli come si faceva. Lungi da lei, soprattutto, l’intenzione di offenderlo. Con un brusco sospiro, Edward diede uno strattone più deciso cercando di forzare la cerniera, ma ormai quella si era bloccata in un punto dal quale non si muoveva più né avanti né indietro. Per il momento, Florence era in trappola nel suo vestito.
Etichette: pagina 69
venerdì, dicembre 12, 2008
Lettera aperta a Claudio Trotta: spostate gli eventi fuori dalle città
lei è organizzatore di concerti da tempo immemore. Ha portato in Italia, e porta tuttora, alcuni tra i migliori artisti della scena internazionale, oltre ovviamente a organizzare i tour delle più importanti realtà di casa nostra. Non c’entra il singolo gusto specifico di ognuno di noi: a chi ama la musica non overground – perché a parlare di underground si entra in quel fangoso cono d’ombra chiamato snobismo – non importa certo degli artisti di cui lei è promoter, ma è innegabile che anche tra questa tipologia di fan della musica è riconosciuto il ruolo importante che lei svolge, insieme ad alcuni suoi colleghi concorrenti, nel non lasciare la nostra Italia povera nelle manifestazioni musicali di un certo livello.
È increscioso quanto sta succedendo per via del concerto tenuto da Bruce Springsteen lo scorso anno a S. Siro, giusto per citare il caso più famoso e balzato ora alle cronache. È increscioso che succeda questo per via di un manipolo di persone acide, represse e totalmente incuranti della vita artistica di una città, a maggior ragione di una città come Milano che non può permettersi di dormire. È ancora più increscioso perché è un acidume tipico di chi è abituato sempre e solo a brontolare, più per partito preso che per una specifica presa di posizione o convinzione personale; insomma, quel tipo di persona teorizzato qualche anno fa da Samuele Bersani in quella sua canzone dal titolo di “lo scrutatore non votante”, personaggio piatto e incline alla cattiveria e al menefreghismo, quello che “pulisce casa ma non ospita”, “ha comperato la stampante ma non scrive mai una lettera” e “conosce i nomi delle piante che taglia con la sega elettrica”: l’amorfo, in sintesi. Il limite dell’increscioso lo si raggiunge infine se si pensa che i concerti di un certo livello – quelli per cui i soliti brontoloni, appunto, brontolano – sono non più di quattro o cinque all’anno, avvengono in luoghi che già ospitano manifestazioni sportive che richiamano una enorme quantità di gente (nella fattispecie lo stadio di S. Siro o l’Arena Civica) e si eseguono a condizioni tecniche imbarazzanti (leggi: impatto audio inesistente). Certo, il rispetto di tutte le richieste e di tutte le opinioni è fondamentale; e infatti voi organizzatori nell’ambito di certi eventi operate con le mani legate da una serie di divieti e obblighi che a scorrerli viene da sorridere, per usare un eufemismo. Ma dal momento che a conti fatti le autorizzazioni ci sono tutte e tutto è in regola, perché siete organizzatori seri e scrupolosi e conoscete fin troppo bene come vanno certe cose, non è più il caso di parlare del rispetto del parere di una minoranza bensì di una minoranza che rompe le palle, ingiustamente, ad una maggioranza. Detto questo, non posso che solidarizzare con lei e con quanti, in un futuro o per cose successe in passato, correranno il rischio di trovarsi nella sua stessa situazione.
