Quanti anni sono passati dall’ultima volta che l’Università Statale di Milano è stata occupata? Troppi. Quasi tutti noi abbiamo esperienza di occupazioni, se non altro perché la stragrande maggioranza delle persone ha frequentato le scuole superiori. E allora chi non si ricorda di quelle assemblee di metà autunno, quando già capivi che il clima era quello giusto, perfetto per fare un po’ di vacanza? “Domani mattina, prime tre ore, assemblea degli studenti autorizzata dal preside”, veniva comunicato l’ultima ora del giorno prima. E già ci si scambiava occhiate illuminate: domani è il giorno, si farà un po’ di vacanza. E, puntualissima, l’indomani mattina arrivava la richiesta di prolungamento dell’assemblea, richiesta sempre negata. “E allora ce le prenderemo noi!” diceva il tizio con il maglioncino rosso e la barbetta, dal palco dell’auditorium dell’istituto. E iniziava la “festa”: i motivi erano sempre gli stessi – inesistenti – ma tutti convintissimi: infatti era forte il credo dello studente, che prevedeva la perdita del maggior numero di ore possibili alla settimana. Che si combinava in queste occupazioni – che poi, fortunatamente, non lo erano mai fino in fondo; insomma, la notte i compagni in erba tornavano tutti a casa da mamma e papà perché dormire a scuola proprio non si può – di tanto utile? Nulla. Al mattino si cazzeggiava, sigarette, carte, giornali, pomiciate: di tutto e di più, concorderete con me cari i miei tre o quattro lettori quotidiani. Una settimana, alla meglio dieci giorni, e poi tristi per l’interruzione delle ferie impreviste, si ritornava in classe. Questo ovviamente fino al quinto anno, perché con la maturità c’era poco da fare i cazzoni, ma soprattutto perché la mente aveva finalmente acquisito una facoltà di estrema importanza: distinguere i perditempo dalle persone serie, e preferire quindi Tacito o Quintilliano alle inutili assemblee, alle birre alle 10 della mattina al posto del caffé, al cazzeggio gratuito e fine a sé stesso, che può andar bene per degli inguaribili bambaccioni, ma non per delle persone che si definiscano un minimo serie. Tutta questa (larghissima) introduzione, con annessa esperienza personale, per arrivare a cosa? Presto detto: un esiguo gruppo di studenti ha occupato l’Università Statale di Milano. E già mi viene da ridere, per molti motivi. Primo: sono in duecento. Duecento misere persone e inguribili fannulloni e lazzaroni che hanno pensato bene di essere maggioranza e di poter decidere per le altre “qualche migliaia” di persone che invece vanno all’Università solo per studiare. Secondo: come può essere seria un’occupazione che vede coinvolta solo la sede principale dell’Ateneo – via Festa del Perdono – e non anche tutti i vari distaccamenti (così, sui due piedi, mi vengono in mente: Dipartimento di Informatica e Comunicazione in zona v.le Umbria, Facoltà di Scienze Fisiche e Matematiche e di Medicina e di Agraria in città studi, e ne esistono altri)? Terzo: facile occupare un’università proprio quando non ci sono le lezioni, e tutto l’ateneo rimane chiuso fino a mercoledì della prossima settimana, causa festa di Ognissanti. Insomma, nessuno dei coraggiosissimi compagni rossi ha voluto mettere la propria faccia – da lazzarone – innanzi ai professori e assumersi la responsabilità, perché in fin dei conti la prossima sessione di esami è vicina. Come? Dicono che questa occupazione l’hanno fatta anche per i professori, perché questa benedetta riforma Moratti li danneggia? Cazzate. Ho motivo di pensare che i miei colleghi in università non si sono nemmeno presi la briga di leggerla, la riforma. Altrimenti non si spiegherebbero tutte le altre strumentalizzazioni politiche che entrano nei motivi dell’occupazione ma che esulano dal contesto della riforma scolastica. Insomma, i soliti lazzaroni, lavativi. E senza fare di tutta l’erba un fascio: in fondo sono solo duecento su tante migliaia di persone, tra fuorisede, fuori corso e frequentanti. Che magari gli venga in mente di utilizzare la protesta per qualcosa di utile e, invece di perdere tempo con slogan obsoleti, vergognosi e totalmente inutili e fuori contesto – ma che, diamine!, fanno tanto barricadiero: già me li vedo gli studenti di Lettere e Filosofia, con le loro barbe, i loro capelli unti, i loro maglioni sdrucidi, suvvia un po’ di glamour -, dicano due parole sulla vergognosa uscita del Presidente della Repubblica Islamica Iraniana, che propone la “cancellazione dello stato d’Israele dalla faccia della terra”. Ma, ahimè, temo proprio che il loro pensiero potrebbe portare all’opposto, ovvero all’appoggio della causa, ché noi fascisti di merda non capiamo proprio un tubo.