Accetti però un consiglio spassionato, da non addetto ai lavori ma da semplice fan della musica – over e underground. Smettetela di organizzare concerti in queste location, se il risultato da pagare è quello di una sanzione penale (ma anche una amministrativa sarebbe assurda, a un certo punto). Spostate i grandi eventi negli spazi aperti al di fuori della cerchia del centro cittadino. Certo, S. Siro stracolmo è un evento a prescindere dalla musica; è una chiesa e il concerto diventa una messa cantata, non c’è dubbio. Ma la storia ci insegna che anche eventi organizzati fuori da questi luoghi ‘sacri’ possiedono l’aura mistica che si cerca nel grande stadio: penso ai festival estivi, come se ne fanno oggi giorno o come se ne facevano anni fa, magari nei parchi, o nei piazzali isolati, o nelle vicinanze degli aeroporti (come si usa in Europa) o nelle sperdute cittadine delle campagne, che per un paio di giorni sembrano ben liete di ospitare tra loro una ciurmaglia variopinta di artisti e di ammiratori al seguito. Per rimanere in Italia, concerti come quello degli U2 a Reggio Emilia, o l’ormai celebre Vasco a Imola di qualche anno fa (per non parlare dei Monsters of Rock degli anni scorsi) sono sicuramente passati alla storia come eventi musicali di enorme portata, e nessuno di questi è stato fatto allo stadio Meazza. Al contrario, altri celebri eventi come il famigerato Bruce Springsteen dell’anno scorso, o sempre Vasco, o Zucchero (e prossiamente i Depeche Mode per i quali farei personalmente follie, tranne quella di ascoltarli ad un volume da sala d’aspetto), tutti a S. Siro, hanno portato con sé sì l’entusiasmo per l’evento, ma anche una dose di critiche per la bassezza squisitamente tecnica che non possono rimanere inascoltate (a differenza di quelle del comitato di quartiere). Con lo spostamento in altri spazi, lontano da chi sonnecchia e costringe una delle capitali mondiali a fare lo stesso, ne guadagneremo tutti: voi organizzatori che eviterete così di rodervi il fegato e noi spettatori che non saremo costretti ad assistere con il cono acustico a concerti dove il volume è talmente basso da essere una parte collaterale, anziché primaria, dell’evento il cui prezzo del biglietto – che, contentissimi, paghiamo sempre – non è certo dei più bassi. Si dice “vado a vedere i Rolling Stones”, ma si guarda anche - e soprattutto! - con le orecchie oltre che con gli occhi.
Con tutta la mia stima.
Etichette: concerti, musica, spettacolo
lunedì, dicembre 08, 2008
[cit.]
Il Partito democratico, per essere fedele alla sua vocazione, dovrebbe collocare Berlinguer nella sua vera cornice storica: era un comunista internazionalista, sapeva benissimo come si finanziava il partito (rubli e tangenti molto ben organizzate e lubrificate e nascoste alla vista), ma usava la questione morale e della diversità antropologica dei comunisti a fini di lotta politica e di potere, agitando quello che l’irriverente Pajetta definì il suo passaggio “dal materialismo al moralismo storico” come bandiera di una visione ideologica totalitaria della società e del primato del partito integro e puro. È con questo angusto fantasma che volete fare un partito moderno, obanista democratico all’americana?
domenica, dicembre 07, 2008
la pagina 69 di Marshall McLuhan - 1
Quando non mi va di rientrare a casa dal Vecchio Strabico, lui a dormire non mi tiene (ha una donna, dice Comare Volpe, potrebbe venire in qualsiasi momento), vado a dormire su una panca delle Tuileries, ormai il gelo più crudo è passato, non sarà per un po’ di pioggia. Dormo veramente dappertutto. Secondo lui, gran lavoratore indefesso, «Beato te, che sei qui a Parigi a goderti la vita!». Nelle notti fredde di neve, quando dalle sue carità non ho rimediato neppure il biglietto del métro per rientrare a Fontainebleau – ho vergogna a chiedergli dieci franchi di nuovo – mi prende la paura che, steso sulla panca, si stenda accanto a me, venefica, la nevralgia del trigemino che mi è venuta via militare. Insomma: loro non volevano esonerarmi, io mi sono incaponito sull’articolo 28, quello dei matti e degli omosessuali, poi mi è saltata addosso ‘sta nevralgia, all’ospedale militare di Arezzo non credevano a niente. Ma io che ci facevo via militare senza una lira? un anno a scroccare nazionali semplici ai pastori sardi? un anno a massaggiarmi la faccia e con la congiuntivite e a guaire dal male e loro a dirmi non me la racconti giusta?
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Brian Eno & Robert Fripp, "No Pussyfooting"
Il disco viene riproposto oggi in una nuova confezione e con l’aggiunta di bonus tracks, che altro non sono se non alcune versioni rallentate o suonate al contrario dei due brani che comparivano originariamente sull’album: “The Heavenly Music Corporation” (che inizialmente doveva essere anche il nome del progetto) e “Swastika Girl” (frutto dell’ispirazione dettata da un’immagine nazi-porno trafugata da Eno dallo studio di George Martin e affissa dai due sopra la consolle di registrazione).
Etichette: Brian Eno, musica, Robert Fripp
do you want me to fix your leaky toilet?
giovedì, dicembre 04, 2008
Sky ora può smetterla di piangere.
Prima cosa: ieri mattina, sulle prime pagine di Corriere della Sera e Stampa, capeggiavano due corsivi non firmati, attribuibili ai due direttori, che prendevano giustamente le difese dagli attacchi del Presidente del Consiglio; la rassegna stampa ne ha dato piena lettura e, tacitamente, pieno consenso. Stamattina sulla prima pagina del La Stampa c’era ancora un corsivo non firmato contenente un’ulteriore difesa del quotidiano torinese, corsivo che si apriva però – e questo è il punto – con la notizia del pronunciamento da parte della UE («L’Europa riconosce la correttezza del comportamento del nostro governo sulla vicenda dell’aumento delle aliquote Iva sulla pay-tv» La Stampa, 04.12.2008, p. 1). Il giovane conduttore della rassegna stampa ha glissato, passando velocemente a presentare il quotidiano successivo. Stessa sorte capitata a Il Giornale: titolo di apertura «Iva sulla Tv, l’Europa spegne Veltroni» (04.12.2008), con il sottointeso che Veltroni la può anche smettere di fomentare una rivolta del telecomando a pagamento, avendo la commissione europea dato ragione all’Italia. E alla rassegna stampa cosa succede? Si legge il titolo in due secondi e si zooma sulla foto notizia centrale («La Lega: stop alle nuove moschee»), in modo tale che al telespettatore non venga lasciato modo di leggere, lentamente, il titolo principale. Vengono passati in rassegna altri giornali e si arriva al Foglio, il quale per onore del vero non sempre è presente in questa rassegna stampa. Oggi però è diverso, il quotidiano di Giuliano Ferrara in modo tra il serio e il faceto da un paio di giorni si è schierato con la tv satellitare e con la sua battaglia, considerandola giusta al pari di quelle condotte a suo tempo in favore delle televisioni del Cav. (un parallelismo, seppur debole, in effetti è presente). Nella quinta colonna di prima pagina, la «colonna sexy» come la battezzano spesso e volentieri dalle parti di Lungotevere Raffaello Sanzio, c’è il consueto articolo di Annalena Benini, che parla ancora della questione Iva-Sky, all’apparenza positivamente (per Sky). Dopo tutto quello scorrere veloce, è giunto il momento di dare lettura di un articolo, e viene scelto proprio questo, dall’attacco fulminante: «quanto sia superfichissimo Sky l’abbiamo detto. Come non potremmo mai più vivere senza, anche. Ci ha venduto per qualche decina di euro al mese un po’ di mondo: si può fingere di guardare David Letterman senza mai gettare un occhio ai sottotitoli, ci si può stordire di partite e di meravigliose serie americane, parlarne a cena, farci sopra della sociologia, sentirsi sempre appena tornati da New York. E in tempi di crisi si può anche taccagnare su quei quattro euro in più al mese e sul rigido Cav. che contro la sua stessa essenza tassa il sogno, la boccata d’aria, le ultime risate» (Il Foglio, 04.12.2008, p. 1). Il conduttore è in un vero e proprio brodo di giuggiole, non gli par vero di poter parlare – anche oggi – così bene dell’azienda: qualcuno ai piani alti sarà sicuramente contento. Noi, lettori attenti, un po’ meno: perché del resto dell’articolo, nella rassegna stampa, non è dato conto: saltato a piedi pari il passaggio sulle uova di struzzo protagoniste del nuovo spot tv anti-governativo («avranno cinque milioni di entusiasti abbonati, queste uova?»), sulla maestrina Ilaria D’Amico («a guardarla che incanta di pomeriggio i tifosi appellandosi accorata alle famiglie […] viene un po’ da ridere») e sulla «guerra delle brioches combattuta da quelli che ritengono miserabile la social card e poi si indignano perché il povero compagno Murdoch sarà costretto […] ad aumentare di quattro euro il canone della pay-tv, ovvero [della] televisione satellitare a pagamento preferibilmente vista su televisori al plasma appesi ai muri, è follia prenatalizia, è puro intrattenimento». Per non parlare – ma noi qui l’abbiamo già fatto – della questione di SkyMagazine «che è orrendo e non è nemmeno omaggio».
Ma il capolavoro, nella rassegna stampa di questa mattina, è stato raggiunto in un altro momento, e riguarda il fatto che se l’UE – è stato ammesso, a denti stretti – ha parlato di livellamento delle aliquote, lo avrebbe fatto la ribasso (cioè, si sarebbe dovuto portare tutto al 10%, non al 20%). Ora, che questo sia il pronunciamento ufficiale dell’UE non mi sembra, anzi, pare che in questo senso sia data facoltà al governo di decidere. Nonostante tutto, presentando la prima pagina de Il Messaggero, il giovane giornalista è arrivato addirittura a modificare l’occhiello del titolo principale del quotidiano romano, portandolo da «Bruxelles chiude il caso: l’allineamento delle aliquote andava fatto» (Il Messaggero, 04.12.2008, p. 1) a «Bruxelles chiude il caso: l’allineamento delle aliquote andava fatto al 10%», con tanto di spiegazione al gentile pubblico. Ma, di grazia, da dove salta fuori quel «al 10%»? Dai piani alti della redazione? Dal manager di Sky? Da Rupert Murdoch in persona? Suvvia, possiamo star qui a ragionare sulla questione più o meno opportuna di alzare tutto al 20% o di tenere tutto al 10%. Però, spulciando qua e là documenti europei (VAT Rates applied in the Member States of the European Community, situation at 1st July 2008, doc. 2441/2008 – EN, reperibile qui) si scopre che in Danimarca l’Iva sulle pay –tv è al 25%, in Germania al 19%, in Irlanda al 21%, in Olanda al 19%, in Portogallo al 20%, in Finlandia al 22%, in Svezia al 25%, nel Regno Unito al 17,5%, in Spagna al 16% (solo per citarne alcuni). Tutti valori corrispondenti all’aliquota più alta nei singoli paesi, ovvero a quella che in Italia è al 20%. Perché dovremmo abbassare tutto al 10% (regime di cui, ricordiamo, Sky ha goduto fino all’altro giorno, quando i paesi sopra citati applicavano già quelle aliquote)?
Sky offre un servizio importante, è fantastica, dà assuefazione e chiunque abbia avuto una nevicata sulla parabola nei giorni scorsi (con conseguente oscuramento temporale del segnale) può capirmi. Per dirla con il Ministro Tremonti: «Toglietemi tutto ma non Sky». Ora mi pare però che si stia un attimo esagerando.
martedì, dicembre 02, 2008
questione di livelli, non di tifosi di calcio.
Etichette: Mediaset, Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Sky
lunedì, dicembre 01, 2008
chi compra casa e chi s'indigna tardi
1. Beppe Grillo compra casa a Lugano ma «solo per il blog», precisa, perché ha paura che in Italia possano chiuderglielo da un giorno all'altro. D'altronde a lui il pubblico piace imbecille, in modo tale da poterlo ammaestrare come meglio crede. E meno male che di imbecilli – almeno di quel tipo – ce ne sono sempre di meno. A meno che siano ancora in molti a pensare che per un dominio - rimanendo sulla svizzera - .ch si debba andare là. E, nel caso, c'è sempre il .com, o il .org, o il .net.
2. Quelli di Sky sono incazzati perché l'Iva sui loro abbonamenti è stata raddoppiata, passando dal 10% al 20%. E hanno preparato uno spot pieno di indignazione per il Governo e che invita gli abbonati a far sentire la loro voce, si presume di protesta, alla segreteria della Presidenza del Consiglio tramite e-mail. Complimenti alla solerzia. Peccato che non lo siano stati, solerti intendo, nel prendersi cura dell'abbonato e dell'avvisarlo come si deve all'epoca del passaggio da gratuito a pagamento di Sky Magazine.
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